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Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel
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Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel
E-book267 pagine3 ore

Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel

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Info su questo ebook

È una nuova immagine della matematica quella offerta dal libro Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel di Mario Castellana, uno dei più profondi conoscitori della philosophie mathématique, che impone di considerare la matematica nella sua nuova veste, ricca e articolata, in grado di rivendicare il suo valore cognitivo e le sue virtù epistemologiche. Il volume, facendo riferimento ad una costellazione di autori di grande importanza intellettuale, conduce il lettore a interrogarsi sulla varie modalità che permettano di mettere in discussione alcuni tradizionali aspetti metafisici della filosofia della matematica, che l’hanno considerata per molto tempo “sospesa a mezz’aria” in mancanza di una adeguata considerazione della intrinseca storicità.
LinguaItaliano
Data di uscita28 ott 2021
ISBN9788838251504
Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel

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    Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel - Mario Castellana

    MARIO CASTELLANA

    Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel

    Copyright © 2021 by Edizioni Studium – Roma

    www.edizionistudium.it

    ISBN: 9788838251504

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    Avvertenza

    Prefazione

    Introduzione

    Su alcuni modi di essere ‘fratelli spirituali’ nell’ingrato paese della filosofia della scienza’: Jean Cavaillès e Albert Lautman

    Il pensiero matematico (Seduta del 4 febbraio 1939)

    Resoconto della seduta

    Discussione

    Un inedito di Gödel contro il convenzionalismo: storia, analisi, contesto e traduzione*

    1. Storia

    2. Analisi

    3. Contesto

    Bibliografia

    4. Traduzione

    É la matematica sintassi del linguaggio?

    Note

    Lettera del 25 settembre 1938 di Kurt Gödel a Ferdinand Gonseth

    Al di là della matematica come linguaggio: Federigo Enriques e Kurt Gödel

    La ragione topologica: Gaston Bachelard e Kurt Gödel.

    Postfazione

    MARIO CASTELLANA

    IL DIBATTITO IN AREA FRANCOFONA SUL PENSIERO MATEMATICO E KURT GÖDEL

    Questo ebook è protetto da Watermark e contiene i dati di acquisto del lettore: Nome, Cognome, Id dell'utente, Nome dell'Editore, Nome del Content Supplier che ha inserito l'articolo, Data di vendita dell'articolo, Identificativo univoco dell'articolo. Identificativo univoco della riga d'ordine.

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    Avvertenza

    Dopo il capitolo introduttivo, si è riportato il dibattito fra Jean Cavaillès e Albert Lautman su La pensée mathématique che avvenne il 4 febbraio 1939 nella sede della ‘Sociétè Française de Philosophie’; ed il testo qui tradotto integralmente, ad eccezione degli interventi da parte del pubblico, apparve postumo nel Bulletin de la Société Française de Philosophie (T. XL, 1946, pp. 1-39). Lo abbiamo ripreso dal nostro lavoro del 1992 Alle origini della ‘nuova epistemologia’. Il Congrès Descartes del 1937 (Il Protagora, Lecce).

    Nella seconda parte si è dato spazio al saggio di Francisco A. Rodriguez Consuegra con la VI versione dello scritto di Kurt Gödel Is mathematics syntax of language?, Un inédito de Gödel contra el convencionalismo: historia, análisis, contexto y traducción apparso nella rivista Arbor (CXLII, 558-559-560, giugno-agosto 1992, pp. 323-348), tradotto dallo spagnolo da Annarita Pinca e non presente nel terzo volume dei Collected Work. La traduzione del testo di Gödel è stata chiaramente confrontata con l’originale inglese che si trova nel volume di K. Gödel , Unpublished Philosophical Essays, a cura di F. Rodriguez Consuegra, Birkäuser Verlag, Basel-Boston-Berlin 1995; si ringraziano il Direttore di Arbor e la Casa Editrice Birkäuser Verlag per averci data la possibilità di tradurli in italiano.

    Nella terza parte si riporta la Lettera di Gödel del 25 settembre del 1938 a Ferdinand Gonseth, che si trova nel ‘Fonds Gonseth’ della Biblioteca Cantonale e Universitaria di Losanna; si ringrazia l’addetto alla conservazione dei manoscritti della Biblioteca per avercela fornita in fotocopia. Tale lettera viene riportata e trascritta non perché non è stata inserita nei due volumi che contengono il ricco epistolario gödeliano, ma perché fu letta da Ferdinand Gonseth nel convegno che si tenne a Zurigo alla fine del 1938, convegno a cui partecipò Federigo Enriques e oggetto del nostro primo saggio modificato e rivisto rispetto a quello apparso con lo stesso titolo in Nuova Secondaria, novembre e dicembre 2020, pp. 67-71 e pp. 67-70.

    Il saggio finale è la versione italiana in parte modificata dello scritto in inglese apparso in Orbis Idearum. European Journal of the History of Ideas (Vol. 8, Issue 2, 2020, pp. 11-35), col titolo Topological Reason and surrounding Ideas in Gaston Bachelard and Kurt Gödel.

    Prefazione

    Lorenzo Magnani

    Il libro di Mario Castellana Il dibattito in area francofona sul pensiero matematico e Kurt Gödel si articola intorno a varie riflessioni che pongono al centro Kurt Gödel, il grande Principe delle Tenebre della matematica moderna, come ebbe a dire Foster Wallace, in quanto con i suoi teoremi la matematica si sarebbe trovata sospesa a mezz’aria, priva di fondamenti, cosa non facile da accettare. In realtà rinunciare ai fondamenti conduce ad ottenere una nuova immagine della matematica, molto ricca e articolata e in grado di rivendicare il suo valore cognitivo e le sue virtù epistemologiche: questo è a mio parere quello che il libro presenta al lettore in modo chiaro e trasparente.

    Il libro è diviso in tre parti e conduce il lettore a interrogarsi sulle varie modalità filosofiche, logico/epistemologiche e cognitive di considerare la matematica facendo riferimento a una co-stellazione di autori di grande importanza intellettuale. La prima parte, Su alcuni modi di essere ‘fratelli spirituali’ nell’ingrato paese della filosofia della scienza: Jean Cavaillès e Albert Lautman, illustra un rilevante dialogo fra questi due autori avvenuto sul finire degli anni Trenta all’interno delle discussioni delle Séances della ‘Société Française de Philosophie’. Entrambi gli autori sono fautori, così come lo era il loro maestro Léon Brunschvicg, di un’idea della matematica come produttrice autonoma di conoscenza. Per sviluppare questa idea viene prima di tutto discussa l’implicita portata filosofica dei teoremi di Gödel insieme al loro statuto di tappa fondamentale della raison mathématique, e nel contempo viene posto l’accento sulla problematicità di quelle interpretazioni filosofiche della matematica di natura postmodernista, indirizzate a celebrare un’estinzione dell’oggettività ponendo enfasi alla costruzione sociale di ogni cognizione in un clima di ritorno a forme di romanticismo antiscientifico.

    Il dialogo fornisce anche l’occasione di mettere in discussione alcuni tradizionali aspetti metafisici della filosofia della matematica, grazie all’illustrazione della posizione platonica non solo di Gödel, ma anche di vari autori che vengono citati da Mario Castellana, come Jean Ladrière, Alain Badiou e Jean Petitot nonché i più recenti Gabriele Lolli, Giuseppe Longo, Frédéric Patras e Fernando Zalamea. Anche questi autori condividono una tendenza a concentrarsi sui nuovi possibili scenari di una diversa filosofia delle matematiche, in senso non analitico e staccato dalla tradizione dominante che ambiva, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, a una fondazione logica della matematica. Per quanto riguarda i tradizionali aspetti metafisici della filosofia della matematica che ho appena citato, si assiste a un recupero temperato delle visioni metafisiche tradizionali: per esempio è Lautman stesso che vede nei risultati gödeliani all’opera una attenuazione della pesantezza ontologica del platonismo tradizionale grazie all’emergenza di un Platone non statico, non fissato su una reificazione delle Forme […], un Platone che ne costituisce la base mobile. Anche gli aspetti di problem solving della matematica vengono indicati come importanti, come del resto già segnalato da Enriques, e contenuto e natura delle matematiche vengono così posti in primo piano, all’interno di una critica della ossessione logico/epistemologica dei fondamenti.

    Per Lautman e Cavaillès sono proprio i teoremi limitativi di Gödel a ispirare un New Deal della stessa philosophie mathématique, lontano dalla tematica del fondamento e invece attento alla complessità epistemologica e cognitiva, in cui quello che importa è dar conto dell’architettura del tempio matematico come la definirà François Le Lionnais, ponendo enfasi nel contempo sugli aspetti dinamici di un sapere in continua evoluzione. Del resto, nulla meglio dei risultati di Gödel potrebbe, nel quadro di una secondo me implicita ripresa di alcuni aspetti della filosofia della matematica di Kant, far tornare a porre l’attenzione verso il potere delle matematiche di produrre un’oggettività non riducibile ai soli aspetti formali. Le matematiche sono a tutto tondo un prodotto fondamentale del pensiero umano - come già indicava Gaston Bachelard e, come dice Lautman, occorre entrare nel loro edificio per partecipare sia al movimento dell’intelligenza che al rigore logico senza confondersi né con l’uno né coll’altro cercando di fare una sintesi: le matematiche sono costruttrici di oggettività in una dimensione dialettica, dinamica e storica e nel contempo implicate nell’esperienza, e certo, se così interpretate, un antidoto contro le visioni epistemologiche e/o filosofiche sia dello scientismo che dell’antiscienza. Le matematiche costituiscono un divenire autonomo e imprevedibile, dice Cavaillès, ed è impossibile definirle e lo stesso concetto di deduzione non può essere definito a prescindere dallo sviluppo delle teorie; Lautman a sua volta pone enfasi sulla genesi delle matematiche a partire dalla dialettica, intesa come problematica pura, essenzialmente antitetica e relativa a coppie di nozioni che sembrano a prima vista opporsi, e a proposito delle quali si pone tuttavia il problema di una sintesi o di una possibile conciliazione. Sulla scia di questi risultati risulta particolarmente degna di nota anche l’attenzione rivolta da parte di Castellana alle implicazioni epistemologiche dei lavori di Alexandre Grothendieck, in questi ultimi tempi oggetto di indagine in autori come Fernando Zalamea e Frédéric Patras.

    Nella seconda parte, che presenta due scritti 1) Francisco A. Rodriguez Consuegra, Un inedito di Gödel contro il convenzionalismo: storia, analisi, contesto e traduzione (1992) e 2) Kurt Gödel, La matematica è sintassi del linguaggio?(1953/59 -VI), il libro offre un ricco e problematico inedito di Gödel contro il convenzionalismo: aspetti ontologici vengono ripresi (gli oggetti matematici sono analoghi agli oggetti fisici), lo statuto degli enunciati e degli assiomi viene visto come dipendente dai significati dei concetti e non dalle definizioni, l’intuizione degli oggetti e degli assiomi matematici è considerata autentica conoscenza, che non può essere sostituita da convenzioni, ma solo da convenzioni più una certa intuizione matematica, o da convenzioni più una conoscenza empirica che in un certo senso implichi un contenuto matematico equivalente.

    La terza parte infine contiene i seguenti scritti: 1. Lettera di Kurt Gödel del 25 settembre del 1938 a Ferdinand Gonseth, 2. Al di là della matematica come linguaggio: Federigo Enriques e Kurt Gödel e 3. La ragione topologica: Gaston Bachelard e Kurt Gödel. Nei primi due testi torna ad essere discussa la questione del platonismo matematico, e quindi del secolare problema se gli enti matematici abbiano o meno una indipendenza dal soggetto che li elabora: tuttavia il platonismo diventa, attraverso una specie di naturalizzazione, dinamico (o storico) e come tale fornisce un’ottima ancora per ridare contenuto conoscitivo alla matematica al di là delle visioni analitiche e convenzionaliste. Non bisogna infatti considerare la matematica come un mero linguaggio fra i linguaggi, in conformità con la tradizione logica e neopositivistica, in cui l’idea della loro convenzionalità domina, con conseguente minore attenzione alla questione dei contenuti autonomi specifici e sottovalutazione sia della portata veritativa che di quella conoscitiva del sapere matematico. Gonseth mostra di apprezzare in Federigo Enriques la visione antisistematica, lo spirito costruttivo e il platonismo dinamico che riconferiscono dignità e autonomia al corpus delle matematiche: aspetti importanti con la creatività, le euristiche, le attività di problem solving, che albergano nei processi cognitivi matematici e che sono da considerare intrinseche alla conoscenza matematica, non possono essere messe in luce dalle interpretazioni convenzionaliste.

    Il terzo testo ritorna a enfatizzare la specificità delle matematiche, il loro potere creativo attraverso i processi di generalizzazione e di astrazione sempre in aumento, il ruolo del rigore che non trae nocumento dal continuo cambiamento concettuale, come già aveva indicato Federigo Enriques stesso. Le matematiche presentano un carattere strutturale e sintetico e una immagine topologica di esse sembra poter incarnare ottimamente lo statuto della conoscenza matematica senza trascurarne i momenti creativi. Se si utilizza il termine ragione topologica, il pensiero di Gaston Bachelard si presenta come una apologia della la ragione polemica che si oppone alle filosofie della scienza esistenti e che appare capace di mostrare gli effetti generati da filosofie implicite nel quadro della cosiddetta filosofia dialogata tipica del nouvel esprit scientifique. Solo una ragione topologica riesce a cogliere il senso epistemico delle teorie matematiche nel loro quasi necessario articolarsi nelle organizzazioni concettuali fisico-matematiche, anche in questo caso al di là di ogni platonismo rigido e dogmatico e della considerazione della matematica come mero linguaggio.

    Dobbiamo essere grati a Mario Castellana che in questo testo, ma anche in molti altri della sua autentica, ricca e rigorosa produzione filosofica ed epistemologica, ci mette in condizione di conoscere e apprezzare una tradizione intellettuale, prevalentemente di lingua francese, che ha il pregio unico ed eccezionale di riflettere sulla matematica al di fuori della vulgata analitica e logic-centered, pur così accademicamente importante, come sappiamo. Questa tradizione, a cui io stesso ho attinto spesso nella mia ricerca - ahimè forse non sempre dando credito esplicito dei benefici intellettuali ottenuti - ha il merito di porre l’accento sul fatto che la matematica è produttrice di intelligibilità del mondo: la matematica è conoscenza, costruttrice di principi di esperienza, e possiamo aggiungere che proprio grazie a queste qualità essa è oggi anche un antidoto contro le recenti pretese di scientificità avanzate dalle incombenti e prolifiche ricerche nel campo computazionale dei big data e del deep learning, come ho recentemente illustrato in un testo dall’eloquente titolo, credo in sintonia con questo bel libro di Mario Castellana, The cognitive and epistemic value of mathematics. Making the world intelligible: the role of abduction, diagrams, and affordances, pubblicato nell’Handbook of Cognitive Mathematics, a cura di Marcel Danesi (Springer).

    Pavia, ottobre 2021

    Ô mathématiques sévères, je ne vous ai pas oubliées, depuis que vos savantes leçons, plus douces que le miel, filtrèrent dans mon coeur, comme une onde rafraîchissante. J’aspirais instinctivement, dès le berceau, à boire à votre source, plus ancienne que le soleil, et je continue encore de fouler le parvis sacré de votre temple solennel, mois, le plus fidèle de vos in initiés. Lautréamont

    Il filosofo non deve trarre [dalle matematiche] né delle leggi, né prevedere una evoluzione futura; il suo ruolo consiste solo nel prendere coscienza del dramma logico che si gioca all’interno delle teorie. Albert Lautman

    Il rigore dimostrativo sta alla scienza come la pietra sta alla scultura. Simone Weil

    La storia autentica eccede il meramente accaduto. Nicolás Gómez Dávila

    Introduzione

    Ricostruire un momento delle vicende non sempre lineari del pensiero filosofico-scientifico, come quello degli anni ’30 del Novecento attraversato da un lato da una serie di cambiamenti strutturali di fondo nell’ambito delle discipline logico-matematiche e fisiche e dall’altra dallo sviluppo e dall’affermarsi della filosofia della scienza come sapere autonomo, frutto comunque di un processo del resto già iniziato tra i due secoli, porta a considerare salienti alcuni aspetti e problematiche che hanno creato le condizioni a volte necessarie per quella vera e propria koiné venutasi a formare appunto per tracciare i binari della letteratura epistemologica che si stava costituendo. Inevitabilmente nel tentativo di creare una piattaforma comune, del resto rivelatasi strategica per le sorti della filosofia della scienza, sono state tralasciate altre direzioni che tale nuova disciplina stava delineando sempre con l’obiettivo primario di dar conto delle diverse ‘ragioni della scienza’, come le chiamava già Federigo Enriques nei primi anni del secolo scorso, e sulla sua scia lo stesso Moritz Schlick che non a caso nelle prime pagine di Allgemeine Erkenntnislehre del 1918 parlava di ‘anima’ filosofica della scienza da far venire fuori.

    Come stanno dimostrando recenti ricostruzioni storiografiche, la ricca letteratura epistemologica o quello che abbiamo chiamato vero e proprio patrimonio epistemologico, del resto sin dal suo inizio, è stata caratterizzata da una pluralità di prospettive difficilmente incanalabili in un solo filone sia pure importante; e questo è venuto di più a verificarsi nell’ambito degli studi che riguardano la matematica come scienza sia per la sua lunga storia e sia perché le vicende legate alla storia della fisica del primo Novecento ne hanno indirizzato alcuni percorsi sino a mettere in secondo piano il problema della sua autonomia, dello specifico modo di essere e produrre conoscenza, tema ritenuto cruciale in alcuni percorsi di ricerca, laterali rispetto alla filosofia della scienza cosiddetta Standard, e divenuto sempre più centrale nella seconda metà del secolo scorso. Per tali motivazioni si rende necessaria una storia della filosofia della scienza col tenere nel debito conto anche altre aree di ricerca che hanno dato voce in maniera programmatica ad altre e diverse ‘ragioni’ o ‘anime’ del pensiero matematico; e questo anche perché convinti, come dice lo scrittore colombiano Nicolás Gómez Dávila, che «la storia autentica eccede il meramente accaduto» se viene interrogata con strumenti in grado di fare emergere il senso più autentico del modo d’essere anche delle matematiche degli ‘eventi di verità’ per usare una espressione di Alain Badiou, figura che non a caso si è confrontata in maniera costante con esse. Tale idea ci è servita anche per comprendere meglio il passo presente in Per la storia della logica del 1922 di Federigo Enriques dove si dice che nella scienza non ci sono «teorie vere, ma teorie sempre più vere» da tradurre in ambito da filosofia della matematica: non esistono postulati e assiomi rigorosi, ma sempre ‘più rigorosi’, primo passo non di poco conto per rivedere sotto altra luce la storia delle matematiche come un percorso dinamico di conoscenze tout court.

    Inoltre, se per noi oggi i concetti di ‘pensiero scientifico’ ed in particolar modo quello di ‘pensiero matematico’ ci sono familiari e fanno parte integrante del nostro lessico, è perché alcune figure, più di altre, si sono impegnate nel darne una più giusta rilevanza epistemica; esse solo da pochi anni sono al centro di rinnovato interesse, ma è dai primi decenni del Novecento che, a partire da Enriques la cui posizione storico-epistemologica è venuta ad integrarsi con quella francofona prima con quelle di Gaston Milhaud, Léon Brunschvicg, Maximilien Winter, Éduard Le Roy e poi di Gaston Bachelard, Jean Cavaillès, Albert Lautman Hélène Metzger e Ferdinand Gonseth, hanno fornito degli strumenti concettuali più in grado di chiarirne le modalità d’essere e soprattutto la intrinseca dimensione storica. Ma come per ogni impresa teorica tesa a gettare le basi di un nuovo capitolo del pensiero filosofico come quello della filosofia della scienza, non è stato facile sul piano epistemico assegnare alla storicità delle matematiche il suo peso specifico ancora considerata, ad esempio, nel nascente gruppo di matematici che va sotto il nome di Nicolas Bourbaki, come un elemento patologico della verità matematica, quando invece già a partire dagli anni ’20 Hermann Weyl la vedeva come un elemento costitutivo venuto ad insediarsi, sia pure a partire dai suoi confini, nel ‘granitico impero delle matematiche’ la cui ‘lunga marcia’, a dirla con parole di Alexandre Grothendieck, è stata costellata da diversi intrecci tra settori coniugati tra di loro.

    Ma averlo fatto, sia pure ai lati della costituenda corrente Standard in filosofia della scienza, ha significato ‘eccedere il meramente accaduto’ nel senso anche che, senza la conquista sul piano epistemico del particolare spessore storico delle matematiche, sarebbe stato più difficile arrivare a parlare di ‘pensiero matematico’; ma è da tenere presente che è merito dell’area francofona nel suo incontro con la prospettiva avanzata da Federigo Enriques, averlo messo al centro dell’attenzione grazie al fatto che c’è stato un lungo confronto con le complesse dinamiche in atto nelle diverse discipline matematiche a partire dalla stagione cartesiana. Tale non comune interrogazione di natura filosofica del ‘continente’ matematica proseguì grazie agli intensi dibattiti avvenuti nel periodo illuminista dove com’è noto, ma fatto che non viene sottolineato abbastanza, sorsero diversi filoni di ricerca col prendere piede in maniera più organica la philosophie mathématique; nello stesso tempo, grazie alla sofferta metabolizzazione dell’impresa newtoniana, sorsero altri percorsi analoghi come la philosophie biologique, la philosophie médicale, la philosophie chimique, la philosophie zoologique, la philosophie sociale e anche la philosophie technique, filoni di ricerca che trovarono il loro sbocco nel comtiano Cours de philosophie positive dove diversi capitoli sono dedicati proprio alla philosophie mathématique imperniata sui risultati di Lagrange, tale da far dire a Léon Brunschvicg nel 1912 che essi segnano un’epoca.

    Negli anni ’50-60 dell’Ottocento non fu dunque un caso se già un Antoine-Augustin Cournot nell’ Essai sur les fondements de nos connaissances et sur les caractères de la critique philosophie (1851) parlava di ‘crisi rinnovatrici delle scienze’ come ‘le sole crisi utili per il rinnovamento della filosofia’ di fronte ai primi segnali di novità emergenti nelle scienze fisico-matematiche, idee poi ribadite con più forza in Traité de l’enchaînement des idées fondamentales dans les sciences et dans l’histoire del 1861; in tale contesto, anche grazie al ruolo di alcuni matematici italiani nei loro rapporti con i colleghi d’oltralpe come Giuseppe Battaglini ed Eugenio Beltrami impegnati in prima fila nel far conoscere le geometrie non euclidee in Europa, tale importante evento del pensiero scientifico fu subito oggetto di analisi filosofiche che continuarono per tutta la seconda metà del secolo da portare alla nascita della stessa Revue de

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