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Cashmere E Mimetiche
Cashmere E Mimetiche
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E-book363 pagine5 ore

Cashmere E Mimetiche

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Info su questo ebook

”Cachemire e Mimetiche” è il terzo romanzo della serie ”Miliardarie in Blue Jeans” di Erin Nicolas, autrice bestseller del New York Times e di USA Today. È una storia d'amore ambientata nella provincia americana e contiene scene di sesso consensuale.

Da amici ad amanti… e forse qualcosa in più.
Gestire un negozio di torte con le sue sorelle per un anno. Uscire con qualcuno per la prima volta all'età di ventinove anni. Non esserne terrorizzata.
Beh, almeno la prima cosa era sotto controllo. Più o meno.
Per il resto, avere qualcuno con cui parlarne, come una migliore amica, era fondamentale. Consigli, discorsi di incoraggiamento, un aiuto a scegliere i ragazzi con cui uscire, confidenze sul sesso…
Ma se la sua migliore amica fosse stato un ragazzo? Magari un ex marine decisamente sexy che in quel momento lavorava come meccanico?
Lui era sicuramente molto esperto su tutto ciò che lei doveva sapere, e meritava una fiducia incondizionata. Quindi chi meglio di lui per insegnarle tutto ciò che lei fino a quel momento si era persa?
Però forse un piccolo problema c’era… perché l’unica persona che le faceva venire le farfalle nello stomaco, e le faceva fare sfrenati sogni erotici, era proprio l'uomo che si era incaricato di trovarle dei ragazzi con cui uscire.
LinguaItaliano
EditoreTektime
Data di uscita11 set 2022
ISBN9788835446095
Cashmere E Mimetiche

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    Anteprima del libro

    Cashmere E Mimetiche - Erin Nicholas

    Capitolo uno

    Olio motore e tatuaggi.

    Nemmeno in un milione di anni Brynn Carmichael avrebbe mai immaginato che l’olio motore e i tatuaggi entrassero nella sua lista delle Dieci Cose Eccitanti.

    Ma a quanto pareva occupavano i primi due posti.

    Okay, forse era la vista dell’olio motore che macchiava il sedere coperto dai blue jeans di Noah Bradley a eccitarla veramente. O forse era solo il sedere. O Noah.

    Ma in ogni caso, Brynn Carmichael inspirò profondamente l’aria profumata di olio motore che la circondava, sentì il ronzio dell’eccitazione attraversare il suo corpo e si sistemò contro il parabrezza del pick-up Ford F-100 blu del 1953, il suo posto preferito in tutta la città di Bliss, nel Kansas.

    Certo, non che Bliss offrisse molto, quindi le sue opzioni erano più limitate di quelle che aveva a casa a New York. Bliss era una piccola città del Midwest nel bel mezzo del nulla. Ma, a dire il vero, il cofano del pick-up nel garage di Noah Bradley era probabilmente il suo posto preferito al mondo.

    Era il luogo perfetto per leggere. Il parabrezza era un ottimo schienale e lei poteva sedersi con le ginocchia piegate, con un libro o l’e-reader appoggiato alle cosce. E stare lì era stranamente confortante.

    La cosa, all’inizio, l’aveva scioccata. Il primo giorno in cui si era spinta fino al garage durante la passeggiata che faceva per sfuggire agli stretti confini del negozio di torte e alle sue sorelle, era rimasta in piedi sulla soglia, guardando Noah finché lui non l’aveva notata.

    «Tutto bene?» aveva chiesto lui, estraendo lo straccio dalla tasca posteriore e pulendosi le mani mentre le andava incontro.

    «Posso solo... stare qui?» gli aveva chiesto Brynn. «C’è un gran rumore nel negozio di torte.»

    Brynn aveva bisogno di un posto dove potersi allontanare da... tutto. Non era abituata a trattare con la gente tutto il giorno. Sicuramente non era abituata ad avere a che fare con le sue sorelle tutto il giorno. Voleva molto bene a Cori e Ava. Ma erano undici anni che non vivevano tutte insieme. E non avevano mai lavorato insieme. Ora Ava e Cori erano con lei ventiquattrore su ventiquattro e, beh, Brynn aveva bisogno di una pausa. Non poteva andare a casa dove le sue sorelle l’avrebbero trovata. Non c’era scampo al negozio di torte. Si era persino resa conto che una passeggiata nel parco significava imbattersi in persone ed essere costretta a socializzare.

    Ma quando si era trovata davanti al garage di Noah, qualcosa l’aveva spinta a varcare la soglia. Quello non era esattamente un posto tranquillo, ma lui era l’unico presente, e non era certo un tipo loquace. Inoltre, non c’era niente lì che lei dovesse fare. Non aveva idea di cosa fossero la maggior parte delle attrezzature e degli strumenti che occupavano il garage e non c’era pressione, lì. Sembrava il nascondiglio perfetto. In parte perché nessuno si sarebbe mai aspettato che lei fosse lì.

    Era sempre stata molto felice in biblioteca o nel suo laboratorio. Posti tranquilli dove tutti tenevano la testa bassa e si facevano gli affari loro. Non si sarebbe mai aspettata di trovare la stessa atmosfera dentro un’officina in una cittadina del Kansas.

    Il pick-up che aveva rivendicato come il suo posto non funzionava, ma si trovava all’interno delle grandi porte del garage di Noah, al riparo dal sole, con una vista perfetta sulla Main Street di Bliss. E sul meccanico tonico e muscoloso piegato su un motore.

    Brynn lasciò che il suo sguardo vagasse sulla schiena e sulla parte superiore delle braccia di Noah, i cui muscoli si contraevano mentre cercava qualcosa sotto il cofano dell’auto su cui stava lavorando. Indossava una maglietta bianca macchiata di olio e un paio di vecchi blue jeans neri con un buco in una delle tasche posteriori e ancora più macchie. Dall’altra tasca posteriore pendeva uno straccio rosso che usava per pulirsi le mani quando non lo faceva distrattamente sulle cosce. La manica destra della maglietta nascondeva solo un quarto del tatuaggio che gli decorava il braccio e la spalla, e Brynn si ritrovò a spostarsi leggermente in modo da poterlo vedere meglio mentre lui manovrava la chiave inglese che stava usando.

    Si era sentita attratta da Noah fin dalla prima volta che lo aveva visto nella cucina del negozio di torte che lei e le sue sorelle ora possedevano. Ma non si era aspettata che diventasse suo amico. O che il suo garage diventasse la sua oasi di pace in quella cittadina che la travolgeva con la sua cordialità e invadenza.

    Era interessante notare che il garage di Noah era persino meglio della biblioteca o del laboratorio. Aveva sempre lo stesso odore: una combinazione di olio motore, benzina, gomma e buon vecchio sporco. Anche l’aspetto era sempre lo stesso. Il veicolo su cui lui lavorava cambiava ogni volta, ovviamente, ma mentre l’officina era ingombra di strumenti e parti di macchine, e la scrivania ricoperta di pile di carte, fatture e altre scartoffie, tutto lì dava una bella… sensazione. Era senza pretese. Nessuno indossava cravatte, tacchi alti o camici. Solo jeans e magliette, sporco e grasso. E anche se il garage non era silenzioso, lei aveva scoperto che preferiva i suoni di attrezzi metallici contro parti metalliche di automobili, l’occasionale maledizione mormorata da Noah e la classica musica country che usciva dal vecchio stereo portatile che stava sul banco degli attrezzi, al silenzio assoluto del suo laboratorio.

    Il suo laboratorio era... sterile. Ovviamente. Era pulito e lucido, e tutto era etichettato, al suo posto e accuratamente controllato. Ma lì, gli strumenti potevano essere gettati nella cassetta degli attrezzi senza preoccupazioni. Le cose venivano sbattute, le gomme prese a calci, le mani e i vestiti sporcati. Non c’erano delicate pipette di vetro o minuscole lenti da microscopio. Lì le cose erano grandi, resistenti e sudate.

    Brynn alzò gli occhi al cielo a quell’ultimo pensiero. No, lei non sudava nel suo laboratorio, ma non aveva davvero voglia di sudare. Il fascino della sudorazione aveva tutto a che fare con l’uomo che in quel momento stava osservando.

    L’uomo che osservava da cinque mesi, due settimane e sei giorni. Da quando aveva iniziato ad andare nel suo garage a metà giornata.

    Se gli attrezzi, gli odori e i suoni di quel garage erano ben lontani dal suo sterile laboratorio di ricerca a New York, l’uomo al comando era ancora più diverso da quelli con cui di solito lei trascorreva del tempo. Scienziati, ricercatori, studiosi. Uomini che preferivano camici, microscopi e corposi libri di testo. Noah non solo lavorava sulle macchine ed era pieno di tatuaggi, ma era un ex Marine, indossava quasi esclusivamente denim e magliette e leggeva romanzi gialli.

    Lei trovava quella cosa incredibilmente sexy. Guardarlo appoggiare un romanzo giallo su una coscia rivestita di jeans, mentre la sua grande mano callosa con le unghie sporche di olio motore afferrava una bottiglia di birra, la faceva andare su di giri. Probabilmente era molto superficiale essere così consapevole di tutti gli attributi fisici di Noah, ma lui era un’anomalia nel suo mondo e gli scienziati studiavano le anomalie. E poi, ehi, lei non era mai stata una ragazza superficiale, quindi pensava di poter essere perdonata.

    Semplicemente non era mai stata così consapevole di un uomo come in quel momento, e non poteva fare a meno di prendere nota di tutto, dalle preferenze di lettura di lui, al modo in cui i suoi jeans erano leggermente sfilacciati sul fondo. Brynn era entusiasta di quell’attrazione. Gli uomini erano una cosa che non aveva studiato molto e lo ammetteva: voleva saperne di più su quel tipo di chimica. Noah era, secondo lei, il soggetto perfetto. Nuovo, diverso, accattivante e disponibile. Era sempre lì per lei, quindi conoscerlo e osservarlo – okay, guardarlo con molta attenzione – era facile.

    E poi c’era la cosa più attraente di Noah: non parlava molto.

    Era tranquillo e riflessivo. Proprio come lei. Non aveva bisogno di riempire lo spazio con le parole. Non faceva molte domande. Il che, insieme alla vista e al fatto di stare un po’ senza Cori e Ava – la vista l’aveva già menzionata, vero? – rendeva l’officina il posto migliore in città per rilassarsi e leggere.

    «Miao

    Brynn si voltò e vide un grosso gatto che usciva dal finestrino del pick-up e si arrampicava sul cofano con lei.

    «Ehi, Penn» disse, tendendo la mano.

    Il micio sbatté il naso contro le sue dita e poi chinò la testa in modo che lei lo strofinasse dietro le orecchie.

    Penn doveva il suo nome al Pennzoil, un famoso olio motore, perché era di un nero lucido e uniforme e sembrava olio versato quando si sdraiava sul pavimento dell’officina. Passava il sessanta per cento delle sue giornate sonnecchiando sul sedile anteriore del pick-up. L’altro quaranta per cento dei suoi pisolini era o sopra alcune vecchie scatole sullo scaffale più alto del garage o su quello più basso dietro pile di vecchie fatture nel piccolo ufficio che dava sulla strada. Trascorreva la maggior parte del suo tempo lì con loro, anche se durante il giorno gironzolava per la città, controllando le cose, come erano soliti fare i gatti.

    Brynn spostò di lato l’e-reader mentre Penn le si arrampicava in grembo, facendo delle fusa abbastanza forti da essere udite al di sopra del ronzio delle apparecchiature di Noah.

    «Come stai, piccolo?» gli chiese, mettendo l’e-reader accanto a sé in modo da avere entrambe le mani libere per dare a Penn le grattatine di cui sembrava aver bisogno. «Hai fatto un bel pisolino?»

    Penn iniziò a impastare le zampe anteriori sulla sua coscia. Aveva le unghie, ma le teneva accuratamente rinfoderate ogni volta che gli facevano le coccole. Brynn rimaneva sempre sorpresa da quanto le piacesse il tempo che ogni giorno Penn le passava in grembo. Non era mai stata un’amante dei gatti. Però in fin dei conti non ne aveva mai avuti intorno. Nemmeno cani. O altri animali. Però Penn le piaceva. Andava da lei e le faceva sapere quando aveva bisogno di attenzioni e poi, quando ne aveva avuto abbastanza, saltava giù e andava a fare qualsiasi altra cosa avesse in programma. Noah gli lasciava sempre cibo e acqua a disposizione, e il finestrino del pick-up sempre abbassato in modo che potesse andare e venire. In ogni caso Penn sembrava in grado di prendersi cura di sé stesso. In effetti, Brynn sospettava che se non ci fossero stati cibo, acqua e riparo, il micio si sarebbe comunque arrangiato da solo.

    Però sembrava avesse bisogno di aiuto per strofinare quel punto dietro l’orecchio che gli faceva chiudere gli occhi, inarcare il collo e fare le fusa così forte da far vibrare Brynn come una poltrona massaggiante.

    Lei rise mentre le posava il sedere sulle sue cosce, chiaramente pronto a rimanere per i minuti successivi. Facendo scorrere la mano sulla sua pelliccia setosa, Brynn alzò lo sguardo. Noah stava osservando lei e Penn con un’espressione dolce sul viso. Era uno sguardo che lei vedeva di tanto in tanto. Chiaramente affettuoso, ma chissà se era rivolto a lei o al gatto. A entrambi, forse. Non l’aveva mai visto tenere in braccio o accarezzare Penn. In effetti, quel gatto non si avvicinava troppo a Noah. Non che si tirasse indietro, faceva semplicemente le sue cose mentre Noah si occupava dei motori o delle scartoffie. Ma Penn non se ne andava. Di tanto in tanto si allontanava dal garage, ma non stava mai via troppo. Tornava sempre. E chiaramente a Noah piaceva quel gatto. Gli dava da mangiare, si assicurava che ci fosse acqua fresca e non lo cacciava mai fuori da quel vecchio pick-up. Non riparava il buco sul retro del garage da cui Penn scivolava dentro e fuori. Ogni tanto lavava persino la coperta su cui Penn dormiva.

    Brynn aprì la bocca, decidendo che era ora di scoprire quale fosse l’accordo tra l’uomo e il gatto, ma prima che potesse dire qualcosa, sentì, da appena fuori le porte del garage, qualcuno che chiamava: «Ehi, Noah!»

    Noah si voltò, la bocca che si allargava in un sorriso, e Brynn sentì il cuore in gola. Amava quel sorriso.

    «Ciao, Mitch.»

    Un uomo alto e di bell’aspetto entrò nel garage. Aveva all’incirca la loro età – tra la fine dei venti e l’inizio dei trenta – e aveva un sorriso accattivante.

    Noah prese lo straccio dalla tasca posteriore. «Cosa ci fai qui?» gli chiese, mentre allungava una mano per stringere quella di Mitch.

    «Sono tornato» gli disse l’altro uomo.

    «Ma non mi dire!»

    «Sì. Sembra che nessuno di noi riesca a stare lontano a lungo» disse Mitch ridacchiando.

    Noah alzò una spalla. «Sembra sia proprio così.» Ma non stava ridendo.

    Brynn si accigliò. Noah adorava vivere a Bliss. Oppure no?

    «Quindi mi chiedevo se potessi dare un’occhiata alla mia macchina. Fa un rumore... sferragliante» disse Mitch.

    A quel punto fu Noah a ridacchiare. «Sì. Gli sferragliamenti sono una delle mie specialità.»

    Brynn si accorse di sorridere.

    «Grande. Te ne sono grato. Io so aggiustare un sacco di cose, ma le macchine sono fuori dalla mia portata.»

    «Beh, apprezzo che le macchine e robe del genere siano fuori dalla tua portata» disse Noah. «Rende a me molto più facile pagare le bollette.»

    Mitch ridacchiò di nuovo e Brynn osservò l’interazione tra i due uomini con interesse dal suo trespolo sul pick-up. Era a solo pochi metri di distanza, ma era chiaro che Mitch non l’avesse ancora notata.

    Brynn osservò Noah chiedere informazioni sui problemi dell’auto di Mitch. Era capace di riparare qualsiasi cosa, dai tubi che perdevano ai pavimenti malmessi. Si occupava della manutenzione della vecchia casa che lei e le sue sorelle avevano ereditato dal padre. E di Elvira, la vecchia macchina ereditata dal padre. E del negozio di torte sempre ereditato dal padre.

    Con tutte le cose vecchie e logore che Rudy Carmichael aveva lasciato alle sue figlie, non avrebbero potuto evitare di conoscere Noah. Lei era convinta che quella fosse stata proprio l’intenzione di Rudy. Noah era stato una delle persone preferite di suo padre durante i cinque anni in cui aveva vissuto a Bliss. Probabilmente una delle sue persone preferite al mondo, onestamente. Lui e i suoi amici Evan e Parker erano stati i figli maschi che Rudy non aveva mai avuto.

    Ma Brynn si chiese se suo padre avesse avuto idea di quanto fosse attraente un uomo che sapeva affrontare i problemi, capiva esattamente cos’era necessario fare, interveniva e risolveva tutto.

    Forse sì. Ma sapeva che proprio lei l’avrebbe trovato incredibilmente attraente?

    Beh, non lo avrebbe biasimato se non fosse stato così. Forse Rudy credeva che non le piacessero gli uomini. Non che a lei piacessero le donne. Semplicemente non era mai stata molto interessata agli appuntamenti. Con uomini o donne. E a ventinove anni era ancora vergine. Beh, quello suo padre non poteva saperlo in modo specifico. Ma considerando che l’ultimo vero appuntamento di Brynn era stato quando aveva sedici anni, e che suo padre non aveva mai vissuto con loro, avrebbe potuto avere dei sospetti.

    Il fatto era che lei non aveva mai voluto uscire con qualcuno. Non aveva mai sentito quel bisogno. O desiderio. Lavorava con uomini molto simili a lei, con cui avrebbe potuto uscire. Lo faceva con le sue sorelle, che l’avrebbero volentieri sistemata con qualcuno, simile a lei o no. Ma lei non aveva bisogno di un uomo. E non ne aveva mai voluto uno.

    Fino a Noah Bradley.

    Forse perché non si era resa conto di cosa si era persa. Di come ci si sentiva ad avere un uomo che si prendeva cura di lei. Non perché ne avesse bisogno. Dio sapeva che le sue sorelle si prendevano cura di lei – accidenti, la viziavano. Ma con Noah era diverso. Lui lo faceva solo perché gli piaceva farlo. Gli piaceva stare con lei. Ed era fuor di dubbio che le attenzioni di Noah Bradley creassero dipendenza.

    «Vedo che hai ereditato l’interesse di Jared per le vecchie auto» commentò Mitch, guardando fuori dalle porte del garage.

    Brynn sapeva che si riferiva alla Cadillac 370-D del 1937 che suo padre aveva lasciato a lei e alle sue sorelle. Elvira era parcheggiata sul davanti perché Noah aveva insistito che era ora di cambiare l’olio.

    «Quella bellezza è di un’amica» disse Noah di Elvira. «Le sto solo dando una regolata. Ed è l’unica su cui lavoro.»

    Un’amica. Si riferiva a lei. L’auto apparteneva anche alle sue sorelle e lui considerava amiche anche loro, ma quando ne parlava usava i loro nomi. Invece si riferiva sempre a lei come una sua amica. Inoltre, era lei quella che guidava più spesso Elvira. Perché le sue sorelle avevano dei fidanzati che le accompagnavano dove volevano o che prestavano a Cori e Ava i loro veicoli.

    Naturalmente, il suo amico Noah l’avrebbe volentieri accompagnata ovunque. O prestato una macchina. Non era necessario essere innamorati per soddisfare le esigenze di trasporto di qualcuno e Noah era la persona più disponibile che conoscesse.

    «Il vecchio pick-up di Jared ancora non va?» chiese Mitch.

    Brynn si raddrizzò alla menzione del suo pick-up. Che non era affatto suo. Ma che ormai le era familiare come la sedia nel suo laboratorio a New York. E chi era Jared?

    «No» rispose Noah.

    «Non ci stai lavorando su?»

    «No» ripeté Noah.

    «Cerchi di venderlo, per caso?»

    «No.»

    «Sei sicuro?» chiese Mitch, facendo un passo all’interno del garage. Diede un’occhiata al pick-up. Poi raddrizzò le spalle notando Brynn. «Oh.»

    Lei sorrise e raddrizzò la schiena per allontanarla dal parabrezza. Penn fece un rumore infastidito per essere stato spostato e le scivolò via dal grembo, dirigendosi verso il finestrino aperto. Saltò sul sedile, e lei sapeva che non ci avrebbe messo più di due minuti per addormentarsi.

    «C’è qualcuno che lo usa» disse Noah. Un angolo della sua bocca si alzò leggermente mentre guardava Brynn.

    «Sì, lo vedo.» Il sorriso di Mitch non fu così lieve. Era ampio e caloroso quando la salutò.

    «Ciao» rispose lei. Si strinse l’e-reader contro lo stomaco e gli rivolse un piccolo sorriso.

    Mitch era un uomo di bell’aspetto. Non era un… maschio alfa come Noah, ma era comunque bello. Non aveva mai usato la parola alfa per descrivere un uomo prima di arrivare a Bliss, ma Cori e Ava le avevano spiegato cosa significasse, e quel termine si adattava bene a Noah. Gli si adattava perfettamente.

    «Lavori qui?» le chiese Mitch, cosa che le fece distogliere l’attenzione da Noah, che ora era accigliato e osservava il suo amico farsi strada attraverso il garage verso il pick-up. E lei.

    «Ehm, no.» Gli fece un sorriso. «Sto solo qui a passare il tempo.»

    «Devi essere nuova» disse Mitch, fermandosi a lato del vecchio Ford. Infilò le mani nelle tasche anteriori dei jeans. «Il posto adatto dove passare il tempo è la tavola calda.»

    Lei fece una piccola risata. «È lì che la maggior parte degli abitanti di questa città trascorre la maggior parte del suo tempo» concordò. «Ecco perché mi prendo le mie pause qui.»

    «Ti piace l’odore dell’olio motore?» chiese Mitch.

    Era così. Le piaceva davvero. Lei annuì. «E la quiete.»

    «Ah.»

    Lo sguardo di Mitch vagò su di lei, apparentemente catalogando dettagli come la sua coda di cavallo, gli occhiali e la canotta nera che indossava sopra i pantaloncini color cachi. E le sue gambe nude. Sembrò indugiare lì. E all’improvviso lei si sentì... nervosa. Non era abituata a essere guardata, e non era abituata a pensare cose del tipo beh, devo uscire con sei ragazzi entro marzo.

    Il testamento di suo padre prevedeva diverse cose bizzarre. Come il fatto che le sue tre figlie si dovessero trasferire a Bliss per un anno per gestire insieme il suo negozio di torte, rendendolo redditizio entro la fine dei dodici mesi. Qualcosa che, a quanto pareva, lui non era mai stato capace di fare.

    Cosa ancora più strana, Rudy aveva messo delle condizioni sulle loro vite amorose. La festaiola Cori, che amava gli uomini quasi quanto i prodotti da forno, non avrebbe dovuto uscire con nessuno per sei mesi. Ava, la super amministratrice delegata, avrebbe dovuto uscire con un ragazzo, un ragazzo normale, nato e cresciuto a Bliss – non il solito tipo con cui si vedeva – per sei mesi. E la timida e pantofolaia Brynn doveva uscire con sei ragazzi diversi.

    Cori aveva superato i suoi sei mesi ed era innamorata di Evan, e ad Ava ne restavano solo altri due dei suoi sei. Ovviamente, l’uomo con cui aveva deciso di uscire per quei sei mesi si era rivelato essere quello con cui intendeva uscire per il resto della sua vita, quindi... sì, le sue sorelle stavano entrambe bene.

    Brynn, d’altro canto, non aveva nemmeno iniziato. Ed era molto consapevole del fatto che gli ultimi sei mesi del loro soggiorno obbligatorio a Bliss sarebbero iniziati tra otto giorni.

    Sapeva che anche Cori, Evan, Ava, Parker e Noah ne erano consapevoli. Da un momento all’altro si aspettava che iniziassero a chiederle del suo piano. Il piano che non aveva.

    «Ci sono altri posti tranquilli in città» disse infine Mitch.

    «Davvero? E quali?»

    «La veranda dietro casa mia» disse lui con un cenno del capo. «Potrei sistemarla in modo che l’unico suono che sentirai sarà lo sfrigolio di una bistecca sulla griglia e l’apertura di una bottiglia di birra.»

    Lei non poté fare a meno di sorridere. Un po’ banale ma carina. E le aveva appena chiesto di uscire. E forse ora lei aveva un piano.

    «Ma nessun odore di olio motore?» gli chiese. Oh, oh, quello forse era flirtare.

    Il sorriso di lui si fece ancora più ampio. «Te ne comprerò una lattina. Puoi sederti e annusarlo tutta la sera, se vuoi.»

    Lei rise leggermente. Era abbastanza sicura che quello fosse flirtare. Forse.

    «Sono Mitch Anderson» disse lui, tendendo una mano.

    Brynn si inumidì le labbra e tese la sua. «Brynn Carmichael.»

    Mitch non gliela strinse. Sembrò inghiottirla nella sua e si limitò a tenerla stretta. «Carmichael? Sei una delle tre gemelle proprietarie del negozio di torte?»

    Lei annuì. Non voleva proprio togliere la mano. Lui non stava stringendo, il suo palmo non era sudato, non era affatto sgradevole. Ma in un certo senso Brynn voleva allontanarsi. Era strano tenergli la mano.

    Certo, magari era così perché avevano un pubblico. Un pubblico formato da un maschio alfa torvo che ora si stava avvicinando a loro.

    «Ho sentito che tu e le tue sorelle avete alzato un bel polverone, da queste parti» disse Mitch.

    «Dove l’hai sentito?» chiese Noah, avvicinandosi a Mitch.

    Brynn fece scivolare la mano da quella di Mitch e se la infilò, con l’altra, sotto le cosce. Sì, era strano toccare un altro ragazzo con Noah presente. Creava confusione – anche se lei e Noah erano amici e non si toccavano molto – ma sarebbe stato molto spiacevole quando lei avrebbe dovuto iniziare a vedere qualcuno. Tra otto giorni.

    Doveva iniziare a pensarci davvero. Fino a quel momento lo aveva evitato. Erano sei mesi che lo faceva. Dicendo a sé stessa che avrebbe dovuto concentrarsi prima sul negozio di torte e sulle sue sorelle. Ma a quel punto... il negozio stava andando bene e le sue sorelle erano innamorate.

    Stava finendo le scuse.

    Mitch rise alla domanda di Noah. «Ovunque. Mia madre mi parlava del negozio di torte e di tutto il resto prima ancora che tornassi in città.»

    Noah si spostò per incunearsi leggermente tra il lato del veicolo e Mitch. Lui non commentò, ma fece un piccolo passo indietro.

    «Ho sentito che Evan e Parker hanno una relazione con due delle ragazze Carmichael.» Mitch guardò Brynn. «Non mi ero reso conto che tu uscissi con la terza.»

    «Siamo solo amici» dissero Noah e Brynn all’unisono. Si guardarono l’un l’altro, poi rivolsero di nuovo gli sguardi su Mitch.

    Quante volte avevano detto quelle tre parole? Individualmente e all’unisono? Decine e decine.

    Brynn deglutì e fece un sorriso a Mitch. «Noah non si occupa solo di Elvira, ma ci ha aiutate moltissimo al negozio di torte.»

    Mitch guardò Noah. «Sì, scommetto che l’ha fatto.»

    Noah inarcò un sopracciglio. «Sono un bravo ragazzo. Mi piace aiutare gli amici.»

    Lui non aveva enfatizzato in modo specifico la parola amici, ma era così che Brynn l’aveva sentita. Sì, sì, erano solo amici. Bene.

    «Quindi davvero sta qui solo a passare il tempo?» chiese Mitch a Noah. «È fantastico saperlo. Mi dispiacerebbe pensare di aver invitato la tua ragazza nella veranda sul retro di casa mia.»

    Aveva detto veranda con un tono strano o lei se lo era immaginato? Brynn passò lo sguardo avanti e indietro tra i due uomini che sembravano fissarsi.

    «Beh, non preoccuparti» disse lei allegramente. «Non ho mai visto nemmeno la veranda di Noah.» Lei non l’aveva detto con un tono strano, eppure suonò anche peggio di prima.

    Ma era vero. Non era mai stata a casa di Noah. E sì, la cosa la infastidiva un po’. Ma lei lo vedeva sempre. Lui era spesso alla tavola calda di Parker, che era collegata al loro negozio di torte Sfornato con Estasi. Era anche spesso al negozio di torte. Le aveva davvero aiutate a ripulirlo e rinnovarlo. Aveva dipinto con lei le pareti e aveva rifatto la maggior parte delle finiture in legno intorno alle porte e alle finestre. L’aveva persino aiutata a realizzare i cuscini che ora decoravano le sedie in tutto il negozio. Noah, il grande, duro, meccanico ed ex-Marine, l’aveva aiutata a fare i cuscini. Era ancora una delle cose che preferiva di lui. Passava spesso anche a casa sua e delle sue sorelle. Una volta a settimana organizzavano una serata con giochi di società che includeva anche Parker ed Evan.

    Quindi lo vedeva molto. Brynn trascorreva un sacco di tempo con lui anche al di fuori del suo garage. Ma non era mai stata a casa sua. E dato che lo considerava uno dei suoi migliori amici, pensava che fosse strano.

    Peccato che lei non fosse il tipo da presentarsi alla sua porta. Quella era una mossa da Cori o Ava. Brynn non si... intrufolava in situazioni o luoghi. Semplicemente non era il suo stile.

    Sospirò tra sé e sé. Non lo era nemmeno discutere per sostenere le sue tesi o chiedere favori o insistere su... qualsiasi cosa. Aveva due sorelle con personalità molto ingombranti e aveva imparato molto in fretta che le cose erano più facili se teneva la bocca chiusa. Non è che assecondasse tutto il tempo Cori e Ava. Faceva le sue cose. Semplicemente non lo annunciava o non ne faceva un grosso problema. Sorrideva, annuiva e acconsentiva, o rimaneva completamente in silenzio, e poi faceva quello che voleva quando l’attenzione di tutti era altrove.

    Anche se era diventato tutto più difficile vivendo e lavorando con loro ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni

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