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Solo un'avventura
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E-book195 pagine2 ore

Solo un'avventura

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Info su questo ebook

La prima volta che l’ho visto, stava spaccando tronchi con un’accetta, come in una delle mie più sporche fantasie sui boscaioli.
Un eroe della Delta Force con un cuore d’oro… ben nascosto dietro pettorali che sembrano scolpiti nel marmo. E poi ci sono quegli addominali definiti, che mi lasciano senza parole mentre lo fisso da dietro un cespuglio. Non è ciò che sto cercando. Davvero.
Un’avventura con Stein è l’esatto opposto della settimana calma e tranquilla che avevo in mente quando ho prenotato questo viaggio. I suoi occhi penetranti sono pieni di segreti che dovrebbero farmi correre ai ripari. Ma se riesce a gestire una donna con la stessa maestria con cui maneggia quell’ascia… beh, potrebbe essere abbastanza per tirarmi fuori dalla depressione post-divorzio.
Quindi farò un patto con lui. Non riesco a resistere. Non capita spesso che una contabile come me si imbatta in un uomo così… perfetto per un’avventura.
LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2023
ISBN9791220704779
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    Anteprima del libro

    Solo un'avventura - Kate Aster

    1

    NATASHA

    Un anno dopo

    SBAM!

    La sua pelle liscia e calda che sbatte contro la mia, incandescente, con i muscoli tesi che si irrigidiscono mentre gli conficco le unghie nella schiena.

    Sfrenata e anche un po’ disperata, gemo per la sensazione di averlo dentro di me, qualcosa che sogno ormai da giorni. Eppure la realtà di ciò che sta succedendo mi scuote nel profondo.

    Non sta accadendo davvero. Sono le azioni di una donna che è il mio esatto opposto. Di certo non la persona che vedo quando mi guardo allo specchio con gli occhi stanchi, offuscati dalla preoccupazione di soffrire di nuovo.

    SBAM!

    La testiera sbatte contro il muro ad ogni spinta che reclama la mia anima.

    Muovo le dita lungo il suo corpo sodo fino agli addominali modellati e poi verso l’alto, fino ai pettorali che elevano quest’uomo a un livello che la mia amica Jackie definirebbe perfetto per un’avventura.

    Ha detto che avrei dovuto cercare proprio questo, durante la mia vacanza. E anche se l’idea era tanto intrigante quanto divertente, la verità è come velcro che sfrega contro la mia pelle: fastidiosa e indesiderata. L’esatto opposto della sensazione del suo corpo perfettamente levigato che scivola contro il mio.

    Distolgo gli occhi dai suoi solo un istante e sento lo sfregare della sua faccia non rasata mentre guardo il cartongesso, che si sgretola e cade ogni volta che mi rivendica come sua.

    Dovrei fermarlo. Di sicuro ora dovrò pagare i danni al tizio che mi ha affittato lo chalet.

    Eppure non posso. La sensazione che mi fa provare è troppo coinvolgente. Quindi, invece, oso incontrare di nuovo i suoi occhi e mi lascio immergere in quel meraviglioso blu, che è come le profondità più oscure dell’oceano e altrettanto misterioso.

    Affogo in quella squisitezza mentre sposto le dita verso il suo viso, disegnando una linea leggera lungo la mascella scolpita fino agli zigomi cesellati.

    Mi reclama di nuovo con la bocca, aggressiva e inflessibile, con la lingua penetra oltre le mie labbra mentre si spinge di nuovo dentro di me.

    SBAM!

    Sento un pezzo di muro cadere a terra proprio mentre urlo, frustata dal desiderio.

    «So che lo volevi, piccola.» Ha la voce roca, quasi minacciosa. «Ho visto che mi guardavi, ogni mattina.»

    «Bastardo.» Stringo le parole tra i denti, piene di un misto di rabbia incandescente e frustrazione che ho accumulato dentro, finalmente pronte a esplodere.

    Vorrei odiarlo per tutte le mattine in cui mi ha svegliata, solo per sedurmi con l’immagine del suo petto madido di sudore mentre brandiva un’accetta. Tentandomi quando tagliava la legna come in un’indecente fantasia sui boscaioli, anche in un momento in cui pensavo che l’unica cosa che avrei desiderato sarebbero state otto ore di sonno ininterrotto.

    Odio quest’uomo… anche se il mio corpo si arrende a lui e le mie gambe si aprono ancora, desiderandolo più a fondo, anche se dubito sia possibile.

    SBAM!

    Sbam!

    Mi spingo verso l’alto, il petto ansante.

    Ho minuscole perle di sudore alla base del collo. Ancora febbricitante per il bisogno, sento il mio sesso sfrigolare come se fosse stato appena maneggiato da un uccello di trenta centimetri attaccato a un corpo scolpito dalla mano di Dio.

    Ma sono da sola.

    Merda, sono da sola.

    Getto indietro la testa, affondando nei morbidi cuscini sul letto. Guardo in alto verso la testiera e vedo che il cartongesso è decisamente intatto.

    Era un sogno.

    Un sogno meraviglioso e ossessionante su un bastardo perfetto.

    Di nuovo.

    Sbam!

    E tutto ciò a cui riesco a pensare, mentre quel suono da mal di testa mi scuote, è se riuscirò a fare sesso con lui… prima di ucciderlo.

    Sbam!

    Furente, mi infilo i vestiti. Mi truccherei, ma ammettiamolo. Il ragazzo sembra un dio greco. Quindi nel mondo reale, al contrario che nei miei sogni, potrei anche sembrare una top model ma avere solo un briciolo di possibilità con lui. E poi, in realtà preferisco che un ragazzo mi piaccia, prima di andarci a letto.

    E questo tipo non mi piace.

    Affatto.

    Scuoto le scarpe prima di infilarmele, perché penso che qui in mezzo alla natura ci sia sempre qualche ragno gigante pronto a uscirne fuori.

    Certo, questo chalet non è così rustico come pensavo sarebbe stato quando ho prenotato la vacanza. Ma sono comunque in mezzo ai boschi, in mezzo al nulla. E immagino che qui i ragni siano molto più grandi che a casa.

    Seguendo la stessa logica, prendo lo spray per orsi che Jackie mi ha comprato e me lo infilo nella tasca posteriore. Penso che me lo abbia dato più che altro per scherzo. Ma non esco mai senza averlo con me, anche se con tutta probabilità è una maggior minaccia l’uomo massiccio che vive nello chalet accanto, che un orso qualsiasi.

    Mentre apro la porta, l’aria fresca di quest’ora di mattina mi colpisce. Sono appena passate le otto e, sicuro, il resto del mondo al momento sarà in viaggio per andare al lavoro. Ma io sono in vacanza e avevo tutte le intenzioni di dormire fino a mezzogiorno.

    Sbam!

    Se quel grande stronzo me lo lascia fare.

    Costretta a scacciare le zanzare ogni pochi passi, percorro il sentiero per circa quattrocento metri prima di vederlo: in piedi a torso nudo davanti alla sua capanna di legno, con l’accetta, resa sfocata dal movimento, che piomba su un tronco, spaccandolo con un colpo letale.

    Sbam!

    Ormai dovrei essere abituata allo spettacolo. Ho passato le ultime due mattine qui. La prima non ho osato nemmeno avvicinarmi; mi sono semplicemente nascosta dietro i cespugli, cercando di riprendere fiato dopo che la vista mi ha svuotato i polmoni.

    Con quella pelle luccicante di sudore, che ne accentuava ogni muscolo sottile del corpo, non ho potuto fare altro per cercare di non svenire.

    È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho fatto sesso. I brutti divorzi hanno questo potere: far sì che una ragazza lasci perdere gli uomini.

    Almeno finché non mi è capitato di imbattermi in un esemplare del genere, che è stato in grado di riportare in vita il mio desiderio sessuale come una cicala Magicicada che si sveglia da un sonno di diciassette anni.

    Certo, per me non ne sono passati così tanti. Però lo sembrano.

    Perciò quella prima mattina, quando l’ho visto, l’ho soltanto fissato, a lungo e intensamente, finché non ho sentito un filo di bava sul lato del mento e non ho deciso che era ora di avvicinarmici… o di tornare in silenzio nel mio chalet.

    Ho scelto l’opzione più facile.

    Ma la seconda mattina ho fatto ciò che ho intenzione di fare anche adesso, solo che spero con un risultato migliore, questa volta.

    «Scusami,» gli urlo mentre mi avvicino, perché il buon senso mi dice che non è bene arrivare di soppiatto dietro un uomo con un’accetta.

    Si gira e mi viene concessa una sbirciata ai suoi addominali.

    Madre di Dio.

    «Sì?» risponde lui in modo burbero.

    «Senti, te l’ho già detto ieri: io sono qui in vacanza. Ti sarei davvero grata se non facessi questo lavoro così presto al mattino.»

    Guarda l’orologio. «Sono le otto passate.»

    «Sì. E io sto cercando di dormire fino a tardi. Ho affittato lo chalet del tuo vicino perché sembrava un posto dove potersi riposare un po’.»

    «A casa non ce l’hai un letto?»

    «Cosa?»

    «Da dove vieni tu. Non hai un letto?»

    Aggrotto le sopracciglia. «Certo che ho un letto.»

    «Allora perché vuoi trascorrere le vacanze a letto quando puoi farlo a casa? Magari dovresti uscire. Vedere qualcosa. Andare a fare un’escursione. Lungo il sentiero c’è una stalla dove puoi noleggiare un cavallo. Se ti va di… farti una cavalcata.»

    Farmi una cavalcata? Il modo in cui ha aggiunto le ultime parole mi fa pensare che stia leggendo nella mia mente disgustosa. Inizio a irritarmi, più per la mia reazione nei suoi confronti che per ciò che ha effettivamente detto.

    «Il motivo per cui voglio stare a letto non sono affari tuoi.» Sto sputando fuori le parole. «Ma è così. In effetti, potrei passare a letto tutta la settimana.»

    «Fai pure.»

    «Ma non riesco a dormire con te che spacchi la legna ogni mattina alle prime luci dell’alba.»

    «Ehi, ragazza. La gente da queste parti ha bisogno di legna. Per stare al caldo.»

    Inclino la testa. «Potresti provare a metterti una maglietta.»

    «Intendevo per l’inverno. Bisogna prepararla ora. Sai, come la formica e la cicala.»

    «Cosa

    «La favola. La formica pianifica in anticipo, ma la cicala non lo fa e alla fine muore.»

    «Grazie per il riassunto.» Immagino di essere la cicala, in questo scenario.

    «E poi la gente compra adesso questa roba per i bracieri. Bisogna fare il fieno mentre il sole ancora splende.»

    «Parli sempre per metafore?»

    «Forse. Da bambino leggevo molto.»

    «Prima di scoprire la palestra?» Spalanco gli occhi quando mi rendo conto di averlo detto ad alta voce.

    Un leggero sorriso fa sollevare un lato delle sue labbra tutte da leccare. Con un altro colpo, pianta l’accetta, che rimane quasi del tutto in un tronco, e mentre lo fa è assolutamente erotico. Gira intorno alla catasta di legna e flette piano le dita, come se fosse qui da tutta la mattina.

    Allunga una mano, con gli occhi che brillano. «Io sono Stein.»

    L’afferro in automatico. Ed è altrettanto automatica l’ondata di ormoni che sento mentre la sua mano callosa avvolge la mia.

    Stein, penso. Se non sbaglio è il nome originale di uno specifico boccale di birra. Molto appropriato.

    «Tu ce l’hai un nome?» mi chiede. «O preferisci rimanere nel mistero? Per me fa lo stesso.»

    Rabbrividisco appena, senza una vera ragione. «Mi chiamo Natasha. Ma puoi chiamarmi come ti pare se la smetti di spaccare la così presto.»

    «Natasha,» ripete, prendendomi in giro con un sorriso. «Non ho mai conosciuto qualcuno che pensa che le otto e zero zero siano le prime luci dell’alba.»

    Otto e zero zero. Quindi è un militare. Beh, questo spiega i muscoli.

    «Ti va un caffè, Natasha-che-dorme-fino-a-mezzogiorno?» continua, dandomi una breve occhiata.

    «Cosa?»

    «Ti ho chiesto se vuoi un caffè. È una bevanda a base di chicchi di caffè.»

    Socchiudo gli occhi, per niente divertita. «So cos’è il caffè.»

    «Bene.» Quando il suo sorriso si allarga, sembra un po’ meno minaccioso, anzi quasi… familiare, in un modo strano. «Cominciavo ad avere qualche dubbio. Ne vuoi un po’?» conclude.

    Me ne sto lì, immobile, con la bocca spalancata. Sono arrabbiata con lui, eppure mi sta offrendo del caffè? A quanto pare non gli è chiaro perché sono qui.

    Anche se in effetti, forse se mi conoscesse meglio potrei fargli un po’ pena e allora mi lascerebbe dormire.

    Nonostante accettare l’invito vada contro la mia natura prudente, mi ricordo dello spray anti-orso che ho infilato nella tasca posteriore. Di sicuro dovrebbe bastare a mettere al tappeto anche un tipo così, se nello chalet le cose dovessero farsi inquietanti.

    E poi, ho proprio voglia di un po’ di caffè.

    «Okay,» dico con apprensione.

    «Allora vieni.»

    Entro in casa, aspettandomi quasi di vedere un’esposizione di animali imbalsamati, tipo qualche testa di cervo o di antilope, perché vederlo fino a poco fa con l’accetta mi ha fatto pensare che fosse un tipo del genere.

    Ma non c’è nessuna creatura pelosa esposta sulle sue pareti. In effetti, a malapena ci sono le pareti. I muri sono quasi del tutto sventrati. «Stai ristrutturando?» gli chiedo.

    Lui ridacchia, guardando i cavi a vista all’interno delle pareti tutte intorno a lui. «Nah. È solo che odio il cartongesso.»

    Mi lascio sfuggire una risatina perché penso stia scherzando. Ma chi può dirlo?

    Inspiro a fondo il forte aroma di caffè e lo seguo in cucina. In questo punto della casa il cartongesso c’è ancora, e la cosa crea un forte contrasto con l’open space del soggiorno con cui è collegata. Ci sono persino dei nuovissimi pensili simili a quelli nel mio chalet ed elettrodomestici in acciaio inox.

    «La tua cucina è messa molto meglio del resto della casa,» dico, annuendo sorpresa dopo aver visto il piano cottura con sei fornelli che non sembra per niente adatto a un ragazzo che ha l’aria di nutrirsi solo di frullati proteici.

    «Già. La cucina è una priorità. Bisogna pur mangiare.» Prende una cucchiaiata di chicchi di caffè e li mette in un macinino.

    Con un solo tocco dell’interruttore il profumo già fortissimo aumenta di almeno dieci volte, facendomi letteralmente desiderare una buona tazza di caffè.

    Mentre venivo qui mi sono fermata al minimarket appena fuori dall’autostrada, sperando di fare un po’ di scorta di cibo per la settimana. Ma la scelta era a dir poco limitata.

    «Quindi non hai il cartongesso però hai un… cos’è quello?» gli domando, osservando un aggeggio stipato in mezzo a una sfilza di piccoli elettrodomestici.

    «Un cuociriso.»

    «Hai un cuociriso?»

    «Bisogna sempre avere un cuociriso. Ho iniziato a usarlo quando ero di stanza in Corea. E poi io preparo un ottimo manzo in salsa piccante, non si può mica mangiare senza riso.»

    «Sei un militare?» chiedo, cercando conferma al mio precedente sospetto anche se ho la mente impegnata a capire come un uomo con questo aspetto possa saper preparare il manzo in salsa piccante.

    «Già.»

    Perché ora mi sembra di odiarlo un po’ meno? «Beh, grazie per il tuo servizio.»

    Lui si limita a fare spallucce.

    Faccio saettare gli occhi per la stanza. Un tostapane. Un robot da cucina. Una friggitrice ad aria sul piano di lavoro. Un frullatore Vitamix. Ha proprio tutto. «Quindi cucini parecchio?»

    «Sì. A quanto pare sono un uomo poliedrico.»

    Sentendo quell’espressione non riesco a trattenere un sorriso. «Sai

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