Reclamata dallo sceicco: Harmony Collezione
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Anteprima del libro
Reclamata dallo sceicco - Rachael Thomas
Quarazmir.
1
Dieci mesi più tardi
L'aveva trovata.
Il principe Kazim Al-Amed di Barazbin l'aveva trovata.
Amber lo guardò attraversare il salone del locale parigino con passo sicuro e determinato, osservando i visi delle ballerine che si muovevano al ritmo veloce della musica. Persino nella luce fioca riusciva a leggergli il disprezzo sul viso.
Lei si sentiva i piedi ancorati al pavimento e non riusciva a muoversi. Non avrebbe voluto guardarlo, ma non poteva a farne a meno. Ogni suo passo era traboccante di autorità, di una carica di potere mascolino che metteva in risalto la sua natura indomita. La sua pelle era abbronzata e i capelli di un incredibile nero corvino contrastavano con l'eleganza classica dell'abito tagliato su misura. A nessuno sarebbe potuta sfuggire la sua presenza. Tantomeno a lei.
Un tremore nervoso l'attraversò da capo a piedi, misto alla solita attrazione che aveva provato sin dalla prima volta che si erano incontrati. Strinse con forza il vassoio dei bicchieri che stava raccogliendo, e cercò di non farli tintinnare uno contro l'altro. Per quasi un anno aveva sognato che lui l'avrebbe cercata e le avrebbe dichiarato il suo amore, però dall'espressione del viso truce era chiaro che le sue speranze erano del tutto vane.
Lui non l'aveva mai amata e la terrorizzava ipotizzare quale fosse il motivo che lo aveva portato lì. Non sarebbe riuscita a sopportare un altro brutale rifiuto dall'uomo che aveva amato fin quasi all'adorazione. Lui era stato l'incarnazione di tutti i suoi sogni ed era l'unico uomo che avesse mai amato.
Grata per la semioscurità del locale, che le avrebbe permesso di sgattaiolare all'aperto senza essere vista, Amber posò il vassoio e indietreggiò nell'ombra senza mai staccare lo sguardo dalla figura imponente. Il suo cuore batté con lo stesso ritmo incalzante della musica, quando vide che lui si fermava e scrutava la folla con espressione sospettosa. Quando il suo sguardo si posò su di lei pensò che sarebbe svenuta, ma si trattò solo di un attimo. Gli occhi inquisitori si soffermarono su di lei per un breve istante, prima di proseguire la perlustrazione visiva e Amber respirò sollevata. Non l'aveva riconosciuta. Il pensiero avrebbe dovuto renderla felice, eppure provò un assurdo dolore al petto.
Aveva quasi ripreso a respirare normalmente, quando si rese conto che lui aveva di nuovo posato lo sguardo sul suo viso, questa volta con estrema concentrazione. Kazim fece un passo avanti, incurante dei clienti e delle cameriere che cercavano di superarlo, senza mai smettere di guardarla. A giudicare dalla linea serrata delle sue labbra sembrava evidente che ora sapeva chi era lei e che non era affatto contento.
Amber si portò di scatto le mani ai capelli per controllare che la parrucca bionda che portava sempre sul lavoro fosse saldamente al suo posto. Non poteva averla riconosciuta così! In ogni caso non aveva alcuna intenzione di sfidare la sorte. Non era pronta per affrontarlo, non lì e di certo non in quel modo! Aveva bisogno di un po' di tempo per ricomporsi, per poter raccogliere le forze per fronteggiare l'uomo che aveva distrutto tutti i suoi sogni.
Kazim guardò di nuovo le ballerine e poi ancora lei. All'improvviso la distanza tra loro sembrò ridursi, nonostante nessuno dei due si fosse mosso e Amber percepì con chiarezza il sospetto e lo stupore di lui. Doveva andarsene subito di lì. Subito.
Avanzò in fretta tra i clienti in direzione della porta degli spogliatoi. Lì sperava di trovare la salvezza perché, davvero, non se la sentiva di confrontarsi con lui. Aveva bisogno di tempo per ritrovare un po' di forza.
Spinse la pesante porta e corse lungo il corridoio che portava ai camerini. Le luci intense le davano fastidio agli occhi e il cuore le batteva forte nel petto. Non riusciva a credere che fosse lì, non dopo le parole crudeli che le aveva detto quella notte. L'unica che avevano mai passato insieme.
«Amber.» La voce di lui rimbombò imperiosa alle sue spalle. Ormai non aveva più dubbi sul fatto che l'avesse riconosciuta.
Lei si bloccò, ubbidendo d'istinto al suo nome pronunciato con tanta autorità. Non si voltò, però, in preda a un'assurda paura che le faceva galoppare il cuore. I passi di lui risuonavano alle sue spalle, e il corpo di Amber fu percorso da un brivido di un sentimento a cui non volle dare un nome. Come poteva quell'uomo avere ancora quell'effetto su di lei?
La porta del club si richiuse con uno scatto e i suoni della musica e del vociare dei clienti si fecero lontani. In preda al panico, Amber accelerò il passo senza voltarsi. Sapeva che anche un solo sguardo avrebbe ridato vita a tutti i suoi sogni infranti. Che lui aveva infranto.
«Amber, smetti di scappare. Non puoi sfuggirmi in eterno.»
La nota di acciaio nella sua voce di nuovo la costrinse a fermarsi, proprio quando aveva raggiunto la porta dello spogliatoio. Si voltò lentamente sapendo che, lo volesse o meno, era arrivato il momento di affrontarlo. Di affrontare il passato.
«Non sto scappando.» Le parole le uscirono con più decisione di quanta ne provasse.
Guardò Kazim a testa alta, con le spalle spinte all'indietro in un gesto di orgoglio. Lo trovava cambiato. Era ancora bello, ma diverso. Lo guardò avvicinarsi, notando come le luci al neon dello stretto corridoio mettessero in risalto gli zigomi tesi e le labbra serrate. Doveva mantenere i nervi saldi, non fargli vedere quanto fosse tesa. «E nemmeno mi nascondo, Kazim.»
«Dubito tu possa riuscirci, con quella cosa assurda in testa.» I suoi occhi lampeggiarono di rabbia mentre fissava la parrucca che lei indossava.
Amber non seppe trattenersi, e la toccò di nuovo. «Fa parte del lavoro» gli disse con insolenza mentre le si fermava di fronte.
Kazim fissò lo sguardo in quello di lei. Era carico di disprezzo, come quando l'aveva guardata l'ultima volta che si erano visti. Le immagini si ripetevano continuamente dentro la mente di Amber, con la nitidezza di qualcosa che è avvenuto solo poco tempo prima.
Quella notte di molti mesi prima, lui l'aveva respinta e aveva deriso le sue avance ingenue. Aveva negato con disprezzo il suo amore, incurante dell'effetto che il suo rifiuto avrebbe avuto su di lei. Per causa sua, lei ora era una donna diversa. Doveva essere forte. Lei era forte. Non l'avrebbe più ferita.
«E queste?» Kazim allungò la mano e scompigliò con espressione disgustata le piume che ornavano la parte inferiore del corsetto da scena che indossava. Il gesto la riportò bruscamente al presente. Avrebbe voluto scostarsi dal calore che emanava da lui, ma si rifiutò di seguire l'istinto. «Anche queste fanno parte del lavoro?»
«Sì» gli rispose brusca e scostò la sua mano con un gesto deciso. Non gli avrebbe fatto capire quanto l'aveva ferita. Come aveva distrutto la sua vita. «Quello che faccio per vivere non è più affar tuo. È stata una tua scelta.»
Indignazione e rabbia ribollivano dentro di lei al ricordo di come l'aveva mandata via. Di come le aveva voltato le spalle pur sapendo di certo che per lei non sarebbe mai più stato come prima. Infatti da allora tutto era cambiato in modo drastico, ma a lui non era importato.
Kazim si irrigidì e di colpo sembrò più alto, quasi incombente in quello spazio angusto. «Questo lo chiameresti un lavoro?»
«Non preoccuparti.» Si portò le mani ai fianchi, esasperata dal suo tono di supponenza. «Nessuno sa chi io sia veramente.»
Nemmeno lei sapeva più chi era, a dire la verità. Era sempre così concentrata a fingere di essere una ragazza che lavorava per vivere e che lottava per lasciarsi alle spalle un cuore infranto, che faticava a ricordare la sua vera identità.
«Ecco perché è stato così difficile trovarti» commentò lui con irritazione.
Lei non se ne curò. «Non era mia intenzione essere ritrovata. La mia vita continua.»
«Una vita dallo stile alquanto dubbio» commentò lui di nuovo, con una punta di sarcasmo questa volta.
«Ho progetti per il futuro, Kazim. Mi sono anche iscritta a un corso di arte.» Si pentì subito di essersi lasciata sfuggire quell'informazione.
Lui inspirò a fondo con aria insofferente. «E che mi dici del tuo dovere?»
«Dovere?» Le parole le uscirono come un sibilo. «Cosa mi hai detto la notte delle nostre nozze? Ah, sì... Abbiamo fatto il nostro dovere. Ora tornerai dalla tua famiglia.»
Lo fissò a lungo. Quelle parole le rimbombavano nella testa. Nel cuore le si accese un assurdo, breve istante di speranza. Forse era lì perché aveva scoperto di amarla... L'illusione svanì all'istante. Non era lì perché l'amava, era chiaro. E allora, perché era andato a cercarla? Le aveva detto chiaramente di averla sposata solo per dovere, che ora volesse liberarsi di quel legame?
Amber restò in silenzio, quasi intimidita dall'espressione cupa del viso di lui.
«Non riesco a credere che ti sia nascosta a Parigi. In questa parte della città, poi!»
«Avresti preferito che annunciassi a tutto il mondo che ero qui?» Le sue parole di sfida colpirono il bersaglio, e Amber provò una forte soddisfazione. Se pensava di poter ricomparire nella sua vita come se niente fosse, si sbagliava di grosso.
«Non è quello che intendevo.» Le si avvicinò ancora di più e torreggiò su di lei. Il suo profumo speziato, che evocava meravigliosi paesi orientali, le sollecitò i sensi e Amber lottò duramente per restare composta e controllata.
«Allora cosa volevi dire, Kazim?» Senza pensarci, Amber sfilò la parrucca. Scosse la massa di riccioli scuri come il carbone e notò con stupore che lui non era indifferente come voleva far credere.
Gli occhi di Kazim si scurirono e le pagliuzze dorate presero una calda tonalità color bronzo che si sciolse nel nero profondo delle iridi. Lo vide deglutire all'improvviso, e il movimento di quel suo collo possente e abbronzato catturò la sua attenzione. Amber si sentì prigioniera dello sguardo penetrante di Kazim e della sua virilità, nello stesso modo in cui quel suo vigore l'aveva attratta un anno prima. Non riusciva a distogliere gli occhi da lui, né ad allontanarsi dal suo corpo solido che rimandava un calore intenso e avvolgente. Si sentiva come una falena, attratta dalla luce della candela, pur sapendo che quel calore l'avrebbe distrutta.
Amber sbatté le palpebre diverse volte e inspirò profondamente. Non poteva permettersi alcuna debolezza, né lasciare che l'attrazione che provava per lui abbassasse le sue difese.
Lui la guardò con attenzione. «Non puoi aver dimenticato l'ultima volta che ti ho vista. Anche allora eri occupata a toglierti i vestiti.» Le parole sibilarono come proiettili dalle sue labbra, duri e precisi. «Per questo motivo, sapere che lavori qui non mi stupisce affatto.»
La vergogna le fece desiderare di chiudere gli occhi. L'innocenza le aveva fatto credere che fosse giusto comportarsi così, la propria notte di nozze. Lei, che non era né esperta né seducente, aveva pensato che era così che lui l'avrebbe voluta e aveva finto di essere ciò che non era. Per accontentare il famoso playboy, perché non pensasse di avere sposato la donna sbagliata.
«Non ho tempo di discutere con te» gli rispose fredda e sempre più arrabbiata. «Dimmi cosa vuoi e poi vattene. Per sempre.»
«Cosa voglio?» Le iridi di Kazim tornarono a scurirsi pericolosamente e la fissarono senza pietà.
«Dimmelo e basta» lo incalzò lei. Aveva bisogno di mettersi dei vestiti addosso. Qualcosa che la proteggesse dal suo sguardo. «Vuoi il divorzio, vero?»
Lanciò le parole dietro le spalle e spinse la porta dello spogliatoio femminile, certa che lui non avrebbe osato seguirla. Con un gesto rabbioso gettò la parrucca sul ripiano ingombro di ogni genere di oggetti e fece cadere un rossetto. Lasciò uscire un lungo sospiro dalle labbra serrate, nel tentativo di riprendere il controllo sulle proprie emozioni.
Il rumore della porta che si apriva fu seguito dallo scatto della chiave che girava nella serratura. Amber si voltò e vide che Kazim era entrato, ed era appoggiato allo stipite con le braccia incrociate sul petto e quella sua solita aria di superiorità sul viso.
«Il divorzio non è una possibilità.» Le sue parole asciutte le tolsero il fiato e anche la capacità di pensare. Se non voleva il divorzio, perché era lì? Cosa l'aveva spinto a cercarla di persona in un posto che considerava tanto al di sotto di lui?
Kazim osservò il viso di lei farsi quasi esangue. Persino il suo corpo sembrò impallidire quando l'implicazione della sua dichiarazione arrivò a destinazione. In quanto unico figlio dello sceicco di Barazbin, era stato suo dovere prendere per moglie la donna scelta dal padre. Così come gli aveva ubbidito quando gli era stato ordinato di andare a cercare Amber. Certo, non si sarebbe mai immaginato di trovarla in un posto simile.
Sua moglie, la principessa Amber di Barazbin, lavorava come cameriera in un locale che era poco più di uno strip club. Non riusciva