Adam (eLit): eLit
Di Arlene James
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Adam Fortune ha trovato in Laura Beaumont la risposta a tutti i suoi desideri: una madre per i propri figli, un'amica, un'amante. Fino a quando l'ombra del sospetto fa vacillare le sue certezze e il passato da cui Laura stava fuggendo torna più minaccioso che mai.
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Adam (eLit) - Arlene James
successivo.
1
Adam si passò una mano tra i folti capelli a spazzola color mogano. Era il classico gesto di frustrazione di un militare in congedo abituato a gingillarsi col berretto d'ordinanza. Respirando a fondo, s'impose di parlare con mite ragionevolezza. La signorina Godiva s'offendeva con niente, e lui aveva disperato bisogno di tenersela buona.
«Senta, parliamone con calma» ritentò. «Mi spiace che i gemelli le abbiano riempito le ciabatte di neve. Ma col fatto che hanno soltanto tre anni, bisogna scusarli. Dopotutto, si è trattato di una semplice burla.»
«Burla?» scattò la donna inviperita. «È così che definisce quello che è stato un vero e proprio attentato alla mia salute fisica?»
«Suvvia, Ryan e Robbie volevano soltanto scherzare» cercò di rabbonirla Adam. «Li perdoni, la prego. Non potevano certo immaginare la portata del suo... ehm, turbamento.»
«E nemmeno potevano combinare tutto da soli!» fu l'acida risposta. «Qui c'è lo zampino di Wendy. È stata lei ad aizzarmi contro i gemelli perché stamane l'ho messa nell'angolo dopo che, come al solito, s'era rifiutata di mangiare le sue prugne secche!»
«Wendy detesta le prugne, signorina Godiva» le ricordò lui paziente. «Le avevo chiesto di non...»
«Le prugne fanno bene!» lo interruppe l'anziana zitella sventolandogli l'indice sotto il naso. «Se mi avesse dato carta bianca come le avevo chiesto sin dall'inizio, non saremmo mai arrivati a questo punto! Ma lei non ha voluto darmi ascolto. E adesso è inutile recriminare. Ne ho abbastanza, signor Fortune. Quella birba di Wendy ha davvero passato il segno, questa volta. Prima ha convinto i gemelli a riempirmi di neve le ciabatte nuove e poi mi ha chiamata a notte fonda, ben sapendo che i miei poveri piedi s'erano appena riscaldati e che li avrei affondati fiduciosa nelle... nelle...» La peluria che le ombreggiava il labbro superiore tremò per lo sdegno.
Adam chinò il capo. La donna aveva senz'altro ragione. Tutti sapevano che i piedi freddi erano l'incubo di Godiva, ma ai gemelli non sarebbe mai venuta in mente una vendetta così raffinata. E lo era, una vendetta. In puro stile Wendy. D'altra parte, la zitella sapeva benissimo che la piccola detestava le prugne secche.
Un sospiro gli sfuggì dalle labbra. «Non potremmo dimenticare l'incidente?» azzardò incerto.
«Nemmeno per sogno!»
«Farò in modo che non si ripeta.»
«Figurarsi!» lo derise l'altra. «Non ha controllo su quella bambina... Non riesco proprio a capire come un uomo della sua esperienza possa permettere a quei tre mocciosi scatenati di spadroneggiare a destra e a sinistra come dei selvaggi!»
«Signorina Godiva, mi appello alla sua comprensione, hanno perso la madre solo diciotto mesi fa.»
«E lei ha perso sette bambinaie da allora!»
«Sei» rettificò Adam con puntiglio.
«Sette!» ribadì la donna chinandosi ad afferrare il manico di una valigia. «Me ne ritorno da mia sorella a Minneapolis.» E senz'aggiungere altro, s'accostò alla porta d'ingresso e la spalancò con un gesto brusco.
«Signorina!» la supplicò lui sull'orlo del panico. «Aspetti almeno sino a domattina!»
«Fossi matta!»
«La prego...»
Ma la donna stava già arrancando tra la neve. «Addio, signor Fortune.»
Affacciandosi sulla soglia con espressione sconsolata, Adam la guardò salire in macchina, mettere in moto e allontanarsi nella notte.
«Se n'è andata?» lo riscosse un trio di voci dall'alto della scala.
Girandosi di scatto, vide i volti speranzosi di Wendy e dei gemelli. «Sì», richiuse la porta con un tonfo sordo. «Se n'è andata.»
«Per sempre?» indagò Robbie dietro suggerimento del fratello.
«Già.»
Scoppiando in un delirante grido di gioia, i tre si precipitarono dabbasso e di lì in salotto, per un'improvvisata gara di salti sul divano.
«Andata! Andata! La strega se n'è andata!»
«Piantatela!» ordinò Adam severo. «E andate subito a letto!»
«Andata! Andata!» tornò a levarsi il festoso ritornello. «La vecchia prugna se n'è andata!»
«Ho detto di piantarla!»
Per tutta risposta, s'udì un coro di risate.
«La volete finire, una buona volta?» gridò Adam irrompendo in salotto. Era una stanza fredda e disadorna, e non gli era mai piaciuta. Ma nei mesi che avevano seguito la morte della moglie, non aveva mai cercato di cambiarla né progettava di farlo ora. «Scendete da quel divano, forza! E smettetela di far baccano!»
Raggelati dal suo tono di voce, Ryan e Robbie si zittirono all'istante.
Ma non Wendy. «Io odiavo, quella strega» annunciò bellicosa. «Era brutta e cattiva e...»
«Hai fatto di tutto pur di mandarla via» l'accusò il padre risentito. «Sapevi che avevamo bisogno di aiuto ma nonostante tutto...»
«Non abbiamo bisogno di aiuto!» lo contraddisse la piccola. «Mamma si è sempre presa cura di noi con la cuoca e basta.»
«La cuoca è part-time» esplose Adam. «E io non sono la mamma! Devo pensare al vostro mantenimento, e non posso restare a casa tutto il santo giorno per occuparmi di voi!»
«Mamma lo faceva!»
«Per forza! Ero via io a guadagnare!»
«Nell'esercito» borbottò Ryan con livore, e qualcosa nel suo tono di voce ebbe l'effetto di fargli sbollire la rabbia.
«Esatto» mormorò in preda a un vago rimorso. A differenza di suo padre Jake, che non gli aveva tuttora perdonato d'aver voltato le spalle all'azienda di famiglia, Diana non s'era mai opposta alla sua carriera militare. Nei rari periodi di licenza, era anzi sembrata ansiosa di liberarsi di lui. Col risultato che Adam era sempre ripartito volentieri. Forse i bambini avevano avvertito il suo sollievo e avevano pensato che avesse a che vedere con loro, e questo spiegava magari lo strano risentimento che covavano ormai nei suoi confronti. Poteva anche darsi che Diana si fosse lamentata delle sue continue assenze. Ma era un'ipotesi impossibile da dimostrare. Non v'era mai stato dialogo tra di loro, e Adam s'accorgeva soltanto adesso di non aver mai conosciuto la moglie, di non averla mai capita a fondo. Lo feriva il fatto di scoprire che gli erano estranei anche i bambini, e nei diciotto mesi dacché Diana aveva perso la vita in un tragico incidente stradale, non era cambiato niente. Padre e figli si tolleravano a vicenda, senza particolare affetto o entusiasmo.
Adam sospirò, troppo stanco e depresso per mettersi a litigare con quelle tre piccole pesti. Ah, com'era stato più semplice mettere in riga un intero battaglione di uomini pronti a tutto! «Forza, andate a letto. S'è fatto tardi.»
«Chi ci rimboccherà le coperte adesso che se ne è andata la signorina Godiva?» vollero sapere i gemelli.
«Avreste dovuto pensarci prima di riempirle le ciabatte di neve» li punzecchiò Adam. «E adesso filate tutti di sopra o giuro che vi sculaccio.»
Scoccandogli un'occhiata velenosa, Wendy smontò dal divano e s'allontanò impettita. I gemelli le corsero subito appresso, cantando a squarciagola: «Andata! Andata! La strega se n'è andata...».
Seguendoli con lo sguardo, Adam si portò una mano alla fronte. Che cosa avrebbe fatto, adesso? Il giorno seguente si sarebbe dovuto incontrare con il rappresentante di un'importante azienda di lubrificanti per auto. E venerdì aveva un altro appuntamento di lavoro, questa volta con un agente immobiliare. Bah, l'indomani avrebbe chiesto a Rebecca o a Caroline di tenergli i bambini per un paio d'ore. Quanto a venerdì, se ne sarebbe preoccupato in seguito. Certo, poteva sempre rimandare l'incontro, ma solo come ultima risorsa. Era stanco di vivere nel limbo. Doveva trovarsi qualcosa da fare adesso che il suo congedo dall'esercito era diventato effettivo. Aveva bisogno di una carriera, di un lavoro, di uno scopo da perseguire. Ma come concentrarsi sulla propria realizzazione professionale quando i bambini erano appena riusciti nell'intento di allontanare l'ennesima bambinaia? A volte gli veniva spontaneo domandarsi se quei piccoli briganti non stessero cercando di intrappolarlo dentro casa. Se non proprio per affetto, almeno per dispetto...
Scuotendo il capo, spense le luci e salì di sopra, nei freddi confini della sua camera da letto. Nemmeno il fuoco che scoppiettava vivace nel caminetto di marmo riusciva a riscaldare quel gelido locale tutt'arredato nei toni del bianco e dell'azzurro ghiaccio, ma Adam scivolò grato sotto la soffice trapunta rossa, l'unico cambiamento che aveva apportato sino a quel momento, e sprofondò subito in un sonno senza sogni.
Un minuscolo ditino gli sollevò brutale la palpebra dell'occhio sinistro.
«Ahi!»
Balzando a sedere sul letto, Adam fissò il figlio con un misto di esasperazione e stanchezza. Quante volte poteva svegliarsi un bambino nello spazio di una singola notte?
«Dio, Robbie, non dormi mai?»
«Ryan» lo corresse una vocetta petulante.
«Oh.» I gemelli si rassomigliavano al punto da risultare pressoché indistinguibili, ma Wendy sosteneva che la madre non li aveva mai confusi, e Adam si vergognava all'idea di non saper fare altrettanto. Con un sospiro, si ravviò i capelli all'indietro. «Che cosa c'è adesso?»
«Ho f... f... fame» dichiarò Ryan esagerando apposta la sua leggera balbuzie. Lindsay, zia di Adam e pediatra di famiglia, gli aveva detto di non preoccuparsi, ma lui si preoccupava lo stesso. Quando ne aveva l'energia, cioè. E adesso non ce l'aveva proprio.
«Ryan» borbottò svogliato, «è notte fonda.»
«S... sbagliato. È mattina.»
Certo che no. Non poteva essere mattina. Non aveva dormito per più di due ore. Oh, Dio, fa' che non sia mattina, pensò disperato. Ma un'occhiata alla sveglia gli rivelò ch'erano le sette e quaranta. La sveglia sarebbe suonata di lì a cinque minuti. Inutile mettersi a discutere per un intervallo così breve.
«E va bene» mormorò mentre si alzava controvoglia e s'infilava la vestaglia. «Che cosa c'è per colazione?»
«N... non lo so.»
«Va' a vedere che cosa sta preparando la tata.»
«La ta... tata se n'è andata» gli ricordò Ryan.
Adam chiuse gli occhi. Andata, andata, la strega se n'è andata. Godiva li aveva