In un giorno d'autunno: Harmony Collezione
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Pamela Browning
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In un giorno d'autunno - Pamela Browning
successivo.
1
L'ultimo autobus turistico si era mosso con fragore dal parcheggio dell'erboristeria Good Thymes. Federica Angelini puntò lo sguardo verso l'uomo dalle spalle ampie, seminascosto dal fascio di girasoli secchi. Pensò che avesse perso l'autobus, ma un'occhiata fuori dalla finestra rivelò un'elegante BMW, parcheggiata proprio sotto l'ulivo. Con ogni probabilità era sua.
«Eeetciù!»
Lo starnuto dello sconosciuto la fece sobbalzare e quasi rovesciare il vassoio di rosmarino essiccato che teneva tra le mani. «Salute» commentò distratta, appoggiando il vassoio accanto al registratore di cassa.
«Grazie.» L'uomo si sporse lentamente da dietro i girasoli, regalandole un sorriso vivace. Per non cadere, Federica fu costretta ad aggrapparsi al bancone.
Conosceva quell'uomo, lo conosceva anche troppo bene. Ma perché si trovava nella sua erboristeria? E addirittura due anni dopo averla mollata?
«Fuori di qui» gli intimò, non appena ritrovò la voce.
Lui infilò le mani in tasca e aggrottando le sopracciglia con espressione scettica si addossò al bancone su cui erano posati i vasi di lavanda. «Immagino tu sia ancora innamorata di me.»
Federica fu sul punto di scagliargli addosso un vaso di erba cipollina, ma si fermò in tempo, dimostrando un perfetto autocontrollo, nonostante lui l'avesse umiliata di fronte a milioni di telespettatori.
«Ti sbagli» replicò. «Del resto questo non è il primo errore che commetti.»
«Avevo delle buone ragioni per scegliere Tahoma» dichiarò lui. «Potresti ascoltarmi.»
Il fatto che sembrasse appena uscito da una rivista di moda, con la giacca di Armani e le scarpe italiane, non aiutava Federica a mantenersi lucida.
Gli voltò le spalle, cercando di mostrarsi determinata. Non si fidava di lui. Una certa qualità ferina trapelava dall'aspetto azzimato e beneducato di Joshua Corbett, probabilmente il motivo per cui aveva scelto di sedersi sul trono di Mister Moneybags nell'omonimo show televisivo. Federica lo aveva conosciuto proprio in quell'occasione, grazie all'eccessiva solerzia di suo cugino Rocco, che aveva inviato la domanda di partecipazione a nome suo.
«Non voglio ascoltare niente» ribatté, rifugiandosi dietro la cassa. Per quanto non volesse ammetterlo, il suo arrivo l'aveva sconvolta.
«Invece dovresti farlo» la contraddisse lui senza eccessiva convinzione. «Ma sarebbe meglio parlarne fuori» aggiunse, esplodendo in un altro starnuto.
«Non ti amo, non mi sei neppure simpatico, e in ogni caso che cosa sei venuto a fare nella Napa Valley?» Era una domanda logica, considerato che Joshua abitava a Boston.
«Mi trovavo nei paraggi e ho pensato di controllare se avevi messo su famiglia» rispose lui, avvicinandosi e mettendosi a sedere su uno sgabello.
«Non è sposata e non ha figli» pronunciò una vocina proveniente da sotto il bancone. Spuntò fuori una testolina di capelli rossi ricci, e la bambina cui apparteneva lo fissò con curiosità, prima di regalargli un sorriso sdentato.
«Come ti chiami?» domandò Josh.
«Mia Suzanne Sorise. Il mio colore preferito è il viola, mi piacciono le lasagne e abito nella casa qui vicino. E tu come ti chiami?» domandò Mia a sua volta, abbandonando il nascondiglio sotto il bancone che condivideva con la cuccia del gatto e dove si era rifugiata per leggere l'ultimo Harry Potter.
«Josh Corbett» rispose lui con un sorriso accattivante. Federica lo aveva già visto impegnato ad affascinare le venti ragazze partecipanti al gioco di Mr. Moneybags e adesso lo sorprendeva a cercare di conquistare la sua nipotina di nove anni...
La bambina spalancò ancora di più gli occhi. «Sei quello che ha lasciato mia zia Federica!»
«Non la metterei in questi termini» la contraddisse Josh con espressione afflitta.
Mia poggiò i gomiti sul bancone per poterlo studiare meglio. «E allora perché non hai scelto lei?» insistette. «Mia zia è una persona speciale.»
«Non ne dubito» precisò lui con un sorriso fiacco.
«Ah» ribatté Federica, riflettendo tra sé se fosse possibile essere troppo speciali. Si impegnò a radunare i fogli sparsi sul bancone: aveva bisogno di tenersi occupata per sopportare lo sguardo con cui Josh la esaminava dalla testa ai piedi. Peccato non essermi pettinata quando sono rientrata, pensò suo malgrado. Nonostante tutto ci teneva che Josh la vedesse al meglio.
Lui sembrava a disagio. «La verità è che c'erano in gioco più cose di quanto si potesse immaginare.»
«O meno. Mia, cerca di finire in fretta il capitolo che stai leggendo, è ora di andare.» Federica si dimostrava molto più sicura di quanto si sentisse.
«Gia fatto. Stavo giocando a tris, ma da sola non è divertente.»
«Io sono un campione di tris» annunciò Josh.
«Allora puoi giocare con me!» Mia stese sul bancone un foglietto spiegazzato e una matita.
«Non vuoi darmi la possibilità di spiegarti?» Josh si rivolse di nuovo a Federica.
«Preferisci giocare con la x o con il pallino?» domandò Mia.
«Va bene la x» rispose lui, tenendo lo sguardo fisso su Federica. «Allora?»
Nonostante il gioco, Federica decise contro ogni logica di continuare la conversazione. «Potresti spiegarmi perché mi hai portata nell'erica al castello di Dunsmoor. O che cosa significava quella... quella procedura dietro la porta della dispensa.» Con un movimento brusco infilò i fogli in un cassetto che richiuse con un colpo secco, rievocando il ricordo dell'erica mossa dolcemente dalla brezza e degli occhi di Josh, blu e sinceri... o almeno così aveva creduto.
«Era un incontro deciso dai produttori del programma. Una serata magnifica, no? In quanto alla procedura... era un modo di procedere, se capisci quello che voglio dire.» Con noncuranza inserì una x in uno degli spazi sul foglietto di Mia.
La procedura non era altro che un bacio, ma Federica non voleva parlarne di fronte alla nipote, che altrimenti le avrebbe fatto un sacco di domande.
Proprio la notte precedente la scelta tra le venti ragazze, Josh l'aveva baciata con tanta tenerezza da darle la certezza di essere la prescelta. Invece aveva sbagliato, Josh aveva scelto l'altra semifinalista, un'intrigante di nome Tahoma. Il fatto che il settantotto per cento del pubblico televisivo avesse decretato che era stata la scelta sbagliata non l'aveva consolata.
«Quella procedura è stata fumo negli occhi della gente, me compresa» obiettò Federica.
«Non proprio» la corresse lui. «L'unica persona davvero confusa ero io. Se mi lasciassi...»
«Ho vinto!» strillò Mia, rivolgendo a Josh un sorriso soddisfatto. «Sei proprio simpatico!»
«Non potrei avere un premio di consolazione? Per esempio cenare con tua zia?»
«No. Però potresti pigiare.»
«Pigiare?»
«Ma sì, quello che si fa dopo la vendemmia» spiegò la bambina.
Federica gli lanciò un'occhiata di sottecchi per vedere come prendeva quella proposta.
«Credevo che ormai ci fossero delle macchine, per pigiare l'uva» replicò diretto a Mia.
«Il pigiamento è matrimoniale» dichiarò Mia.
Federica si affrettò a correggerla. «Vuoi dire cerimoniale.»
«Cerimoniale. Questa sì che è una bella parola da riferire a Frankie.» Mia faceva raccolta di parole difficili con cui fare colpo sul cugino di undici anni. «Comunque nell'azienda vinicola della nostra famiglia facciamo una gara di pigiamento. Non per fare il vino, perché a piedi nudi non sarebbe igienico. Il vino si spreme con una macchina, ma poi ci sono molti altri passaggi prima che sia pronto... Mio padre fa il vino, ecco perché so tante cose. Ti piacerebbe venire con noi?»
«Io...» cominciò Josh, ma Federica ne aveva avuto abbastanza.
«Non gli piacerebbe» sentenziò energica. «Sono sicura che ha altro da fare.» Interpellando Josh aggiunse: «Sei venuto con Tahoma?».
«Perché avrei dovuto?» ribatté lui sorpreso.
«Credevo fossi innamorato di lei, altrimenti perché mi avresti messo da parte come un cibo andato a male?» Federica raggiunse il fondo del bancone.
«Forse perché a te tenevo davvero» dichiarò con determinazione.
Federica sbuffò. «Ma dai.»
«Dammi la possibilità di spiegarti...»
Quelle parole furono accolte con il silenzio glaciale che meritavano.
Josh allora si indirizzò a Mia. «Pigiare mi sembra così divertente che verrò senz'altro.»
«Sì che è divertente!» Gli occhi di Mia brillavano eccitati. Si infilò sotto il bancone e ne riemerse con il libro di Harry Potter, inserendo come segnalibro il foglietto che avevano usato per giocare a tris. «Intanto potrai spiegare tutto alla zia Federica. Non puoi mancare, se manca qualcuno porta sfortuna.»
Federica mise subito in chiaro che quella regola valeva solo per i membri della famiglia. «Non vale per le persone invitate senza motivo.»
«Ma zia, io l'ho invitato perché a lui piace giocare a tris!» Mia la fissò corrucciata. «La mamma dice che dobbiamo essere ospedali.»
«Forse vuoi dire ospitali» la corresse Federica. «Significa dare il benvenuto, ma non c'è nessun bisogno di essere ospitali con Josh.»
«In fondo siamo vecchi amici» intervenne lui. «Non conta niente per te?» Puntò su Federica il suo sorriso più potente, fiaccando la sua resistenza.
«Eravamo amici» lo corresse. Poi gli voltò subito le spalle. «Mia, salgo a prendere la giacca.» In ottobre la sera faceva già freddo.
«Sì, ma fai in fretta, non voglio arrivare tardi» raccomandò Mia.
Con un'ultima occhiata sprezzante, lanciata a Josh da sopra le spalle, Federica salì le scale del cottage in pietra che ospitava sia il negozio sia il suo appartamento. Quando ridiscese, Mia si era già infilata il maglione viola acceso.
«Possiamo andare» annunciò Federica.
«Anche se c'è ancora un cliente?»
«Non ti definirei tale» ribatté lei con enfasi.
«Volevo comprare qualcosa per la mia padrona di casa» tentò ancora Josh, guardandosi attorno.
«Al momento non è possibile comprare niente. Il negozio è ufficialmente chiuso da mezzogiorno. Sei pronta, Mia?»
«Sì, e non vedo l'ora di arrivare. Josh, puoi sederti davanti con la zia. Dobbiamo passare a prendere Frankie perché suo padre è impegnato con il barbecue.»
Il ragazzino si trovava a lezione di fisarmonica, a circa un chilometro di distanza. «Mi ero dimenticata di Frankie» gemette Federica. Lanciò a Josh un'occhiata ostile e, spingendo Mia fuori dal negozio, afferrò le chiavi dell'automobile. Quando si rese conto che Josh le stava seguendo cercò di mettere a punto una tattica per allontanarlo, ma non riuscì a pensare a niente. L'omicidio non era legale, né lo era l'aggressione, perciò non le restava che sperare che decidesse da solo di ritirarsi in buon ordine.
La sua Galaxie decappottabile bianca e rossa del 1966 era parcheggiata come sempre sotto l'ulivo. Mia balzò immediatamente sul sedile posteriore.
«Potremmo andare con la mia» propose Josh.
«Per quanto mi riguarda non andremo insieme» lo rimbeccò Federica sgarbata accendendo il motore.
«Ho invitato io Josh» protestò Mia con voce acuta. «Non sarebbe educato impedirgli di venire.»
Proprio in quel periodo Mia stava assimilando la distinzione tra buona e cattiva educazione, perciò Federica, non potendo contraddirla, si trovò in difficoltà.
«L'ho invitato io» ripeté Mia, con il tono risentito che lasciava presagire una valanga di domande imbarazzanti.
Federica alzò gli occhi al cielo. «Sali» invitò Josh, anche se con poco garbo.
Josh montò sul sedile accanto al suo con l'aria di chi ha sempre saputo che ce l'avrebbe fatta. «Bella macchina» commentò.
Federica lanciò un'occhiata alla BMW parcheggiata poco