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Moglie o amante?
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E-book192 pagine3 ore

Moglie o amante?

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1814 - Rimasta vedova, Victoria si trova di colpo sul lastrico a causa di un rovescio di fortuna. L'unica speranza di salvare la tenuta lasciatale dal marito e di provvedere agli anziani parenti è riposta in David Hardinge, l'uomo che l'ha amata in passato. Ma quando Victoria, ingoiato l'orgoglio, va da lui per proporgli un matrimonio di convenienza inorridisce di fronte alla controproposta di diventarne

l'amante. Certo, David non può sapere che...

LinguaItaliano
Data di uscita9 ago 2015
ISBN9788858938874
Moglie o amante?
Autore

Mary Brendan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Moglie o amante? - Mary Brendan

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Kind and Decent Man

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 1999 Mary Brendan

    Traduzione di Elisabetta Lavarello

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-887-4

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    «Vi prego di starmi ad ascoltare, signore!»

    «Andatevene. Non abbiamo nulla da dirci.» Il vecchio alzò la mano diafana in un gesto imperioso.

    «Lasciatemi almeno parlare con vostra figlia...»

    «Victoria è partita per l’Hertfordshire con sua zia.» L’informazione fu impartita con un gelido trionfo. «Sembrava all’oscuro della vostra vera natura, ma sappiate che l’ho informata sulle vostre abitudini immorali. Inoltre, lei conosce il proprio dovere verso suo padre.»

    Il viso del giovane s’era contratto in una maschera di collera. I suoi occhi blu s’erano incupiti minacciosi. Istintivamente, il padre della ragazza fece un passo indietro. Quel giovane aveva la reputazione d’essere pericoloso. Oh, aveva sentito ogni sordido dettaglio su di lui e sapeva che non era uno con cui si potesse scherzare. Ma non riusciva a contenere il disprezzo.

    «Avete la sfrontatezza di venire a chiedere la mano di mia figlia? Voi? Il figlio minore di un visconte sul lastrico, senza un titolo né denaro? Voi, giocatore d’azzardo, libertino, rissoso? Voi, col vostro disgustoso lignaggio? Se i vostri genitori cadessero morti per strada, neanche il monatto si sporcherebbe le mani per raccoglierli!» Era andato troppo oltre, se ne rendeva conto, e strinse le labbra rugose con tanta forza da renderle esangui.

    Il giovane ebbe un sorriso amaro a quell’immagine, e l’espressione terrorizzò il vecchio più ancora dell’ira che irradiava da lui.

    «Andatevene, prima che vi faccia cacciare da Brook!» sussurrò con voce strangolata.

    Il giovane esalò un profondo sospiro tra i denti. «Sono consapevole, signore, che al momento ho poco da offrire. Ma entro due mesi le cose cambieranno. Ho alcuni affari in corso, e altri in prospettiva. Posso ottenere un ingente finanziamento da una fonte privata...»

    «Credete di poter comprare mia figlia?» esplose il vecchio.

    Gettando la testa bruna all’indietro con un gesto esasperato, il giovane infine rinunciò. Andò alla porta e lì si voltò. I suoi occhi color zaffiro si strinsero nel viso spigoloso. «Oh, so che prima o poi ci riuscirò» promise a voce bassa mentre si chiudeva con calma la porta alle spalle.

    1

    «Promettimi che lo farai, Vicky.» Il sussurro era stato appena percettibile, e Victoria Hart avvicinò la testa a quella del marito.

    Una mano diafana su cui spiccavano le grosse vene bluastre si posò sui capelli neri di lei. «Promettimi, mia cara, che gli scriverai per informarlo...»

    «Zitto» sussurrò Victoria, chiudendo i lucidi occhi grigi per nascondergli il dolore. «Gli scriverai tu quando ti sentirai meglio.»

    Suo marito tentò una risatina a quel dolce, disperato incoraggiamento, ma la risata si trasformò in un colpo di tosse. «Lo farai subito, come favore per il tuo povero vecchio Danny?» riuscì a dire infine. «E mi prometti che Samuel porterà la lettera oggi stesso al corriere? Perché voglio che lui la riceva in tempo. È l’unico parente che ho, a parte te.» Sorrise alla bella, giovane moglie.

    Victoria annuì e la fredda mano di lui le accarezzò le guance umide prima di ricadere sul copriletto.

    «Grazie, Victoria.» Daniel Hart sembrava più sollevato, ora. «E ricorda quello che mi hai promesso, mia cara. Niente nero vedovile... Non per il tuo Danny. Niente anno di lutto passato in casa lontano da tutti. Non privarti mai della tua gioventù, né privare gli altri della tua compagnia. È ciò che voglio, lo sai, e lo sapranno anche gli altri. È una condizione del mio testamento, firmata davanti a testimoni e sigillata.» Una risatina secca, poi aggiunse: «Cosa importa delle convenzioni a te e a me... eh, mia cara?». Strinse le dita snelle di lei in un gesto di commiato.

    Quando il fruscio delle gonne gli disse che la moglie s’era alzata, mormorò: «C’è un’altra cosa, Victoria. Promettimi che non piangerai più».

    David Hardinge, visconte Courtenay di Hawkesmere, nella contea del Berkshire, fece una pausa nella dettatura e sorrise. Tanto infrequenti erano le sue dimostrazioni di umorismo, che Jacob Robinson, suo segretario e factotum, smise di scribacchiare furiosamente e lo fissò.

    Il visconte aveva estratto un cartoncino color avorio da una busta listata di nero. Con una strana espressione negli occhi, si appoggiò all’indietro contro lo schienale della poltrona di cuoio e allungò le gambe, alzando i piedi su un angolo della lucidissima scrivania di mogano. Rilesse le poche righe vergate con elegante calligrafia femminile, mentre le sue dita cercavano sulla scrivania il sigaro che alzava un ricciolo di fumo verso l’alto soffitto dello studio. Col sigaro stretto tra i denti, il visconte alzò gli occhi blu a contemplare gli stucchi. Qualche istante di riflessione, poi lanciò il cartoncino verso Jacob. «Mandate le solite condoglianze e il mio rammarico per l’impossibilità di intervenire al funerale.»

    Posando la penna, Jacob mise un dito sul cartoncino e se lo attirò più vicino. Dopo averlo letto, si chiese cosa, riguardo al funerale di un lontano cugino notificatogli dalla vedova dell’uomo, avesse potuto causare quello sgradevole sorriso. «Triste faccenda...» commentò, sperando di saperne di più.

    L’osservazione venne ignorata. David Hardinge sfogliò con impazienza un plico di documenti. «Fatelo restituire a Mainwaring questo pomeriggio stesso, con una nota che lo informi che alterando i termini del contratto l’accordo decade.» Due penetranti occhi blu trafissero il segretario che stava ancora fissando affascinato il cartoncino listato a lutto. «Avete scritto?»

    «Triste faccenda...» insistette Jacob, indicando il biglietto con un cenno della testa.

    «Davvero?» David Hardinge si strappò il sigaro dai denti e ne studiò con attenzione la punta incandescente.

    «Oh, sì.» Jacob annuì mestamente. «Povera signora Hart. Sposata da non più di sette anni. Vedova così giovane. L’ho incontrata solo quella volta, sapete, al funerale di vostro fratello. Una signora così incantevole.» Scosse la testa grigia. «Ovviamente, voi combattevate con Wellington, a quel tempo, così forse non la conoscete. È difficile credere che il giovane padrone Michael se ne sia andato già da cinque anni. Lavoro per i visconti Courtenay da tantissimo tempo, più di venticinque anni e...»

    «E vorreste continuare a farlo» minacciò blandamente David, riprendendo in mano la posta.

    Oh, lui la conosceva, l’incantevole signora Hart!, pensò. E poteva andarsene all’inferno insieme a suo marito, per quel che gli importava di lei! Aveva chiuso quel capitolo della sua vita sette anni prima, quando il padre di Victoria aveva respinto la sua proposta di matrimonio, indignato perché lui aveva avuto l’ardire di farla. Ovviamente, non era stata solo la sua giovinezza scapestrata a motivare il rifiuto, bensì la mancanza di un titolo e di denaro.

    David sospirò. Per un senso di giustizia verso Charles Lorrimer, doveva ammettere che tutte le riserve che aveva manifestato nei suoi confronti erano state valide. A propria difesa c’era solo il fatto che nei sei mesi in cui aveva corteggiato la diciottenne Victoria Lorrimer il suo comportamento era stato irreprensibile.

    Quello dei suoi genitori, invece, aveva continuato a essere scandaloso.

    Nei giorni lontani della propria infanzia, David era stato ferocemente leale verso i genitori, convinto che fossero oggetto di maligne diffamazioni. Solo da adolescente aveva dovuto accettare il fatto che sua madre era davvero una donna di facili costumi e suo padre un sibarita avvinazzato che aveva sperperato tutto quello che generazioni di Courtenay avevano accumulato in oltre due secoli. Da quel momento, David aveva cominciato a credere a quello che gli era stato sempre detto con cattiveria, e cioè che il suo destino era segnato da quello dei genitori. E aveva vissuto la propria vita di conseguenza.

    Fino al giorno in cui aveva conosciuto Victoria Lorrimer. Per sei mesi s’era illuso di potersi salvare. Ma il fato aveva deciso altrimenti.

    Un mese dopo la sua proposta di matrimonio, l’unica donna che aveva creduto di poter amare aveva sposato un certo Hart, di Ashdowne nell’Hertfordshire, il quale, per puro caso e ironia del destino, era anche un lontano parente degli Hardinge.

    Daniel Hart era benestante e, a cinquantadue anni, era di trentaquattro anni più anziano di Victoria, e di soli quindici più giovane del caro paparino di lei.

    Il caro genitore di David, invece, era morto di sifilide sei mesi più tardi ed era stato il suo primogenito, Michael, a ereditare il titolo di visconte e i debiti del padre. Quando anche Michael era morto di vaiolo due anni più tardi, dopo una lotta accanita ma vana per salvare il buon nome e la fortuna dei Courtenay, David aveva ereditato solo un titolo che non desiderava e una reputazione che rasentava l’ignominia. Ma aveva accettato la sfida.

    Se c’era una cosa che David Hardinge aveva imparato era l’arte della sopravvivenza. Era grato a suo padre solo per una cosa: l’approfondita educazione che gli aveva permesso di applicarsi negli affari con la diligenza e l’acume di un banchiere. E, sempre per la solita ironia della sorte, adesso che non gli importava più di quello che pensavano gli altri, aveva scoperto d’avere il rispetto e l’ammirazione dei suoi pari, che ancora non capivano come fosse riuscito a rovesciare le sorti dei Courtenay.

    Ora, David era ricco come un nababbo, e gli piaceva godersi i frutti del proprio infaticabile lavoro. Aveva reputazione di essere generoso ed era perciò attorniato da donne che, per scelta o necessità, si accompagnavano con i gentiluomini. In breve, conduceva una vita licenziosa, dedita al piacere, e non aveva intenzione di moderarla.

    Mai più.

    Lo straziante dolore che aveva provato quando Victoria s’era sposata ormai non era altro che un nebuloso ricordo. Abbassò le lunghe gambe dalla scrivania, respinse la sedia e si alzò. Massaggiandosi la nuca indolenzita da un piccolo crampo, guardò dalla finestra la classica e intramontabile eleganza di Beauchamp Place. Il suo sguardo passò dallo splendore degli stucchi color crema delle case palladiane a una scena che suscitò in lui un sorriso di genuino divertimento.

    Richard Du Quesne, splendidamente vestito con un cappotto borgogna dagli alamari d’oro, stava venendo verso casa sua come se non avesse una preoccupazione al mondo. Questo, nonostante il fatto che, aggrappata al suo braccio, ci fosse l’amante che cercava di scaricare. Dickie Du Quesne era il suo migliore amico, un vero compagno che aveva condiviso buona parte del suo passato, del suo tempo e dei suoi vizi.

    Sentendo lo sguardo dell’amico fisso su di sé, Dickie alzò gli occhi verso la finestra dello studio e fece una smorfia che esprimeva tutto il suo annoiato disprezzo per l’amica ingioiellata.

    David gli rispose con un’alzata di spalle esageratamente comprensiva. Si accarezzò la cravatta di seta con una mano, prima di chiuderla a pugno e indicare la strada con il pollice. La donna poteva anche essere una contessa, ma lui non aveva alcuna intenzione di sopportare la sua presenza quel mattino! Roberta Stewart aveva capito che la sua relazione con Dickie era agli sgoccioli, e stava cercando un facoltoso sostituto. David sapeva di essere un candidato alla posizione, ma i patetici tentativi di seduzione della donna lo disgustavano più che eccitarlo.

    In quel momento, David aveva due nuove amanti, ai due capi opposti della città. In questo modo, sia che finisse la serata a Cheapside oppure a Mayfair, aveva un giovane corpo desideroso nelle vicinanze. E se né la chioma fulva di Annabelle Sharpe, né i riccioli biondi di Suzanna Phillips lo ispiravano, concedeva a se stesso di soccombere al corteggiamento di qualche altra dama. Ed era un uomo molto corteggiato. Era così popolare che poteva permettersi di fare il difficile. E di essere cauto. Non aveva alcuna intenzione di fare la fine di suo padre.

    Avvicinò il viso alla finestra, concentrandosi sull’amico che si allontanava. Una volta liberatosi di Roberta, Dickie sarebbe tornato e insieme avrebbero passato il pomeriggio da Watier’s a giocare a carte o a dadi. David si chiese se ci sarebbe stato un incontro di lotta libera ad Haymarket, verso sera, ma quel pensiero occupò la sua mente solo brevemente. Non aveva ancora finito il colloquio con il suo segretario e gli affari avevano sempre la precedenza. Essendo cresciuto in una famiglia sempre sull’orlo della bancarotta, apprezzava ancora di più la propria attuale ricchezza. A differenza di molti dei suoi pari, nutriva un serio rispetto nei confronti del commercio: seguiva personalmente l’esecuzione di ogni singolo affare.

    «Assicuratevi che Mainwaring abbia quella risposta riguardo alla vendita della proprietà di Chelsea, e occupatevi delle altre questioni come vi ho detto.»

    Jacob si alzò lentamente. Infilò il fascio di carte sotto un braccio, mentre l’altra mano scattava a fermare gli occhiali che gli stavano scivolando lungo il naso.

    Prendendo un altro sigaro, David lo accese e inspirò a fondo sinché la punta non fu incandescente. Si passò le dita tra i bruni capelli dai riflessi color mogano. Erano troppo lunghi e presto avrebbe dovuto chiamare il barbiere. Sotto ogni altro aspetto,

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