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Una nuova avventura: Harmony Collezione
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Una nuova avventura: Harmony Collezione
E-book149 pagine2 ore

Una nuova avventura: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Un bambino ti cambia la vita, decisamente.
Chi lo avrebbe mai detto? Tutto può dipendere da una semplice telefonata, a volte anche il futuro di un bambino. Dopo diciotto mesi di silenzio, Angel riceve una telefonata dal cognato Rory che le comunica che il suo ex è scomparso in un incidente stradale insieme alla sua nuova compagna, lasciando un bambino di pochi mesi. Chi si occuperà di lui, adesso? Tra le mille ipotesi possibili, nessuna è da scartare se questo può aiutare a rendere meno difficile l'avvenire di un bambino rimasto improvvisamente senza i genitori. È quello che pensa anche Rory. E allora, perché non proporre ad Angel di prendersi cura di quella piccola creatura innocente? Magari non da sola. Tentar non nuoce.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2020
ISBN9788830520615
Una nuova avventura: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    Una nuova avventura - Sharon Kendrick

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Baby Bond

    Harlequin Presents

    © 1998 Sharon Kendrick

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-061-5

    1

    Lo squillo del telefono aveva un qualcosa di funesto e Angelica, in preda a un triste presagio, si affrettò lungo il corridoio per rispondere.

    «Fitzpatrick Hotel» disse, cercando di assumere il solito tono professionale, ma la voce era incerta.

    «Angel?»

    Il cuore le diede un balzo nell’udire pronunciare il suo nome da quella voce tanto familiare e mai dimenticata. Disorientata, strinse spasmodicamente il ricevitore, tanto che le nocche delle dita le diventarono bianche. Tentò di parlare, ma non riuscì a emettere alcun suono.

    Dopo attimi di silenzio, la profonda voce maschile riprese: «Angel! Ehi, Angel, sei ancora lì?».

    «S... sì» ansimò lei, senza più fiato in gola e con le gambe che le tremavano. «Sei... sei tu, Chad?»

    «No, non sono Chad.» La precisazione fu categorica, tuttavia nel tono di voce si intuiva una nota incerta. «Sono Rory.»

    Angel deglutì penosamente. Era ovvio! Non avevano sempre detto che le loro voci, già così simili, al telefono erano praticamente indistinguibili? Ma che cosa poteva volere da lei Rory Mandelson, suo cognato oltre che fratello di Chad?

    Lo conosceva appena, perché durante i rari incontri non era mai riuscita a superare quella barriera di freddezza che lui aveva interposto tra loro; non avevano mai comunicato veramente. Quell’uomo l’aveva sempre messa a disagio, forse perché fin dall’inizio aveva disapprovato il suo matrimonio e glielo aveva detto chiaro e tondo.

    Eppure, quando suo marito l’aveva lasciata senza una spiegazione, lei si era rivolta proprio a Rory per avere aiuto, ben sapendo che lui rappresentava l’unica possibilità di ritrovare Chad.

    Aveva seguito l’istinto, pensando che l’apparente arroganza di Rory, della quale Chad si lamentava spesso, forse era soltanto l’aspetto esteriore della sua grande forza di carattere.

    Ma tutto questo era successo anni luce prima... Adesso lei doveva sapere di Chad, poi si sarebbe messa il cuore in pace.

    Casi come il suo erano abbastanza frequenti, si disse. Perché, allora, coloro che sono stati abbandonati da persone che non hanno lasciato alcuna traccia di sé hanno la penosa sensazione che sia stato loro sottratto un pezzo di vita?, si chiese Angelica.

    «L’hai... l’hai trovato, Rory?» chiese, esitante. «Hai trovato mio marito?»

    Ci fu un’altra pausa e il silenzio risultò così eloquente che si poteva quasi percepire attraverso le onde elettromagnetiche l’agghiacciante risposta alla sua accorata domanda.

    La voce di Rory era atona. «Sì, l’ho trovato...» Poi si interruppe, con un’esitazione non consona al suo carattere, come se non trovasse le parole per proseguire.

    «Angel, devo vederti... Devo parlarti...»

    «Dimmelo subito!» proruppe lei in preda all’ansia. «In nome di Dio, Rory, dimmi dov’è mio marito

    «Angel...»

    Qualcosa, nel modo in cui lui pronunciò il suo nome, la mise in guardia. Era un tono compassionevole e, quando una persona usa quel tono, significa una cosa sola...

    «È... è morto, vero?» chiese lei con voce soffocata. «Chad è morto, è così?»

    «Sì» rispose lui senza giri di parole, il tono di voce insolitamente gentile. «Chad ha perso la vita in un incidente stradale otto giorni fa. Mi dispiace tanto, Angel.»

    Morto! Suo marito... Chad, così pieno di vita, non c’era più.

    Angelica scosse il capo forsennatamente. «No!» urlò, incredula. «Non può essere morto!»

    «Mi dispiace...» ripeté Rory.

    La parte di lei che non era rimasta paralizzata dal dolore si chiese come mai proprio Rory Mandelson le stesse offrendo la sua simpatia; a lei che non era altro che una moglie abbandonata, una moglie che, oltretutto, lui non aveva mai accettato per suo fratello.

    Scosse ancora il capo nell’assurdo tentativo di schiarirsi le idee. Avrebbe dovuto dire qualche parola gentile a Rory. In fondo, Chad era il suo unico fratello.

    Si sforzò di connettere, ma riuscì solo a dire qualcosa di convenzionale. «Mi dispiace anche per te, Rory.»

    «Sì» tagliò corto lui, come se non credesse alla sincerità delle parole di Angelica.

    Lei deglutì penosamente, cercando il coraggio di fare la domanda di rito in queste circostanze. «E... quando ci saranno i funerali?»

    Seguì un gelido silenzio.

    Poi Rory spiegò in modo un po’ riluttante: «Sono appena tornato dal funerale. È stato questa mattina presto».

    «Avete già fatto il funerale?» chiese Angel, ancora incredula.

    «Sì.»

    Bene, le era stato impedito persino di pregare sulla tomba di suo marito.

    «Non sono stata avvertita» osservò istintivamente.

    «Penso che, comunque, non saresti venuta. Nessuna donna, in tali circostanze, lo avrebbe fatto» fu la replica di Rory.

    «Avrei dovuto essere io a deciderlo!»

    «Sì... forse... in effetti...» La voce, ora, sembrava provenire da molto lontano. «Hai ragione, avrei dovuto avvertirti, ma ho pensato che sarebbe stato troppo...»

    «Troppo... cosa?»

    «Troppo doloroso, dopo quanto è accaduto tra voi.»

    «Stai dicendo che la gente si sarebbe presa gioco di me?»

    «Non è questo che intendevo» borbottò lui. «Volevo solo dire che una moglie abbandonata non avrebbe voluto essere presente, date le circostanze in cui...»

    Angel si conficcò le unghie nel palmo della mano per accertarsi di essere ancora viva: in quel momento aveva la sensazione che il sangue fluisse via dal corpo. «Quali circostanze? Dimmelo, Rory!»

    «Non ora.»

    La sua decisione non ammetteva repliche. Angel ricordò i commenti di Chad a proposito del fratello che otteneva sempre quello che si era prefissato.

    «Va bene, vengo lì» continuò il cognato, implacabile.

    «Non è necessario» rispose lei, dura. «Non capisco il motivo per cui tu debba venire in Irlanda quando esiste il telefono.»

    «Ho deciso di venire lì!» ripeté lui, non dando il minimo peso alle sue proteste. «Devo parlarti di persona.»

    Lei aprì la bocca per obiettare, ma poi lasciò correre. Chad aveva sempre detto che suo fratello non avrebbe mai accettato un no come risposta.

    «Quando?» chiese lei alla fine, augurandosi di avere la forza di lottare.

    «Lunedì. Verrò da te lunedì.»

    «Lunedì?» mormorò debolmente. Dopodomani? Così presto? Troppo presto per affrontare la tragica realtà che l’aveva colpita con indicibile violenza.

    Rory probabilmente aveva frainteso la sua esclamazione. «Avrei voluto venire domani, ma qui ci sono un sacco di problemi. Poi sono molto impegnato con...» Esitò un attimo, quindi concluse: «... con tutte le formalità del caso».

    Era prevedibile. L’inchiesta sull’incidente...

    Angelica impallidì al pensiero. Chiuse gli occhi e andò con la mente a una calda estate di tanto tempo fa. Una ragazza irlandese, sola a Londra, che lavorava come babysitter presso una famiglia non certo cordiale.

    Angel a Londra si sentiva come un pesce fuor d’acqua, ma tornare a casa dalla mamma e dai fratelli sarebbe stato come ammettere la sconfitta.

    Poi Chad Mandelson era entrato nella sua vita grigia come un raggio di sole. Chad non aveva problemi, o meglio, semplicemente li evitava con quel sorriso accattivante che conquistava qualsiasi ragazza, Angel inclusa. Era quel tipo d’uomo che in Irlanda avrebbero definito superficiale, ma Angel, nel mondo ostile nel quale si era trovata a combattere, non se ne era preoccupata. Lui rappresentava la sua ancora di salvezza, e lei gli si era avvinghiata come una naufraga.

    Viziato all’eccesso dalla madre molto anziana, Chad aveva fatto l’indossatore per un periodo e aveva tentato di seguire la carriera di attore con scarsi risultati. Era talmente diverso dal fratello maggiore, così serio e severo, che sembrava impossibile fossero stati generati dai medesimi genitori.

    Quando Angel lo aveva conosciuto, Chad aveva appena perso la madre e, forse per questo, si era attaccato disperatamente a lei. Avevano bisogno l’uno dell’altro.

    E ora era morto.

    Angelica non riusciva ad affrontare la realtà. Si abbandonò ai tristi pensieri che affioravano alla sua mente sconvolta e lasciò cadere il ricevitore dalla mano, ormai senza forza.

    A centinaia di miglia di distanza, in Inghilterra, Rory udì il colpo violento del ricevitore che urtava contro il pavimento.

    2

    La signora Fitzpatrick, proprietaria dell’albergo omonimo, osservò Angel seduta immobile e rigida sul divano.

    «Angelica?»

    Lei alzò lo sguardo dalla foto che ancora stringeva in mano e cercò di assumere un’aria convincente. Era stata così sconvolta dalla notizia della morte di suo marito che l’emozione violenta le aveva lasciato impressa sul viso un’espressione incredula, mentre le lacrime continuavano a rigarle le guance.

    «Sì, signora Fitzpatrick?»

    La proprietaria dell’albergo era in preda a un’agitazione incontrollabile. Era ancora più nervosa di quel giorno in cui, poco prima dell’arrivo del vicario per il tè, alcune oche erano entrate starnazzando nel soggiorno.

    Parlava con un pronunciato accento irlandese, dovuto al fatto che, in tutta la sua vita, non si era mai allontanata più di venti miglia dal luogo in cui era nata.

    «È arrivata la persona che aspetti. Ha una macchina stupenda» non poté fare a meno di commentare, nonostante la sua apprensione per Angelica.

    Angel sospirò e annuì. Allora Rory era arrivato. Questo spiegava perché la signora Fitzpatrick apparisse così agitata. Non era certo usuale che avvocati di fama si aggirassero per il Fitzpatrick Hotel. Uomini come Rory non erano certo comuni e, meno che mai, in quella zona sperduta dell’Irlanda!

    «Lo faccio entrare?» si offrì immediatamente.

    Angelica si sistemò meglio sul divano. Non sapendo a che ora Rory sarebbe arrivato, si era alzata alle sei del mattino. Ancora sotto choc, era rimasta seduta e inerte come una statua, in attesa del suo arrivo.

    Era vestita completamente di nero, secondo le usanze locali, in osservanza del lutto stretto. Aveva raccolto i suoi splendidi capelli scuri in un’acconciatura severa, ma qualche ciocca ribelle già le scendeva lungo il collo.

    «Grazie, Molly» rispose quietamente.

    La signora Fitzpatrick fece un cenno affermativo, poi chiese ammiccando: «Che cosa ne pensi di un goccio di cognac, Angelica? Ti darebbe un po’ di colorito alle guance».

    Angel scosse il capo. Erano le undici di mattina e non voleva farsi trovare da suo cognato

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