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I due volti dello scandalo: Harmony Destiny
I due volti dello scandalo: Harmony Destiny
I due volti dello scandalo: Harmony Destiny
E-book178 pagine1 ora

I due volti dello scandalo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Eredi dei Jameson 2/3

Spencer Jameson torna nell'impresa di famiglia dopo un anno di lontananza durante il quale ha fatto i conti con lo scandalo seguito al tradimento da parte della sua assistente, e allora amante, Abigail Rowe. Nonostante le incomprensioni e i dissapori, l'attrazione tra i due è più viva che mai e alla prima occasione si trasforma in inarrestabile passione. Quando Abbey si trova implicata in un'accusa di spionaggio aziendale, Spencer viene a scoprire la verità sulla donna che ha amato e ama ancora, ma in questo modo scoperchia anche impensabili segreti di famiglia.
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2019
ISBN9788858999363
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    Anteprima del libro

    I due volti dello scandalo - Helenkay Dimon

    1

    Spencer Jameson non era abituato a essere ignorato. Era rientrato a Washington da tre settimane con il proposito di rimanerci il tempo necessario per aiutare Derrick, suo fratello maggiore, e poi ripartire.

    Perché era questo che Spence faceva. Andava avanti. Troppi giorni in ufficio significavano maggiori possibilità d'imbattersi in suo padre. Eldrick Jameson era il patriarca della famiglia, un imprenditore che di recente si era ritirato dagli affari e sposato per la quarta volta... e la ragione principale per cui Spence stava quasi sempre alla larga dall'area di Washington.

    Il vecchio paparino non era il motivo di quel viaggio dato che la nuova moglie aveva convinto Eldrick a trasferirsi a Tortola, un'isola a millecinquecento miglia di distanza. No, l'obiettivo di Spence era un altro. Abigail Rowe, la donna che, al momento, fingeva che lui non esistesse.

    Usò le chiavi che aveva preso in prestito dal direttore dell'ufficio per aprire la porta dell'edificio abbandonato di una scuola elementare a nordest della città. La costruzione era disabitata da due anni, avvolta da una matassa di nastro rosso per norme governative e ambientali. Derrick era interessato al suo acquisto e a ristrutturarlo internamente per trasformarlo in qualcosa di utilizzabile, e Spence si trovava lì per incontrare il responsabile della squadra che si sarebbe occupata di eseguire i lavori. In realtà, era una responsabile. E non sapeva cosa l'aspettava.

    Seguì il suono delle voci, la risata profonda di un uomo e un cinguettio leggero di donna. Attento a non fare notare la propria presenza, Spence si appoggiò alla parete e sbirciò all'interno di ciò che doveva essere stata la mensa degli alunni. L'intonaco era strappato, vecchi poster laceri pendevano da un filo allentato. File di tavolini e panche erano state sostituite da una tavola pieghevole e un paio di sedie che non parevano abbastanza robuste per reggere un adulto.

    La donna nella stanza indossava un elegante abito blu scuro che le carezzava le ginocchia. Incarnava il perfetto mix di professionalità e sensualità. La vedeva solo di schiena, ma uno spicchio di gambe nude gli riportò alla mente alcuni ricordi.

    I capelli castani dai riflessi dorati le superavano le spalle con un morbido ricciolo finale. Alcune ciocche le scivolarono sul viso quando si chinò per mostrare alcuni documenti all'uomo accanto a lei che non prestava alcuna attenzione a ciò che diceva. Il suo sguardo la esplorava mentre lei parlava con convinzione. Fu talmente sfrontato da inclinarsi leggermente all'indietro per osservare meglio le sue gambe.

    Spence non lo biasimò, ma quello sguardo non aveva nulla di professionale o di appropriato, bensì qualcosa di volgare e impudico che gli fece prudere le mani.

    Come se all'improvviso si sentisse osservato, l'uomo si voltò, permettendo a Spence di vederlo bene. Attraente, capelli biondi e occhi azzurri, aveva l'aria del classico trentenne che bazzica i bar della città a caccia di qualche bella stagista di Capital Hill. Spence conosceva il genere - affascinante, intraprendente e alla ricerca di avventure di una notte - e lo conosceva perché anche lui ne aveva fatto parte. Per fortuna, ne era uscito da tempo.

    L'uomo inarcò un sopracciglio ed esitò un istante prima di rivolgergli un ampio sorriso. «Salve.»

    Abby si girò di scatto e, in un lampo, la sua espressione passò dalla sorpresa alla stizza.

    «Spencer.»

    Non fu proprio un'accoglienza calorosa, eppure per un attimo lui smise di respirare. Gli parve di aver ricevuto un pugno in pieno stomaco e, inconsciamente, vi passò una mano.

    Avevano lavorato insieme per mesi e lui aveva infranto le norme di condotta invitandola a uscire. Aveva osato, poi, però, si era fatto indietro, conscio di aver valicato il limite professionale. Allora, era stata lei a compiere una mossa. Uno sfioramento, un bacio rubato... Spence aveva combattuto con il proprio autocontrollo e atteso per prudenza. Tuttavia l'aveva desiderata sin dal primo istante e adesso che erano trascorsi mesi, l'attrazione non si era affatto assopita. Il tradimento di Abby non aveva cancellato il suo interesse come lui aveva sperato.

    «Spencer Jameson?» Il tizio si diresse verso Spence con la mano tesa. «È un piacere conoscerla.»

    Gliela strinse. «Davvero?» Lanciò un'occhiata a Abby. Non sapeva cosa stesse accadendo. Lei doveva essere lì con il suo team per lavorare, invece sembrava che le cose non stessero così.

    «Non avevo capito che ti saresti unito a noi» osservò lei con tono indifferente.

    Se era felice di vederlo, non lo fece capire. In compenso, una soffocante tensione si sprigionò nella stanza.

    Spence la fissò. «Dove sono gli altri?»

    L'uomo si guardò attorno. «Mi scusi?»

    «Derrick mi ha detto...»

    «Rylan Stamford è l'ingegnere ambientalista che esegue la valutazione del sito» spiegò lei, infastidita.

    La sua qualifica non chiariva però perché, poco prima, Rylan apparisse pronto a saltarle addosso. «Una nostra valutazione?»

    «Urbana. Rylan non lavora per noi.»

    Il sorriso dell'uomo si fece radioso. «Ma collaboro con Abby molto da vicino.»

    Spence iniziò a detestarlo. «Non ho dubbi.»

    Abby si voltò verso il tavolo e vi pose ordinatamente i documenti. «Hai bisogno di qualcosa, Spence?»

    Era lampante che voleva avere il controllo della situazione. Purtroppo per lei, era ciò che voleva anche lui. «Abbiamo una riunione.»

    Lei si girò lentamente. «Ah, sì?»

    «Solo noi due.» L'idea era azzardata e forse anche stupida, tuttavia lui doveva rimanere in città finché la sua futura cognata non avesse partorito. La gravidanza della fidanzata di Derrick era ad alto rischio e Spence aveva promesso di aiutare il fratello e sollevarlo dalla pressione sul lavoro.

    «Capisco.»

    Il tono minaccioso di Abby suggeriva che non fosse affatto felice di vederlo. «Non credo.»

    Lei sospirò. «Non dirmi.»

    La sua freddezza lo trafisse come una stilettata. Interessante, dal momento che era lui la parte lesa. Abby lo aveva tradito. Non proprio tecnicamente, dato che al tempo non uscivano insieme in maniera ufficiale, ma lei aveva compiuto un gesto inaccettabile. Lo aveva usato per fare carriera e raggiungere il Jameson più potente.

    Suo padre.

    Spence lanciò un'occhiata a Rylan. L'uomo era impassibile con il suo impeccabile abito grigio e la cravatta viola. Orologio costoso, taglio di capelli perfetto, scarpe lucide. Non aveva neppure una dannatissima virgola fuori posto. Chiaramente aveva sperato che quell'incontro informale si trasformasse in un appuntamento.

    Povero illuso.

    «Ha finito qui?» gli domandò Spence, assicurandosi che il proprio tono suggerisse una risposta positiva.

    «Certamente.» Celò bene la propria delusione e strinse un braccio a Abby. «Ti chiamo domani e daremo una scorsa all'elenco delle problematiche.» Quindi, si rivolse a Spence. «Signor Jameson.»

    Oh, sparisci. «Rylan.» Lo osservò contrariato mentre si allontanava.

    Abby appoggiò le mani sul tavolo. «Ci sei andato pesante come al solito.»

    Affrontarla a testa alta mise alla prova le sue difese contro di lei. Non avrebbe dovuto importargli nulla, se solo corpo e cervello avessero ubbidito a quell'ordine.

    Nonostante fossero a tre metri di distanza, Spence avvertì una familiare sensazione scatenarsi dentro di sé. Un potente mix di desiderio, lussuria e confusione.

    «Ho forse interrotto il tuo appuntamento?»

    «Esatto. Perché non mi è possibile avere un incontro con un uomo senza che tu lo assalga?»

    «Lo hai detto tu, non io.»

    Sbuffò. «Che cosa vuoi?»

    Lei non si arrendeva mai. Una caratteristica che Spence amava. I confini capo-dipendente non avevano un grande significato per lei. Diceva ciò che pensava. Se non era d'accordo, esprimeva le proprie obiezioni. Era abbastanza discreta da non fare sfuriate, ma non era neppure il tipo da lusingare l'ego di un uomo.

    Spence aveva trovato sexy questo suo aspetto, sebbene ogni cosa stesse crollando attorno a lui e il rapporto con il padre - che non era mai stato dei migliori - si fosse disintegrato.

    «È così che ti rivolgi al tuo superiore?» In un modo o nell'altro, dovevano trovare il modo di tollerarsi.

    «È questo che sei adesso? L'ultima volta che ti ho visto, ti sei precipitato fuori dall'ufficio senza guardarti indietro. In un cartone animato, avresti lasciato un buco nella parete.» Incredibilmente, sorrise.

    «Avevo avuto una sorpresa.» Un eufemismo, dato che l'aveva trovata fra le braccia del padre.

    Lei si allontanò dal tavolo. Senza guardarlo, terminò di sistemare i documenti sul tavolo. «Dunque, ritieni ancora di essere tu la vittima?»

    «Stavi baciando mio padre.»

    Lo fissò. «Perché sei qui, Spence?»

    Non smentì, ma come l'ultima volta che si erano parlati - per meglio dire, che avevano litigato - i suoi grandi occhi marroni si colmarono di tristezza. Le spalle s'incurvarono e, per un breve istante, parve perdere la sua presunzione.

    «Questo è un progetto importante e...»

    «Intendo in città.» Sollevò una pila di fogli e li strinse al petto. «Sei tornato in maniera definitiva?»

    Detestava quella domanda. Anche Derrick gliel'aveva posta. Così come alcuni dipendenti in azienda. E, da tre settimane, lui dava la stessa risposta a tutti. «Derrick ha bisogno di aiuto.»

    «Uh...» Lo guardò accigliata. «Stento a credere che tu sia il tipo da mollare tutto per correre ad assistere qualcuno.»

    «Non ci conosciamo così bene, mi pare.»

    «In effetti, no.» Si chinò e raccolse la sua borsa, pronta ad andarsene.

    «La fidanzata di Derrick ha dei problemi di salute.»

    La collera svanì dal viso di Abby. Impallidì e avanzò verso di lui con il braccio proteso, ma lo lasciò ricadere prima di toccarlo. «Ellie sta bene?»

    «Sai della gravidanza?» Chi non ne era conoscenza? I siti di gossip si erano scatenati. Uno degli incorreggibili eredi Jameson che aveva messo la testa a posto era una notizia succulenta. Le loro vite erano sotto i riflettori da sempre. Ogni loro errore esaltato, le voci, le bugie. Tuttavia la famiglia non aveva confermato la gravidanza perché era troppo presto e troppo personale. «Siete amiche?»

    La sua espressione divenne indecifrabile. «Sembri terrorizzato dall'idea.»

    «Sarebbe un po' imbarazzante, non trovi?»

    «Come questa conversazione?»

    La sua replica gli strappò un sorriso. «È importante che noi andiamo d'accordo.»

    Lei scrollò le spalle. «Perché?»

    Non era cambiata di una virgola. «Perché?»

    «Sei tornato da tre settimane e siamo riusciti a evitarci. Credo che potremmo continuare così.»

    Abby appariva distaccata e indifferente, ma lui notò le nocche bianche che stringevano i documenti, i riflessi dorati nei suoi occhi, il tremore delle mani.

    A quella distanza ravvicinata, percepiva il profumo del suo shampoo, una mescolanza dolce con una nota di zenzero. Lo respirò a fondo cercando di placare il pulsare del cuore nelle orecchie. «Ora chi è che fugge?»

    «Desideri davvero proseguire questo colloquio?» Avanzò finché fra loro non ci fu che un respiro di distanza. «Non sono io quella che ha frainteso le cose, facendosi cogliere da un attacco isterico.»

    A Spence mancò l'aria. «Frainteso? Stavi baciando mio padre!» gridò, facendo tremare le pareti.

    Un lacerante silenzio calò su di loro e lei si allontanò, fisicamente ed emotivamente. «Questo è ciò che credi di avere visto.»

    L'adrenalina che gli circolava nel sangue si rifiutò di acquietarsi. «Certo, come no!»

    «Conosci l'uscita.» Si diresse verso la porta.

    «Ehi.» Le sfiorò un braccio e si ritrasse prontamente quando lei lo fulminò. «D'accordo. Non ti tocco.»

    «Non farlo più.» Mai più.

    Spence fu sopraffatto dalla frustrazione. Era lì per discutere di questo. Era entrato nel computer e aveva consultato la sua agenda per presentarsi senza preavviso. «Desidero che ci comportiamo in maniera civile.»

    Lei scosse la testa. «No.»

    «Che cosa?» Le stava offrendo il ramoscello d'ulivo. Non aveva preteso delle scuse o che lei si assumesse le proprie responsabilità.

    «Mi hai mentito» sentenziò.

    Per un istante, il cervello gli si arrestò. «Quando?»

    «Mi hai fatto credere di non essere quel tipo di ragazzo. Ricco, presuntuoso, pronto a scappare, legato al suo paparino e alla disperata ricerca della sua approvazione.» Enumerò le colpe sulle dita.

    La collera di Spence deflagrò. «Basta così.»

    «È ciò che penso io. Meglio se ci ignoriamo.»

    «Significa che lascerai ogni stanza in cui io entrerò? Abbandonerai i progetti che io supervisionerò?»

    Si strinse nelle spalle. «Può essere.»

    Non intendeva farsi intimidire. Non era stato lui a rovinare ogni cosa. Le puntò contro il dito. «Sei stata tu a fare questo a noi.»

    Lei spalancò la bocca, ma non riuscì a parlare. Quindi, serrò la mascella.

    «Sei incredibile.» Si allontanò, raggiungendo la porta. Abby lo irritava e, allo

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