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Milionario sotto copertura: Harmony Jolly
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E-book167 pagine2 ore

Milionario sotto copertura: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Chi lo ha detto che i milionari devono essere sempre solo belli e dannati? Esistono anche quelli romantici e sognatori e ve lo dimostreremo!

Cleo Sinclair, questo sarà il tuo primo cliente, calma e sangue freddo e andrà tutto bene. In fin dei conti si tratta solo di convincerlo a fare qualche puntata ai diversi tavoli del casinò. Mi hanno detto che è un milionario di New York, non sarà difficile convincerlo e il capo sarà contento di me. Ma quello non è Jax Monroe? Non può essere lui il milionario in questione.

Che diavolo ci fa qui Cleo? Maledizione, io ho bisogno di tranquillità e soprattutto di assoluta privacy. Aspetta... Che cosa sta dicendo il direttore dell'albergo? Che lei sarà la mia assistente personale per tutta la mia permanenza qui?! Assolutamente no. Devo trovare una soluzione al più presto.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2019
ISBN9788830506312
Milionario sotto copertura: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Milionario sotto copertura - Jennifer Faye

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Return of the Rebel

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Jennifer F. Stroka

    Traduzione di Caterina Pietrobon

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-631-2

    1

    «Non si pentirà di avermi dato questa opportunità.» E nemmeno io, speriamo.

    Cleo Sinclair tenne per sé quella postilla inquietante e continuò a sorridere serenamente. Per fortuna il colloquio era terminato.

    Uscì in un lampo dall’ufficio del vicepresidente, ricordandosi di chiudere la porta alle proprie spalle solo all’ultimo momento. Poi, finalmente lontana dallo sguardo scettico e freddo del signor Burns, ruotò le spalle lentamente per allentare la tensione.

    In fondo al corridoio le porte dell’ascensore si aprirono con un tin lasciando uscire un impiegato. Cleo affrettò il passo, entrò nell’abitacolo e con l’unghia laccata di rosa schiacciò il pulsante per il piano principale del casinò. Appena le porte si richiusero, espirò sollevata, appoggiando la schiena contro le pareti in metallo.

    Il primo passo era fatto. Aveva il lavoro, anche se solo per un periodo di prova.

    Non restava che affrontare il secondo: dimostrare al costantemente perplesso signor Burns di essere all’altezza del nuovo compito, ma non era un problema. Era assolutamente certa di essere in grado di procurare una clientela facoltosa e smaniosa di giocare al Glamour Hotel and Casinò, una delle aziende più prestigiose di Las Vegas. E l’avrebbe fatto.

    Uno sguardo alla propria immagine riflessa sulle pareti lucidissime dell’ascensore la indusse a sistemarsi l’allegro abito giallo che si era aperto un po’ troppo sulla scollatura. Nel periodo in cui aveva lavorato al reparto contabilità, il suo abbigliamento non aveva avuto alcuna importanza, ma ormai, essendo a stretto contatto con i clienti del casinò, ogni minimo dettaglio era vitale. Si lisciò la gonna con le mani. Non era la mise più alla moda di cui disponeva e nello sceglierla aveva nutrito il dubbio che potesse essere uno sbaglio, ma poi i complimenti che le avevano rivolto i colleghi avevano calmato il suo nervosismo... Sì, ma solo fino al momento del colloquio.

    Inspirò profondamente per calmare i pensieri sconclusionati che le passavano per la testa.

    Ormai era troppo tardi per ripensarci. Il treno era partito, il progetto era stato lanciato... Oh, al diavolo le metafore! Lei ce l’avrebbe fatta e basta.

    Si era giocata tutto il futuro con quel colloquio e non c’era modo di tornare indietro né di cambiare idea. Se non avesse funzionato, non sarebbe potuta restare a Las Vegas e non sarebbe nemmeno potuta tornare a casa, nel Wyoming.

    Le porte dell’ascensore scivolarono silenziosamente di lato rivelando la moquette elegante che conduceva alla zona casinò. Le luci soffuse creavano un’atmosfera raccolta e le spie luccicanti delle slot machine invogliavano ininterrottamente i clienti a tentare la fortuna al gioco. In quegli ambienti raccolti l’assenza assoluta di finestre e di orologi tramutava i minuti in ore e la stessa Cleo spesso aveva perso la nozione del tempo mentre s’impratichiva per ottenere quella promozione.

    Di colpo, grida esultanti riempirono la sala e lei si voltò a guardare la gente eccitata accanto al tavolo dei dadi, mentre un’energia quasi tangibile si diffondeva nell’aria. Qualcuno doveva aver vinto un bel gruzzoletto. Si augurò di godere presto della stessa fortuna.

    Al momento però, la sua gallina dalle uova d’oro, il suo primo cliente, non era ancora arrivato. Il vicepresidente lo avrebbe accolto personalmente e l’avrebbe chiamata non appena la sua presenza si fosse resa necessaria. Le aveva già spiegato quali erano le preferenze del nuovo ospite, giochi compresi – il Blackjack. Il suo compito era di accontentare il cliente proponendogli i pranzi offerti dalla casa e procurandogli i biglietti per qualsiasi spettacolo lo interessasse. Ma la cosa più importante era che gli si doveva garantire una privacy assoluta, che andava talmente oltre la discrezione normalmente accordata a tutti i giocatori che non le avevano ancora comunicato il suo nome!

    Con il ranch di famiglia coperto di debiti, quel nuovo incarico costituiva per Cleo l’unica possibilità di contribuire finanziariamente a risolvere il problema, provando a tutti i familiari che lei era ancora una Sinclair e che reagiva come avrebbe fatto qualsiasi Sinclair in difficoltà: correva un rischio calcolato per assicurarsi di saldare i debiti.

    In attesa dell’arrivo del nuovo ospite, decise di restare nelle vicinanze della reception, pertanto si diresse verso il China Cup, un piccolo bar proprio di fronte a essa. All’idea del sapore del cappuccino le venne l’acquolina in bocca. Affrettò il passo e i tacchi delle sue scarpe scamosciate risuonarono rapidi sul pavimento in marmo lucidissimo.

    Una fila di persone in attesa di registrarsi, però, le sbarrò il cammino. Cleo si fermò, vedendo che arrivavano fin quasi all’ingresso. Doveva essere a causa del Salone dell’automobile che si apriva quella settimana: era l’evento più importante in programma per quel mese e l’hotel era esaurito da tempo. Sarebbe stato il momento ideale per procacciarsi nuovi clienti, se solo Burns non avesse insistito perché lei si prendesse cura di quell’unico ospite e non l’avesse tenuta sotto stretto controllo.

    «Ehi, amico» brontolò un uomo vicino al bancone. «Che ne dici di farti da parte?»

    «Sì!» squittì una voce femminile. «Noi le prenotazioni ce le abbiamo!»

    Nell’atrio lussuoso si levarono grida e lamentele.

    Con uno sguardo Cleo si accorse che alla reception c’era una sola impiegata. Ma perché? Dovevano essere almeno in tre per il check-in e invece c’era solo Lynn, per giunta la più inesperta. Era arrossata e tutta sudata. Ma perché l’avevano lasciata sola proprio in una giornata come quella?

    «Controlli di nuovo, ci deve essere un errore.» La voce nervosa dell’uomo di fronte alla ragazza era carica di frustrazione.

    Ma non fu solo il suo tono rabbioso ad attrarre l’attenzione di Cleo: in qualche modo quella voce le era familiare. Allungò il collo per vederci meglio, ma intravide solo dei capelli castani corti e una camicia a strisce bianche e blu. Eppure quella voce la conosceva, ma perché?

    Si guardò intorno nella speranza di trovare qualcuno in grado di fornire assistenza all’impiegata sconvolta, e, non vedendo nessuno, avanzò verso il banco della reception. Quanto meno avrebbe potuto mantenere la situazione sotto controllo fino a quando non fosse arrivato un collega di Lynn.

    «Verifichi di nuovo, la prego» insistette l’uomo irrigidito. «È a nome Joe Smith.»

    «Ma è quello che sto facendo, signore.» Lynn scrutò di nuovo lo schermo del computer. «Eppure non riesco a rintracciarla nel sistema.»

    «Chiami un suo superiore.»

    «Ma io... Non posso. È appena andato via perché stava male.»

    «E allora il direttore. Di sicuro ci sarà qualcuno che sa che cosa sta succedendo.»

    Mentre Lynn cercava di raggiungere telefonicamente qualcuno che fosse in grado di sistemare le cose, Cleo si fermò alle spalle dell’uomo contrariato. Appoggiato con entrambi i gomiti al bancone a guardare lo schermo del computer, lui non la notò. Lo sguardo le scivolò sulle spalle ampie, la vita stretta e i muscoli dei glutei compatti messi in risalto dai jeans. Rendendosi conto di come lo stava guardando, Cleo rialzò lo sguardo di scatto. «Mi scusi, signore. Le posso essere d’aiuto?»

    Lui si raddrizzò, rivelandosi più alto di quanto lei si aspettasse. E, subito dopo, mentre si girava verso di lei, Cleo si scoprì a sollevare il mento e a portare indietro le spalle. Lui la valutò con un’occhiata che le ricoprì di brividi la pelle delle braccia, ma Cleo annientò quell’insolita sensazione. Evidentemente si era concentrata davvero troppo sui problemi di famiglia e sul lavoro. Erano anni che un uomo non le faceva quell’effetto. Non le era più successo da...

    Jax Monroe!

    Gli occhi grigio-blu si fusero nei suoi. E di colpo le voci concitate e i suoni metallici delle slot machine scemarono in sottofondo. Cleo trattenne il fiato in attesa che lui la riconoscesse. E invece niente. Non un sorriso. Non un abbraccio. Nulla. Ma che gli prendeva?

    Lei gli sorrise. «Ciao, Jax. Sempre pronto a combinare guai, eh?»

    L’uomo controllò di proposito il nome sulla targhetta che portava appuntata sul petto. Era solo un’impressione oppure gli ci voleva più del necessario per accertare la sua identità?

    «E dai, Jax! Non sono poi passati così tanti anni. Mi devi riconoscere.»

    Certo, era cambiata, ma lo era anche lui. Non portava più i capelli lunghi, ma aveva delle ciocche cortissime che imploravano le sue dita di sfiorarle e il pallore del volto che non aveva nulla in comune con il colorito abbronzato che aveva sempre avuto negli anni in cui avevano trascorso la maggior parte del loro tempo insieme e all’aria aperta.

    Eppure, non era del tutto cambiato. Aveva ancora una piccola cicatrice – sottilissima – che gli percorreva la mascella, visibile però solo a occhi che sapessero dove guardare. Cleo ricordava benissimo come si era ferito. Stavano pescando quando lui era scivolato ed era finito nel torrente, ma si era subito rimesso a sedere in mezzo all’acqua, ridendo di se stesso fino a quando lei non gli aveva fatto notare che sanguinava.

    Erano praticamente cresciuti insieme, anche se lui aveva cinque anni di più. Hope Springs, nel Wyoming, era una cittadina davvero piccola ed era bello incontrare qualcuno del paese. Era tanto che Cleo non ci tornava. La sua ultima visita era stata un incubo...

    Le venne un nodo alla gola. Poteva essere quello il motivo per cui lui fingeva di non riconoscerla? Anche se Jax aveva lasciato Hope Springs anni prima, poteva sempre essere rimasto in contatto con qualcuno del posto che... Le si serrò lo stomaco. Allora sapeva anche lui quello che aveva fatto?

    «Dai, Jax, smettila di far finta di non ricordarti della ragazzina che ti seguiva sempre al tuo stagno preferito.»

    «Credo che lei si sbagli e mi scambi per qualcun altro.» Si voltò deciso e rimase in attesa, mentre Lynn parlava piano al telefono con qualcuno.

    Sbagliarsi? Nemmeno per sogno! Avrebbe riconosciuto quegli occhi blu ovunque. Anche perché riuscivano ancora a farle balzare il cuore in petto con un solo sguardo.

    Ma anche se era trascorso del tempo ed erano cambiati, era impossibile che Jax si fosse dimenticato di lei. Da ragazzina si era presa una cotta colossale per lui. Dire che avrebbe fatto qualsiasi cosa per quel ragazzo era poco. Perché lei aveva fatto qualsiasi cosa per lui, arrivando al punto di mentire. Pertanto, qualunque cosa avesse in mente con quella farsa, lei non sarebbe stata al suo gioco. Non lì. Non con il rischio di perdere quel lavoro da cui dipendevano così tante cose.

    «Smettila di fingere di non riconoscermi. Dobbiamo parlare e...»

    Lui la guardò da dietro una spalla. Lo sguardo s’incupì e abbassò la voce. «No, non dobbiamo farlo.»

    «Il tuo nome è Jax Monroe, sei di Hope Springs, nel Wyoming...»

    «Basta così.» Si girò completamente. «Non non hai alcuna intenzione di lasciar perdere, non è vero?»

    Lei incrociò le braccia sul petto scuotendo il capo. Quando lo vide spalancare gli occhi, però, capì di avere eseguito un movimento sbagliato. Le braccia le avevano stretto i seni che ormai facevano capolino dalla scollatura. Fu tentata di cambiare posizione, ma l’orgoglio glielo impedì. Che guardasse pure. Magari si sarebbe finalmente reso conto di quello che si era perso quando si era cancellato dalle labbra il suo bacio inesperto e aveva lasciato la città senza nemmeno voltarsi indietro a guardarla per un’ultima volta.

    Jax Monroe non riusciva a smettere di fissare quella Cleo cresciuta e con tutte le curve al posto giusto. Le ciocche di capelli del caldo colore del miele lo supplicavano di scorrere tra le sue dita perché si accertasse che fossero morbide come sembravano. Oh, accidenti! Se avesse saputo che sarebbe diventata così sexy, avrebbe preso in seria considerazione l’idea di tornare a Hope Springs. In fin

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