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Ammiccante attrazione: Harmony Collezione
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E-book158 pagine2 ore

Ammiccante attrazione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Travis Black potrà anche essere incredibilmente bello, ma di certo è spaventosamente esasperante. La sua abitudine a comparire proprio dove è meno desiderato è snervante, così come il suo sguardo, che finisce ogni volta col ricordare a Beth Marton cosa significhi essere donna...
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2020
ISBN9788830513303
Ammiccante attrazione: Harmony Collezione
Autore

Helen Brooks

Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.

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    Anteprima del libro

    Ammiccante attrazione - Helen Brooks

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Billionaire’s Marriage Mission

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2006 Helen Brooks

    Traduzione di Carla Maria De Bello

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-330-3

    1

    La porta si chiuse lentamente alle spalle di Beth Marton, ma quel lieve rumore le rimbombò nelle orecchie con il fragore di un tuono. Per un attimo lei rabbrividì, incredula, poi si voltò, appoggiandosi cauta alla robusta porta di legno.

    «Oh, no, no!» Beth spinse ancora, questa volta con forza, nonostante la consapevolezza di quanto fosse inutile. Era chiusa fuori. Se si fosse trovata a Londra, sul pianerottolo del suo appartamento, non ci sarebbero stati problemi: c’erano sempre almeno un paio di inquilini nell’edificio e uno di loro avrebbe potuto telefonare alla sorella e chiederle di portare la chiave di scorta. Ma non si trovava nella grande metropoli...

    Si guardò intorno, conscia di avere addosso soltanto un buffo pigiama rosa confetto dalle spalline sottili come spaghetti. Era già buio e il vento che soffiava pungente non lasciava presagire nulla di buono.

    Quando un umido naso si strofinò contro la sua mano, Beth abbassò lo sguardo verso il cane che la scrutava con occhi impazienti.

    «Lo so, lo so» mormorò in risposta. «Siamo bloccati fuori e la tua cena è rimasta in cucina, ma sei stato tu a insistere per voler uscire, un attimo fa.»

    Ed era stata lei che aveva seguito Harvey con una torcia per essere certa che non svanisse nell’oscurità. Il che sarebbe stato difficile, a pensarci adesso, considerando che l’ora di cena era il momento della giornata preferito da Harvey e che non c’era nessun posto in cui potesse scappare, visto che il giardino del cottage era interamente recintato.

    Una folata di vento diffuse nell’aria un odore di fumo rammentandole che, poco prima di uscire, aveva acceso il camino del salotto e lasciato la protezione spostata su un lato del piano d’ardesia antistante il focolare.

    Improvvisamente presa dal panico, fece correre lo sguardo lungo le pareti del cottage nella speranza che almeno una finestra fosse rimasta aperta, ma era alquanto improbabile. Quando mezz’ora prima era arrivata a destinazione, dopo un estenuante viaggio che non avrebbe augurato neppure al suo peggior nemico, aveva trovato il villino ermeticamente chiuso. Dopo aver estratto la chiave da sotto un vaso, come le era stato indicato dall’agente immobiliare e riposto in frigorifero alcune cose che aveva portato con sé, si era precipitata sotto la doccia.

    Una volta smaltita la stanchezza, aveva preferito evitare di vestirsi ed era scivolata in un comodo pigiama, aveva aperto una bottiglia di vino e acceso il fuoco. L’enorme cuccia di Harvey era stata sistemata in un angolo della cucina, accanto a una ciotola pronta ad accogliere il suo cibo preferito, quando era apparso evidente che il cucciolone aveva bisogno di uscire per qualche minuto.

    «Ops!» Beth scivolò su qualcosa di melmoso e un attimo dopo si ritrovò per terra, il corpo coperto da una fanghiglia puzzolente. Un infantile istinto di urlare la sopraffece, ma con fermezza si trattenne e recuperò la torcia che le era sfuggita di mano, cadendo ai suoi piedi, mentre Harvey, che sembrava aver momentaneamente accantonato il pensiero della cena, le saltava intorno scodinzolando, divertito da quel nuovo gioco.

    Per fortuna la torcia funzionava ancora, ma Beth non aveva bisogno di luce per intuire ciò che era già evidente: l’odore del suo pigiama non lasciava adito a dubbi.

    Si alzò e, dopo aver camminato tutto intorno al villino, ritornò alla porta d’entrata, rabbrividendo nella fredda notte di maggio. La giornata era stata piuttosto calda, troppo se si considerava che l’aveva trascorsa imbottigliata nel traffico, ma durante la notte la temperatura era calata, lasciando intuire quanto l’estate fosse ancora lontana.

    L’unica soluzione possibile sembrava quella di rompere un vetro ed entrare attraverso la finestra. Beth indugiò a osservare le splendide vetrate piombate del salotto: erano tutte uguali, scintillanti ed eleganti, e indubbiamente di grande valore. Il cottage stesso sembrava una piccola e preziosa scatola di cioccolatini, coperta da un tetto di cannucce di legno, e dava l’idea di risalire a un paio di secoli prima.

    Ma non era quello il momento di pensare alla bellezza della costruzione: lo stomaco di Harvey aveva iniziato a reclamare e il gioco che tanto lo aveva divertito aveva perso all’improvviso il suo fascino. Quando iniziò ad abbaiare, lei lo richiamò con uno schiocco di dita. «Va tutto bene, abbi pazienza un minuto.»

    Se avesse rotto uno di quei vetri avrebbe provocato un danno enorme ma, a quanto ricordava, non c’erano altre case abitate nel giro di parecchie miglia e non era certo vestita nel modo più adatto per vagare di notte in mezzo alla campagna dello Shropshire. Così avvicinò la torcia a una finestra e premette la mano contro il vetro. Ognuna di esse era fiancheggiata da colonnine di pietra e sembrava essere rinforzata all’interno da sbarre d’acciaio.

    «Oh, Harvey!» esclamò con un groppo alla gola. Perché ogni volta che tentava di rialzarsi incontrava un ostacolo? Sembrava che il destino si fosse accanito contro di lei. Inspirò profondamente e il cane, come rendendosi conto che qualcosa non andava, si avvicinò con fare protettivo alle sue gambe. Beth si lasciò scivolare a terra e gli gettò le braccia al collo, mentre le lacrime le rigavano le guance. Ma proprio in quel momento si accorse che delle luci si muovevano lungo il fianco della collina.

    Qualcuno stava guidando proprio in direzione del suo cottage! Balzò in piedi di scatto e corse verso il prato antistante la casa, poi spalancò l’enorme cancello e attese che chiunque fosse in quell’auto arrivasse.

    Passarono alcuni minuti che per Beth sembrarono durare un’eternità poi, finalmente, un paio di scintillanti fanali illuminarono l’oscurità inghiottendo la tenue luce della torcia elettrica.

    Una station wagon le sfrecciò accanto prima ancora che lei avesse il tempo di sbattere le palpebre. Per un terribile istante Beth temette che il guidatore non l’avesse vista, ma poi udì uno stridio di freni oltre la curva. Pochi secondi più tardi l’auto fece inversione di marcia e si arrestò proprio di fronte a loro.

    Quando il finestrino si abbassò, una profonda voce maschile, tra un misto di stupore e divertimento, strascicò: «Cosa diavolo ci fai qui fuori vestita in quel modo?».

    Secondo te, mi sto divertendo? Stava per rispondergli per le rime, ma si trattenne in tempo, consapevole della necessità di avere quell’uomo al proprio fianco, chiunque fosse. Così, soffocando la caustica risposta che già le era salita alle labbra, replicò con voce calma: «Sono rimasta chiusa fuori di casa, mentre accompagnavo il cane in giardino. Non avresti qualcosa, in macchina, con cui si possa forzare la porta?».

    Mentre parlava, Beth rivolse il fascio di luce della torcia verso il viso dell’uomo e lo vide ritrarsi quando gli colpì gli occhi.

    «Mi dispiace.» Immediatamente abbassò la torcia, ma quel breve barlume era stato sufficiente a mostrare che si trattava di un giovane dai capelli scuri. Di più, Beth non aveva potuto notare.

    «Mi stai chiedendo di intrufolarmi in casa tua?» Ora il divertimento nella voce era evidente e lei dovette fare un profondo respiro prima di ribattere.

    «Effettivamente, sì. Puoi aiutarmi?» Tremava dalla testa ai piedi, a breve avrebbe anche iniziato a battere i denti, e quello zoticone trovava la situazione esilarante...

    «Hai freddo?»

    Beth pregò che avesse notato che stava tremando, piuttosto che i capezzoli erano turgidi e premevano sfrontati contro il sottile tessuto della canottiera. Eppure non poteva farci nulla, se non incrociare le braccia sul petto e continuare a stringere con una mano il guinzaglio di Harvey e con l’altra la torcia.

    «Un po’» rispose decisa. «Motivo per cui vorrei tornare in casa il prima possibile.»

    Lo sconosciuto spense il motore dell’auto. Quando la portiera si spalancò, una possente figura si materializzò dall’oscurità del veicolo, quindi le porse una voluminosa giacca che probabilmente era appoggiata sul sedile del passeggero.

    L’uomo era decisamente alto, fin troppo forse, e intimidiva con le sue spalle ampie e il fisico muscoloso. Questo era ciò che Beth aveva potuto intuire nella fioca luce che lo illuminava, ma preferì non guardarlo in viso, già profondamente a disagio per il fatto di essere così poco vestita.

    Un attimo dopo lui si accovacciò, finché la testa non fu in linea con le possenti mascelle di Harvey che non aveva ancora smesso di guaire ai suoi piedi. Così, con voce rilassata e lusinghiera, gli disse: «Sta’ tranquillo, giovanotto. Nessuno vuole fare del male alla tua padroncina», e gli offrì una mano perché la annusasse.

    Ci fu una breve pausa, poi il brontolio cessò e il cane iniziò a scodinzolare.

    «Bravo cagnolino.» Il giovane si rialzò e allungò una mano verso Beth. «Dammi la torcia mentre ti infili la giacca.»

    Lei non vide motivo di replicare. Se avesse voluto colpirla alla testa o farle del male in qualunque altro modo non avrebbe saputo difendersi, con o senza torcia, e non sarebbe certo stato Harvey ad aiutarla, conquistato com’era dalle precedenti moine.

    Il giovane si diresse verso la casa, poi vi girò intorno controllando le finestre una a una, ma ovviamente lui non finì a gambe all’aria nella melma.

    «Ci avevo già provato io!» mormorò Beth, permalosa, quando lui riemerse da dietro al cottage.

    Lui però non commentò, piuttosto disse: «Cos’è quest’odore terribile? Acqua di fogna?».

    «Sono scivolata, ma non oso pensare in cosa...»

    L’uomo non tentò neppure di dissimulare il proprio divertimento.

    Beth era lì, totalmente intirizzita nel suo pigiama leggero, e lui non era certo stato un cavaliere a sottolineare quanto puzzasse. «Allora, riesci a farmi entrare oppure no? Sto congelando.»

    «Forse, ma non ne ho intenzione. Non c’è motivo di forzare una porta o una finestra causando un considerevole danno, quando sarebbe sufficiente contattare l’agenzia immobiliare. Non è la Turner&Turner? Possiamo chiamarla domani mattina.»

    «Sì, ma...»

    «Allora suggerisco di tornare a casa mia. Dopo una bella dormita sarà tutto più semplice. Non hai nulla sul fuoco, vero? Niente che possa provocare danni?»

    Ma era matto? Come poteva pensare che l’avrebbe seguito?

    «Ho acceso il camino» gli rispose con freddezza. «Non posso andarmene.»

    «L’hai già fatto» sottolineò lui con voce melliflua. «A ogni modo, dal comignolo non esce nulla, per cui il fuoco si sarà già spento.»

    Era anche un esperto di camini, adesso?

    «Comunque non posso andarmene.»

    «Certo che puoi.» Il commento a proposito dell’agenzia immobiliare le aveva suggerito che fosse del luogo, supposizione che fu confermata quando lei aggiunse: «Conosco John Turner. Gli telefonerò io stesso e gli spiegherò la situazione. Entro le dieci sarai di nuovo a casa».

    Ma lei non voleva essere di nuovo a casa entro le dieci, voleva rientrarvi subito. «Se lo conosci, perché non lo chiami adesso?» Beth notò la sagoma della sua testa oscillare in segno di diniego.

    «Non posso. Quella del venerdì è la sua serata... e non vuole essere disturbato per nessun motivo.»

    Era assolutamente ridicolo. «Beh, di certo non posso venire a casa tua, signor...?»

    «Black. Travis Black. Perché non puoi, signorina...?»

    «Mi chiamo Beth Marton e non ho l’abitudine di accettare inviti per la notte dagli sconosciuti»

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