Principessa per finta: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
La vita dell'assistente Natalie Monette cambia radicalmente quando scopre di avere una sorella gemella identica a lei, se non per il fatto che Valentina è una principessa, bellissima e infelice, fidanzata contro la sua volontà all'arrogante Rodolfo di Tissely. Natalie accetta di prendere il posto della sorella per sei settimane. Il suo intento è quello di rimettere il bel principe al proprio posto, ma le cose non andranno secondo i piani: sarà Rodolfo infatti a trovare un posto per lei... nel proprio letto.
Rodolfo non riesce a spiegarsi l'improvvisa attrazione che prova per la sua promessa sposa, ma la cosa non gli importa. Almeno fino a quando non scopre di essere stato raggirato, e che l'artefice di questo inganno porta in grembo il suo erede.
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Anteprima del libro
Principessa per finta - Caitlin Crews
successivo.
1
Natalie Monette non aveva mai compiuto un gesto avventato in ventisette anni, e lo aveva sempre considerato come un grande punto di forza personale. Dopo un'infanzia trascorsa in viaggio con una madre dallo spirito libero e impetuoso, senza mettere radici o scegliersi almeno un indirizzo, Natalie si era costruita una vita adulta, soprattutto una carriera, in cui tutto era affidabile e prevedibile.
Ma alla fine ne aveva avuto abbastanza.
Il suo datore di lavoro, un uomo complicato anche nei suoi momenti migliori, non sarebbe stato accomodante nell'accettare le sue dimissioni dopo cinque, lunghi anni. Natalie scosse la testa alla sola idea: il suo irritabile capo milionario adottava un approccio da elefante in una cristalleria in molte circostanze, in particolare verso la sua segretaria. E l'ultima volta, quando lui l'aveva strigliata per un errore solo ipotizzato di fronte a tutto l'ufficio a Londra, una vocina nell'intimo le aveva sussurrato: «Basta».
Basta. O sarebbe morta. Almeno nell'anima.
Doveva lasciare il suo lavoro. Doveva scoprire com'era la sua vita senza un tiranno da cui dipendere, perché là fuori dovevano esserci cose migliori. Per forza. Doveva fare qualcosa prima di... scomparire.
E una mossa avventata, a esempio mollare tutto su due piedi, infischiandosene dei capricci del capo, poteva forse servire allo scopo.
Natalie si stava lavando le mani nell'elegante bagno delle donne adiacente al salotto di alta classe all'interno del campo di volo privato del suo capo fuori Londra. Stava cercando di calmare il respiro e di riprendere il controllo. Si vantava di essere sempre impassibile in circostanze normali, ma niente delle cose che le turbinavano nell'intimo quel giorno sembrava normale.
Quando una delle pesanti porte alle sue spalle si aprì e una donna la affiancò al lavandino, non vi fece quasi caso: ne intuì la raffinata eleganza, abituale nel suo ambiente di lavoro, ma poi lei tornò a chiedersi come diamine sarebbe uscita da quel bagno annunciando che lasciava il lavoro.
Non riusciva a immaginare come avrebbe reagito il suo capo. O lei stessa. Ma Natalie sapeva di doverlo fare. Doveva. Subito, mentre sentiva ancora quella sensazione febbrile nell'intimo che la spingeva. Perché se avesse aspettato, sarebbe rientrata e in un attimo sarebbero trascorsi altri cinque anni, e allora cosa avrebbe fatto?
«Mi scusi, ma somiglia moltissimo a una persona che conosco...»
La voce della donna era colta. Elegante. E diede a Natalie una sensazione... strana. Come se l'avesse già sentita, anche se sapeva che era impossibile. Non conosceva mai nessuno nei luoghi di classe in cui la portava il suo lavoro. Poi alzò lo sguardo e il mondo sembrò spostarsi dal suo asse. Si stupì di non svenire.
Perché la donna accanto a lei, che la fissava dallo specchio, aveva il suo volto. Esattamente lo stesso volto. I capelli biondo ramato avevano un'acconciatura diversa e davanti agli occhi verdi non portava gli occhiali dalla montatura scura di Natalie, ma era innegabile che ogni altro dettaglio era perfettamente identico. Il naso sottile. Il mento leggermente appuntito. Le sopracciglia arcuate, la fronte alta.
L'altra donna era più alta, si rese conto Natalie con sollievo. Ma poi abbassò lo sguardo e vide che la sua improbabile gemella calzava quelle scarpe con i tacchi a spillo che si permettevano solo donne che non camminavano spesso, e che la rendevano più alta di qualche centimetro, a differenza delle scarpe basse indossate da Natalie che le permettevano di reggere il passo impaziente del suo irascibile capo.
«Oh...» L'altra donna sembrò emettere un sospiro, anche se gli occhi brillavano. «Credevo fosse una divertente somiglianza su cui scherzare, ma questo...»
Natalie ebbe la bizzarra esperienza di osservare la propria bocca muoversi sul volto di un'altra donna. Era snervante. Come se lo specchio prendesse vita davanti a lei. Era impossibile.
Era ben più di una divertente somiglianza.
«Che significa?» chiese con voce tremante. «Come...?»
«Non ne ho idea» rispose pacata l'altra donna. «Ma è affascinante, no?» Si girò a guardare direttamente Natalie, squadrandola da capo a piedi. Misurandola. Catalogandola. «Io sono Valentina.»
«Natalie.»
Perché aveva la gola secca? Si era soliti dire che tutti avevano un sosia al mondo, ma in genere era una discussione che si limitava a manierismi e vaghe somiglianze. Ma... questo? La persona di fronte a lei, con gli stessi occhi, la stessa bocca e persino le stesse lentiggini sulla guancia sinistra, non poteva essere una sua parente. Era impossibile, e scoperchiava anche un vero vaso di Pandora, a cominciare dalla sua infanzia e dalla madre, che aveva sempre dichiarato inflessibilmente di non sapere chi fosse il padre di Natalie. Cercò di scuotersi, ma poi il nome di Valentina le fece suonare un campanello in testa.
Ricordò il luogo in cui si trovava. E l'altra festa prevista al campo di volo quel giorno. Aveva apertamente riso alla notizia, perché poche cose erano per lei più inutili delle famiglie reali. Sua madre glielo aveva chiarito subito: mentre le altre ragazze si vestivano come principesse e sognavano il Principe Azzurro, Natalie aveva imparato che erano tutte bugie.
Non esiste il lieto fine, le aveva detto. Si può solo raccontare una storia stupida per nascondere il dolore e farti sentire meglio. Mia figlia potrà essere solo realista, Natalie.
E lei lo era stata. Sempre.
Lì in quel bagno, faccia a faccia con l'impossibile, Natalie sbatté le palpebre. «Aspetti un po'. Lei è una principessa!»
«È vero, per mia disgrazia.» La bocca di Valentina si incurvò in un mezzo sorriso che Natalie non sarebbe mai riuscita a imitare... o forse sì? «Ma sospetto che potrebbe esserlo anche lei.»
Natalie non riusciva a elaborarlo. Gli occhi le dicevano una verità, ma la mente faticava ad accettarla. Provò a fare l'avvocato del diavolo. «Non possiamo essere parenti. Io sono una semplice segretaria che non ha mai avuto una vera casa. Lei è una principessa. Probabilmente il suo lignaggio e la casa di famiglia, che sono sicura sia un immenso castello perché tutte le principesse ce l'hanno grazie anche solo al titolo risalgono al Medioevo.»
«Più o meno qualche secolo.» Valentina inclinò la testa, un altro gesto elegante e nobile che su Natalie sarebbe stato sciocco. «Dipende naturalmente dal ramo della famiglia a cui si riferisce.»
«Avevo l'impressione che chi aveva un lignaggio degno di troni e teste coronate tendesse a ricordare meglio i suoi avi.»
«Ne è convinta, vero?» La principessa si spostò sui tacchi altissimi e osservò Natalie più da vicino. «Teorie cospiratorie sostengono che mia madre sia stata uccisa e la sua morte passata sotto silenzio. Ufficiali di palazzo mi hanno assicurato invece che se n'è andata per salvaguardare la sua salute mentale, e gira voce che si trovi in un ospedale specializzato. Tutto quello che so per certo è che non la vedo da poco dopo la mia nascita. Secondo mio padre, ha preferito l'anonimato alle gioie della maternità.»
Natalie voleva fuggire da quel bagno, immergersi nel proprio lavoro e nelle richieste del suo capo e fingere che quella folle situazione non si fosse mai creata.
Quell'incontro era già abbastanza devastante, non occorreva distruggere anche la propria vita. E invece aprì la bocca e condivise la sua vergogna più segreta e profonda con quella donna.
«Io non ho mai conosciuto mio padre» rivelò a quell'estranea che sembrava un riflesso nobilitato di se stessa. Non c'era ragione di fidarsi di una donna incontrata in un bagno, qualunque fosse il suo volto, ed era assurdo avere la sensazione di conoscerla da sempre. Eppure continuò a parlare. «Mia madre mi ha sempre detto di non sapere chi fosse. Che il Principe Azzurro era una fantasia per ragazzine impressionabili, e che la realtà era che gli uomini erano solo... uomini, e inaffidabili. E lei passava da una relazione all'altra, così ho accettato il fatto che era possibile che lei non lo sapesse davvero.»
Valentina rise. Era un suono basso e velato, e Natalie lo riconobbe come proprio.
«Mio padre è molte cose» disse la principessa. «Oltre a Sua Altezza Reale, re Geoffrey di Murin. Ciò che non è ora, o non è mai stato, immagino, è trascurabile.»
Natalie scosse la testa. «Potrei ammettere che la presunta amnesia di mia madre sia più uno stile di vita che una malattia. In un certo senso la ammiro.»
Ancora una volta non aveva idea del perché stesse raccontando a un'estranea cose che quasi non ammetteva con se stessa.
«Mia madre era la nobildonna Frederica de Burg, di una famiglia molto antica di Murin.» Valentina osservò Natalie da vicino mentre parlava. «Promessa a mio padre alla nascita, allevata dalle suore, protetta, poi ritenuta inadatta a diventare regina. Mentalmente. Ma questa è la storia che altri racconterebbero per spiegare la sua scomparsa, no? Come si chiama sua madre?»
Le mani erano intorpidite, così Natalie spostò la borsa dalla spalla al bancone di marmo accanto a lei. «Si fa chiamare Erica.»
Per un attimo nessuna delle due parlò. Nessuna delle due accennò al fatto che Erica poteva essere una forma abbreviata di Frederica, ma non era necessario. Natalie era consapevole di molte cose. Il suono degli aeroplani fuori dall'edificio. La televisione nella sala dall'altra parte della porta, sintonizzata su un canale di notizie. Era sorpresa che il suo capo non le avesse già mandato una quindicina di SMS chiedendo dove fosse finita.
«Ho visto il milionario Achilles Casilieris, fuori in sala» disse Valentina dopo un attimo, come se le leggesse nel pensiero. «Di persona sembra ancora più temibile. Trasuda quasi potere e ricchezza.»
«È il mio capo.» Natalie si passò la lingua sui denti poi continuò: «Se trasudasse davvero qualcosa, sarebbe compito mio prestargli il primo soccorso fino all'arrivo dei medici. E a quel punto mi azzannerebbe comunque per aver sprecato tempo prezioso non curandolo subito».
Lavorava per Achilles Casilieris e la sua società da cinque, lunghissimi anni, e quella era la prima cosa tendenzialmente negativa che aveva detto sul suo lavoro. Almeno a voce alta. Si sentì subito sleale, nonostante il fatto che fosse stata pronta a mollare solo un attimo prima. Come lo era stata quando aveva aperto bocca su sua madre.
Come poteva un'estranea che le somigliava spingerla a interrogarsi così?
Ma la principessa osservava accigliata la borsetta di pelle che aveva appoggiato sul bancone. Natalie sentì il ronzio che indicava una chiamata mentre Valentina la apriva ed estraeva il cellulare, poi alzò gli occhi al soffitto e lo infilò di nuovo dentro.
«Il mio fidanzato» le spiegò. Il cellulare squillò ancora un paio di volte, poi si zittì. «O più esattamente, il suo capo di gabinetto.»
«Congratulazioni» disse Natalie, anche se l'espressione di Valentina non comunicava gioiosa anticipazione.
«Grazie, sono molto fortunata.» La principessa incurvò la bocca, ma il tono era secco. «Lo dicono tutti. Il principe Rodolfo è obiettivamente attraente. Non tutti i principi possono dire altrettanto, ma i giornali hanno esaltato i suoi addominali fin dall'adolescenza. Come hanno sbavato sulla serie di modelle e attrici che ha frequentato fino al nostro fidanzamento, l'autunno scorso.»
«Il suo Principe Azzurro sembra... affascinante...» mormorò Natalie. Confermava solo i suoi sospetti sugli uomini.
Valentina scrollò le spalle. «La sua teoria è di rimanere libero fino al nostro matrimonio, per poi esserlo di nuovo dopo la necessaria nascita del suo erede. In maniera più discreta, posso solo sperare che tutto vada bene. Nel frattempo, sono fuori di me dalla gioia di dover prendere posto al suo fianco tra due mesi.»
Natalie non sapeva perché, ma rise. Più per commiserazione che altro, come se loro fossero la stessa persona. «Saranno due mesi fantastici che io passerò in giro. Il signor Casilieris è in forma. Sta trattando un affare piuttosto complesso, ma non sta andando come vuole, e lui non è abituato. Così nel prossimo futuro