Sexy e bellissima: Harmony Destiny
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Anne Marie Winston
Nata in Pennsylvania, ha iniziato a leggere romanzi rosa tanto, tanto tempo fa e ancora stenta a credere che ora qualcuno la paghi per leggerli e scriverli!
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Anteprima del libro
Sexy e bellissima - Anne Marie Winston
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
For Services Rendered
Silhouette Desire
© 2004 Anne Marie Rodgers
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-848-3
1
«Ti prego, dimmi che questo è l’ultimo.»
Sam Deering congiunse le mani dietro la testa e allungò i muscoli delle braccia. Aveva la schiena contratta per essere stato seduto troppo a lungo, esattamente il genere di comportamento per il quale avrebbe ricevuto un bel rimprovero da parte del suo terapista. Ma doveva trovare a tutti i costi qualcuno che ricoprisse la nuova posizione, per cui era necessario portare a termine i colloqui entro la fine della giornata.
Appoggiò gli occhiali in cima alla pila di fogli che gli torreggiava davanti e si alzò, sgranchendosi le gambe, in particolar modo quella sinistra. Non era più stata la stessa da quando gli avevano sparato, ma tutto sommato gli era andata molto meglio del previsto, ragion per cui riteneva di non potersi lamentare.
«Tutto bene?» Delilah Smith, vicepresidente della Protective Services, sollevò lo sguardo dal curriculum che stava visionando e focalizzò su di lui gli occhi marroni dalle folte ciglia.
«Sì, sì.» Sam riprese gli occhiali e li riposizionò sul naso, poi indicò la porta con un brusco cenno del capo. «Su, cerchiamo di sbrigarci.»
Gli ultimi anni erano stati una bella sfida professionale, pensò, una corsa eccitante verso il successo. La Protective Services poteva pur aver iniziato in sordina, ma ora l’attività procedeva a gonfie vele. Meno di un mese prima, Sam si era reso conto che avevano bisogno di un assistente per affiancare il loro esperto in servizi sotto copertura che offrivano alle aziende, considerata la mole di lavoro che si era accumulata. Era contento che la sua compagnia, situata in Virginia, rispondesse a svariate esigenze nella vita della gente, dal sequestro di persona all’analisi della sicurezza domestica ai servizi di protezione mediante guardie del corpo, anche se non aveva più un attimo di tempo per respirare.
Tutto merito suo e di Del, naturalmente. Senza di lei non avrebbe proprio saputo come mandare avanti l’attività.
«Con questo abbiamo terminato!» annunciò Delilah in tono sollevato, mentre gli depositava davanti il curriculum dell’ultimo candidato e si riprendeva quello precedente. «Ecco il fascicolo della persona che andremo a intervistare.»
Sam aprì la cartella, scorrendo i fogli distrattamente mentre sbirciava la sua collaboratrice da sotto le ciglia. «Che idea ti sei fatta?»
Delilah scrollò le spalle esili, nascoste dalla camicia da uomo di due taglie più grande, che era parte del suo abituale stile di abbigliamento. Sotto la camicia, indossava una maglietta con il logo della Protective Services che probabilmente sarebbe andata bene a lui. Sam immaginava che ci fossero dei bei seni rotondi sotto quegli abiti sformati, ma in sette anni non l’aveva mai vista se non in jeans e camicia extra large o, al limite, giacca nera e pantaloni morbidi, quando bisognava incontrare un cliente. Nonostante la curiosità, però, non si sarebbe mai sognato di rivolgerle domande del tipo: Allora, Del, mi vuoi dire che diavolo di misura di reggiseno porti, che non riesco proprio a capirlo?. No, non gli pareva una domanda educata.
Ignara di ciò che gli stava passando per la testa, Delilah scosse il capo mentre sistemava le carte davanti a sé. «A dir la verità, Sam, quel Sanders mi è parsa una persona competente, non lo nego, ma non mi ha entusiasmata.»
Lui annuì, sforzandosi di concentrarsi sui potenziali collaboratori che avevano intervistato tutto il pomeriggio. «Concordo in pieno. Magari, saremo più fortunati con l’ultimo.»
Del gli rivolse un piccolo sorriso mentre si alzava e andava verso la porta. «Speriamo.»
Sam la osservò camminare, con quella sua tipica falcata che lui associava solo a Del. Sapeva che era magra sotto i jeans larghi e la camicia informe, ma la sua curiosità si accaniva sui dettagli. Nel corso degli anni, era diventata per lui una vera e propria ossessione cercare di coglierla in posizioni che potessero fornirgli qualche indizio in più su ciò che si nascondeva sotto quegli strati di vestiario.
Quel giorno, come al solito, portava i lunghi capelli castani raccolti in una grossa treccia che sbucava da dietro l’inseparabile cappellino da baseball. E camminava ancheggiando, muovendo ritmicamente i fianchi da una parte all’altra, riuscendo a catturare l’attenzione di Sam come se si stesse esibendo in un sensuale striptease davanti ai suoi occhi. Lui tentò di figurarsi come potesse stare con la chioma sciolta, che le fluiva morbidamente attorno alle spalle. Erano sette anni che lavoravano insieme e non l’aveva mai vista se non con i capelli raccolti.
Si mosse a disagio sulla poltroncina di pelle. Per fortuna, dubitava che qualcuno dei suoi dipendenti intuisse che effetto avesse su di lui il vicepresidente. E ci teneva a tenerlo nascosto. In fondo, non aveva alcuna intenzione di assecondare quella curiosità, agendo di conseguenza.
No, l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel periodo era una relazione sentimentale. La sua agenzia lo assorbiva completamente, risucchiandogli ogni energia. Non gli rimaneva tempo per nient’altro. Nessuna donna avrebbe mai accettato i suoi orari di lavoro o le chiamate urgenti e le risposte immediate che un certo tipo di casi richiedeva.
La porta dell’ufficio si riaprì e Delilah fece entrare una donna alta in un rigoroso tailleur pantaloni scuro e camicetta bianca. La giacca aveva un taglio lineare, squadrato e, osservandola bene, Sam immaginò che fosse stata così concepita per occultare un’arma, anche se al momento la donna era chiaramente disarmata.
Del prese posto accanto a lui, appoggiando sulla scrivania un secondo fascicolo.
«Lei è Karen Munson» annunciò. «Karen, le presento Sam Deering, presidente della Protective Services.»
Del rivolse per un istante la sua attenzione a Sam. «La signora Munson ha una specializzazione in Diritto Penale, ha prestato servizio come agente di pattuglia a Miami, poi ha lavorato per l’FBI. Ha esperienza in profili criminali, rapimenti e incarichi sotto copertura a lungo termine.»
«Mi chiami pure Karen» suggerì l’aspirante collaboratrice, sorridendo a Sam. Non era un sorriso accattivante, di quelli che una donna rivolge a un uomo per sedurlo, ma semplicemente un segno di cordialità nei confronti del probabile futuro capo.
Meglio così. L’ultima cosa che lui desiderava era un’impiegata che gli scatenasse il putiferio in ufficio e servisse da esca per la stampa. Aveva già avuto abbastanza riflettori puntati addosso nove anni prima e non aveva alcuna intenzione di ripetere l’esperienza. Neppure Delilah sapeva nulla del suo passato. Un paio di volte era stato sul punto di raccontarle tutto, specie i primi tempi, quando per lui era una fatica anche il più semplice degli sforzi fisici. Ma lei non gli aveva mai chiesto come si fosse procurato la ferita alla gamba e si era limitata a intervenire in suo aiuto quando si trattava di alleggerirlo di qualche peso. Negli ultimi anni, poi, le sue condizioni fisiche erano migliorate a tal punto che qualche volta si dimenticava lui stesso di essere stato ferito.
«Perché ha smesso di svolgere il suo ultimo lavoro, signora Munson?» domandò alla candidata, sbirciando il suo curriculum.
«Motivi familiari. Ho avuto un figlio» rispose lei. «Avevo bisogno di orari più regolari.»
«E crede di poterli avere lavorando qui da noi?»
La donna scosse il capo. «Certo che no. Ho letto il fascicolo informativo che mi avete consegnato. Ma le circostanze della mia vita sono nel frattempo... mutate, e non ho più certi obblighi.»
«Non si occupa lei del bambino?»
La bocca di Karen Munson si contrasse in una linea sottile. Distolse lo sguardo per un istante e Sam si accorse che stava inspirando profondamente. «Mio figlio non c’è più» annunciò, pacata. «Francamente, signor Deering, più mi tiene occupata, meglio è per me.» Si protese in avanti, assumendo di nuovo un’aria distaccata e professionale. «Come può rilevare dal mio curriculum, ho esperienza in più di un settore fra quelli da voi richiesti.»
L’intervista andò avanti ancora per mezz’ora, più di quanto Sam non avesse dedicato agli altri tre candidati che, in base alle esperienze lavorative precedenti e ai requisiti richiesti, aveva ritenuto più idonei a ricoprire l’incarico in questione. Alla fine del colloquio, però, assunse Karen Munson come assistente del responsabile dei servizi sotto copertura.
La donna gli strinse la mano, poi la strinse a Del, che la accompagnò subito dopo nel suo ufficio per consegnarle dei documenti da compilare durante il finesettimana. Mentre la vicepresidente richiudeva la porta, squillò l’interfono. Pigiando un tasto, Sam chiese: «Che cosa c’è, Peggy?».
Peggy Doonen era la segretaria di Delilah e stava gestendo l’ufficio aperto al pubblico, durante i colloqui.
«È ora di levare le tende, ecco che c’è!» Il pimpante buonumore di Peggy si irradiò per la stanza. «Mi pareva tu avessi detto che ci aspettava un finesettimana all’insegna del riposo.»
«Infatti. Come mai tutta questa fretta?» Generalmente, Sam non dava troppa confidenza ai suoi dipendenti, ma Peggy era una forza della natura, la responsabile del buonumore dell’ufficio, così come lei stessa si era autonominata, intrattenitrice e organizzatrice di feste. Lui stesso, un paio di anni prima, l’aveva prescelta come garante del livello di soddisfazione dei dipendenti, e poteva dire di aver riposto bene la propria fiducia. Il suo ufficio era un ambiente sereno, in cui si lavorava in armonia, e i suoi impiegati erano una squadra affiatata in cui tutti andavano incredibilmente d’accordo, nonostante le differenze caratteriali.
«È il compleanno di Del, ecco il perché di tutta questa fretta» lo informò Peggy. «Avevamo pensato di portarla a cena fuori. Quindi, se non avete nulla di particolarmente urgente fra le mani, ti prego di liberarla. E giacché ci siamo, perché non ti concedi anche tu un po’ di svago e ti unisci a noi?»
«No, grazie.» Il rifiuto venne automatico. «La mia presenza inibirebbe diversa gente.»
«Che sciocchezza è mai questa?» contestò Peggy. «A ogni modo, se dovessi cambiare idea, noi siamo all’O’Flaherty Irish Pub. L’appuntamento è per le sei.»
«Divertitevi» disse lui, d’istinto.
Il compleanno di Del. Per un attimo, si sentì vagamente in colpa. Delilah lavorava per lui da quando aveva iniziato quell’attività, sette anni prima,