La felicità a portata di mano: Harmony Bianca
Di Amy Ruttan
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Info su questo ebook
La passione per la medicina può far scattare scintille inaspettate quando si lavora insieme!
Il paramedico Kody Davis è convinto che il proprio cuore abbia smesso di battere il giorno in cui ha perso la moglie, e solo la sua dolcissima figlia gli consente di andare avanti. E allora perché sembra non riuscire a resistere al fascino della nuova collega, la dottoressa Sandra Fraser?
Sandra in passato ha dovuto sacrificare la propria felicità, ma adesso che Kody le dimostra il suo interesse, le sembra di poter ottenere ciò a cui aveva ormai rinunciato: una famiglia. Ma dipende tutto da lei, perché solo se deciderà di aprire il proprio cuore all'amore è possibile che accada un piccolo miracolo.
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Anteprima del libro
La felicità a portata di mano - Amy Ruttan
successivo.
1
Certo. Era sicuramente lui.
La dottoressa Sandra Fraser, medico d'urgenza presso il Rolling Creek General Hospital, se ne stava immobile allo sbarco ambulanze a osservare il paramedico più indisponente e maschilista che avesse conosciuto in tanti anni di carriera mentre apriva il portellone trasportando una barella con l'aiuto del suo collega.
Kody Davis era davvero un ottimo paramedico. Era un tipo attraente e benvoluto da tutti.
Peccato che invece lei lo odiasse.
Non esagerare, dai, non lo odi. Odiare è una parola grossa.
Non lo odiava, ma la innervosiva e non sopportava di sentirsi attratta da lui. Era sicuramente affascinante e tutti gli volevano bene, ma supponeva che fosse una specie di playboy e perciò non era il tipo d'uomo con cui era uscita in passato.
Ovviamente la sua era solo una supposizione. Non poteva saperlo con certezza, ma quelli come lui che aveva conosciuto al liceo o al college, così disincantati, allegri e disinvolti, erano sempre dei dongiovanni. E tuttavia, anche se normalmente stava alla larga da quelli come Kody, intimamente ne era attratta.
Lei sceglieva sempre uomini tranquilli e seri.
Sì, infatti, e guarda che fine hai fatto. Divorziata e col cuore a pezzi.
Kody era proprio il tipo del rubacuori. Quale donna non sarebbe stata attratta da lui? Era alto e in perfetta forma fisica. Doveva esserlo per forza visto che faceva il paramedico. Portava i capelli neri sempre corti, aveva un sorriso accattivante e una luce negli occhi che le faceva sempre battere forte il cuore.
E poi c'era il suo accento e, anche se si capiva che veniva dal sud, lei non era mai riuscita a individuare lo Stato. Sicuramente non era texano e le sarebbe piaciuto sapere da dove veniva. E magari anche cosa faceva nel tempo libero, quali erano i suoi piatti preferiti...
Se aveva una relazione stabile.
Sbuffò.
Non ti distrarre.
Lei non voleva un nuovo legame. Si era trasferita ad Austin per superare una storia finita male. L'ultima cosa che voleva era un'avventura con un paramedico sexy che le faceva semplicemente battere il cuore un po' più forte.
O no? Forse invece è proprio ciò che ti serve.
Sandra accantonò il pensiero. Non aveva tempo di pensare a Kody. Aveva un paziente di cui occuparsi, solo che la indispettiva che fosse venuto di nuovo lui perché era chiaro ormai che la sua sola presenza aveva il potere di distrarla.
Eppure sembrava che da quando aveva iniziato a lavorare al Rolling Hill non facesse che imbattersi in lui. Possibile che fosse sempre di turno?
Se avesse creduto nel karma o nel destino, avrebbe potuto affermare con certezza che ci stava mettendo lo zampino e non era proprio giusto. Non aveva avuto già abbastanza guai?
«Cosa abbiamo, signor Davis?» chiese a Kody con tono freddo e impersonale.
Kody le lanciò un'occhiata veloce e lei si rese conto che non gli era piaciuto che l'avesse chiamato signor Davis.
Non apprezzava le formalità, lei lo sapeva, ma Sandra preferiva mantenere le distanze, fare in modo che le persone non oltrepassassero le sue barriere di protezione.
L'ultima volta che aveva permesso a qualcuno di varcarle ne era uscita con le ossa rotte.
Il cuore spezzato.
Non avrebbe rifatto lo stesso errore, anche se significava condurre una vita solitaria e senza amici ad Austin.
«Luke McIver, quarant'anni, passeggero in un frontale con un bue. Non aveva la cintura allacciata ed è stato catapultato fuori dal parabrezza.»
Sandra sbarrò lo sguardo. «Un bue?»
Kody annuì e scrollò le spalle. «Forse non era proprio un bue normale.»
«Un bue normale?» ripeté Sandra confusa avvicinandosi per visitare il paziente.
«Era uno di quelli con le corna molto lunghe, penso di razza Texas Longhorn, non un bue tradizionale.»
Sandra scrollò il capo. «Sono comunque buoi, tipici del Texas.»
«Ah, ecco, interessante. In ogni caso l'auto ha investito il bue Longhorn e il signor McIver non aveva la cintura. Il guidatore ha riportato ferite minime, ma il paziente ha quaranta su ottanta di pressione.»
Sandra aggrottò la fronte. Era molto bassa.
A una prima occhiata, lei temette che il paziente avesse riportato un trauma cranico e procedette a stabilizzarlo anche se Kody aveva già fatto un ottimo lavoro. In effetti, anche se lui faceva il disinvolto e lei detestava dovere ammettere di trovarlo quanto mai attraente, non poteva negare che come paramedico fosse molto professionale.
Kody Davis era estremamente competente. Era in grado di salvare una vita. Perciò non era il caso che si lamentasse di dover avere a che fare con lui. Era fortunata perché in realtà le rendeva più facile il lavoro.
«Portiamolo in sala tre.»
«Agli ordini, capa.»
Lei fece una smorfia quando sentì capa.
Non sopportava che la chiamasse in questo modo.
Supponeva che Kody non lo dicesse in senso dispregiativo, ma per esperienza sapeva che di solito quell'appellativo aveva sempre un'accezione negativa. Non sopportava di sentirsi appellare così perché le ricordava la sua vita spezzata a San Diego.
Le ricordava le promesse mancate e la sofferenza, e poi sapeva che l'unico motivo per cui usava quella parola era perché lei lo chiamava signor Davis. Da quando si erano conosciuti, quattro mesi, prima non facevano che stuzzicarsi.
Lui aveva sempre un sorriso per lei. E la chiamava sempre capa.
Non lo sa che non ti piace.
E lei non glielo diceva per non dargli confidenza.
Solo rapporti professionali.
Sicura?
Una parte di lei avrebbe voluto di più, solo per vedere come sarebbe stato, ma era già rimasta scottata dall'amore. Non avrebbe permesso che accadesse di nuovo, anche se lo desiderava terribilmente.
Concentrati.
Subito dopo che Kody l'ebbe aiutata a portare dentro il paziente, entrarono gli specializzandi.
La dottoressa Megan Combs, la specializzanda più anziana, si affrettò a misurargli la pressione. «Settanta su cinquanta.»
«Lo stiamo perdendo» osservò Sandra cercando di farsi sentire sopra le voci concitate degli specializzandi. Era contenta di non doverli istruire. Sapevano cosa fare. Si avvicinò al paziente e iniziò la sua magia. Era in quel momento che brillava di luce propria...
Lei viveva per salvare la vita alle persone.
Non avrebbe permesso che Luke McIver morisse. Era stata una follia non allacciare la cintura, ma lei gli avrebbe salvato la vita.
«Cinquecento cc di soluzione salina!» gridò. Doveva alzargli la pressione per stabilizzarlo e capire cosa gli fosse accaduto. Mentre uno specializzando preparava la flebo con la soluzione salina, lei verificò i parametri e vide che le pupille erano ancora uguali e reattive. Ottimo.
Forse sarebbero riusciti a salvarlo.
«La pressione è stabile» annunciò la dottoressa Combs.
«Bene.» Sandra arretrò. «Dottoressa, sarà lei a occuparsi di questo paziente. Lo porti a fare la TAC, cerchi un'emorragia cerebrale ed eventuali lesioni interne. Mi scriva quando ha l'esito.»
La dottoressa Combs annuì. «Sì, dottoressa Fraser.»
Sandra si sfilò i guanti e vide che Kody era ancora lì. Aveva gli occhi azzurri fissi sul paziente e lei per la prima volta si rese conto di quanto fossero incantevoli.
Sentì il battito del suo cuore accelerare, il sangue riscaldarsi nelle vene e sperò di non essere arrossita.
Datti un contegno, Sandra.
«Che fai ancora qui?» gli chiese.
Kody sorrise e una fossetta gli comparve sulla guancia. «Non mi hai ancora congedato, capa.»
Sandra alzò gli occhi al cielo e dopo aver gettato il camice giallo e i guanti monouso nell'apposito contenitore, si avviò. «Sei libero di andare» gli disse, sperando che non gli venisse in mente di seguirla.
«Perché ce l'hai con me?» le chiese Kody incamminandosi dietro di lei.
Lei si fermò di scatto e si voltò. «Ma cosa dici?»
Il sorriso di lui era scomparso. «Svolgo il mio lavoro con professionalità e ho un buon rapporto con tutti, però sembra proprio che a te io non vada a genio.»
Lei sospirò. «Non ho niente contro di te, signor Davis, ma preferisco mantenere rapporti esclusivamente professionali con i colleghi.»
Era vero. Non si era ancora ripresa dall'ultima volta in cui aveva permesso che i due ambiti si intrecciassero. Non importava quanto si sentisse sola. Era meglio così. Le barriere che aveva alzato dovevano proteggere il suo cuore.
«E infatti non mi pare che tu abbia molti amici» le fece notare lui.
Lei si sentì avvampare. «Non sono qui per socializzare, signor Davis. Sono qui per salvare vite.»
Il luccichio tornò nel suo sguardo. «Siamo qui tutti per lo stesso motivo, ma un sorriso di tanto in tanto non ti farebbe male. Ultimamente sembri preoccupata, capa.»
Lui fece per passarle davanti, ma Sandra gli bloccò la strada. «Non mi chiamare così.»
«Cosa?»
«Non mi piace che tu mi chiami capa» gli spiegò cercando di controllare il tremolio nella voce. Non era il caso che spiegasse a Kody che il suo ex marito l'aveva chiamata più o meno così quando lei aveva ricevuto una promozione ed era diventata il suo diretto superiore, e dopo che aveva scoperto di non potere avere figli.
Lui le aveva gettato addosso tutta la responsabilità.
E lei si era sentita in colpa per la propria sterilità. E ora sentirsi chiamare di nuovo capa aveva fatto riaffiorare ricordi dolorosi. Ricordi a cui non voleva pensare, adesso che era ad Austin.
Aveva lasciato San Diego quattro mesi prima per allontanarsi da una situazione dolorosa. Era divorziata da due anni, ma c'era voluto tempo per rendersi conto di dovere ricominciare da capo. Austin era la città in cui era nata ed era stata data in adozione, la città dove i suoi carissimi genitori adottivi l'avevano accolta, e così aveva deciso di tornare alle radici per ricominciare.
Voleva ricominciare daccapo. Aveva imparato molto dagli errori del passato e non avrebbe permesso più a nessuno di farle del male.
«Scusa» disse Kody piano e lei rimase sorpresa.
«Cosa?»
«Mi dispiace di aver usato questo appellativo, non l'avrei fatto se avessi immaginato che ti avrebbe disturbata tanto.»
«Davvero?» chiese lei sempre più incredula.
«Davvero. Mi dispiace, dottoressa Fraser.»
Lei non sapeva che cosa dire perché la sua sincerità l'aveva colta alla sprovvista. Nessuno si era mai scusato con lei per questo motivo, perché tutti pensavano che fosse solo una battuta innocente, mentre invece la feriva.
«Certo. Mi dispiace davvero.» Kody le sorrise dolcemente. «Non sei l'unica a non apprezzare soprannomi affibbiati per scherzo.»
Lei si sentì arrossire. «Lo so che non ti piace che io ti chiami signor Davis, perciò scusami anche tu.»
Kody scrollò il capo. «Non importa. Figurati. Anche se mi fa pensare a mio padre... In effetti sono abituato ai soprannomi che non sento appropriati e che infastidiscono. Perciò, dottoressa Fraser, spero di non aver rovinato il nostro rapporto professionale.»
«Assolutamente no e apprezzo le tue scuse.» Era vero. Kody accennò un sorriso. «Ci vediamo dopo.»
Le passò davanti e proseguì lungo il corridoio verso il parcheggio delle ambulanze.
Cos'era accaduto?
Era cambiato qualcosa. Lui aveva oltrepassato la sua barriera.
Aveva superato la sua prima linea di difesa e, anche se era l'ultima cosa che avrebbe voluto, in fondo ne era contenta.
Kody si fermò e guardandosi indietro vide la dottoressa Fraser allontanarsi. Gli dispiaceva averla ferita. Era l'ultima cosa che avrebbe voluto da quando l'aveva vista per la prima volta, quattro mesi prima. La sua bellezza lo aveva incantato. I capelli castani scuri sempre legati in una coda alta e quegli occhi