Un bacio davanti al camino (eLit): eLit
Di Cara Colter
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Cara Colter
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Un bacio davanti al camino (eLit) - Cara Colter
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Their Christmas Wish Come True
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2007 Collette Caron
Traduzione di Sarah Colombo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-110-8
1
Quaranta giorni a Natale...
Il trillo del campanello gli esplose nella testa come una cannonata.
Michael Brewster si rigirò con un grugnito, aprì un occhio e, ignorando la bottiglia di birra vuota al suo fianco, guardò la sveglia sul comodino.
Le sei. Del mattino o del pomeriggio? Del mattino sicuramente. Ma chi diavolo poteva essere a quell’ora? Si coprì la testa con il cuscino, ma il campanello suonò ancora, e ancora. Arrancando come un orso appena risvegliatosi dal letargo invernale, cercò a tentoni un paio di jeans e li infilò.
Scalzo e a torso nudo, aprì la porta e l’aria gelida di novembre gli schiarì le idee e lo aiutò a calmarsi.
Era il suo vicino, il signor Theodore, incartapecorito come un elfo, con un’aria assurdamente allegra per quell’ora antelucana e incurante del cielo plumbeo che non prometteva niente di buono.
«Buongiorno a te, Michael.»
Con le tempie che pulsavano e la bocca impastata, cercò di resistere alla tentazione di sbattere la porta in faccia all’anziano signore.
Michael si era da poco trasferito nella casa in cui era cresciuto, e il signor Theodore apparteneva ai preziosi ricordi che lo avevano ricondotto in quel luogo, in cui aleggiava ancora l’aroma della pipa di suo padre. Da piccoli, Michael e suo fratello Brian organizzavano scorribande nel giardino del signor Theodore a caccia di fiori da regalare alla madre. Avevano perfino rotto i rami del suo melo e gli avevano fatto gli scherzi di Halloween.
Nonostante quei ricordi, o forse a causa di essi, Michael aveva provato una certa irritazione quando il signor Theodore lo aveva avvicinato chiedendogli di fare alcuni lavoretti in casa sua. Di professione falegname, Michael godeva di una posizione economica tale che gli avrebbe consentito di non lavorare mai più.
Se avesse accettato, l’anziano signore ne avrebbe forse approfittato per fargli la predica? Il signor Theodore aveva sempre avuto un animo eclettico: cantava nel coro della chiesa, si sentiva a suo agio a discutere del Dalai Lama e aveva sempre tra le mani un libro di filosofia o di poesia.
Tutti sembravano avere teorie sulla vita, la morte e il loro significato, e secondo Michael avevano fin troppa voglia di condividerle con gli altri.
Il signor Theodore, però, non gli aveva dato consigli. Mentre Michael riparava i gradini di fronte alla casa e installava le finestre nuove, l’anziano vicino si limitava a chiacchierare del più e del meno e a proporgli nuovi progetti. Appena terminava un lavoro nella vecchia casa, ne compariva magicamente un altro.
Ma alle sei del mattino? Il signor Theodore stava giocando col fuoco.
«Mi domandavo...»
Michael sospirò tra sé e tirò a indovinare. Cosa aveva dimenticato? Una falla nel tetto? Un lavandino che perdeva? Nonostante l’ora e il terribile doposbornia, Michael si sentì sollevato. Grazie al cielo c’era qualcos’altro da fare. Se fosse stato con le mani in mano, si sarebbe sicuramente sentito ancora più perso di quanto gli accadeva prima che il signor Theodore entrasse di nuovo nella sua vita, distogliendolo dalle immagini ad alta definizione del megaschermo al plasma, il suo unico acquisto con tutto il denaro che aveva a disposizione.
Michael Brewster non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi immensamente ricco a ventisette anni e anche se lo avesse sognato, non l’avrebbe certo considerato una maledizione. Ma lo era. Avrebbe rinunciato volentieri a tutto quel denaro se solo...
«Le luci di Natale» annunciò tutto allegro il signor Theodore.
Doveva avere notato lo sguardo a dir poco perplesso di Michael.
«È quasi Natale» spiegò il vicino, «oggi è il quindici di novembre, e io monto sempre le luci di Natale il quindici di novembre.»
Michael, però, non aveva ancora assimilato la parte riguardante il Natale. Ai margini della nebbia in cui viveva, doveva avere notato le vetrine dei negozi addobbate a festa e i colori dell’autunno che lasciavano il posto al grigiore dell’inverno.
Eppure gli sembrò che quell’anno fosse arrivato senza preavviso.
Michael si sentì sopraffatto dalle emozioni. Natale? Già? Ma come? Per un lungo istante gli sembrò di sentire il profumo di abete, delle torte di sua madre e del dopobarba di suo padre. Gli sembrò di udire la risata del fratello... Il senso di perdita e la solitudine lo fecero quasi svenire.
E la domanda che lo tormentava facendolo rigirare nel letto notte dopo notte, che lo faceva andare avanti e indietro per il corridoio, bere troppo e fissare per ore la televisione, era lì, sulla punta della lingua.
«Come farò a sopravvivere?»
Aveva parlato con un tono normale ma lo sferzare del vento gelido trasformò la sua voce in un sussurro disperato.
Proprio come pensava e temeva, non c’era risposta.
Il signor Theodore gli toccò il braccio e lui si ritrovò a fissare due occhi azzurri e senza età, traboccanti di forza e compassione.
«Trova qualcuno che soffre più di te» disse con tono fermo, «e aiutalo.»
Michael sospirò. Impossibile: nessuno soffriva più di lui.
«Dove tiene le luci di Natale?» si ritrovò a borbottare a quel punto.
L’armamentario natalizio del signor Theodore si trovava in garage ed era così ricco da fare invidia a Babbo Natale in persona. C’erano fili e fili di lucine da esterni, ghirlande per porte e finestre e perfino un Santa Claus elettronico con tanto di renne per il tetto. Per non parlare delle statue a grandezza naturale di Giuseppe e Maria, corredate di stalla, asino e bue, per il giardino.
Michael era alle prese con l’asino da un quintale, quando il signor Theodore comparve e gli consegnò un foglietto ripiegato con cura.
«A proposito di quello che dicevamo prima...» affermò, poi rabbrividì guardando le braccia nude di Michael, scosse la testa e scomparve di nuovo dentro casa.
Di cosa avevano parlato prima? Michael guardò il foglio. Gli serviva un’ancora di salvezza e non una citazione dalla Bibbia o del Dalai Lama, tuttavia trattenne l’impulso di appallottolarlo e gettarlo via senza degnarlo di un’occhiata. Forse conteneva qualcosa che poteva aiutarlo e lo aprì con impazienza.
Sul foglio era appuntato un indirizzo alla periferia est di Washington Street. Michael notò che si trattava della parte malfamata di Treemont, nei paraggi del vecchio mulino abbandonato. Sotto l’indirizzo era annotato un nome.
Michael ripensò alla conversazione di poco prima.
Trova qualcuno che soffre più di te e aiutalo.
Più facile a dirsi che a farsi, pensò con cinismo.
Tuttavia le parole scritte frettolosamente sul foglio lo intrigavano: La Società Segreta di Babbo Natale.
Trentanove giorni a Natale...
«Mi serve un elfo» affermò Kirsten Morrison al telefono, «ma non come quello che mi avete rifilato l’anno scorso. In che senso, non dovrei avere troppe pretese su un elfo? Si è ubriacato ed è caduto dalla slitta!»
Un brivido le percorse la schiena, la porta si era aperta facendo entrare la gelida aria di novembre.
«C’è carenza di elfi? Carenza di elfi volontari, caso mai. Sentiamo, quanto mi verrebbe a costare un elfo che non si ubriachi e non cada dalla slitta?» chiese, come se i soldi non fossero un problema. «Cinquecento dollari? Sta scherzando? È un furto! Ma che razza di persona ruberebbe a Babbo Natale?»
Sbirciò fuori dalla porta dell’ufficio per vedere chi fosse entrato, senza riuscirci. La parte anteriore dell’ex negozio era ingombra di giocattoli, e proprio quel pomeriggio le avevano consegnato sedici scatole di tricicli che ora bloccavano l’ingresso.
I tricicli andranno anche montati, prima o poi, prese nota mentalmente, inserendo quel compito in fondo alla sua lista di priorità. Finalmente riuscì a vedere il visitatore e senza volerlo trattenne il fiato, incerta se fosse stata l’aria fredda a farle venire i brividi.
Era un uomo alto almeno un metro e ottanta, con spalle incredibilmente ampie da cui si stava togliendo la neve. Non portava i guanti sebbene l’inverno fosse sopraggiunto la notte precedente, e nonostante la visuale non fosse delle migliori, notò le sue mani.
Mani forti e capaci. Mani che potevano rendere una donna consapevole della propria solitudine e dell’esistenza di cose che, per quanto fiera dell’indipendenza conquistata, non avrebbe mai potuto fare da sola.
Era il genere d’uomo che all’improvviso rendeva una donna acutamente consapevole di desideri tenuti segreti – anche a se stessa – per la maggior parte del tempo.
Era l’inizio di una storia che si concludeva con e vissero per sempre felici e contenti. Aveva un fascino tenebroso: capelli ribelli castano scuro che gli accarezzavano il collo, zigomi alti, un mento che sembrava scolpito dagli dei e labbra piene e sensuali, ma senza sorriso.
E gli occhi! Santo cielo!
Erano di una sfumatura di verde che non aveva mai visto, a metà tra la giada e lo smeraldo, orlate da ciglia scurissime.
«Sono subito da lei.»
Gli voltò le spalle cercando di concentrarsi su quello che stava facendo.
«Cinquecento dollari per un elfo? Che fine ha fatto il suo spirito natalizio? Altrettanto a lei!»
Riagganciò con rabbia fissando il telefono e cercando di dominarsi. Infine si fece largo nell’ingresso del negozio trasformato in magazzino.
Lo spazio era decisamente poco e alcune scatole di bambole caddero da una pila di giocattoli.
L’uomo le afferrò prima che precipitassero a terra, con un movimento fluido e agile, degno di un atleta. Così facendo si ritrovò molto vicino a lei, tanto che Kirsten fu costretta ad allungare il collo per guardarlo e si sentì avvolgere da un aroma pulito, fresco e decisamente virile.
Accidenti, da vicino era ancora più irresistibile! Tranne che per gli occhi. A quella distanza Kirsten si accorse che il verde era velato da un’ombra, come il ghiaccio che si formava su uno stagno nella foresta. Cercò di trovare una definizione appropriata, ma non ci riuscì. Qualunque cosa fosse, il freddo che entrava dalla porta era niente a confronto.
L’uomo guardò le bambole con i loro fronzoli principeschi e gliele passò come se scottassero.
«Grazie» affermò lei in tono asciutto. «Non ha l’aria di uno che deve consegnare una letterina per Babbo Natale» proseguì, dato che lui non voleva rivelare che cosa mai l’aveva portato alla Società Segreta di Babbo Natale.
Senza rispondere, l’uomo si girò e chiuse la porta da cui entrava uno spiffero gelido.
«Oh.» Kirsten sapeva bene di trovarsi in un quartiere malfamato. Le avevano ripetuto almeno un milione di volte di chiudere a chiave la porta quando era sola. E se qualcuno fosse venuto a consegnare una lettera e avesse trovato la porta chiusa? Se lei si fosse trovata in difficoltà, nessuno avrebbe potuto accorgersene...
Il suo istinto, però, le suggeriva che non aveva niente da temere dall’uomo che aveva invaso il suo spazio, anche se era sicuramente pericoloso.
Era abbastanza attraente da far sentire minacciata una ragazza che non credeva più alle favole, come se tutte