La ragazza del soldato
Di Mary Brendan
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Miniserie "The talk of the ton" - Vol. 1/2
Mary Brendan
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
La ragazza del soldato - Mary Brendan
successivo.
1
«Così viaggiate da sola, Miss Chapman?»
La stessa domanda, con un tono ugualmente scandalizzato, le era stata posta soltanto cinque minuti prima dalle due signorine e dal fattore che viaggiavano insieme a lei accalcati nella carrozza.
«Sì, Mrs. Jackson» rispose Fiona a denti stretti.
Sembravano tutti preoccupati per lei, ma non le sfuggiva il biasimo che nascondevano le loro domande. Una donna perbene non viaggiava mai da sola.
Il suono del corno del postiglione li avvertì che fra breve si sarebbero fermati a una stazione di posta, per far abbeverare i cavalli e concedere ai viaggiatori il tempo di sgranchirsi le gambe e mangiare qualcosa.
Infatti, pochi minuti dopo, la carrozza si fermò nel cortile di una locanda, e le due sorelle Beresford e Mrs. Jackson scesero a fare quattro passi. Il fattore, che si era presentato come Mr. Peter Jackson, aiutò anche Fiona a scendere, dopo la moglie.
Le era simpatico più degli altri perché le ricordava suo padre, con i capelli brizzolati e il ventre prominente. Tuttavia sembrava più giovane di Anthony Chapman quando, qualche tempo prima era morto per un infarto, a cinquantadue anni d'età.
«Non faccia caso a mia moglie» le mormorò Mr. Jackson mentre l'aiutava. «Abbiamo due figlie, e lei si preoccupa sempre per loro. Non si sa mai che cosa può succedere a una giovane sola.»
«Capisco» replicò Fiona.
«Non intendeva essere troppo curiosa, naturalmente» aggiunse l'uomo con un certo imbarazzo.
Invece era stata curiosa e sospettosa, al pari delle due sorelle Beresford, che erano appena scese. Dovevano averla giudicata una donna poco rispettabile.
«Le nostre figliole adesso sono sposate con due bravi giovani e hanno messo al mondo tanti bei bambini» aggiunse Mr. Jackson, come se augurasse anche a lei altrettanta fortuna.
Solo un cieco non si sarebbe accorto che Fiona aveva ormai un'età tale da essere considerata una zitella. A venticinque anni c'erano ben poche speranze per una donna di sposarsi, inoltre lei non possedeva alcuna dote e non era abbastanza bella da poter attirare corteggiatori disinteressati. Si sarebbe potuta definire al più graziosa e beneducata, si capiva che veniva da una buona famiglia ma che non era ricca.
Tuttavia Mr. Jackson le offrì il braccio per accompagnarla dentro la locanda, dove sua moglie e le sorelle Beresford erano entrate chiacchierando animatamente.
«Mia moglie si preoccupa che possa capitarvi qualcosa di male, viaggiando da sola, e devo ammettere che anch'io sono della sua opinione.»
«Sono certa che arriverò a Dartmouth sana e salva, Mr. Jackson» dichiarò Fiona con un sorriso che non lasciava trapelare i dubbi che lei stessa aveva avuto, riguardo a quel viaggio.
Quando era partita da Londra, sua madre l'aveva supplicata di tornare su quella decisione affrettata. A mano a mano che si avvicinava alla meta, in effetti, anche Fiona si chiedeva se fosse stato saggio e opportuno accettare un impiego in un luogo lontano da casa, che non conosceva affatto.
Aveva letto nei libri del Devon e della Cornovaglia, e visto i dipinti e le stampe che raffiguravano le loro coste e il mare in tempesta.
La vita in quei luoghi doveva essere molto diversa da quella sofisticata della capitale, ma anche a Londra lei non si era mai sentita davvero a proprio agio. Aveva sempre preferito restarsene a casa a leggere o a dipingere, piuttosto che partecipare alle feste e ai ricevimenti insieme alla madre e alla sorella.
Sentiva il bisogno di cambiare vita, e la morte di suo padre, seguita dall'arrivo di Cecil Ratcliff, aveva accelerato i tempi.
«Voi siete buona e ingenua, figliola. Non sapete che, qui in campagna, c'è gente cattiva che non avrebbe il minimo scrupolo di derubare una donna... o di farle anche di peggio» riprese Peter Jackson, distogliendola dai suoi pensieri. «State in guardia. Vi darò alcuni consigli, prima che ci separiamo, in modo che possiate trovare aiuto nel caso malaugurato che le cose non vadano come vi aspettate...»
Fiona sapeva che il fattore avrebbe voluto conoscere di più del motivo che l'aveva spinta a viaggiare da sola, ma lei non aveva alcuna intenzione di rivelarglielo. Se gli avesse spiegato che stava andando a lavorare in casa di un vedovo, di sicuro lui e la moglie si sarebbero scandalizzati ancora di più. Del resto, anche Fiona aveva esitato, prima di accettare l'incarico di istitutrice a Herbert Lodge.
«Vi ringrazio fin d'ora per i buoni consigli che mi darete, Mr. Jackson. Li terrò a mente» promise.
Lui e la moglie stavano tornando a casa dopo aver assistito alle nozze di una nipote, a Dawlish. Anche le sorelle Beresford erano salite in carrozza a Dawlish, ma non sarebbero giunte fino al Devon come lei e i Jackson.
Quando entrarono nella locanda, Fiona vide che le tre signore si erano già sedute vicino al caminetto.
«Venite qui a scaldarvi anche voi, Miss Chap-man» la invitò Mrs. Jackson.
«Veniamo in questa locanda molto spesso, il caffè è buono» aggiunse suo marito, prendendole una sedia e avvicinandola al fuoco. «E i prezzi sono ragionevoli, non è vero, Betty? L'ultima volta ho chiesto un pasticcio di carne e di ostriche. Non costava molto, ed era molto gustoso.»
La moglie annuì con vigore. «Prenderò del vino speziato, invece del caffè» annunciò. «Il tempo sta peggiorando, di sicuro questo pomeriggio farà freddo.»
La più giovane delle sorelle Beresford si avvicinò a Fiona, chinandosi verso di lei per chiederle a bassa voce se stesse fuggendo di casa per raggiungere un uomo.
«No! Ma cosa dite?» reagì lei, allibita, guardandosi intorno, a disagio, nel timore che qualcuno avesse udito. Per fortuna c'era soltanto una giovane cameriera, dietro di loro, ma sembrava più interessata al garzone di stalla che le faceva dei segni dietro i vetri della finestra che dava sul cortile. «Darei forse l'impressione di essere fuggita di casa per raggiungere un uomo?» domandò, sconcertata.
«No, ma sarebbe molto eccitante» rispose Ruth Beresford con un risolino, come se fosse un'adolescente invece che una donna di più di trent'anni. «Dicono che la figlia del Duca di Thornley voglia fuggire di casa per non sposare l'uomo che suo padre ha scelto per lei.»
«La figlia del Duca di Thornley si sposerà di certo» intervenne Mrs. Jackson, sempre al corrente di tutti i pettegolezzi. «Sua Grazia darà una festa per i vicini e per tutti coloro che lavorano nella sua tenuta.»
«Speriamo che in occasione del banchetto facciano fuori un po' di quei fagiani che infestano i suoi campi» commentò Mr. Jackson. «Invadono le strade, te li trovi dappertutto. Non so che cosa aspetta a eliminarli.»
«Una festa di nozze nella tenuta del duca! Che bello!» esclamò Ruth Beresford.
«Chissà se hanno ancora quel pasticcio di carne e di ostriche dell'altra volta» si stava intanto chiedendo Mr. Jackson. «Betty, hai fame?»
L'uomo aveva sentito la domanda che Ruth Beresford aveva fatto a Fiona e, avendo notato il suo imbarazzo, aveva deciso di cambiare discorso.
«Io mi accontenterei di un panino con l'arrosto freddo» disse Ruth. «Valerie, mi dai i soldi?»
La sorella maggiore prese un borsellino che teneva in tasca e le consegnò qualche moneta.
Anche Fiona aveva fame. Cercò il denaro nella borsetta: l'idea di un panino con l'arrosto freddo e magari qualche fettina di ravanello le faceva venire l'acquolina in bocca. E avrebbe ordinato anche del vino speziato, come Mrs. Jackson, perché era vero che il tempo stava peggiorando.
Cominciò a essere ottimista sul proprio viaggio. Tutto sarebbe andato bene, era inutile preoccuparsi, si disse, ma doveva tenere la bocca chiusa e non fare confidenze a nessuno.
«Che cosa diavolo ci fai qui?»
Il tono della domanda era brusco, ma il gentiluomo sembrava molto calmo. Rimaneva seduto tranquillamente a tavola, anche se in realtà era furioso.
Becky Peake lo conosceva troppo bene per lasciarsi ingannare dalle apparenze. «Non arrabbiarti con me, Luke» lo supplicò entrando e chiudendo la porta della saletta privata, dove il proprietario della locanda le aveva detto che Luke stava pranzando.
Si avvicinò alla tavola e tentò di sedersi in braccio a lui. Luke si alzò di scatto dalla sedia e si allontanò, imprecando sottovoce.
Becky, sempre pragmatica, pensò che poteva almeno approfittare di ciò che lui aveva lasciato nel piatto. «Se hai finito di mangiare... Ho un certo appetito» affermò.
«Serviti pure» ribatté lui, infastidito.
Becky si tolse il cappellino, lasciando che i riccioli neri le ricadessero sulle spalle, e sbottonò il mantello. Poi si sedette a mangiare quello che restava dell'arrosto freddo, del formaggio e del pane casereccio.
«Mi perdoni se ti ho seguito fin qui?» gli domandò, dopo aver finito ed essersi pulita le labbra con il tovagliolo immacolato.
«Dipende» rispose Luke, che si era un po' calmato.
Becky slacciò gli altri bottoni del mantello e lo tolse. Sotto indossava un abito giallo limone, molto leggero, che aderiva in maniera provocante al suo corpo formoso. «Farò tutto quello che vuoi, per farmi perdonare» gli assicurò con un sorriso carico di promesse.
Luke si lasciò sfuggire un sorriso, anche se era ancora parecchio seccato. Becky, però, sapeva sempre come farsi perdonare. «Vediamo se sei di parola» mormorò, avvicinandosi. E non si tirò indietro, quando lei gli gettò le braccia al collo.
2
«Non intendo affatto contrariarvi, Vostra Grazia. Penso solo che sia troppo presto per agire.»
«Perché mai?» domandò Alfred Morland, Duca di Thornley.
Non era abituato a essere contraddetto, soprattutto da persone di rango inferiore al suo, ma Luke Wolfson non era un uomo come gli altri. In quanto veterano della guerra in Spagna, poteva vantare onorificenze e riconoscimenti che attestavano il suo coraggio e la sua esperienza.
Il Duca di Wellington glielo aveva raccomandato personalmente, quando Thornley gli aveva spiegato il suo problema.
Sua Grazia aveva bisogno di un uomo come lui. Il Duca di Wellington gli aveva assicurato che nessuno avrebbe osato tener testa a Wolfson, il miglior attendente che avesse mai avuto, e a dir la verità Thornley ne aveva avuto subito un'ottima impressione.
Era un giovane di bell'aspetto, sembrava sveglio e audace e, da quando era finita la guerra contro Napoleone, si dedicava a risolvere casi difficili come quello in cui lui si trovava.
Non per denaro, gli aveva assicurato il Duca di Wellington, perché Wolfson aveva ereditato dal nonno una fortuna da far invidia a Creso, quelle erano state le sue esatte parole.
La verità era che a Luke Wolfson piaceva la vita avventurosa e non gli interessava vivere da gran signore nella sua bella tenuta nell'Essex.
Tuttavia al Duca di Thornley non era parso entusiasta, quando gli aveva chiesto di liberarlo di un bandito di provincia. Forse era un'impresa troppo poco interessante, per un uomo del suo stampo.
Il maggiore Wolfson bevve un sorso di brandy, poi posò il bicchiere su un tavolino. «È in gioco la vita di una giovane donna. È necessario agire con cautela» osservò.
Per il Duca di Thornley fu una prova ulteriore del suo scarso entusiasmo per l'impresa. «Se non volete accettare l'incarico» replicò seccato, «non dovete fare altro che dirmelo, e io cercherò qualcun altro che prenda il vostro posto.»
«Dovreste comunque trovare anche un'altra donna disposta a infiltrarsi nella banda di Collins» gli fece notare Luke. «Ho promesso a Miss Peake che sarebbe tornata presto a Londra. Possibilmente viva.»
«La pagherò profumatamente, come farò con voi, del resto» gli rinfacciò il duca. «E aumenterò la cifra, se farete in fretta.»
Luke si strinse nelle spalle. «Se ci tenete a offrirci un incentivo per accelerare le cose, accetterò. Tuttavia dovete tenere a mente che, se Collins sente puzza di bruciato, ci andrà di mezzo vostra figlia. Era proprio quello che volevate evitare, mi pare.»
Il Duca adorava la figlia e sapeva quanto lei detestasse rimanere confinata nella casa paterna per il timore che la banda di Collins la rapisse e chiedesse un ricco riscatto. Proprio per evitare una simile eventualità, Thornley aveva ingaggiato Luke.
«Forse Wellington ha esagerato nel lodarvi, maggiore» ribatté, sempre più irritato. «Vi permettete di dirmi che cosa devo o non devo fare.»
«Credevo mi aveste chiamato proprio per avere i miei consigli. Jeremiah Collins ha già rapito un giovane gentiluomo, sei mesi fa, e lo ha restituito alla sua famiglia solo dopo il pagamento di un consistente riscatto. Lo sapete benissimo.»
«Certo che lo so! Il padre del ragazzo è un mio buon amico! In che modo avete saputo della vicenda? La famiglia ha fatto ogni sforzo affinché non trapelasse nulla del rapimento e del riscatto.»
Il duca non riusciva a tollerare l'idea che Wolfson gli tenesse testa con tanta calma arrogante.
Luke si strinse nelle spalle. «Non abbastanza, a quanto pare. Anch'io ho amici in alto loco, che mi informano di ogni cosa.»
«Amici in alto loco? Dove? Qui o a Londra? Qui dovrete obbedire ai miei ordini, maggiore» gli ricordò il duca.
Luke si alzò dalla sedia su cui era seduto. «Non sono disposto a rischiare la vita di una donna per un piano troppo affrettato. Dirò al mio legale di restituirvi l'anticipo del compenso pattuito e di annullare il nostro contratto. Vi auguro una buona serata» aggiunse con un rapido inchino.
Poi se ne andò senza voltarsi indietro. Era venuto nel Devon solo per fare un piacere al Duca di Wellington, che lo aveva pregato di aiutare il suo amico, non per discutere.
Per quanto lo riguardava, il rischio faceva parte della sua vita, ma Becky sarebbe stata in pericolo se avesse accettato di fingersi la figlia del duca, e non era quello il suo modo di operare. Luke preferiva lavorare da solo, di solito, ma in quell'occasione era dovuto ricorrere a una donna su richiesta esplicita del Duca di Thornley.
Il piano del duca per catturare Collins si era rivelato debole, come gli era parso fin dal primo momento, e non gli andava di rischiare la vita di Becky. La sua amante l'aveva seguito nel Devon di propria iniziativa, e avrebbe accettato di fingersi Lady Joan per la ricca ricompensa che le era stata promessa.
Becky avrebbe fatto di tutto per denaro, Luke lo sapeva bene, ma era pentito di averla coinvolta. Adesso era venuto il momento di lasciare Thornley alla propria sorte, e Becky non l'avrebbe presa bene.
Come attrice non era così ben pagata, e il duca non le avrebbe corrisposto la somma pattuita, se avesse rinunciato all'incarico insieme a lui.
Meglio che tornasse a impersonare Desdemona a Londra, piuttosto che la figlia di Thornley nel Devon, rifletté Luke, anche se il compenso era certamente minore.
Quando raggiunse il portone di quercia della residenza del duca, il maggiordomo gli restituì il mantello. In quel momento la voce di una giovane donna lo chiamò per nome.
Luke si voltò.
Lady Joan Morland, la figlia del duca, stava scendendo lo scalone per raggiungerlo. «Mio padre vi ha convinto ad agire subito?» gli domandò, quando gli fu vicino.
Joan sapeva bene che il padre non avrebbe approvato che rivolgesse delle domande al maggiore Wolfson, ma non le importava. Considerava suo diritto sapere come stavano andando le cose.
«No, non mi ha affatto convinto. Lascio il mio incarico, qualcun altro prenderà il mio posto» le rispose, e dopo un rapido inchino si diresse verso il portone.
Joan sembrò delusa e lo seguì. «È una vergogna!» esclamò. «Quell'odioso individuo ha picchiato due dei nostri contadini perché avevano detto che vendeva del brandy di contrabbando che faceva male alla salute, fino al punto di uccidere chi lo beveva. Adesso sono tutti talmente spaventati che hanno paura persino di pronunciare il suo nome. Non possiamo permettere che Jeremiah Collins imperversi sulle nostre terre.»
«Collins vi ha mai visto di persona?»
Joan scosse il capo.