Contratto d'amore: Harmony Jolly
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Info su questo ebook
Chi può dire di conoscere gli ingredienti per dare gusto all'amore? Scopriteli con noi!
La cosa di cui ho bisogno in questo momento è una moglie. Questo si sente rispondere Solitaire Saunders quando va da Xavier McQueen per informarlo di essere disposta a tutto pur di aiutare la sua famiglia. E Xavier deve sposarsi in tempi brevi per poter ereditare la casa in cui ha passato i pochi momenti felici della sua infanzia. I due firmano così un contratto, celebrano il matrimonio e si ritrovano a dover fingere di essere innamorati. Ma la finzione lascia presto spazio alla realtà: i baci diventano notti trascorse insieme e il contratto matrimoniale assomiglia sempre più a un'unione a tutti gli effetti. Manca solo il suggello di un vero amore...
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Anteprima del libro
Contratto d'amore - Christy Mckellen
successivo.
1
Risiko – un gioco di strategia, conflitto e diplomazia
Di questo passo, non sarebbe mai riuscito a trovare una donna disposta a sposarlo.
Xavier McQueen sospirò sconfortato mentre la ragazza che gli era parsa perfetta – perlomeno sulla carta – rifiutò con fermezza la sua folle proposta, prima di interrompere bruscamente la loro conversazione telefonica.
Dal suo punto di vista, rimanere sposata solamente per un anno prima di divorziare avrebbe, in un certo senso, macchiato la sua reputazione, scoraggiando futuri pretendenti.
In effetti, chi poteva darle torto?
Chiudendo gli occhi, Xavier si accasciò sulla sedia.
Aveva sprecato tre mesi per quella pazzia, e ora gli rimanevano solamente sei settimane prima che Hampstead Mansion, la proprietà in cui aveva vissuto negli ultimi quattro anni – e che apparteneva alla sua famiglia da centocinquant'anni – passasse nelle mani di quell'arrivista di suo cugino.
Accidenti alla sua prozia e alla sua idea assurda!
Si era illuso che lei gli volesse bene – almeno più di quanto gliene avessero mai voluto i suoi genitori – ma lo scherzetto che gli aveva giocato inserendo quella postilla nel testamento gli aveva fatto venire qualche dubbio al riguardo.
Passandosi una mano tra i capelli, guardò verso l'ampia vetrata del proprio ufficio, che regalava una vista spettacolare sul Tower Bridge e il Tamigi.
Che cosa doveva fare? Come poteva risolvere la questione? Aveva bisogno di trovare una persona di cui si potesse fidare e con cui riuscisse anche ad andare d'accordo. E al momento non sapeva davvero a chi rivolgersi.
Purtroppo aveva esaurito quasi subito le sue risorse, poiché le sue migliori amiche erano già sposate e chiaramente non poteva coinvolgere nessuna delle sue ex, visto che non sarebbe stato piacevole convivere per un anno con qualcuno che lo detestava!
Il suo amico Russell – l'unico con cui si era confidato – aveva cercato di aiutarlo, presentandogli due ragazze, ma nessuna delle due si era dimostrata la candidata ideale, poiché entrambe erano in cerca del grande amore. Dell'anima gemella. Un concetto ridicolo, dal suo punto di vista. Un ideale in cui lui aveva smesso di credere da tempo. Da cinque anni per l'esattezza. Vale a dire da quando la donna con cui aveva creduto di vivere per il resto della propria vita lo aveva mollato a un passo dall'altare.
Da allora, in effetti, si era ripromesso che avrebbe avuto solo relazioni brevi, superficiali, senza impegno né aspettative. E di sicuro non avrebbe cambiato i propri piani per assecondare un capriccio della sua prozia. Si sarebbe sposato, certo, ma il suo matrimonio sarebbe stato solo un accordo d'affari. Nulla di più, nulla di meno.
Proprio mentre stava prendendo il bicchiere d'acqua che era sulla scrivania, sentì qualcuno bussare alla porta e un attimo dopo vide entrare una ragazza minuta con grandi occhi blu e una cascata di riccioli biondi, che con un gesto pomposo appoggiò sulla scrivania un vassoio di dolci.
Colto di sorpresa, Xavier guardò con espressione interrogativa prima i dolci e poi la ragazza. «Non li ho ordinati.»
«Lo so. Erano solo una scusa per poterla incontrare» gli spiegò lei, incrociando le braccia sul petto e rivolgendogli uno sguardo di sfida che gli fece avvertire una strana sensazione alla bocca dello stomaco. «Da settimane cerco di prendere un appuntamento con lei, ma la sua segretaria continua a inventare scuse» aggiunse, prima che lui potesse intervenire. «Così ho dovuto optare per una soluzione drastica. Non si arrabbi. Le ho portato dei dolci deliziosi, che ho preparato con le mie mani» concluse, abbozzando un sorriso che tradì una certa apprensione.
Lui si appoggiò allo schienale e le rivolse uno sguardo compiaciuto.
Sembrava molto giovane. Non doveva avere più di venticinque anni. I vaporosi riccioli ribelli incorniciavano un viso dai lineamenti angelici, mentre gli occhi vispi emanavano una grande determinazione. Qualcosa gli diceva che quella ragazza avrebbe potuto procurargli dei guai.
Continuando a osservarla, Xavier notò tuttavia che, a dispetto della sua aria spavalda, la signorina pareva un po' a disagio.
«E lei sarebbe?» le domandò, con tono spazientito. Non era proprio dell'umore adatto per sopportare anche questa scocciatura oggi. Tra dieci minuti avrebbe dovuto presenziare a un'importante riunione, quindi aveva assolutamente bisogno di essere concentrato.
«Solitaire Saunders. Sembra uno scioglilingua, lo so. Tutti, in effetti, mi chiamano semplicemente Soli.»
«Solitaire» si meravigliò Xavier. «Come il diamante?»
«No, come il gioco a carte» precisò lei ridacchiando. «Mio padre era un grande appassionato di giochi da tavolo. In effetti è stato lui a mettere in piedi il nostro board-game cafè, lungo Hampstead High Street.»
Che cosa? Il board-game cafè?
Xavier cominciò a mettere insieme i pezzi. E così era lei la donna che gestiva il locale e che ultimamente gli aveva mandato diverse lettere di fuoco, accusandolo di avere alzato troppo il canone d'affitto.
D'accordo, a quanto pareva doveva risolvere la questione, anche se non aveva nessuna voglia di farlo, altrimenti quella ragazza non gli avrebbe dato tregua.
«Il problema è, Soli, che i prezzi degli affitti sono saliti da quando hai firmato il contratto, un paio di anni fa...»
«Quattro anni fa» puntualizzò lei, «e fu mio padre a firmare il contratto. Negli ultimi tre anni, però, sono stata io a gestire il locale.»
«Capisco, purtroppo ora non ho sotto mano il contratto» le spiegò lui sforzandosi di usare un tono paziente, «ma so che i prezzi sono rincarati da allora» alzò le mani, rivolgendo i palmi verso di lei. «Non siamo dei mostri. Abbiamo cercato di non aumentare troppo gli affitti perché ci rendiamo conto di quanto sia difficile per le piccole attività sopravvivere a Londra, ma anche noi dobbiamo rimanere al passo con i tempi.»
«Davvero lei sa quanto è faticoso tenere in piedi un'attività che è sull'orlo del baratro?» lo incalzò Soli, «sa quanto è straziante vedere un'attività un tempo florida, andare lentamente in rovina? Sa quanto è doloroso e frustrante?» gli chiese, alzando a ogni domanda il tono della voce.
Guardò poi il lussuoso arredamento dell'ufficio, e anche la meravigliosa vista sulla città, prima di rivolgergli uno sguardo provocatorio, che per un attimo lo fece sentire in colpa.
Solo per un attimo, però, perché Xavier sapeva che non poteva lasciarsi impietosire. Negli ultimi giorni, sembrava che qualsiasi persona incontrasse avesse una storia strappalacrime da raccontargli per cercare di convincerlo a non alzare l'affitto di uno degli immobili che appartenevano alla sua compagnia. Qui, però, la pietà non c'entrava nulla. Gli affari erano affari.
«Abitiamo sopra il locale» proseguì Soli, prima che lui potesse replicare, «e se non riusciremo a tenere aperta l'attività, perderemo anche la nostra casa. Ovviamente non mi aspetto che lei possa comprendere che cosa questo significhi.»
Invece lui poteva capirla molto bene, purtroppo.
Xavier stava per rispondere, ma lei fece un passo verso la sua scrivania e appoggiò le mani sul cuore, arricciando quell'adorabile nasino coperto di lentiggini, in un'espressine che gli fece avvertire di nuovo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco.
«Le chiedo solo ancora un po' di tempo» aggiunse con voce implorante. «Per favore. Mi dia la possibilità di risollevare le sorti del locale.»
«E come crede di riuscirci?» si incuriosì Xavier, sinceramente interessato. «Hampstead High Street è piena di locali.»
«Sì, è vero» ammise lei, «ma fanno parte di grandi catene» gesticolò con le mani, «noi siamo diversi, unici, perché offriamo un'atmosfera più intima, e familiare. E tanti giochi da tavolo! Chi non ama i giochi da tavolo?»
«Io non ne sono propriamente un fan» le rispose Xavier, muovendosi in maniera un po' nervosa sulla sedia.
«Perché non ha trovato il gioco giusto per lei» insistette, «se farà un giro nel locale, vedrà quanto possono essere divertenti. Abbiamo quattrocento giochi tra cui scegliere. Ce n'è per tutti i gusti. E possiamo anche insegnarle a giocare.»
Lui scosse la testa mentre cercò di rimanere serio. Imparare a giocare ai giochi da tavolo era l'ultima cosa al mondo che intendeva fare durante il poco tempo libero che aveva a disposizione. «Per quanto l'idea mi sembri allettante» affermò, sforzandosi di non usare un tono ironico, «questo comunque non spiega che cosa intende fare per aumentare i guadagni, in modo da poter pagare l'affitto.»
«Ci sto lavorando» reagì lei, senza guardarlo negli occhi. «Ho bisogno di un po' di tempo per pubblicizzare il locale, aggiornare il sito Internet e anche il profilo sui social» gli spiegò, parlando forse più a se stessa che non a lui. «Il problema è che sono impegnata per gran parte della giornata. Dalle sette e mezzo fino alle dieci faccio le pulizie in un pub, poi preparo i dolci e i sandwich che vendiamo al locale. Siamo aperti dalle undici fino alle tre, dopodiché faccio la spesa per la caffetteria e per la famiglia, poi sbrigo commissioni per mia madre. Il locale riapre alle cinque, e chiude alle dieci. Dunque, non rimane molto tempo per mettere a punto una sofisticata strategia di marketing.»
Quando lei lo guardò di nuovo negli occhi, Xavier si sentì tremendamente piccolo. D'altro canto non poteva farsi carico dei problemi della signorina Saunders, considerando che aveva già i propri da risolvere.
«Senta, Soli, è un momento complicato per me e oggi non ho proprio tempo per discutere della questione. Ho una riunione tra pochi minuti. Quindi, se lascia i suoi contatti alla mia assistente...»
Ma lei rimase immobile e continuò a fissarlo negli occhi. «Complicato, ha detto? Crede davvero che la sua vita sia complicata? Ascolti questa allora» affermò, puntandogli il dito contro. «Sto disperatamente cercando di salvare l'attività che il mio defunto padre ha messo in piedi dal nulla, l'eredità della mia famiglia, per poter pagare le cure di mia madre, che è malata di Parkinson, e aiutare mia sorella minore, che è stata ammessa a Oxford, ma probabilmente dovrà rinunciare a frequentare l'università perché non può sostenere tutte le spese. E, come se questo non bastasse, lei sta rendendo tutto ancora più difficile alzando l'affitto del locale, che è già esorbitante per me. Questo è complicato, signor McQueen!»
Quando lei smise di parlare, il silenzio gli rimbombò nelle orecchie.
«D'accordo» affermò Xavier rassegnato, «ha vinto la gara di chi ha la vita più complicata
. Ma mi creda, nemmeno la mia vita, in questo periodo, è semplice.»
«Senta, possiamo trovare una specie di accordo?» gli propose lei, facendo una gran fatica a trattenere le lacrime. «Ho bisogno di tempo, per poter incrementare i guadagni del locale e pagare l'affitto. Non posso permettermi di perdere quel posto, non dopo tutta la fatica che ha fatto mio padre per metterlo in piedi. È la sola cosa che ci rimane di lui» e, nonostante i suoi sforzi, lasciò scorrere una sola, piccola lacrima sulla guancia.
Subito Xavier distolse lo sguardo da lei. «Il punto è che se le farò questo favore, dovrò...»
«La prego. Dimostri di