La prescelta del conte: Harmony Collezione
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Castello Selene, casa delle tentazioni...
Avvicinandosi a quella magnifica residenza, la timida Josie Street non sta nella pelle. Scoprirne ogni segreto, studiarne le antiche pietre sarebbe il sogno di qualunque archeologo e lei non riesce a credere di poterci passare alcuni giorni come ospite. Conosce la pessima fama di incallito playboy del suo proprietario, il Conte Dario de' Selene, ma è certa che sarà troppo indaffarato per accorgersi di un'amica di sua sorella tra le mille donne dell'alta società cui lui è abituato...
Dario, invece, la nota immediatamente: Josie è diversa da ogni altra, ed è intrigato dalla sua fresca spontaneità.
Christina Hollis
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
La prescelta del conte - Christina Hollis
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Count’s Prize
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Christina Hollis
Traduzione di Sonia Indinimeo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-036-5
www.harlequinmondadori.it
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1
Josie non riusciva a trattenersi. Fingere che quello fosse solo un altro viaggio di lavoro, era impossibile. Si sporse in avanti e bussò sul vetro divisorio che la separava dall’impeccabile autista della famiglia de’ Selene.
«Si fermi, per favore!»
L’uomo frenò di colpo e si voltò a guardarla, preoccupato. «C’è qualcosa che non va, dottoressa Street?»
«No, no, mi scusi. Non volevo allarmarla. Guardi... Eccolo!» esclamò puntando il dito verso la cima di una collina. «Il Castello Selene! Mi avevano detto che era bellissimo, ma... non immaginavo tanto» gli confidò, appoggiandosi nuovamente allo schienale di pelle della limousine.
L’autista annuì. «È comprensibile, signorina. Il Castello Selene è considerato il più bello d’Italia, ancora in mano ai privati. Ma se resterà qui un mese, avrà tutto il tempo per esplorarlo a fondo.»
«No so. Avrò molto da fare durante il mio soggiorno. Potrei non avere abbastanza tempo per... ammirarlo» disse con un bel sorriso.
L’eccitante prospettiva di poter fare nuove, importanti scoperte archeologiche, era leggermente offuscata dal pensiero che avrebbe dovuto illustrare i risultati del suo viaggio di ricerca davanti a una nutrita schiera di studenti. Ma per ora poteva evitare di pensarci. Aveva molto lavoro da fare, prima di occuparsi della sua innata timidezza. «Sono qui per preparare il mio primo corso. Il progetto è quello di organizzare dei viaggi studio per i miei allievi, proprio in questa parte dell’Italia.»
Uno sguardo alla campagna che splendeva sotto il sole e Josie capì che seguire il suo programma di lavoro all’ombra del Castello Selene, avrebbe richiesto uno sforzo maggiore del previsto. Quel posto carico di storia, sarebbe stato una costante fonte di distrazioni. Ma l’inchiostro era ancora fresco sia sul suo diploma di laurea, che sul contratto di collaborazione con l’Università e lei era decisa a trarre il massimo da quella opportunità. Era stata necessaria un’interminabile opera di persuasione perché la Facoltà si decidesse a concederle un po’ di fondi, per finanziare quel viaggio.
Era stata sul punto di rinunciare, vista l’esiguità dello stanziamento, quando aveva avuto un colpo di fortuna. La sua migliore amica, Antonia, l’aveva invitata a concentrare gli scavi nella tenuta di famiglia che circondava il Castello Selene, privilegio mai concesso ad altri ricercatori. Senza il suo aiuto, Josie non avrebbe avuto la possibilità di pagare il viaggio e di alloggiare in Italia per un mese.
Da bambina, aveva fatto impazzire sua madre, riempiendo la loro piccola casa di fangosi frammenti di tesori nascosti, trovati in giardino. La signora Street aveva fatto enormi sacrifici per mandare la figlia all’Università e Josie si sentiva in dovere di ricompensarla, costruendosi una valida reputazione professionale. Il lavoro prima di tutto! O almeno, era quello che continuava a ripetersi.
Cercò la macchina fotografica nella borsa.
«Mi può aspettare un attimo, mentre scatto qualche fotografia?» chiese all’autista. «Mia madre non ha mai visto un posto simile, in Inghilterra. Voglio provarle che sono stata davvero in un castello!»
Non aveva nemmeno finito di parlare, che l’autista era già sceso per aprirle la portiera.
«È molto gentile! Non volevo creare problemi.»
«Non è assolutamente un problema, signorina.»
«Allora, grazie.»
Quando uscì dalla macchina, l’aria era così calda che le sembrò di entrare in una fornace. Scattò qualche foto al castello che svettava in cima alla collina, poi tornò in fretta a rifugiarsi nella lussuosa limousine, benedicendo l’inventore dell’aria condizionata.
«Cos’è questo profumo?» chiese, quando imboccarono un lungo viale costeggiato da due filari di alberi le cui cime si toccavano, formando un corridoio.
«I tigli sono in fiore, in questo periodo» disse l’autista, indicando gli alberi. «Gli insetti li amano. Li può sentire ronzare da molto lontano. Una volta il Conte Dario mi ha detto che questi fiori possono attirare qualche milione di api.»
Josie cercò di immaginarle, con un piccolo brivido. Il Conte Dario era il fratello di Antonia. Lei non lo aveva mai incontrato, ma dai racconti dell’amica aveva dedotto che fosse un vero lavativo. Usciva tutte le sere e tornava a mattino inoltrato, quando tutti erano al lavoro da un pezzo. Non c’era da meravigliarsi che sapesse tutto sulle api...
«Passeggi sotto questi alberi quando il sole è alto sopra il vecchio campanile, dottoressa Street e le sentirà ronzare come il motore di una Rolls-Royce.»
Josie sospirò. «È bellissimo.»
«Dovrebbe approfittarne finché ha questo posto tutto per sé» le consigliò l’autista. «C’è stata una festa ieri sera, quindi dormono ancora tutti. Ci hanno già detto che gli ospiti non pranzeranno. La signora Costa, la governante, preparerà solo per lei, dottoressa Street.»
Josie chiuse gli occhi e ringraziò la sua buona stella. Il Castello era un’esperienza nuova, per lei, ma aveva passato spesso delle brevi vacanze con Antonia e il suo bambino, nell’appartamento di Roma e nella villa dei de’ Selene a Forte dei Marmi. In entrambi i casi, si era sempre sentita fuori posto. L’entourage della sua amica era composto per lo più da persone ricche che, pur essendo simpatiche, sembravano vivere in un altro mondo rispetto a lei. Durante il giorno Josie amava prendersi cura del piccolo Fabio, mentre sua madre usciva a fare shopping, ma la sera era costretta a sentire racconti di gente che aveva passato tre mesi a sciare o in barca, visitando posti che lei non avrebbe nemmeno saputo trovare sul mappamondo. Perdere tempo in chiacchiere era la sua idea di inferno.
Per fortuna il fratello maggiore di Antonia sembrava una creatura notturna e questo le stava benissimo. Avrebbe potuto lavorare in tutta libertà nella tenuta e andarsene a letto presto, prima che il conte facesse la sua apparizione, pronto a un’altra notte di bagordi. Visto il poco tempo che aveva a disposizione, Josie non intendeva perdere nemmeno un’ora.
Al pensiero delle notti mondane di Dario era impossibile non provare un po’ d’invidia. Si guardò intorno nella vasta tenuta che circondava il Castello, immersa nel sole. Anche se amava molto il suo lavoro, a volte Josie si sentiva come un asino legato alla macina. Lei lottava per pagare le bollette, mentre a gente come Dario veniva tutto servito su un vassoio d’argento.
Quando aveva iniziato a condividere la stanza con Antonia, all’Università, aveva temuto che le enormi differenze sociali avrebbero influito sulla loro amicizia. Invece era stata fonte di continuo divertimento, e quando una delle due aveva attraversato un brutto momento, l’altra era sempre stata pronta ad aiutarla.
La lealtà era molto importante per Josie. Aveva pensato di trovarla nel suo ex-fidanzato, ma si era sbagliata clamorosamente, così come Antonia si era sbagliata sul suo compagno, Rick.
Quando Antonia era rimasta incinta, lui era sparito come nebbia al sole. Josie aveva aiutato l’amica a rimettere insieme i pezzi, anche se in fondo era convinta che per lei fosse stato un bene, liberarsi di quel losco soggetto.
Dopo la sua esperienza personale, Josie aveva sviluppato una granitica diffidenza nel confronti degli uomini. Quando l’amica aveva deciso di abbandonare gli studi per occuparsi del figlio, era stato un colpo per Josie. Il lavoro non sarebbe più stato lo stesso, senza di lei. Era nato così il suo progetto. Le avrebbe dato la possibilità di lavorare e di passare un po’ di tempo con Antonia e il piccolo Fabio, non appena fossero tornati da Forte dei Marmi.
«Bene, eccoci arrivati.»
La voce dell’autista la strappò ai suoi pensieri, mentre attraversavano l’imponente ingresso principale del castello. Josie alzò lo sguardo sull’antica fortezza, con le alte mura e le torri che sembravano sbucate da una favola. Si chiese quanti guerrieri avessero attraversato quell’ingresso nel corso dei secoli. L’immenso portone di legno era tempestato di borchie di ferro che scintillavano al sole. Al centro campeggiava lo stemma della famiglia de’ Selene. Una luna dorata che rischiarava col suo alone sfumato, lo sfondo blu cupo del cielo.
L’autista prese le valigie dal bagagliaio e si diresse verso la porta sul retro, lasciandola sola. Josie guardò un po’ intimidita la pesante campana di ferro su un lato del portone e preparò uno dei suoi più calorosi sorrisi.
Il Conte Dario de’ Selene era annoiato. Come sempre, aveva amabilmente intrattenuto i suoi ospiti, indulgendo sui loro eccessi, col risultato che ora nessuno era lì a intrattenere lui. I membri dello Yachting Club avevano fatto le ore piccole, assaggiando l’impressionante gamma di vini offerta dalle cantine del castello. Dario non era particolarmente attratto dall’alcool e si era svegliato alla solita ora, mentre gli ospiti smaltivano la sbronza nelle loro stanze. Buon per loro, pensò, ma io con chi gioco a tennis? Un lancia palle meccanico non era proprio il massimo della compagnia. In realtà, la sua passione per il tennis e per l’equitazione, non era quasi mai condivisa dai numerosi ospiti del castello, attratti più dalle cene luculliane che dalla sana attività fisica o dalla maestosità del panorama.
Dario cominciava a essere stanco di venire considerato solo un nome. Almeno per una volta, sarebbe stato bello che qualcuno dimenticasse il suo titolo e condividesse con lui un momento qualunque della sua giornata, pensò, decapitando con la racchetta un cespuglietto di margherite innocenti. Stava considerando la possibilità di sterminare l’intero prato, quando sentì il rumore di una macchina.
Sollevò una mano per schermarsi gli occhi e vide una ragazza che scendeva da una delle loro limousine, proprio davanti all’ingresso principale. Chi può essere? Non poteva trattarsi dell’amica di Antonia. L’aspettavano per il dodici. Diede un’occhiata al suo orologio e fece una smorfia. Infatti! Era il dodici. Da quando aveva ereditato il titolo, le giornate scorrevano veloci, una dopo l’altra. Il tempo gli sfuggiva tra le mani come acqua. E lui come lo riempiva? Con un handicap a golf pari a zero, un’abilità tennistica degna di Wimbledon e interminabili viaggi in giro per il mondo. Ormai, se avesse volato su aerei di linea, con le miglia che aveva accumulato, avrebbe potuto fare il giro del sistema solare.
Sì, Dario aveva tutto quello che voleva.
Eccetto una buona ragione per alzarsi presto, pensò. Si mise in spalla la racchetta e andò ad accogliere l’ospite con un sorriso.
Antonia gli aveva detto che la sua amica andava lì per lavorare e che non doveva essere... distratta. Dal modo in cui gli aveva descritto la dottoressa Josie Street, Dario se l’era immaginata come un’eccentrica suora. La donna che stava cercando disperatamente di raggiungere la corda della campana era molto... molto diversa da una suora.
Anche se, considerò Dario, sembrava che facesse del suo meglio per nasconderlo. La coda di cavallo e gli abiti informi, raccontavano di una donna che combatteva quotidianamente contro la sua bellezza.