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Per affari, per amore: Harmony Collezione
Per affari, per amore: Harmony Collezione
Per affari, per amore: Harmony Collezione
E-book162 pagine2 ore

Per affari, per amore: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

A soli venticinque anni, Virginia Saxton si ritrova in mano un immenso patrimonio e una irritante clausola per poterlo ereditare: l'obbligo di sposare l'uomo più arrogante che abbia mai conosciuto, Ross Harlow. La loro unione sarebbe soltanto un accordo formale, un contratto necessario a tenere insieme una società molto quotata; così Virginia continua a ripetersi di aver accettato solo per il bene dell'azienda. Nascondendo a se stessa quanto invece sia innamorata di Ross e quanto quella finzione sia in realtà qualcosa di molto appassionante e coinvolgente. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2019
ISBN9788830507906
Per affari, per amore: Harmony Collezione
Autore

Kay Thorpe

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Per affari, per amore - Kay Thorpe

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Billion-Dollar Bride

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Kay Thorpe

    Traduzione di Laura Premarini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-790-6

    1

    Lei si era immaginata qualcuno più vecchio. Ross Harlow, invece, doveva essere sulla trentina.

    I bei lineamenti abbronzati erano incorniciati da una massa di capelli scuri e ricci. Un paio di inquietanti occhi grigi la studiarono dalla testa ai piedi. Virginia gli porse la mano e avvertì un lungo brivido lungo la schiena, quando le forti dita si chiusero sulle sue.

    «Come sta... mio nonno?» chiese esitante.

    Un muscolo si contrasse in quel viso volitivo. «Com’era previsto, purtroppo.» Il suo sguardo si posò sulla sola valigia posata sul carrello. «È tutto qui?»

    «Non penso di fermarmi molto» si affrettò a spiegare lei. «Non sapevo nemmeno se venire, poi i miei genitori mi hanno esortato a farlo.»

    «Gentile da parte loro. Ho una macchina che ci aspetta qua fuori» tagliò corto lui prendendo la valigia e dirigendosi verso l’uscita. Virginia dovette correre per stargli dietro.

    Il suo atteggiamento lasciava un po’ a desiderare, sebbene fosse comprensibile. Lei era una vera Harlow, mentre quell’uomo non sarebbe mai potuto esserlo.

    Parcheggiata fuori li attendeva una limousine. Un autista in uniforme scese dal posto di guida e le aprì la portiera posteriore. Sentendosi una regina, Virginia scivolò sul sedile di pelle color crema. Ross salì accanto a lei e premette un pulsante nascosto. Subito si alzò un pannello di vetro a dividerli dall’autista.

    «Presumo che anche tu sia stato adottato» osservò lei mentre si avviavano.

    «Quando mia madre sposò Oliver, io avevo quattordici anni e mia sorella nove. Lui diede a entrambi il suo cognome...» mormorò Ross.

    «Il tuo padre naturale non si oppose?»

    «Mia madre era vedova.»

    «Mi dispiace.»

    «Non è il caso. Oliver è stato davvero un buon marito e un padre affettuoso con Roxanne e me.»

    «Migliore di quanto sia stato con mia madre, la sua vera figlia» commentò Virginia. «So che è morta. Nella lettera che mi ha mandato, lui ha spiegato tutto. Mia madre, Jenny, mi abbandonò alla nascita dietro sua insistenza e poco dopo rimase uccisa in un incidente. Il nonno, in seguito, rimase vedovo e si risposò con tua madre dopo qualche anno.»

    Ross la osservò per un momento. «Sembri piuttosto indifferente a tutta questa storia.»

    «Non vedo motivo di piangere su qualcosa che risale a venticinque anni fa» ribatté lei stringendosi nelle spalle. «I miei genitori sono persone meravigliose e mi hanno dato molto.»

    «Se sapevi già di essere stata adottata prima di ricevere la lettera di Oliver, devi pur esserti chiesta qualcosa riguardo ai tuoi veri genitori.»

    «Di tanto in tanto» ammise lei con un sospiro. «Ma mai con alcuna intenzione di cercarli. Ci trasferimmo in Inghilterra quando io avevo pochi mesi, quindi non ho ricordi che mi possano turbare. La lettera non diceva nulla dell’uomo che mi aveva messo al mondo.»

    «Sembra che Jenny non abbia mai confessato chi fosse. Una volta ho visto una fotografia e tu le assomigli molto.» Osservò il suo viso incorniciato dai capelli biondi che mettevano in risalto i grandi occhi verdi, il piccolo naso perfetto e la bocca carnosa. Era inutile negare il dolore che quella dichiarazione suscitò, ma Virginia sapeva che era troppo tardi per questo. Quello che lei doveva affrontare ora era il presente.

    «Tu sapevi che lei aveva avuto un bambino?» gli chiese lei con fare esitante.

    Ross scosse la testa. «L’ho saputo solo quando Oliver mi ha raccontato di averti scritto.»

    «Dev’essere stato un vero shock per te.»

    «In effetti, sì» convenne lui.

    «Non sono qui per avanzare alcuna pretesa, se è questo che ti preoccupa. Io sono più che soddisfatta di quello che ho già» tenne a precisare lei.

    «So che possiedi una boutique.»

    «In parte. Reggo a malapena il confronto con l’impero Harlow, ma mi basta. Una volta sono stata in uno dei vostri hotel» aggiunse. «Molto bello.»

    «Facciamo del nostro meglio. Ora rimarrai a casa nostra, naturalmente» le annunciò lui.

    «Tua madre non ha obiezioni in merito?»

    «Nessuna che io sappia.»

    «Vivi anche tu là?» gli chiese Virginia.

    «A dire il vero ho un attico nella nostra concessione a Beverly Hills» le rispose lui.

    «Il classico alloggio da scapolo!»

    «Cosa ti fa pensare che io non sia sposato?»

    «Noi zitelle abbiamo una sorta di sesto senso per cose simili...» borbottò Virginia.

    Questa volta lui sorrise. «Non hai mai incontrato nessuno che ti ha fatto desiderare di sposarti?»

    «Preferisco l’indipendenza, per ora almeno.»

    Avevano lasciato i sobborghi dell’aeroporto e stavano viaggiando lungo un’autostrada a più corsie, con la città che si estendeva intorno a loro. Los Angeles, la sua città natale. Virginia si sentiva ancora frastornata.

    «Dove siamo diretti?» chiese.

    «Mullholland.» Ross indicò le colline davanti a loro. «Oliver preferisce vivere sopra lo smog.»

    «Lo chiami sempre per nome?»

    «È lui che ha voluto che lo chiamassi così. Roxanne, invece, lo chiama papà.»

    «Come ha preso la notizia tua sorella?»

    «Male» rispose lui in tutta sincerità. «Sai, è abituata a essere la piccola di famiglia.»

    «È sposata?» s’informò.

    «Lo è stata.»

    «È per questo che tu non ci hai ancora provato?»

    «Forse.» La studiò per un momento, con un’espressione indecifrabile dipinta in volto. «Tu non sei come mi aspettavo...» mormorò infine.

    «È una notizia buona o cattiva?»

    «Risponderò a questa domanda un’altra volta.»

    Lei si rilassò un po’, soddisfatta per avere alleggerito l’atmosfera. Sapeva che non sarebbe stato facile incontrare per la prima volta suo nonno, gravemente ammalato e ormai prossimo alla fine, ma ce l’avrebbe fatta. Tutto quello che lui voleva, le aveva scritto, era vederla prima di morire e sentire dalle sue labbra che era perdonato per ciò che aveva fatto molti anni prima. Date le circostanze, Virginia lo avrebbe accontentato anche se non si sentiva del tutto sincera.

    Percorsero un canyon e infine giunsero alla residenza Harlow. Un mastodontico cancello automatizzato dava accesso a un viale e a uno spiazzo cui faceva da sfondo una casa maestosa, grande abbastanza da ospitare una dozzina di famiglie. Le pareti di pietra erano illuminate dagli ultimi raggi del sole che stava tramontando e si stagliavano contro il cielo già scuro.

    L’autista fermò la macchina. Entrarono in casa attraverso un portone di legno massiccio e si trovarono in un ampio ingresso circolare dal pavimento di marmo. Uno scalone di ferro battuto saliva a curva da una parete e arrivava a una galleria aperta.

    Il lampadario in cristallo che pendeva dal soffitto era di una bellezza che lasciava senza fiato. La luce che spandeva rifletteva miriadi di colori.

    La donna che apparve davanti a loro era sicuramente Elinor Harlow. Doveva essere sulla cinquantina, con i capelli scuri legati, il viso bellissimo e la figura slanciata avvolta in un abito all’ultima moda.

    «È facile capire che lei è la figlia di Jenny!» esclamò avanzando e prendendo tra le sue la mano di Virginia. «Questo significa così tanto per mio marito! Rimpiange amaramente il modo in cui si è comportato molti anni fa e se lei riuscisse a trovare nel suo cuore il modo per perdonarlo...»

    «Certo» la rassicurò Virginia. «È per questo che sono qui, ma la prego, mi dia del tu.»

    «Dov’è ora?» chiese Ross.

    «Dorme.» Il suo viso si rabbuiò per un attimo. «Sai, non è stato molto bene oggi.»

    «Si riprenderà.» Ross sembrava fiducioso. «Nel frattempo, forse Virginia desidererebbe rinfrescarsi.»

    «Ti mostrerò la tua stanza» si offrì Elinor. «Michael porterà le tue valigie di sopra.»

    Virginia la seguì lungo lo scalone, conscia degli occhi grigi che la scrutavano mentre saliva. Si sentì alquanto sollevata quando raggiunse la galleria.

    «È una casa davvero bellissima» commentò a quel punto. «Ed è così grande!»

    Elinor rise.

    «Secondo gli standard locali è piccola.» Aprì una porta. «Ecco, spero che ti troverai bene.»

    La camera era grande come l’intero appartamento di Virginia, il letto si trovava su una piattaforma nel centro della stanza ed era rivestito di seta color crema come le tende delle finestre.

    «Sono sicura che starò benissimo» le assicurò lei, controllando l’impulso di esprimere tutta la sua ammirazione. Quello era il modo in cui vivevano quelle persone e per loro nulla era eccezionale.

    «La cena sarà alle otto» aggiunse Elinor, «ma posso farti portare qualcosa, se hai fame.»

    «Sto bene. Ho mangiato in aereo. È la prima volta che viaggio in prima classe e non sono sicura che riuscirò ad accontentarmi della classe economica in futuro!» aggiunse scherzando.

    «Dubito che dovrai farlo» osservò esitante la donna, abbassando gli occhi. «Quando sei pronta scendi, ci troverai sulla terrazza.»

    Virginia si morse le labbra, temendo che la sua osservazione fosse stata fraintesa. Lei non voleva nulla, era lì semplicemente per offrire conforto a un uomo che stava morendo, nient’altro.

    Il bagno era in marmo bianco e nero, con la vasca incassata nel pavimento e l’idromassaggio. Tornò in camera e trovò il suo bagaglio ai piedi del letto.

    Scelse un semplice abito nero adatto a tutte le occasioni, non si trattava di un capo firmato, ma sarebbe andato benissimo. Non aveva alcun desiderio di competere e non voleva far parte di quel mondo dorato. Prima sarebbe potuta tornare alla sua vita, meglio sarebbe stato.

    La lettera di suo nonno era arrivata all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno e aveva causato un grande sconvolgimento sia a lei sia ai suoi genitori. L’aveva rintracciata, aveva scritto, perché non sopportava di andarsene senza avere fatto qualche tentativo di rimediare agli sbagli commessi in passato. Virginia non sarebbe voluta andare, ma la natura della supplica aveva reso impossibile un suo rifiuto.

    Erano passate da poco le sette, quando si apprestò a scendere le scale di nuovo. Visto che non c’era nessuno cui chiedere indicazioni, aprì una delle porte nell’atrio e si ritrovò in quella che aveva tutta l’aria di essere una sala da pranzo per le occasioni formali. Il luccicante tavolo di mogano non era apparecchiato, i pesanti candelabri d’argento erano vuoti, la stanza sembrava essere usata di rado.

    «Posso aiutarla, signora?» chiese una voce alle sue spalle. Lei si voltò e si trovò davanti a un uomo di mezz’età che indossava un classico abito grigio.

    «Sto cercando di raggiungere la terrazza» si affrettò a rispondere lei. «Io sono...»

    «So bene chi è lei, signora.» Il tono era cortese e la sua espressione imperscrutabile. «Se vuole seguirmi... da questa parte.»

    Virginia lo seguì un po’ esitante. Dai modi doveva trattarsi di un membro del personale.

    «Lei è...» chiese titubante.

    «Alex, signora» rispose lui senza voltarsi. «Il cameriere personale del signor Harlow.»

    L’uomo non rivelò alcuna ulteriore informazione e lei non osò chiedergli come stesse suo nonno. Aveva la netta impressione che lui non approvasse la sua presenza lì. Per il momento solo Elinor si era mostrata bendisposta

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