Lifting al cuore (eLit): eLit
Di Jill Shalvis
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Info su questo ebook
Taylor Wellington, single convinta, sa che il denaro non è tutto, o meglio, lo sta imparando sulla propria pelle visto che, pur provenendo da una ricca famiglia, si ritrova con i fondi tagliati e con un'unica potenziale fonte di reddito: uno stabile d'epoca a South Village, pieno di fascino, ma decrepito. Urge una sistematina e Taylor contatta Thomas Mackenzie, esperto restauratore di edifici storici.
Jill Shalvis
JILL SHALVIS è una scrittrice che ha fatto del rosa malizioso e seducente la sua bandiera. Donna eclettica e vivace, sa dimostrarlo pienamente in ogni suo libro.
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Lifting al cuore (eLit) - Jill Shalvis
1
Taylor Wellington sapeva che neanche quando fosse stata vecchia e decrepita le sue amiche avrebbero smesso di cercare di convincerla che lei aveva bisogno d'amore. Non aveva dimenticato che cosa si provasse a essere innamorati, ma aveva anche accettato il fatto che l'amore non fosse una necessità e che se ne potesse benissimo fare a meno.
Proprio per quello allontanò leggermente il cellulare dall'orecchio e lasciò che Nicole e Suzanne proseguissero da sole quella conversazione sui benefici influssi dell'amore nel corso della loro abituale telefonata a tre.
«Devi provare anche tu» sospirò trasognata Nicole, che pochi mesi prima era stata colpita in pieno da una freccia di Cupido ed era caduta dritta tra le braccia di Ty Patrick O'Grady, l'affascinante architetto irlandese che lavorava per Taylor.
«È ancora meglio del gelato» sospirò Suzanne, che era certo nella posizione più indicata a garantirlo, visto che si era non solo innamorata di recente, ma addirittura sposata. «Dai, Taylor, è ora che ti decida anche tu ad abbandonare il mondo delle single. Ti assicuro che ti cambierà la vita.»
Taylor non era affatto ansiosa di lasciarsi convertire. Secondo il suo punto di vista, dal quale non si smuoveva mai facilmente, l'amore non era altro che una fregatura.
Parlava per esperienza personale, ma le sue amiche non avrebbero capito. Non aveva avuto tempo, o voglia, di spiegarglielo nel corso dei mesi in cui avevano vissuto insieme, quando Taylor aveva deciso di affittare due degli appartamenti dell'enorme edificio che aveva ereditato da suo nonno. Prima era arrivata Suzanne, poi Nicole e inizialmente le tre ragazze si erano scambiate entusiastiche promesse di rimanere single per sempre.
Peccato che le due amiche avessero ben presto ceduto e si fossero innamorate, il che le aveva spinte a trasferirsi con i loro compagni, lasciando Taylor sola nell'enorme casa.
«Solo perché voi due siete disposte a rinunciare alla vostra indipendenza, ciò non significa che lo debba fare anche io... Ehi, aspettate un attimo!» Taylor si staccò il ricevitore dall'orecchio e prestò attenzione.
L'edificio era stato percorso da una scossa e da un boato. Dopo una pausa di alcuni secondi successe ancora, e poi ancora. Qualcuno stava menando colpi di martello, senza alcuna pietà per il mal di testa che la stava tormentando già da un paio di ore.
«Mi piacerebbe molto continuare questa affascinante conversazione» si scusò con una punta di ironia. «Ma devo andare.»
«Non sono rumori di lavori edili quelli che sento in sottofondo?» le domandò Suzanne in tono falsamente casuale. Taylor sapeva benissimo dove voleva andare a parare visto che sia Suzanne sia Nicole avevano incontrato il grande amore proprio tramite i lavori di ristrutturazione che Taylor stava svolgendo nell'edificio. Ovviamente speravano che sarebbe successo lo stesso con lei. Purtroppo sarebbero rimaste deluse, pensò Taylor con stizza.
«Devo andare, la linea è disturbata» mentì prima di riagganciare.
Voleva bene a Nicole e Suzanne come sorelle, anzi, forse anche di più delle sue vere sorelle, ma sentirle parlare di amore anche per un solo istante di più l'avrebbe davvero fatta uscire di testa, mentre in quel momento aveva bisogno di esercitare tutto l'autocontrollo di cui era capace. In quei giorni, ogni suo pensiero, ogni sua energia erano consacrati a raccogliere abbastanza denaro per potersi permettere i lavori di ristrutturazione. Suo nonno le aveva giocato un brutto tiro lasciandole quell'enorme edificio fatiscente e neanche un soldo per finanziare i lavori per rimetterlo in sesto.
Dopo aver pagato per la costosa istruzione della nipote e per ogni altra sua esigenza o capriccio, di punto in bianco quel sadico vecchietto l'aveva lasciata a piedi, nominando erede del suo patrimonio la madre di Taylor, che ovviamente non si era nemmeno sognata di dividerlo con le figlie.
Ormai le cose erano andate così e non valeva la pena di rimuginarci su troppo. L'unico fatto che infastidiva Taylor era sapere che, mentre la sua cosiddetta famiglia non sembrava neanche accorgersi di quando lei otteneva un successo, nel momento in cui qualcosa le andava male loro venivano subito a saperlo. Proprio per questo non aveva nessuna intenzione di arrendersi di fronte a quella sfida. Avrebbe potuto benissimo vendere l'intero edificio e guadagnarci un bel gruzzolo, ma non avrebbe mai dato loro una soddisfazione così grande.
Ce l'avrebbe fatta. Avrebbe trasformato l'intero complesso in qualcosa di unico. Aveva iniziato mesi prima, una stanza per volta. Ma ora aveva deciso di accelerare il processo e per finanziare i lavori aveva iniziato a vendere vari pezzi della sua collezione di antiquariato, molti dei quali avevano dimostrato di valere più di quanto lei non si aspettasse.
L'inizio dei lavori era fissato per il giorno dopo, o almeno così le pareva di aver deciso quando aveva parlato con l'imprenditore edile che avrebbe diretto il cantiere. Ora, però, a udire i fragorosi colpi che facevano tremare la casa fin dalle fondamenta, le sorgeva un dubbio. Non che lei si fosse sbagliata, Taylor Wellington non si sbagliava mai, ma che lui si fosse confuso o avesse per qualche motivo cambiato programma. Se così fosse stato, non gliela avrebbe fatta passare liscia. Nessuno poteva permettersi di mandare all'aria i suoi piani, sempre così ben orchestrati. Aveva deciso che quel giorno le sarebbe servito per prepararsi per i mesi a venire, in cui le sarebbe praticamente toccato di vivere in un cantiere.
L'edificio era stato costruito nel 1902 e dimostrava tutta la sua veneranda età. Dire che stava cadendo a pezzi era fargli un complimento. Era tutto andato in malora, dalle tappezzerie marce agli impianti elettrici, per non parlare dell'esercito di termiti che vi aveva ormai preso residenza fissa e dei danni arrecati dallo scoppio di una tubatura alcuni mesi prima.
Il pianterreno era occupato da due negozi ora in disuso. Il piano di mezzo era costituito di due appartamenti, uno dei quali era abitato da Taylor. Al piano superiore vi erano un attico e una mansarda.
Taylor lasciò il suo appartamento e si diresse di sotto, in direzione di quel martellare insopportabile.
All'esterno, le strade di South Village si stavano riempiendo. La vicinanza di Los Angeles garantiva smog e afa in abbondanza, ma a Taylor i soffocanti mesi estivi non dispiacevano affatto. Non avrebbe voluto abitare da nessun'altra parte e si sentiva perfettamente a suo agio tra la popolazione di giovani professionisti che si erano stabiliti in quell'area, attratti dalla profusione di negozi e boutique, di teatri, ristoranti e caffè.
Taylor sperava che un giorno avrebbe potuto trarre vantaggio da quella clientela così benestante e incline a spendere, quando i due negozi al pianterreno fossero stati pronti a riaprire. Suzanne si era già impegnata ad affittarne uno per la sua ditta di catering, il che per Taylor era senz'altro un sollievo. Ma restava ancora l'altro negozio. Sotto un certo punto di vista, affittare anche quello avrebbe rimpolpato il suo conto in banca, ma nel profondo del suo cuore Taylor nutriva la speranza di potervi aprire un negozio di antiquariato tutto suo.
I colpi di martello erano divenuti sempre più forti e provenivano proprio da uno dei negozi al pianterreno. Più si avvicinava, più il rumore si faceva assordante. Quando aprì la porta che dava sul retro del negozio, Taylor fu avviluppata da una nuvola di polvere. I colpi erano ora così forti da impedirle quasi di pensare, ma, non appena mise piede nel retrobottega, si interruppero improvvisamente.
Confusa da quel silenzio, Taylor inalò una ventata di aria umida e polverosa e si domandò per quanto tempo i suoi capelli appena acconciati avrebbero tenuto la piega.
«Si tolga di mezzo» l'apostrofò una voce profonda dal piglio brusco.
Taylor si girò e, attraverso la polvere che stava iniziando a posarsi, intravide la figura di un uomo. Aveva una mano appoggiata sul fianco e nell'altra reggeva un enorme martello che si teneva posato su una spalla come se non pesasse affatto.
Strano ma vero, per un attimo Taylor si trovò del tutto a corto di parole, il che non le accadeva spesso.
Attraverso la polvere iniziò a identificare le fattezze di Thomas Mackenzie, l'imprenditore edile con il quale aveva avuto numerosi contatti per telefono ed e-mail. Lo aveva anche incontrato una volta, ma allora, vestito di tutto punto, le aveva fatto un'impressione ben diversa.
Siccome era alto una quindicina di centimetri più di lei, Taylor si trovò costretta a guardare in su per potergli vedere il viso. Quando si erano incontrati, erano perlopiù rimasti seduti e di certo Taylor non si ricordava che fosse così alto, così atletico, così imponente.
La bocca di lui aveva una piega imbronciata. I suoi occhi erano del colore del whisky più pregiato, due pozze di luce ambrata da cui traspariva una forte sicurezza di sé. I suoi capelli avevano quasi lo stesso colore e ricadevano in ciocche indisciplinate sopra una bandana blu che si era legato attorno alla fronte. Il tutto, combinato con la sua espressione truce, gli conferiva un'aria quasi pericolosa.
A quel pensiero, un brivido corse lungo la schiena di Taylor. Si era ripromessa di rimanere single per il resto della sua esistenza, ma non certo di fare voto di castità. Era da sempre un'amante dei piaceri della vita, nonché delle cose belle. E non si poteva negare che quell'uomo, così alto e possente, fosse un superbo esemplare di maschio, capace di mandare in tilt ogni singola cellula del suo corpo.
D'altro canto, però, non stravedeva per i tipi arroganti e pieni di sé, mentre, a giudicare dallo sguardo spregiudicato che lui le stava rivolgendo, Thomas Mackenzie eccelleva anche in quelle categorie.
Per far fronte alla situazione non le restò che ripetersi ciò che si diceva alle aste di antiquariato, quando le capitava di posare gli occhi su un mobile che non poteva permettersi: Lascia perdere, lascia perdere. Recitando in cuor suo quel mantra, arretrò di un passo per poterlo mettere a fuoco meglio.
Le sue lunghe gambe muscolose erano fasciate da un paio di vecchi jeans sbiaditi. Indossava degli stivali da lavoro dalla suola spessa. Taylor aveva già notato le sue braccia forti e il petto ampio, coperto da una maglietta che gli aderiva come una seconda pelle. Era snello ma possente, virile e un po' grezzo, proprio come piacevano a lei.
«Allora, non si sposta?» l'apostrofò lui.
«Buongiorno anche a lei, signor Mackenzie» ribatté Taylor in tono sarcastico.
«Mac» borbottò lui a mezza voce.
«Cosa?»
«Può chiamarmi Mac.»
«Davvero? Stavo quasi pensando Signor Buone Maniere.»
Per un attimo, le parve che lui fosse sul punto di sorridere. «Preferisco Mac.»
«Va bene allora, Mac.»
Lui rimase lì in piedi a guardarla senza dire una parola, come se si stesse aspettando qualcosa da lei.