Camera con chef: eLit
Di Jill Shalvis
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Info su questo ebook
Em Harris, produttrice televisiva con molto talento e poca fortuna, ha la sua ultima chance. Deve convincere un rinomato chef a partecipare al suo programma. Ma per farlo è costretta a cercarlo all'Hush Hotel, un albergo famoso per le atmosfere sensuali. Concentrarsi le è difficile, specie se Jacob Hill, il mago dei fornelli e ideatore di menu ad alto tasso erotico, è deciso a saziarla non solo con il cibo, e a dimostrarle che la cucina non è l'unica stanza in cui può vantare del talento. Serie "MasterChef in Love" - Vol. 5
Jill Shalvis
JILL SHALVIS è una scrittrice che ha fatto del rosa malizioso e seducente la sua bandiera. Donna eclettica e vivace, sa dimostrarlo pienamente in ogni suo libro.
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Anteprima del libro
Camera con chef - Jill Shalvis
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Room Service
Harlequin Blaze
© 2006 Jill Shalvis
Traduzione di Elisabetta Frattini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-308-4
www.harlequinmondadori.it
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Prologo
Los Angeles
Emma Harris era in parte un’abile donna in carriera che contava di sfondare nel mondo della produzione televisiva, e in parte ancora la docile ragazza di campagna che nell’Ohio aveva aiutato i suoi familiari a condurre una fattoria; combinazione a dir poco singolare che, nel suo caso, si era rivelata vincente.
Almeno fino a quel momento.
A ventisette anni si trovava a dover affrontare una sfida imprevista per non perdere il lavoro di produttore televisivo conquistato a prezzo di grandi sacrifici. Se avesse fallito, avrebbe potuto dire addio alla sua carriera ancora prima di aver compiuto trent’anni.
Em però era troppo determinata e troppo tenace per permettere che ciò accadesse. Amava il suo lavoro ed era sicura di poter realizzare qualcosa di veramente buono.
Il fatto, però, che il capo l’avesse invitata a raggiungerlo nel suo ufficio per parlarle, le rammentò che la determinazione da sola non era sufficiente per sfondare a Hollywood.
Respirando a fondo percorse con passo sicuro il corridoio che dal suo ufficio portava a quello del capo. Dopo essersi stampata un bel sorriso sulle labbra, bussò alla porta con tutta l’autorità e la fiducia in se stessa che possedeva.
«Entra.»
Em aprì la porta. Da dietro la scrivania, seduto sull’imponente poltrona di pelle, Nathan Bennett le rivolse uno sguardo torvo.
«Voleva vedermi?»
«Siediti, Emmaline Harris.»
Il fatto che avesse usato il suo nome per intero non era un buon segno. Em si sedette sulla sedia piccola e scomoda che lui le aveva indicato e che serviva a far nascere nei suoi interlocutori un senso di inferiorità.
Con lei però quella tattica non avrebbe funzionato. Sua madre l’aveva cresciuta ripetendole con le mani appoggiate sui fianchi e i jeans sporchi di terra: «Mia cara, ricordati che nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso».
Em aveva sempre creduto a quella frase di Eleanor Roosevelt, che per lei era diventata un vero e proprio motto.
Nathan la guardò in silenzio per un lungo istante, poi misurando le parole le chiese: «Lo sai perché ti trovi qui oggi?».
Per essere licenziata, a meno che non fosse riuscita a convincerlo a concederle un’altra possibilità. «Credo di saperlo.»
Nathan annuì con fare grave, poi, unendo le dita delle mani appoggiate sulla scrivania, dichiarò: «Ti abbiamo dato un’occasione nonostante non avessi alcuna esperienza in questo campo, perché eravamo convinti che saresti riuscita a fare grandi cose per la nostra casa di produzione».
«Infatti è quello a cui intendo applicarmi» annuì lei continuando a sorridere.
Nathan però non rispose al sorriso. «Emmaline, sei in grado di dare una spiegazione del fallimento dei tre programmi che hai prodotto per noi?»
«Be’, io...» Il sorriso vacillò sulle labbra di Em. Sì, avrebbe potuto dare una spiegazione, ma non voleva farlo perché in quel caso altre persone ci sarebbero andate di mezzo. Il personale che le avevano affiancato era incompetente e impreparato, ma non sarebbe stata lei a farlo presente. «Sono sicura che anche qui da voi, tutti prima o poi abbiano avuto delle difficoltà. In fondo che cosa sono tre fallimenti nel quadro generale...»
«Tu hai prodotto solo quei tre programmi, Em.»
Entrambi sapevano che lei era una persona tenace, abituata a lavorare sodo, il problema era che aveva un cuore puro che le impediva di mentire o di fare del male agli altri pur di fare carriera. Ed era per questo motivo che non poteva spiegare a Nathan la ragione del fallimento dei tre programmi da lei prodotti. «Mi rendo conto della situazione, ma sono sicura di potercela fare se solo lei mi concedesse un’altra occasione. Se potessi avere in mano le redini fin dall’inizio...»
Scuotendo la testa, Nathan si appoggiò allo schienale della poltrona. «Hai già avuto tre opportunità.»
«Posso farcela, Nathan, ne sono sicura. Però lei mi deve dare la possibilità di lavorare a modo mio.»
«Emmaline...»
«Una vera opportunità.» Em si alzò e, appoggiando le mani sulla scrivania, aggiunse: «Se potessi scegliere la squadra con cui lavorare e i protagonisti dello show...».
«Tu non hai nessuna esperienza in questo campo.»
In effetti, fino a prima di lasciare l’Ohio per andare a studiare in California, non aveva fatto altro che guidare il trattore, occuparsi del fienile e tenere la contabilità della fattoria. Ora però, dopo essersi laureata a pieni voti, sentiva di essere in grado di mettere a buon frutto ciò che aveva imparato e di ritagliarsi un posto di una certa importanza nel mondo delle televisioni. «Lei ha visto qualcosa in me. Per favore, mi lasci provare di nuovo.»
Nathan prese a giocherellare con una penna. Alla fine, sospirando, annuì: «So già che me ne pentirò, ma... va bene».
«Davvero?»
Nathan annuì, scuro in viso.
«Grazie. Grazie davvero. Vedrà che non se ne pentirà» gli assicurò Em.
«Promettimi solo che questa volta lo spettacolo avrà successo, perché, se fallirai di nuovo, non ti verrà data più nessuna occasione.»
«Funzionerà» sentenziò lei, poi respirando a fondo chiese: «Che tipo di programma intende affidarmi?».
«Pensavamo a un programma di cucina.»
Em lo fissò, attonita. «Un programma di cucina?»
«Con uno chef dinamico che sia in grado di intrattenere il pubblico. Sai a che cosa mi riferisco, uno di quei tipi che fanno i giocolieri con i coltelli e con gli ingredienti, come i cuochi dei ristoranti giapponesi, ma privi dell’elemento etnico.»
«Un programma di cucina» ripeté Em che in cucina era una frana.
«I programmi di cucina stanno ottenendo un grande successo» precisò Nathan. «Incomincerai con la scelta del cuoco. Sarà lui la chiave del successo. Io avrei già in mente...»
«Ma ha appena detto che sarò io a scegliere...»
«La squadra che lavorerà con te.»
Sorridendo, Em mormorò: «Speravo di poter scegliere anche i protagonisti».
«E lo farai. Voglio solo che tu valuti la possibilità di avvalerci dello chef a cui ho pensato io. Si tratta di un uomo che ha un grande carisma e che conquisterebbe subito il pubblico. Le donne lo trovano irresistibile.»
«Di chi si tratta?»
«Di Jacob Hill, lo chef dell’Amuse Bouche, il ristorante dell’Hush Hotel di New York.»
«Dell’albergo che è famoso per...»
«Il sesso? Sì, proprio quello. Puoi partire non appena sarai pronta.» Nathan si fermò a guardarla, prima di aggiungere: «C’è un’altra cosa. So che puoi farcela ed è per questo che ti sto dando un’altra occasione, ma questa volta voglio che tu ti dimostri più implacabile che mai».
«Io sono implacabile.»
«Non nel senso che intendo io. Devi imparare a conformarti alle regole che vigono qui.»
«Vuol dire che dovrei imparare a mentire e a ingannare?»
Le labbra di Nathan si atteggiarono a un sorriso, il primo di quella giornata. «Esatto. Se quel cuoco non vuole prendere parte al nostro programma, fai in modo che qualcuno trovi un capello in uno dei suoi piatti. In un posto come l’Amuse Bouche un episodio del genere lo rovinerà e alla fine ti implorerà di poter prendere parte allo spettacolo.»
Em lo fissò, allibita. «Ma è una cosa ripugnante!»
Nathan scrollò le spalle. «È la vita.»
«Io non farei mai niente di simile.»
«Sì, certo.» Il suo sorriso svanì e Nathan si passò le mani sul viso. «Lo sento, sarà il quarto insuccesso.»
«Non fallirò una quarta volta.»
Nathan non sembrava molto convinto. «Hai un mese di tempo per organizzare tutto. Vai e buona fortuna.»
Avviandosi verso la porta, Em capì che ne avrebbe davvero avuto bisogno.
1
New York
Tre giorni più tardi, Em si trovava nella lussuosa hall dell’Hush Hotel. La moquette sotto i suoi piedi nei colori del nero, del verde, del grigio e del rosa era così alta e morbida che sembrava di camminare sull’aria. L’arredamento, completo di opere d’arte, faceva pensare ai grandi saloni eleganti degli anni Venti.
Sul sito web dell’albergo aveva letto che si trattava di un luogo pensato per i giovani ricchi e audaci. Le ottanta stanze offrivano divertimento ed eccitazione e le suite nell’attico, progettate da famosi stilisti, erano complete di maggiordomo. Il bar Erotique era rinomato in tutta New York, così come il centro benessere, il giardino sul tetto e tutte le altre componenti che facevano dell’Hush un albergo nel quale si respirava erotismo in ogni angolo. Dalle informazioni che aveva ottenuto dal sito, Em aveva capito che in quell’albergo si poteva ottenere, provare e vedere di tutto.
Peccato che lei non si trovasse lì per una vacanza, ma per valutare l’Amuse Bouche e il suo chef. La scelta di Nathan pareva azzeccata. Si diceva, infatti, che Jacob Hill, il cuoco, non avesse rivali in cucina e che per le sue qualità fosse diventato una vera divinità moderna.
Si diceva anche che fosse bello e molto sexy.
Em aveva cercato di ottenere maggiori informazioni su di lui, ma non era riuscita a trovare molto. Oltre a una lista impressionante di credenziali, stranamente non era riuscita a scovare nulla che si riferisse al periodo precedente agli ultimi cinque anni. Il che significava o che lo chef Jacob Hill si era dato alla cucina da poco tempo o che quello che aveva fatto in passato non era così importante da essere citato.
Insomma, Jacob Hill aveva tutta l’aria di essere un enigma, nonché l’ultimo tassello del rompicapo che avrebbe permesso a Em di