L amante di Sir Jason: Harmony History
Di Mary Brendan
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Info su questo ebook
Sir Jason Hunter, facoltoso libertino londinese innamorato dell'affascinante Helen Marlowe, non esita a correre in aiuto della bella vedova, quando scopre che lei è ormai sul lastrico a causa dei debiti contratti dal fratello. Jason non ha la minima intenzione di chiederle qualcosa in cambio della propria generosità e le sue intenzioni sono assolutamente onorevoli, ma Helen lo sorprende offrendosi come sua amante! Certo, Jason potrebbe sempre rifiutare, ma non è affatto facile respingere una donna come lei. E quanto all'intraprendente vedova... fino a quando continuerà a illudersi di essere diventata la sua amante soltanto per gratitudine?
Mary Brendan
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
L amante di Sir Jason - Mary Brendan
Immagine di copertina:
Graziella Reggio Sarno
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Practical Mistress
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2006 Mary Brendan
Traduzione di Daniela Mento
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-736-4
1
«Come puoi pensare di trattare le tue sorelle in maniera così abominevole?»
«Calmati, Helen. Il tuo tono non mi piace. Sai che non sono legalmente obbligato a dare un tetto a te e a Charlotte. Non sarei tenuto a darvi neppure un soldo.»
«Legalmente no, forse. Ma sei obbligato moralmente non soltanto a darci una casa, ma anche ad aiutarci da un punto di vista economico, dato che non ignori in quali ristrettezze viviamo.»
George Kingston non sembrò per nulla turbato dal disgusto con cui lo guardava la sorella né dal tono minaccioso della sua voce. Continuò tranquillamente a pulirsi i denti con uno stecchino d’argento, appoggiandosi allo schienale della sedia.
Helen Kingston, vedova Marlowe, sentì un nodo allo stomaco nel constatare ancora una volta l’indifferenza di suo fratello George. Il suo viso, dalla carnagione di solito bianca come la porcellana, era diventato rosso per l’indignazione e alcune ciocche dei capelli corvini le ricadevano scomposte sulla fronte.
«Ricordi senza dubbio la promessa che avevi fatto a nostro padre sul letto di morte. Non ti stiamo chiedendo il tuo denaro, ma solo la rendita cui abbiamo diritto. E certamente non devo rammentarti che papà aveva deciso che Charlotte e io saremmo potute rimanere a Westlea House a nostro piacimento.» Si fermò un attimo per riprendere fiato. «I nostri genitori sarebbero sconvolti, se sapessero che vorresti privarci della casa in cui siamo nate.»
George sembrò più seccato che intenerito quando lei gli ricordò i genitori, allora Helen non ebbe altra scelta che rivolgersi alla cognata.
«E tu, Iris, non hai nulla da dire? Non t’importa se tuo marito vuole gettarci in mezzo a una strada?»
Iris, che stava ammirandosi in uno specchio dalla cornice dorata, trasalì per la sorpresa di essere stata interpellata. Prima di rispondere si sistemò il cappellino all’ultima moda sui fini capelli biondi.
«George non ha la minima intenzione di gettarvi in mezzo a una strada. Vi troverà un’altra casa e ha già qualche idea in proposito. Non capisco proprio perché tu e Charlotte continuiate a vivere in questo modo. Perché non trovate un marito che vi mantenga? Tu sei molto graziosa, Helen» aggiunse, come se non fosse del tutto convinta del complimento. «E tua sorella Charlotte è una vera bellezza. Potrebbe aspirare a un buon partito, per esempio a un banchiere» dichiarò, sistemando meglio la decorazione floreale sul cappellino.
«Sai benissimo che Charlotte ha già scelto il suo futuro marito. Lei e Philip Goode sono innamorati e vorrebbero annunciare ufficialmente il loro fidanzamento.»
«Che bella storia d’amore! Peccato che Philip non abbia il becco di un quattrino e nemmeno qualche prospettiva per il futuro» replicò acida la cognata. «Di’ a tua sorella di toglierselo dalla testa.»
George Kingston balzò in piedi nel vedere l’espressione bellicosa sul viso della sorella. Per quanto Helen fosse davvero una donna graziosa, come aveva detto con scarsa convinzione sua moglie, diventava una tigre se doveva proteggere l’amata Charlotte. Iris non era meno combattiva di lei e George ritenne opportuno frapporsi tra le due cognate, che si stavano scambiando occhiate di fuoco.
«Iris ha perfettamente ragione, Helen» disse alla sorella. «Non ho la minima intenzione di gettare in mezzo alla strada te e Charlotte. Come ti ha detto, mi sono già guardato intorno e avrei trovato per voi una nuova residenza. Proprio questo pomeriggio sono andato a vedere una bella casetta a Rowan Walk, che farebbe giusto al caso vostro. L’ho affittata per sei mesi, in modo che abbiate tutto il tempo per pensare al vostro futuro e fare le scelte giuste.»
«Rowan Walk?» Il tono di Helen era assolutamente scandalizzato.
«Sì» confermò George senza imbarazzo, pur consapevole della ragione per cui sua sorella era così sgomenta.
Rowan Walk si trovava in una zona residenziale non molto lontana dai quartieri più esclusivi di Londra, ma era abitata prevalentemente da giovani e belle signore che venivano mantenute da ricchi gentiluomini del bel mondo. In questo modo, avevano le amanti a portata di mano, ma non erano costretti a pagare gli affitti esorbitanti di Mayfair.
«Se hai pensato anche solo per un attimo che Charlotte e io andremo ad abitare in un posto del genere, devi aver perso il senno» fu la risposta di Helen.
Iris si limitò a un sorrisetto malizioso, che però non passò inosservato.
«Se proprio non vuoi perdere i soldi dell’affitto, George, potresti darla a qualcun altro, che saprebbe farne di certo un uso più adatto» aggiunse Helen, lanciando un’occhiata eloquente alla cognata, che continuava a mettersi a posto il cappellino.
George si irrigidì, poi fissò la moglie con uno sguardo accusatorio. Se perfino Helen era al corrente del fatto che Iris lo tradiva, la sua reputazione come marito non valeva più un soldo.
Lui sapeva benissimo di avere una moglie infedele, sempre a caccia di nuovi amanti ricchi e potenti. Non gliene sarebbe nemmeno importato, dopo tanti anni di matrimonio e di tradimenti, ma avrebbe voluto che almeno Iris si comportasse in maniera più discreta, che non lo rendesse lo zimbello dell’intera capitale.
«Buon Dio, Helen!» esclamò, rivolto alla sorella, più che altro per mascherare il disagio. «Sei vedova, hai ventisei anni. Che cosa aspetti a trovarti un altro marito? Così non saresti più un peso per me!»
Aveva sperato che almeno le sorelle ignorassero i tradimenti di sua moglie, che aveva anche il pessimo gusto di frequentare gli uomini che lui detestava di più, come il suo attuale amante, che gli era ostile da anni.
Helen e Charlotte non frequentavano i salotti alla moda. Se la notizia era giunta perfino alle loro orecchie, allora nessuno la ignorava in tutta Londra. George tornò alla sedia su cui si lasciò cadere come se fosse privo di forze, oppresso dalla vergogna.
«Per me non fa differenza dove andrete ad abitare» disse a Helen, con l’intento preciso di ferirla. «A Rowan Walk o all’ospizio dei poveri non mi importa. Se avessi sposato un uomo ricco, invece di quello spiantato di Harry Marlowe...»
«Sapevo che avresti finito per nominare Harry. Non mi sono mai pentita di aver sposato l’uomo che amavo, George, anche se era povero, invece di Scoville, che era ricco ma che avrebbe potuto essere mio nonno.»
«Scoville è morto due anni dopo averti chiesto in moglie. Se tu lo avessi sposato ti saresti liberata presto di lui, non sarebbe certo stato un grande sacrificio essere sua moglie. E se gli avessi dato anche l’erede maschio che desiderava tanto, il tuo futuro sarebbe stato assicurato» le ricordò il fratello.
«Harry era un gentiluomo, sono fiera di essere stata sua moglie. George, non ti sto chiedendo altro che quello che spetta a me e a Charlotte, secondo i desideri di nostro padre. Non vuoi che venga più a seccarti chiedendoti del denaro? Allora dacci la rendita che papà ci aveva assegnato alla sua morte. Se siamo diventate un peso per te, devi prendertela solo con la tua avidità.»
George arrossì e volse altrove lo sguardo, cercando di cambiare discorso. «Non dovresti incoraggiare Charlotte a dare ascolto a quel buono a nulla di Philip Goode, o farà la tua stessa fine. L’amore è una gran bella cosa, ma non aiuta a pagare i conti alla fine del mese. Quell’uomo non ha niente da offrirle.»
«Philip le offre amore e devozione, due cose molto più importanti del denaro. Senza contare che è gentile, onesto ed educato.»
«Peccato che un simile prodigio non abbia che un solo difetto: gli mancano i soldi per potersi permettere una moglie» mormorò Iris con un sorriso ipocrita.
Si strappò innervosita il cappellino di cui non era affatto soddisfatta e lo gettò in un angolo. Poi annunciò solennemente al marito e alla cognata che era stanca di tutte quelle discussioni e che andava a fare compere.
Uscì sbattendo la porta ed Helen, vedendo l’espressione afflitta di suo fratello e intuendo quanto fosse infelice con quella donna, non poté fare a meno di provare compassione per lui, anche se non se la meritava affatto. Era incredibile che George si permettesse di criticare il suo defunto marito e il fidanzato di Charlotte, quando aveva scelto una moglie come Iris. Almeno lei e Harry erano stati felici, per il breve tempo che era stato concesso loro.
Helen studiò il profilo di suo fratello. Era un uomo attraente, i suoi capelli avevano riflessi ramati come quelli di Charlotte. Avrebbe dimostrato meno dei suoi trentacinque anni, se non fosse stato sempre così triste e corrucciato.
Aveva sposato una donna che sembrava divertirsi a renderlo ridicolo davanti al mondo intero, eppure, nonostante le ripetute infedeltà, non si sognava di divorziare, come se la moglie fosse ancora in suo potere. In realtà, Iris lo aveva in pugno e gli faceva fare tutto quello che voleva.
Però George aveva ragione, almeno da un punto di vista. L’amore era una gran bella cosa, ma non aiutava di certo a pagare i conti alla fine del mese, come sapeva bene lei, che doveva lottare per convincere i negozianti a farle ancora credito.
Harry era stato il suo principe azzurro, ma alla sua morte le aveva lasciato solo la fede nuziale e la sua misera pensione di chirurgo dell’esercito.
«Marlowe è morto da sette anni» le ricordò George. «Il lutto è durato più che abbastanza, adesso è meglio che pensi a risposarti.» Si tolse di bocca lo stuzzicadenti d’argento e glielo puntò contro. «Iris ha ragione, sei abbastanza carina da trovarti un altro marito. Mi ricordo che, quando avevi diciotto anni, avevi molti corteggiatori e non c’era solo Harry Marlowe che avrebbe voluto sposarti.»
«Mio marito è morto da otto anni, George, non da sette» lo corresse Helen. «Quelli che avevano chiesto la mia mano, a parte lui, hanno già trovato moglie da anni. Se tu ci versassi finalmente la rendita che papà ci aveva assegnato non avrei bisogno di mettermi a caccia di un marito e Charlotte potrebbe sposare chi vuole. Quel denaro è nostro di diritto, George. Che cosa aspetti a darcelo?»
L’uomo gettò lo stuzzicadenti sul tavolo. «Ho avuto spese impreviste, Helen... E poi ti ripeto che non sono legalmente obbligato a darvi un soldo.»
Helen sospirò. «Capirei la tua parsimonia se ti trovassi davvero in cattive acque, George. Ma la verità è che tua moglie spreca in vestiti e cappellini di Parigi il denaro che a me e a Charlotte servirebbe per vivere» aggiunse, indicando il copricapo che Iris aveva gettato rabbiosa in un angolo prima di uscire.
«Questo è troppo!» si ribellò George balzando in piedi. «Tu non sai nulla delle mie finanze e non ti permetto di parlare così di mia moglie!»
«Che cosa dovrei dirti allora, George?» gli chiese Helen con calma. «Che non è la sua passione per la moda di Parigi che ti sta rovinando, ma anche quella che ha per il tavolo da gioco? E che il nuovo landò che si è comperata ha lo stesso valore della dote di Charlotte?»
George era pallido di rabbia. «È meglio che tu te ne vada, Helen, prima che io dica o faccia qualcosa che potremmo rimpiangere entrambi.»
Helen si alzò. «Me ne vado, se vuoi, ma ti avverto che, se non riceveremo presto il denaro che ci spetta, tornerò a chiedertelo» lo minacciò a testa alta. «I negozianti non ci fanno più credito e in casa abbiamo scarse riserve di cibo e di legna. La primavera è appena iniziata, fa ancora piuttosto freddo.»
«Tu e Charlotte siete due sanguisughe. Dovreste imparare a far economia» le rimproverò il fratello.
Helen pensò alla figura florida della cognata, al suo seno che sembrava straripare dalla scollatura. Rischiava di diventare grassa, se non si fosse messa a regime, ben diversamente da lei e dalla sorella, che soffrivano la fame.
«Charlotte e io non viviamo di marzapane» fece notare a suo fratello, che impallidì di rabbia, perché era nota la passione di sua moglie per quel dolce. «Ci concediamo della carne solo una volta a settimana» aggiunse. «Quali altre economie potremmo fare, George? Non ci compriamo mai un vestito nuovo, dovremmo vivere di brodo di patate, al freddo e al buio, per non spendere un soldo?»
«Sarebbe molto meno costoso riscaldare e illuminare una casa più piccola» le fece notare lui con impazienza. «Voi però preferite rimanere in un quartiere elegante, anche a costo di morire di freddo.»
«Westlea House è casa nostra!» protestò Helen. «È la casa in cui siamo nate, la casa dei nostri genitori. Sai quante care memorie ha per noi. Come puoi essere così crudele da volerci scacciare dicendo che vogliamo viverci solo perché si trova in un quartiere elegante?»
Sembrò che George stesse per ribattere qualcosa, ma poi chiuse la bocca e le girò la schiena. Non per nasconderle il proprio imbarazzo, ma solo l’espressione affannata del suo viso mentre cercava qualche altro pretesto per cacciarle di casa.
Helen se ne andò in silenzio, senza voltarsi indietro, mentre suo fratello architettava qualche nuovo inganno.
«Ci darà il nostro denaro?»
Helen esitò un attimo prima di togliersi il cappellino e fece segno di no con il capo a sua sorella Charlotte, che le aveva posto la domanda appena lei aveva messo piede in casa.
«Non vuole proprio darci niente?»
La voce sommessa, quasi tremante, della sorella minore riattizzò la rabbia che Helen aveva cercato di calmare mentre tornava a Westlea House. Tentò di controllarsi, poiché era inutile che anche Charlotte si arrabbiasse.
«Si trova in un brutto momento» cercò di giustificarlo. «Sai com’è Iris. L’ho vista, era vestita in modo molto ricercato. Abiti francesi, di sicuro, e sembravano molto costosi.»
«Glieli compra con il nostro denaro!» protestò Charlotte, battendo stizzita il piedino. «Non posso permettermi neppure di comperarmi un paio di guanti nuovi e lei si rifà il guardaroba a nostre spese?»
«Lo fa perché quello sciocco di nostro fratello glielo permette.»
«Helen... Mentre tu eri fuori ho letto l’ultimo numero della Gazette...» La voce di Charlotte era di nuovo tremante. «Negli annunci c’è una casa in vendita, il suo nome è Westlea House. Non può essere la nostra, vero? Nostro fratello non può aver messo in vendita la nostra casa...»
Charlotte cercò disperatamente una risposta rassicurante da Helen, ma la risposta non venne. Senza più chiedere altro si diresse verso il salotto e la sorella maggiore la seguì.
Nel caminetto ardeva un timido fuocherello.
Helen cercò di scaldarsi le mani avvicinandole alla grata. Certo che era la loro casa quella messa in vendita sul giornale! Suo fratello non aveva perso tempo.
Westlea House era vecchia, arredata in modo spartano, aveva bisogno di restauri, ma era pur sempre una bella e ampia dimora nel quartiere di Mayfair e valeva un sacco di soldi. I loro vicini erano aristocratici, ma avevano rispettato il colonnello Kingston e la sua famiglia, anche se non potevano vantare titoli nobiliari.
Il padre di Helen e di Charlotte aveva l’abitudine di frequentare gente di ogni estrazione sociale. Forse se ne era pentito quando la figlia maggiore si era innamorata dello squattrinato chirurgo militare che frequentava il loro salotto, ma non lo aveva mai dato a vedere. Il matrimonio era stato