Vendetta spagnola: Harmony Collezione
Di Sara Wood
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Anteprima del libro
Vendetta spagnola - Sara Wood
successivo.
Prologo
Con sguardo truce, Jude attraversò il cortile interno di La Quinta, indifferente alla rigogliosità delle piante esotiche e al suono rinfrescante della fontana.
Era un uomo fuori di sé, con un chiodo fisso in testa: giustizia.
Per un mese intero, non aveva fatto altro che stare in pena, mangiare e dormire al capezzale di suo padre, prima nell'ospedale di Marbella, e poi lì, a casa, nella secolare tenuta nella vallata oltre la Sierra.
Per forza di cose, l'ultima emozione era stata focalizzata sul padre che lo aveva tanto amato e che si era preso cura di lui negli ultimi dodici anni, da quando sua madre era morta, lasciandolo solo all'età di quattordici anni. La sua rabbia verso David Laker, l'uomo che aveva causato l'ictus di suo padre, era stata momentaneamente accantonata. Come pure lo shock alla scoperta che la figlia di Laker, Taz, si era infilata nel suo cuore e nel suo letto dietro istruzioni del padre.
«Taz!» invocò con voce velata, e si bloccò per un momento di fronte a un dolore inaspettato.
Strizzò gli occhi, lottando disperatamente per eliminare l'immagine di lei: una donna alta, perfetta e nuda, con una pelle liscia come il burro, occhi scuri che lo calamitavano tra le sue braccia tese con la promessa del più intenso ed erotico amplesso che lui avesse mai sperimentato in vita sua.
Ma quella era una donna indegna, priva di moralità. Una marionetta nelle mani di suo padre. Doveva essere contento di non essersi lasciato coinvolgere da lei un'altra volta, anche se il suo corpo sembrava essere scollegato dalla mente, quando si trattava di Taz. Il desiderio fisico era naturale. Lei era una donna dotata di una forte sensualità e lui non faceva l'amore da tre mesi.
Vergognandosi per essersi distratto dal suo obiettivo, continuò a camminare a testa bassa. Si fermò davanti alla porta dell'appartamento di Mateo, tentennando prima di entrare. Poi bussò e si fece avanti. Si sentiva stringere il cuore ogni volta che vedeva il suo amato padre, e quella non fu un'eccezione.
Un tempo Mateo trasudava gioia di vivere, e il suo entusiasmo e la sua energia erano contagiosi. Ora non più. La figura pallida, emaciata sul letto, giaceva immobile, e i contorni del suo corpo smagrito a stento disturbavano la linea soffice della coperta di cachemire.
Jude deglutì e una profonda compassione lo invase. Quello era un uomo che aveva subito un torto. E Laker e sua figlia dovevano in qualche modo pagarla.
Di colpo si slanciò verso il padre, rendendosi conto improvvisamente che il suo stesso vigore e la sua mobilità dovessero essere dolorosi per lui da sopportare. Sorrise teneramente e amorevolmente alla rovina di quel viso rugoso e smunto, devastato dalla sofferenza e reso quasi irriconoscibile dal brutto ictus causato dallo spregevole tradimento di David Laker.
I problemi erano sorti tre mesi prima, quando Laker aveva negato che il padre di Jude fosse il maggiore finanziatore della sua clinica privata. Sentendo puzza d'imbroglio, Mateo aveva immediatamente richiesto un'indagine privata dei movimenti finanziari dell'ospedale.
Il risultato era stato del tutto inaspettato. Due mesi dopo, l'inchiesta aveva confermato che non vi era nessuna traccia di una somma investita da Mateo Corderro nella clinica. Così, Laker si era vendicato e il padre di Jude ne era uscito con il marchio infamante del bugiardo e del truffatore.
Jude era presente quando suo padre aveva ricevuto la notizia e aveva avuto l'ictus. Era stato un momento che non avrebbe scordato per il resto della sua vita. E ora era deciso a scoprire come Laker era riuscito a ingannare gli investigatori.
«Papà!»
Mateo strizzò gli occhi. Era tutto ciò che gli riusciva di fare, e quel piccolo gesto spezzava quotidianamente il cuore a Jude. Suo padre, il sangue del suo sangue, stava vivendo un inferno, con la sua mente vitale e intelligente intrappolata in una terribile prigione.
Jude gli appoggiò con delicatezza le mani sulle spalle ossute. Lo abbracciò con immenso affetto. Quelle spalle erano state forti fino a qualche tempo prima, quel petto ampio e muscoloso... La rabbia lo invase, soffocante.
«Vado a cercare Laker» annunciò a denti stretti. «Scoprirò in che modo ti ha ingannato. Hai la mia parola!»
Mateo strizzò di nuovo gli occhi. Troppo addolorato per aggiungere altro, Jude gli strinse la mano, augurandosi che lui potesse cogliere il messaggio di disperazione nei suoi occhi.
«Ti chiamerò più tardi. Sta arrivando Carmen a leggerti qualcosa.»
Jude gli rivolse un sorriso rassicurante, baciò la fronte rugosa del genitore e lasciò l'anziana governante a continuare la lettura del giallo che aveva scelto.
Imboccò la strada tortuosa per Marbella e costeggiò il mare verso la vicina Puerto Banus.
«Laker!» sparò con imperiosa richiesta alla cameriera che andò ad aprirgli.
«Non è in casa!» gridò la donna allarmata.
Jude fece una smorfia d'incredulità e la spinse da parte, entrando e spalancando con violenza le porte a battenti e irrompendo nell'ampio salone, a caccia della sua preda.
«Laker!» urlò. «Laker!»
All'improvviso la vide. Taz era in cima alle scale, i capelli scomposti, gli occhi rossi e gonfi. Jude rimase impietrito a fissarla, sconvolto dal suo aspetto.
Erano trascorsi tre mesi e due giorni dall'ultima volta che si erano incontrati. In quel breve arco di tempo, lei era cambiata fino a rendersi irriconoscibile. La donna un tempo snella e affascinante che gli aveva rubato il cuore, appariva adesso grassa, il viso pallido e gonfio, i vestiti informi e... brutta.
Taz si ritrasse mentalmente di fronte alla reazione di Jude. Sapeva di avere un aspetto terribile, ma era stato lui a ridurla in quello stato. Da quando Jude l'aveva lasciata, lei aveva trascorso le sue giornate a piangere e a ingozzarsi di cibo, e adesso si detestava per avergli permesso di rovinarle la vita così. Però lo amava tanto... Dio santo, quanto lo amava!
Scese le scale con aria derelitta, sostenendosi alla balaustra. Si diresse in soggiorno, passandogli davanti, e lui la seguì. Poi, si voltò per guardarlo. E rimase ghiacciata dall'odio feroce che scintillava nei suoi occhi scuri.
«Vattene!» pronunciò con voce pacata, tremante. «Va' via di qui prima che chiami la polizia!»
«Dov'è?» sibilò Jude, emanando un'energia furibonda da ogni poro.
«Ha lasciato il paese» replicò lei, sollevata.
Jude mugugnò un'imprecazione e serrò i pugni, palesemente avvilito. «Che vigliacco. Sapeva che lo avrei cercato.»
«Te la sei presa comoda» puntualizzò Taz con freddezza. «È passato un mese dall'inchiesta. Non poteva starsene con le mani in mano ad aspettare che tu smaltissi l'ansia.»
«Ansia?» sbottò Jude, con voce rotta dall'emozione. «Hai idea di cosa sia accaduto a mio padre...?»
«Non lo so e non me ne importa!» ribatté lei con rabbia, detestando l'odio che gli vedeva dipinto negli occhi, sperando che lui se ne andasse al più presto.
Jude piroettò su se stesso come se fosse stato colpito da una staffilata. «Immagino proprio di no» pronunciò con un roco bisbiglio.
E invece le importava. Aveva voluto bene a Mateo. Però, quell'uomo aveva tentato di rovinare la reputazione di suo padre, e questo non glielo avrebbe mai perdonato. «Se tuo padre è stato screditato, mi dispiace, ma non avrebbe mai dovuto dichiarare di aver finanziato l'ospedale di mio padre. È stato un gesto decisamente disonesto da parte sua!»
«Ti sbagli! Ne abbiamo già parlato» gracchiò Jude.
Taz disperava di poter giungere a un'opinione comune con Jude. Erano entrambi convinti della buona fede dei rispettivi padri. Lei sapeva che il suo le aveva raccontato la verità quando aveva affermato la sua estraneità al presunto finanziamento di Mateo Corderro. E i fatti le avevano dato conferma.
Le pretese di Jude erano assurde. Perché si ostinava a difendere l'indifendibile?
La fatica di credere a suo padre, contro ogni evidenza, lo aveva consumato. Aveva un aspetto terribile: magro e tirato, con gli zigomi sporgenti e le guance infossate. Solchi profondi erano comparsi sulla fronte, e le occhiaie suggerivano che non si faceva una bella dormita da un pezzo.
Era in pena per lui e sapeva di amarlo ancora. Ma tutto il corteggiamento era stato una farsa, un mezzo per carpire quante più informazioni possibili sulla clinica, in modo che suo padre potesse ammantare di credibilità la sua storia. Perché Jude non lo ammetteva?
«Jude» cominciò impacciata, «so che l'onore della famiglia è importante per te e ti ammiro per aver preso le difese di tuo padre, ma...»
«David Laker ha mentito e imbrogliato, e la vita di mio padre è a pezzi» insistette. «Forse per il momento è riuscito a evitarmi... Comunque, sappi che non mi darò pace finché Laker non avrà pagato per quello che tu e lui avete fatto.»
«Io?» Taz spalancò la bocca, incredula. «Che c'entro io? Sono innocente.»
Jude esplose. «Innocente, diamine! Non puoi negare che tu eri il miele che doveva attirare mio padre a investire! Dios! Tuo padre ti ha pratica mente spogliata e gettata fra le mie braccia!»
Taz era attonita. «Che cosa? Io... il miele?»
«Risparmiami la recita» mugugnò lui, disgustato. «Tu non parlavi di altro che della clinica. Me l'hai venduta e io, come un idiota, ho riferito il tuo entusiasmo a mio padre che ha investito gran parte dei suoi capitali in quello che sembrava un grande affare. E che affare! Una clinica gestita da un ciarlatano e da un ladro! Meritate tutti e due di bruciare all'inferno! Ripristinerò il buon nome della mia famiglia, dovessi impiegarci il resto della mia vita!»
«È stupido!» sbraitò lei. «Non vi è nessuna prova...»
«Ho la parola d'onore di mio padre, e questa è la prova di cui ho bisogno. È un uomo retto. Tuo padre, invece, non è che un furfante da quattro soldi con manie di grandezza...»
«Come osi?» Taz spalancò la bocca. «È ammirevole che lui voglia usare i suoi capitali per fornire una clinica specializzata...»
«Speculazione, di questo si tratta!» Jude allargò le narici. «Non vi è nessun intento nobile in lui. Si sa che è venuto in Spagna perché era perseguitato dalla legge!»
«Che cosa? Non ti permetterò d'insultare oltre mio padre. Vattene, lurido bugiardo» gli urlò.
Come se ogni grammo di forza le venisse meno, Taz si accasciò su una poltrona.
«Me ne vado» gridò Jude, disperato. «Ma non vi libererete di me così facilmente!»
«Per il tuo