Ancora tu!: Harmony Destiny
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Info su questo ebook
Il matrimonio a prima vista ha una sola regola: presentati all'altare e lì conoscerai il tuo sposo!
Imogene avverte a malapena il gemito provenire dallo sposo, lì accanto a lei, e quando alza lo sguardo sullo sconosciuto con cui sta per convolare a nozze ne capisce immediatamente la ragione. Resta infatti impietrita davanti a Valentin Horvath, il suo ex marito.
Sono serviti sette anni per rimettere insieme i frammenti della sua vita e del suo cuore, infranti dallo stesso uomo a cui sta per dire nuovamente sì. Ormai però è troppo tardi, e non può tirarsi indietro.
Yvonne Lindsay
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Ancora tu! - Yvonne Lindsay
successivo.
1
«Andrà tutto bene, mamma.»
Imogene si affrettò a tranquillizzare la madre per la centesima volta. Senza dubbio, la donna si ricordava alla perfezione in che condizioni pietose fosse la figlia quando era tornata dalla sua esperienza di volontariato in Africa con un matrimonio andato in pezzi e con esso sogni e speranze.
Così come le aveva ripetuto, però, sarebbe stato diverso, in questa occasione. Questo matrimonio avrebbe poggiato sulla solidità di una perfetta compatibilità di coppia testata da un team di consulenti e psicologi. Si era voluta affidare a degli esperti, questa volta, evitando il rischio di prendere un altro abbaglio, ove mai avesse scelto di lasciarsi guidare di nuovo dal sentimento.
Aveva chiuso con l'amore. Della passione amorosa aveva già esplorato ogni sfaccettatura – l'ebbrezza di innamorarsi di un uomo a prima vista, ma anche il dolore profondo e lacerante nello scoprire che quel sentimento era solo un inganno.
Con questa diversa modalità, perlomeno, tutto sarebbe andato per il verso giusto.
«Pronta?» le chiese la wedding planner nel suo tono di voce calmo e ben modulato.
Imogene si lisciò la gonna di seta e organza e annuì. «Prontissima.»
La donna le rivolse un ampio sorriso, poi fece cenno al pianista di cambiare musica e intonare quella adatta all'ingresso della sposa.
Imogene esitò sulla porta, poi, prendendo la mano della madre, si avviò con passo lento ma sicuro verso l'uomo con il quale si accingeva a costruire un futuro insieme. Un sorriso sereno le illuminava il viso mentre incrociava gli sguardi delle sue amiche e dei parenti giunti per l'occasione sulla West Coast da New York.
Secondo le leggi di Washington, i futuri coniugi potevano recarsi separatamente a firmare la licenza matrimoniale, il che permetteva che venisse rispettata una delle regole fondamentali della Fiori D'Arancio, ossia che gli sposi si conoscessero direttamente all'altare. Imogene, da ragazza all'antica quale era, aveva apprezzato tale modalità. Non aveva lasciato nulla al caso, pertanto non temeva di andare incontro a sgradevoli sorprese.
Era arrivata al suo primo matrimonio travolta dall'amore e dalla passione. E guarda un po' come è andata a finire, le ripeteva una vocina dentro di sé. Fece una piccola smorfia. Oggi, era tutto diverso. Non aveva le farfalle nello stomaco, non era in fibrillazione, se non fosse per quella pacata curiosità di sapere che aspetto avesse il suo sposo. Men che meno, provava la benché minima traccia di eccitazione. Perlomeno, non ancora.
No, questa volta non era vittima della vorticosa passione che ottenebra il buon senso. Stavolta, aveva un obiettivo preciso e chiaro nella mente. Costruirsi una famiglia.
Sapeva benissimo che avrebbe potuto provare a essere un genitore single, ma non era quello che voleva. Desiderava avere un compagno accanto con cui crescere i suoi figli. Un compagno che avrebbe imparato ad amare. E nel caso l'amore non fosse arrivato, pazienza. Sarebbe stata in grado di vivere facendone a meno. Si era già sposata per amore, una volta, e aveva sofferto come un cane quando il suo matrimonio era naufragato. Stavolta, aveva preso tutte le precauzioni possibili per evitare che la tragedia si ripetesse, scegliendo come cardini di questa unione la dedizione e il rispetto reciproci. Partendo da tali presupposti, nulla era impossibile.
A ogni modo, sposare uno sconosciuto non era forse un azzardo? I suoi genitori, ovviamente, erano di quel parere. Suo padre, avvocato di grido, non si era neppure presentato alla cerimonia, adducendo la scusa di un caso importante a cui stava lavorando. Era evidente che non approvava che la figlia si fosse affidata a un'agenzia matrimoniale per sposarsi, un'agenzia che, per inciso, aveva fino a quel momento registrato il cento per cento dei successi. Per lui, invece, conoscere il proprio marito o la propria moglie all'altare avrebbe inesorabilmente condotto alla catastrofe.
Il regolamento della Fiori D'Arancio parlava chiaro. Gli sposi non si dovevano conoscere prima della cerimonia e dovevano, invece, fidarsi completamente dei professionisti del settore ai quali si erano rivolti.
Imogene indirizzò uno sguardo veloce a sua madre, che aveva accettato di accompagnarla all'altare, consegnandola nelle mani di uno sconosciuto. Caroline O'Connor guardò a sua volta la figlia, l'espressione chiaramente preoccupata.
Mentre camminava, Imogene teneva gli occhi incollati allo sposo che la stava aspettando, girato di spalle. Dalla postura, si capiva che era un uomo abituato a comandare.
Uno strano fremito la percorse. Mentre si avvicinavano alla prima fila, sua madre esitò, poi posò un bacio veloce sulla guancia della figlia e andò a sedersi.
Imogene trasse un respiro profondo e si concentrò nuovamente sull'uomo che l'aspettava all'altare. C'era qualcosa nelle spalle e nella forma della testa che stuzzicava la sua memoria. E la sensazione non era affatto positiva.
Quando, poi, lui si voltò, un'ondata di sconcerto la travolse, inchiodandola a un passo dall'altare.
«No» sussurrò con un filo di voce. «Non tu.»
Imogene udì appena le parole dello sposo che esprimevano il suo stesso disappunto, mentre continuava a fissarlo attonita.
Era Valentin Horvath.
L'uomo da cui aveva divorziato sette anni prima.
Avrebbe dovuto provare una certa soddisfazione che anche lui apparisse altrettanto sconvolto, ma non fu così. Prevalsero la rabbia e lo stupore.
Imogene rimase bloccata a fissare l'uomo con cui aveva condiviso momenti di sublime intimità. Lo stesso uomo che poi le aveva spezzato il cuore, frantumandolo in mille pezzi, tanto che le ci era voluto del tempo prima di riuscire a contemplare nuovamente l'idea di sposarsi.
E tuttavia, nonostante la rabbia, nonostante l'inesorabile certezza che non si sarebbe sposata una seconda volta con Valentin Horvath, Imogene avvertì quel fremito dei sensi che già in passato li aveva condotti, in breve tempo, a unire le loro vite nel vincolo matrimoniale.
Fece del suo meglio per soffocare le emozioni che tentavano di esploderle dentro, per ignorare la vampa di calore che l'aveva pervasa e minacciava di irradiarsi all'esterno. Si sforzò inoltre di non prestare attenzione all'effetto che quel desiderio aveva sui capezzoli che premevano turgidi contro il corsetto di pizzo che indossava sotto l'abito da sposa senza spalline. Era semplicemente una risposta fisica a un maschio prestante, si disse. Non significava nulla.
Lui non significava nulla.
Valentin allungò la mano verso di lei.
«No» ripeté. «Non ci sarà nessun matrimonio.»
«Mi trovi d'accordo» pronunciò il suo ex marito con fermezza. «Andiamo via da qui.»
La prese per il gomito e lei si lasciò trascinare, con riluttanza, verso una stanza laterale, lottando tutto il tempo contro la constatazione che, nonostante fossero passati degli anni, il fuoco che aveva sempre bruciato tra di loro non si era spento. Aveva la pelle accaldata là dove lui teneva stretta la sua mano e i sensi inebriati dal profumo che emanava la sua persona, quello stesso che lei aveva tentato invano di dimenticare in tutti quegli anni e che invece le era rimasto impresso.
Una signora anziana con una nuvola di capelli color argento e un paio di vispi occhi azzurri si alzò dal suo posto in prima fila, dal lato dello sposo.
«Valentin?»
«Nonna» disse lui prontamente. «Credo sia il caso che tu venga con noi. Mi devi delle spiegazioni.»
Quali spiegazioni? Imogene increspò la fronte, perplessa. Che c'entrava sua nonna in tutta quella faccenda?
«Sì, credo proprio di sì» rispose la donna con voce ferma, poi si voltò per rassicurare gli invitati con un amabile sorriso. «È tutto a posto, signore e signori, torniamo subito.»
Torniamo subito? Imogene nutriva seri dubbi in proposito. Tuttavia, consentì a Valentin di guidarla, seguendo la nonna che marciava spedita davanti a loro.
«Avanti, spiega» incalzò Valentin, non appena l'anziana donna ebbe chiuso la porta.
«Ho fatto esattamente quello che mi avevi chiesto. Ho trovato la moglie adatta a te.»
«Non capisco» intervenne Imogene.
Neppure Valentin capiva. Le direttive che aveva fornito ad Alice erano precise. Voleva una moglie e voleva una famiglia. Dopo il fallimento del suo primo matrimonio, aveva deciso di non agire più d'impulso e rischiare di fare un salto nel vuoto, come era successo quando aveva sposato Imogene, ma di intraprendere un percorso più razionale. Di certo non si aspettava di trovarsi davanti la sua ex, quel giorno, all'altare. Più splendida che mai, per giunta.
Si soffermò un istante a contemplare la sua bellezza. Non era cambiata tanto in quei sette anni. Non erano cambiati i suoi capelli scuri e folti, gli occhi grigioverdi che ora lo guardavano rabbiosi, la pelle di alabastro così delicata e sensibile da imporgli di radersi due volte al giorno, quando stavano insieme. Aveva fatto quello e altro per lei, un tempo. Ma il passato era passato, e lì doveva rimanere.
Spostò l'attenzione sulla nonna, che aveva nel frattempo recuperato l'abituale grazia e quella sua istintiva aria di comando, prima di parlare.
«Imogene, lascia che ti spieghi. Prima, però, siediti. Valentin, lo stesso vale per te. Sai che non sopporto di vederti camminare avanti e indietro.»
Nonostante la voglia che aveva di risponderle a tono, Valentin fece cenno a Imogene di sedersi e prese posto anche lui. Erano così vicini che annusava la sua fragranza, diversa dal profumo che portava in passato, ma altrettanto potente.
Ricorse al suo leggendario autocontrollo per non cedere al richiamo sensuale di quell'aroma e avvicinarsi a lei, focalizzando invece la sua attenzione sulla nonna.
Alice si era accomodata alla scrivania, la mano poggiata distrattamente su un fermacarte. Si prese del tempo prima di aprire bocca, scegliendo evidentemente bene le parole da utilizzare.
«Vorrei ricordare a entrambi che avete firmato un contratto che prevede che oggi vi sposiate.»
«Sì, ma non con lui!»
«Non con lei!»
Le loro risposte echeggiarono all'unisono e con la stessa enfasi.
«Non mi pare di ricordare che abbiate imposto alcuna condizione o limitazione quando vi siete rivolti alla Fiori D'Arancio. L'obiettivo di entrambi era quello di trovare l'anima gemella, no?» aggiunse l'anziana donna, inarcando un sopracciglio argenteo. «Ed è esattamente quello che vi abbiamo aiutati a fare.»
«Che cosa?» esplose Imogene, sgranando gli occhi su Valentin. «Tua nonna è coinvolta in questa storia?»
Lui annuì. «Sì. E di solito è anche molto brava a trovare gli accoppiamenti giusti, anche se con noi ha sbagliato alla grande.»
Alice sospirò e strabuzzò gli occhi. «Io non sbaglio mai, caro nipote. E decisamente non ho sbagliato stavolta.»
«Non vorrai, spero, provare a convincermi che hai ragione tu» replicò lui, avvilito. «Il nostro matrimonio è naufragato sette anni fa per incompatibilità di carattere.»
«Per infedeltà» precisò Imogene, intromettendosi nel battibecco tra nonna e nipote. «La tua.»
Valentin stava per perdere la pazienza. «Per incompatibilità di carattere» ribadì. «Poiché non mi risulta che sia cambiato nulla tra di noi, non vedo come adesso io e questa donna possiamo essere una coppia perfetta.