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Lo sceicco e la top model: Harmony Collezione
Lo sceicco e la top model: Harmony Collezione
Lo sceicco e la top model: Harmony Collezione
E-book159 pagine2 ore

Lo sceicco e la top model: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Misteriosi, affascinanti e incredibilmente ricchi.

Intraprendenti uomini d'affari, o invidiati eredi al trono di esotici e fiabeschi regni:

sono i moderni Principi del Deserto.



Kaliq Al-Zahir A'zam è sconvolto dalla sfrontatezza di Tamara Weston. Proprio lei, che solo pochi anni prima ha respinto la sua proposta di matrimonio e la luce dei riflettori, ora è una famosa modella, avvezza ai flash dei fotografi e orgogliosa della propria immagine che campeggia, ammiccante, sui cartelloni pubblicitari di tutto il mondo. Ma Kaliq la desidera ancora e ha in mente un piano per ottenere da lei quello che vuole da sempre.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2017
ISBN9788858973134
Lo sceicco e la top model: Harmony Collezione
Autore

Sabrina Philips

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Lo sceicco e la top model - Sabrina Philips

    1

    «Adesso chinati un po’ di più... Oh, sì, così è perfetto!»

    Kaliq strinse i denti nel tentativo di resistere all’impulso di prendere a pugni l’ometto calvo che continuava a urlare istruzioni e che evidentemente si godeva la scena, a tal punto da arrivare quasi a distendersi sopra la modella. E doveva resistere, poiché la scena era, dopotutto, esattamente come se l’era aspettata.

    Seminascosto dalle ombre, Kaliq seguì lo sguardo avido dell’uomo e si mordicchiò il labbro inferiore, mentre a poco a poco l’iniziale irritazione cedeva a un crampo di violento desiderio che gli aggredì il basso ventre.

    Diavolo, era davvero una visione irresistibile.

    Su uno sfondo rosso fuoco, muoveva le anche in modo provocante, ogni centimetro del corpo offerto per il suo diletto... E per quello di ogni altro esponente del genere maschile. Anche se tecnicamente non era nuda, il costume intero da bagno color oro che indossava - a dir poco minuscolo - a stento conteneva il seno prorompente e, anziché coprire il suo fisico perfetto, serviva solo a esaltarlo.

    E mentre le luci dello studio le accarezzavano la pelle abbronzata e i lucenti riccioli mogano, e il flash della macchina fotografica continuava a lampeggiare, l’ironia della situazione quasi gli strappò una risata sarcastica. Che cosa aveva detto? Che voleva la libertà di vivere la sua vita senza essere costantemente al centro dell’attenzione che lui suscitava? Come no, pensò, guardando il marchio dell’enorme bottiglia di profumo che avrebbe dovuto essere il punto focale dello scatto, ma che ovviamente sarebbe passato inosservato agli occhi di molti.

    Era successo il mese prima, ricordò, quando si era recato a Parigi per presenziare a una riunione presso l’ambasciata del Qwasir. Allora aveva notato, quasi di sfuggita, un cartellone pubblicitario su cui spiccava l’immagine di una donna, una donna che gli era risultata familiare ed estranea allo stesso tempo. E poi gli era parso che quegli occhi dallo sguardo malizioso, quelle labbra rosse e provocanti fossero ovunque. Contro le sue speranze, la frettolosa indagine condotta dal suo segretario aveva confermato i suoi sospetti. La donna era Tamara Weston.

    Non si era mai sentito così furioso in tutta la sua vita.

    Eppure avrebbe dovuto immaginarlo. Dopotutto, anche quando lei era stata ospite nel suo paese, non ancora adulta ma non più bambina, il suo atteggiamento era stato troppo vivace, sia per la sua età sia per quello che nel Qwasir era consentito al suo sesso.

    Sette anni prima aveva rifiutato la proposta che lui le aveva fatto, e ora era fra le modelle più pagate del momento... Considerava dunque così ripugnante l’idea di donare il proprio corpo a un uomo soltanto? O, più semplicemente, ciò a cui aveva sempre ambito era diventare famosa?

    Non importa, decise, appoggiandosi allo stipite della porta. Non poteva riportare indietro le lancette dell’orologio, e privarla di quel rispetto che una volta le aveva concesso, ma il discorso del futuro era molto diverso. Stavolta non le avrebbe dato la possibilità di scegliere.

    Mentre Henry, responsabile marketing della Jezebel, le impartiva nuove istruzioni, Tamara permise alla sua mente di vagabondare. Ignoralo, ordinò a se stessa, domandandosi perché proprio quel giorno l’uomo la innervosisse tanto. Ogni lavoro ha il suo lato negativo... Una verità della quale lei era ben consapevole, dal momento che, negli ultimi anni, aveva avuto più impieghi di quanti potesse contare sulle dita delle due mani. Ma, escludendo la viscida presenza di Henry dall’equazione - per fortuna solo di rado lui presenziava ai servizi fotografici - doveva ammettere che quel lavoro aveva più aspetti positivi di quanto avesse immaginato.

    In realtà, non aveva mai preso in considerazione la possibilità di fare la modella. Perché, sebbene sfiorasse il metro e ottanta di altezza e avesse ereditato dalla madre gli splendidi colori e l’armoniosa struttura ossea, non avrebbe mai descritto il suo aspetto in toni particolarmente entusiastici. E dopo aver visto decine di articoli sul divorzio dei suoi genitori venir pubblicate sulle pagine dei giornali più letti, non avrebbe mai pensato di voler intraprendere una carriera che comportava essere esposta all’attenzione del pubblico. Comunque, quando la sua amica del college Lisa - che a suo parere aveva l’invidiabile fortuna di sapere esattamente che cosa voleva fare della propria vita - le aveva chiesto di sfilare con i modelli della sua prima collezione di moda, lei aveva acconsentito, pensando di farle un favore. E poi, con sua grande sorpresa, quando Lisa aveva raggiunto la sua meritata fama, la Jezebel Cosmetics, un gigante dell’industria della cosmesi, le aveva proposto di diventare testimonial della nuova linea di prodotti.

    Dapprima aveva avuto qualche incertezza, ma, quando aveva letto sul contratto l’esorbitante somma che le avrebbero offerto, aveva capito di non poter rinunciare alla possibilità di dare a Mike qualcosa in più del suo tempo libero. Quello che non si era immaginata di scoprire era che il lavoro comportava molto più che posare in atteggiamento conturbante per qualche ora al giorno. Perché, oltre a essere un impegno faticoso sia dal punto di vista fisico che mentale, doveva fare del suo meglio per trasmettere le giuste emozioni a ogni scatto. Una sfida che l’affascinava, forse perché, riflettendoci, rappresentare ogni volta un’immagine diversa le evitava di mostrarsi per la donna che era in realtà.

    Certo, avrebbe volentieri evitato le intrusioni della stampa nella sua vita privata, ma viaggiare e conoscere gente nuova la compensava di ogni fastidio. Il punto era che, dopo essere passata da un’occupazione all’altra, finalmente credeva di aver trovato il suo posto nel mondo, una sensazione bella che non provava da tempo, per la precisione da quando... Ma era successo molti anni prima, in un tempo diverso, e in un posto diverso.

    E da quando era diventata il nuovo volto della Jezebel Cosmetics, le case di moda se la contendevano e le riviste del settore la osannavano come la migliore indossatrice del momento. Nello spazio di pochi mesi era passata dall’anonimato all’essere riconosciuta ovunque andasse. La richiedevano per servizi di moda da ogni parte del mondo - solo il giorno prima Emma, la segretaria di Henry, l’aveva informata dell’imminente partenza per il Medio Oriente - e lei era entusiasta all’idea.

    Ma quel giorno, nello stesso istante in cui aveva messo piede nello studio, aveva provato una sensazione di disagio, come se, per colpa di qualche strana reazione chimica, ogni influsso positivo fosse stato spazzato via dalla stanza. A un tratto le sembrò che non fosse solo il suo corpo esposto all’obiettivo della macchina fotografica, ma anche la sua anima.

    Non avrebbe saputo spiegare il motivo di quella sensazione. I commenti di Henry non erano più fastidiosi del solito. Il costume che indossava non era molto più scollato di quelli che aveva sfoggiato in centinaia di altre foto.

    Si mosse a disagio, osservando le persone e le attrezzature che la circondavano, e che in genere si sforzava di ignorare. Ma non c’era niente di diverso, niente di allarmante. Tuttavia, la sensazione di essere guardata in modo differente non l’abbandonava, e l’istinto le suggeriva di andare via, di fuggire prima che fosse troppo tardi.

    Dicendosi che quella mattina doveva essere scesa dal letto con il piede sbagliato, chinò la testa di lato, così che la folta massa dei suoi capelli le coprì una spalla, e rimproverò se stessa per la sua immaginazione.

    In quel momento, però, qualcosa - o meglio, qualcuno - entrò nel suo campo visivo. Un uomo alto, imponente, che se ne stava in disparte.

    Tamara sentì il cuore balzarle in gola. Non essere stupida!, si ammonì. Non poteva vedere il volto dell’uomo, ma non era lui, pensò. Doveva trattarsi di un cliente di Henry, non era raro che i committenti assistessero alle sedute fotografiche. Eppure, per quanto cercasse di razionalizzare, la sua ansia aumentò.

    «Ora gira la testa, Tamara... Perfetto così, non muoverti.»

    E in realtà non avrebbe potuto muoversi nemmeno se avesse voluto, perché l’aria smise di arrivarle ai polmoni, come se qualcuno le avesse sferrato un pugno nello stomaco.

    O nel petto.

    Avrebbe riconosciuto quel profilo ovunque, realizzò. L’arroganza dei lineamenti, i capelli folti e scuri, l’autorità che emanava la sua persona. Ecco perché era certa che fosse lui. Molti uomini potevano essere altrettanto alti, altrettanto muscolosi, ma solo lui svettava così in mezzo agli altri. Tutto nel suo atteggiamento proclamava sicurezza in se stesso. Lui sapeva che, nel preciso istante in cui entrava in una stanza, che fosse annunciato o meno come Kaliq AlZahir A’zam, principe ereditario del Qwasir, qualcosa cambiava nell’atmosfera, e così ogni donna - no, ogni essere umano - diventava consapevole della presenza di un uomo che non poteva in alcun modo essere ignorato.

    Deglutì, chiuse gli occhi, desiderando che le fiamme che le lambivano il corpo avessero il potere di renderla invisibile. L’unico risultato che ottenne fu quello di sentirsi esposta, nuda, senza alcuna protezione.

    Perché si trovava lì? Forse aveva un interesse economico nella Jezebel Cosmetics? Ma da quando uno sceicco dal patrimonio inestimabile aveva bisogno di investire in un’azienda che produceva cosmetici?

    Allora perché? Di certo, dopo tutti quegli anni, non l’aveva rintracciata per ricordarle ancora una volta a che cosa aveva rinunciato, giusto? No, Kaliq aveva detto chiaramente di non volerla mai più rivedere, dunque doveva esistere una spiegazione più logica.

    «D’accordo, Tamara. Anche se il tuo improvviso tremito apre la strada a infinite nuove... possibilità, è in netto contrasto con la sensazione di calore che questo scatto dovrebbe suggerire. Bene, per oggi basta.»

    Per una volta, la voce di Henry risuonò come una melodia alle orecchie di Tamara. L’esigenza di darsela a gambe in quel momento superava di gran lunga la sua curiosità. Se si fosse sbrigata, sarebbe riuscita a infilarsi nel camerino situato dietro allo scenario, e da lì a fuggire dall’uscita secondaria. Non importava il motivo per cui Kaliq si trovava lì, lei non aveva alcuna intenzione di affrontare l’uomo che rappresentava il rimpianto più grande della sua vita.

    E si mosse in fretta, ma non abbastanza, poiché, anche se dopo aver indossato la giacca si era praticamente messa a correre in direzione del suo camerino, quando aprì la porta si rese conto che lui si trovava già lì.

    «Kaliq!»

    Perché mai mi stupisco?, si chiese Tamara. Se lui era intenzionato a parlarle, non avrebbe permesso a qualcosa di così poco importante come la sua riluttanza di interferire con i suoi piani. E quindi eccolo lì, seduto sulla sedia posta al centro del camerino con una gamba accavallata sull’altra, il piede sospeso che si agitava impaziente, con l’atteggiamento di chi sta seduto su un trono.

    Non osò guardarlo negli occhi. Non lo aveva mai visto fuori dal Qwasir, e in quel momento notò, come mai le era successo prima, il suo aspetto esotico, la pelle olivastra, i capelli folti e neri, e la giacca dal taglio occidentale che indossava e che non nascondeva il fatto che fosse un figlio del deserto.

    Rimase ferma sulla soglia della porta mentre dentro di lei emozioni contrastanti lottavano per avere la supremazia. Lo odiava - lui, l’unico uomo di cui si era creduta innamorata - perché si era materializzato proprio quando aveva iniziato a dimenticarlo. E nello stesso tempo si sentiva come rinata, come se si fosse risvegliata da un sonno popolato da oscuri incubi per scoprire che era il primo giorno di primavera. Solo dopo ricordò che l’etichetta le imponeva di inchinarsi al cospetto di un principe ereditario, e che le impediva di rivolgersi a lui in modo diretto come aveva fatto. Una mancanza di rispetto che evidentemente a lui non era sfuggita, perché il suo viso si oscurò, e una luce di biasimo si accese nei suoi occhi.

    «Che tu ci creda o no, non aspettavo ospiti.» Tamara indicò i vestiti sparsi un po’ ovunque, sperando così di giustificare l’espressione atterrita che sicuramente doveva essersi dipinta sul suo viso.

    «Non dirmi che recitare è un altro dei tuoi talenti nascosti.» Kaliq gettò un’occhiata al bouquet che lei aveva

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