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Forchetta e boccale: I migliori abbinamenti tra birre artigianali e piatti della cucina tipica del Belpaese
Forchetta e boccale: I migliori abbinamenti tra birre artigianali e piatti della cucina tipica del Belpaese
Forchetta e boccale: I migliori abbinamenti tra birre artigianali e piatti della cucina tipica del Belpaese
E-book264 pagine1 ora

Forchetta e boccale: I migliori abbinamenti tra birre artigianali e piatti della cucina tipica del Belpaese

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Info su questo ebook

"Forchetta e boccale" è un saggio semiserio sulla birra, sulla sua degustazione e sull’abbinamento a piatti “storici” della cucina italiana.
Il libro è diviso in due parti. La prima funge da piccolo “vademecum da bancone”, per non essere colti impreparati durante le conversazioni a tema “Birra”, e illustra storia, produzione e degustazione della nostra bevanda preferita.
La seconda parte conduce il lettore in un viaggio lungo il Belpaese, fatto di 30 piatti, abbinati a 30 birre artigianali italiane, e mette in luce i lati edonistici e goderecci degli accostamenti, rigorosamente testati su esseri umani.
"Forchetta e boccale" cerca di indagare i sapori e gli aromi in modo poco serioso, al fine di rendere accessibili a tutti i grandi misteri della degustazione e le pratiche di abbinamento Cibo-Birra, senza la forzata ricerca di pesanti Verità dogmatiche.
LinguaItaliano
Data di uscita22 feb 2021
ISBN9788893782241
Forchetta e boccale: I migliori abbinamenti tra birre artigianali e piatti della cucina tipica del Belpaese

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    Anteprima del libro

    Forchetta e boccale - Davide Albanese

    144

    INTRODUZIONE

    Perché leggere un libro sulle birre artigianali e sui piatti della tradizione culinaria italiana?

    Probabilmente perché una buona birra, servita a regola d’arte, e un buon piatto italiano soddisfano corpo e mente come poche altre cose nella vita.

    L’accostamento tra birre artigianali italiane, recenti fiori all’occhiello della produzione agroalimentare nazionale, e piatti tipici locali, ormai diffusi in tutto il Belpaese, è auspicabile e godurioso.

    I piatti italiani, per quanto possano essere imbrigliati dal folklore locale e plasmati con materie prime definite e processi collaudati, sono entrati nell’immaginario collettivo nazionale.

    Oggi non è così difficile preparare una buona Amatriciana in Veneto, come non è impossibile adoperarsi nella buona riuscita di un Tiramisù a Roma, da un lato poiché alcuni ingredienti come pomodoro, cacao o caffè non sono tipici del Belpaese, e dall’altro perché tecniche, processi e materie prime di qualità hanno goduto di un continuo scambio conoscitivo lungo lo Stivale, attraverso i mercati cittadini.

    Le ricette delle birre artigianali italiane, prolungamento sia del modo di pensare del birraio sia delle esigenze del tempo e del luogo in cui sono state messe nero su bianco, sono frutto (come i Piatti) di un processo culturale di conoscenza delle materie prime, assorbimento, trasformazione e miglioramento, cercato e auspicato, di stili e prodotti culturalmente distanti dalla nostra tradizione.

    La cucina italiana, infinita vastità di profumi, sapori, storia e luoghi, merita l’abbinamento cosciente, ma non serioso. È sincera, schietta e verace e bada sia al concetto di sussistenza sia a quello di elaborazione.

    Le birre sono nate come bevande popolari, adatte al consumo di tutti i giorni, così come le ricette tradizionali dello Stivale, tanto semplici quanto iconiche.

    Perché allora non pensare di godere di un accostamento informale, semplice e senza inutili fronzoli? Non è così difficile.

    I piatti italiani sono adatti all’abbinamento con birre, vini, acque, cocktail, succhi di frutta e quanto ancora possa esaltarli, mantenendoli vivi e ruspanti, senza intaccarne troppo l’identità attuale.

    Le birre artigianali del Belpaese, grazie alla loro versatilità e alla loro indipendenza da rigidi contesti storico-culturali, ne sono i partner perfetti.

    L’obiettivo del libro è fornire qualche spunto per un abbinamento informale ma consapevole, dopo aver scoperto qualcosa in più su pinte colme e boccali traboccanti. La birra artigianale italiana può salire stabilmente sulle nostre tavole e arricchire il pasto in modo soddisfacente, migliorandoci sensibilmente la giornata e la vita.

    Non troverete assiomi o verità assolute, come L’orata va con la Pils e la costata con il Brunello!.

    Le regole di abbinamento non seguono dogmi incisi nella pietra da non si sa chi. Non sempre una birra con una notevole componente dolce è idonea a un accostamento complementare con una fetta di torta.

    Gli abbinamenti vanno sempre sperimentati, abbandonando l’aura di ufficialità, soverchiando gli assolutismi e accettando di cambiare i preconcetti!

    L’accostamento birra-cibo può essere tra le pratiche gastronomiche più eccitanti e divertenti, rimanendo comunque alla portata di tutti.

    Il libro non è rivolto solo agli esperti, ma anche a chi si avvicina per la prima volta al mondo della bevanda di Cerere!

    I primi capitoli illustrano storia e produzione della birra e hanno la funzione di introdurre questo bellissimo mondo ai neofiti. Mi scuseranno i vecchi filibustieri del settore per non essermi dilungato troppo su eccessivi tecnicismi come coumulone, Effetto Crabtree o trans-2-nonenale. La parte centrale del testo parla dei sentori che riscontriamo all’interno della birra, di eventuali difetti organolettici (che a volte non sono negativi in modo assoluto) e di abbinamento birra-cibo. Nell’ultima parte ci sono 30 esempi di connubio tra un piatto e una birra artigianale, rigorosamente testati su esseri umani, in parte consenzienti.

    Spero di essere stato in grado di tradurre il tutto dall’antico idioma dei Nerd della birra, mia lingua madre, all’italiano.

    BIRRA: Che cos’è?

    Che cos’è la birra, oltre che l’amor che move il sole e l’altre stelle?

    Dato che generalizzando s’incorre in meno errori, potremmo dire che la birra è una bevanda alcolica fermentata, fatta partendo da alcuni cereali.

    Diversi popoli, molte tradizioni e numerosi decreti nella storia hanno cercato di definirla e inquadrarla, in base al processo e agli ingredienti che la compongono.

    Per esempio, l’Editto di Purezza bavarese (il Reinheitsgebot del 1516) bandiva ingredienti che non fossero acqua, malto d’orzo e luppolo. Non si faceva menzione del lievito, scoperto da Pasteur tre secoli e mezzo dopo.

    In Mali si brassava¹ un impasto di acqua e miglio, usando la fibra di baobab ricca di lievito come innesco di fermentazione. In Mesopotamia migliaia di anni fa i Sumeri cucinavano una specie di pagnotta (il Bappir), poi sgretolata in acqua e lasciata fermentare. I precolombiani masticavano il mais, lo sputavano e brassavano la Chicha, sostituendo con le amilasi nella loro saliva gli enzimi, non abbondanti delle pannocchie.

    E questi non sono che alcuni esempi…

    Ci sono molti modi di intendere e concepire la birra. Tendenzialmente si considera birra, nel tempo e nel luogo in cui viviamo, la bevanda fatta a partire da acqua, malto d’orzo e luppolo, ottenuta da una fermentazione alcolica. La fermentazione è svolta usualmente da ceppi del lievito di Genere Saccharomyces.

    Tuttavia, dato che sono le eccezioni che confermano le regole, il lettore più attento ed esperto avrà sicuramente pensato a una delle sue birre preferite e si sarà detto:

    Solo malto d’orzo?. Non sempre!

    Solo luppolo?. Non sempre!

    Solo saccaromiceti?. Non sempre!

    Solo fermentazione alcolica?. Non sempre!

    Il Non sempre! che lampeggia, parlando della nostra bevanda preferita, ci fa capire quanto vasto sia il mondo birrario, dal punto di vista storico e culturale, e quante possibilità di produzione, degustazione e abbinamento ci siano.

    E questo ovviamente è il bello!

    BIRRA: Come si fa?

    Come si fa la birra?

    Per citare un vecchio adagio il birraio fa il mosto e il lievito fa la birra.

    Come si fa il mosto di birra, quindi? Basta schiacciare un paio di chilogrammi di malto d’orzo e aggiungere luppolo q.b.? Ovviamente no.

    Per fare un buon mosto di birra occorre miscelare, cuocere alle giuste temperature, filtrare e fare bollire una miscela con delle note quantità di acqua con un contenuto di sali idoneo, malto d’orzo con un sufficiente potere enzimatico e luppolo con un contenuto di alfa acidi e oli aromatici possibilmente adatto allo stile della futura birra.

    Poi, per trasformare il mosto in birra vera e propria, occorre raffreddare velocemente il mosto e inocularlo con il giusto numero di cellule di lievito. Il lievito deve essere vivo, vitale e in buone condizioni di salute. In più occorre fornirgli ossigeno in una quantità nota che gli permetta una vigorosa replicazione. La fermentazione, per essere compiuta a regola d’arte, deve essere svolta a una temperatura idonea e il lievito in eccesso va allontanato man mano.

    Difficile? Proviamo a capirne di più punto per punto!

    Parlando di acqua e sali si può dire che ogni stile o tipologia di birra richiederebbe un’acqua corretta per quanto riguarda il contenuto di carbonati, solfati, cloruri, altri ioni e per il valore di alcalinità residua. Una giusta quantità di sali consente un tempestivo e (vedremo) utile abbassamento del pH durante la prima fase della cotta. Inoltre, esiste una relazione organolettica di alcuni ioni con i malti e i luppoli da non sottovalutare.

    Poi, cosa significa usare un malto con un sufficiente potere enzimatico?

    Da che mondo è mondo le cariossidi² di orzo che vengono maltate sono esseri viventi, no? Come tutti gli esseri viventi le piante si riproducono. E per farlo hanno bisogno di condizioni idonee.

    I meno smemorati sicuramente ricorderanno uno dei primi esperimenti scientifici fatto da bambini, ossia provocare la germinazione di un seme all’interno di un barattolo pieno di cotone, di solito chiuso in un armadio di una classe delle scuole elementari.

    In quel momento, probabilmente, non vi siete resi conto di essere degli imbroglioni… Il seme non sarebbe mai germinato, cominciando a formare una piantina, se non gli fossero stati forniti calore, acqua e buio.

    Al seme ingannato è stato fatto credere di trovarsi nel sottosuolo, con condizioni favorevoli alla germinazione e alla crescita.

    Il maltatore applica lo stesso procedimento in larga scala. Imbroglia tonnellate e tonnellate di orzo (distico solitamente) facendogli credere che il momento sia proficuo per evolvere e formare una piantina, tramite gli enzimi. Gli enzimi sono delle proteine presenti nelle cellule degli esseri viventi che catalizzano le reazioni biochimiche come la disgregazione amilolitica e proteolitica nel seme, in questo caso.

    Il seme vorrebbe disgregare ciò che ha al suo interno (amidi e proteine) con la finalità di fornire il carburante (zuccheri semplici e aminoacidi) per la formazione di una nuova pianta.

    Tuttavia, in malteria non si vuole che la cariosside d’orzo sprechi le sue riserve per dare vita a una nuova pianta, poiché tali molecole energetiche serviranno in seguito al lievito per compiere la fermentazione alcolica.

    Per creare un buon malto si arresta il processo di germinazione, tramite il calore e l’essiccazione, appena dopo la formazione degli enzimi.

    Il birraio, infatti, ha bisogno degli stessi enzimi che servirebbero alla pianta per crescere, ossia le amilasi e le proteasi.

    Il birraio attiverà questi enzimi in Sala Cotte a temperature e pH ottimali, per fare il mosto di birra.

    Possiamo dire che in Sala Cotte si spingono gli enzimi a compiere la stessa azione che farebbe fare loro il seme, ossia spaccare l’amido in zuccheri semplici e le proteine in peptidi e aminoacidi.

    Gli zuccheri semplici e gli aminoacidi, infatti, serviranno come nutrimento per il lievito che, come già detto, farà la birra.

    Il

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