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Lascia che il tuo bimbo si svezzi da solo
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Lascia che il tuo bimbo si svezzi da solo
E-book247 pagine3 ore

Lascia che il tuo bimbo si svezzi da solo

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Tutto quello che devi sapere sull’autosvezzamento

È un fatto che spesso bambini di pochi mesi rifiutino le “pappe” proposte, rendendo il momento del pasto un incubo. O che sistematicamente respingano certi cibi. Ma chi ha detto che i bambini debbano essere svezzati con cibi frullati (e industriali) che mischiano sapori e nutrienti, senza che sia data loro la possibilità di scegliere? L’autosvezzamento è un metodo – sempre più seguito dai genitori – che rende i bambini protagonisti del loro ingresso nel mondo del cibo. Intorno ai sei mesi, ormai capaci di stare seduti da soli, è possibile offrire loro quel che mangia tutta la famiglia, preparato e tagliato in modo opportuno. Il bambino ha già le competenze per afferrare il cibo, per masticarlo con i muscoli della mascella, per espellere ciò che non va ingerito, ma soprattutto ha la capacità di autoregolarsi: sa decidere che cosa mangiare e quanto. La gestione del cibo gli consente di esplorare gusto, consistenza, colore e odore, lo rende indipendente e lo aiuta a sviluppare la coordinazione occhio-mano e la masticazione. Questo libro – il primo ad aver riportato l’attenzione sulla non necessità del baby food – è una guida pratica e autorevole per i genitori che vogliono proporre cibi solidi: un bambino non ha bisogno di essere imboccato, con le sue mani può nutrirsi al meglio, sperimentando tutto secondo i propri ritmi, ricavandone soddisfazione e divertimento.

Niente più battaglie per mangiare. Il tuo bambino può nutrirsi da solo, felice di farlo, insieme a tutta la famiglia.

«Giù le mani, mamma. Con l’autosvezzamento è tuo figlio il responsabile della sua alimentazione. La cosa migliore che accade sul seggiolone dopo l’invenzione del bavaglino.»
Parents

«Vedo molti bambini felici, che scelgono il proprio cibo in modo indipendente e mangiano al proprio ritmo.»
Stefan Kleintjes, dietista pediatrico

«Le argomentazioni di questo libro sono scientificamente valide, specialmente quando si tratta di sviluppo dei muscoli della bocca, e affrontano le possibili critiche. Se avessi ancora bambini piccoli, sceglierei senz’altro questo metodo.»
Library Journal
Gill Rapley
è stata una pioniera dell’autosvezzamento. Esperta in alimentazione dei neonati e sviluppo del bambino, ha conseguito un master nel 2005 e un dottorato di ricerca nel 2015. Ha lavorato come assistente sanitaria (infermiera per la sanità pubblica) per più di venti anni, ed è stata anche ostetrica e consulente per l’allattamento al seno. Vive nel Kent, in Inghilterra, con il marito e i tre figli, che hanno fatto del loro meglio per dimostrarle che non avevano bisogno di alcun aiuto con i cibi solidi.
Tracey Murkett
è scrittrice e giornalista. Dopo aver seguito l’autosvezzamento di sua figlia, ha voluto far sapere agli altri genitori quanto possono essere piacevoli e senza stress i pasti con neonati e bambini piccoli.
LinguaItaliano
Data di uscita14 ott 2021
ISBN9788822756602
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    Anteprima del libro

    Lascia che il tuo bimbo si svezzi da solo - Tracey Murkett

    1. Che cos’è lo svezzamento naturale?

    «Per la maggior parte dei genitori l’ora dei pasti è un incubo. Con Emily non abbiamo mai dovuto affrontare niente di simile. I pasti sono un momento piacevole e il cibo non rappresenta mai un problema».

    Jess, mamma di Emily, 2 anni

    «È molto più facile offrire lo stesso cibo che mangiano anche gli altri. Non mi preoccupo più se Ben mangia o non mangia qualcosa, come mi capitava con gli altri figli, che ho svezzato con il metodo tradizionale. Mi sembra tutto molto più naturale e piacevole».

    Sam, mamma di Bella, 8 anni, Alex, 5 anni, e Ben, 8 mesi

    Che cos’è lo svezzamento?

    Lo svezzamento è il passaggio graduale che fa il bambino tra un’alimentazione esclusiva al seno, o con formula, a un’alimentazione che non prevede latte né formula. È un passaggio che richiede almeno sei mesi ma che – in particolare per i bambini allattati al seno – può durare anche diversi anni. In questo libro ci occuperemo soprattutto dei primi passi dello svezzamento, che comincia con il primissimo boccone di cibo solido.

    I primi solidi, chiamati anche cibi complementari, non vanno a sostituire il latte materno, o la formula, ma vi si aggiungono (li completano, appunto), in modo che la dieta del bambino diventi gradualmente più variata.

    Lo svezzamento convenzionale è gestito dai genitori. Iniziano a imboccare il loro figlio decidendo quando e come iniziare a offrirgli cibo solido. Potremmo quindi definire questo approccio uno svezzamento a conduzione genitoriale. Nel caso dello svezzamento guidato dal bambino, invece, è lui a condurre il gioco, basandosi sul proprio istinto e sulle sue abilità. È lui a stabilire quando iniziare e quando concludere il passaggio. E andando ad approfondire lo sviluppo dei bambini, vedremo come questo secondo approccio abbia molto più senso.

    Perché lo svezzamento naturale è diverso

    Quando pensiamo al momento in cui un bambino comincia ad assumere cibi solidi, la prima immagine che ci viene in mente è un adulto con un cucchiaino in mano pieno di carota o mela omogeneizzata. A volte il bambino apre volentieri la bocca, ma spesso finisce per sputare il cibo, allontanare il cucchiaino, piangere o rifiutarsi di mangiare. Molti genitori ricorrono a una serie di diversivi – «guarda l’aeroplanino!» – per convincere il bambino ad accettare il cibo, che in genere è qualcosa di diverso da quello che mangiano loro, e servito in un orario diverso.

    Fino ad anni recenti questa modalità non è stata messa in discussione; viene dato per scontato che sia il modo normale di introdurre l’alimentazione complementare. Eppure, tra le definizioni di spoon-feeding (imboccare) che troviamo sui dizionari inglesi c’è: «Fornire (a qualcuno) così tanto aiuto o informazioni che non ha bisogno di pensare con la propria testa»¹, oppure «Trattare (qualcuno) in modo da scoraggiare il pensiero e l’azione autonomi»². Lo svezzamento naturale, invece, incoraggia il bambino a sentirsi indipendente e sicuro di sé, perché agisce in autonomia. In questo caso lo svezzamento comincia quando il bambino inizia a mangiare da solo, secondo i suoi tempi. Gli consente di seguire il proprio istinto, copiare i genitori o i fratelli e sviluppare le sue competenze strada facendo, in modo naturale e divertente.

    Se viene data loro la possibilità di farlo, quasi tutti i bambini sapranno comunicare ai propri genitori di essere pronti per assaggiare qualcosa di diverso dal latte, anche solo afferrando un determinato cibo e portandoselo alla bocca. Non hanno bisogno che siano i genitori a decidere quando iniziare l’alimentazione complementare e non hanno bisogno di essere imboccati. Possono fare da soli.

    Ecco cosa succede con l’autosvezzamento:

    Il bambino siede a tavola con tutta la famiglia e comincia a partecipare al pasto quando si sente pronto.

    Viene incoraggiato a esplorare il cibo quando dimostra interesse, prendendolo con le mani – anche se non lo mangia.

    Il cibo è offerto in pezzi che il bambino può maneggiare e non viene omogeneizzato.

    Il bambino inizia a mangiare da solo da subito, senza passare per la fase del cucchiaino.

    Decide lui quanto mangiare e quanto velocemente aumentare la varietà di cibo che assaggia.

    Il bambino continua ad alimentarsi con il latte materno, o la formula, a richiesta. E sarà lui a decidere quando è pronto a ridurre le poppate.

    Le prime esperienze di un bambino con l’alimentazione complementare possono influenzare profondamente il suo rapporto con il cibo anche negli anni a seguire, ecco perché è importante fare in modo che siano piacevoli. Eppure, per molti bambini – e per i loro genitori – il passaggio ai cibi solidi è tutt’altro che spassoso. Ovviamente, non tutti i bambini hanno questo rapporto con lo svezzamento convenzionale, ma spesso sembrano accettarlo con rassegnazione piuttosto che goderselo. Mentre i bambini che vengono lasciati liberi di autosvezzarsi, che mangiano con il resto della famiglia, affrontano i pasti con molta allegria.

    Quando Ryan aveva più o meno sei mesi sono uscita con un gruppo di mamme che avevano figli della stessa età. Erano tutte occupate a imboccarli e pulire loro la bocca con il cucchiaino per assicurarsi che niente andasse sprecato. Sembravano molto stressate e i piccoli non avevano l’aria di divertirsi.

    Suzanne, mamma di Ryan, 2 anni

    Perché lo svezzamento naturale è sensato

    I bambini gattonano, camminano e parlano quando sono pronti a farlo. Questi passaggi fondamentali del loro sviluppo – a parità di condizioni – avvengono nel momento giusto per quel particolare bambino, né prima né dopo. Quando mettete un neonato a terra, gli state dando l’opportunità di girarsi. Lo farà, appena si sentirà pronto. E gli state dando anche l’opportunità di alzarsi e camminare, il che può richiedere un po’ di tempo in più. Ma continuate a offrirgliene l’opportunità e prima o poi lo farà. Perché per il cibo dovrebbe essere diverso?

    I bambini sani sono quasi sempre in grado di alimentarsi al seno della madre appena nati. Intorno ai sei mesi sono in grado di afferrare il cibo e portarlo alla bocca. Lo abbiamo sempre saputo e per molti anni i genitori sono stati incoraggiati a offrire ai figli cibo in pezzetti intorno ai sei mesi. Ma adesso abbiamo prove scientifiche che ci dicono che i bambini non dovrebbero mangiare alcun cibo solido prima dei sei mesi di età (vedi pp. 15-16), e quindi – dal momento che a quel punto sono in grado di nutrirsi da soli – sembra proprio che non ci sia alcun bisogno di omogeneizzati e pappe.

    Eppure, anche se sappiamo che i bambini hanno sia l’istinto che la capacità di nutrirsi da soli e al momento giusto per loro, la maggior parte di loro viene svezzata in modo convenzionale, con il cucchiaino, per tutto il primo anno e a volte anche più a lungo.

    Quando si dovrebbe iniziare a offrire cibi solidi?

    Dal 2002 l’Organizzazione mondiale della sanità³, e dal 2003 anche il Dipartimento della salute del Regno Unito, raccomandano che i bambini – se possibile – si alimentino esclusivamente al seno fino ai sei mesi e che qualsiasi cibo solido venga introdotto, gradualmente, solo a partire da quel momento. Le evidenze suggeriscono che i cibi solidi prima dei sei mesi non siano ottimali per i bambini perché:

    Non sono ricchi di nutrienti e calorie come il latte materno o la formula. I bambini hanno uno stomaco piccolo e hanno bisogno di fonti di calorie concentrate e facilmente digeribili per una crescita salutare.

    Il sistema digerente di un bambino non può assimilare correttamente tutto il buono dei cibi solidi, che vengono quindi digeriti senza offrire un nutrimento appropriato.

    Se il bambino passa ai cibi solidi troppo presto, il consumo di latte materno o di formula diminuirà, e riceverà quindi ancora meno nutrimento.

    I bambini che passano ai cibi solidi troppo presto sono più inclini alle infezioni di quelli che si nutrono di latte materno o formula fino a sei mesi, perché il loro sistema immunitario è ancora immaturo.

    PERCHÉ SULL’ETICHETTA DI ALCUNI ALIMENTI PER L’INFANZIA TROVIAMO SCRITTO DAI 4 MESI?

    Il codice per la commercializzazione dei sostituti del latte materno elaborato dall’Organizzazione mondiale della sanità limita la promozione di qualsiasi alimento o bevanda per i bambini al di sotto dei sei mesi e quasi tutti i paesi del mondo l’hanno firmato. Ma in molti paesi, come anche il Regno Unito e gli Usa, il rispetto del codice resta volontario. In altre parole, non deve essere rispettato dall’industria alimentare. E siccome le aziende che producono alimenti per l’infanzia vogliono massimizzare i loro guadagni, molti decidono di scrivere sulle etichette che quel determinato prodotto è adeguato per i bambini sotto i sei mesi d’età, anche se non è vero. Dunque, finché non cambierà la legge, le etichette resteranno le stesse.

    Inoltre, somministrare ai bambini cibi solidi prima dei sei mesi può metterli a rischio di sviluppare in futuro problemi cardiaci, come una pressione del sangue troppo alta.

    Lo svezzamento naturale non è una novità

    Anche se il nome suona come una novità, l’autosvezzamento è vecchio quanto l’uomo. Abbiamo già scoperto da generazioni e generazioni che lasciar fare ai bambini, specialmente se si hanno tre o più figli, rende tutto più facile e divertente per tutti. È probabile che la maggior parte delle volte vada così: i genitori seguono le indicazioni del pediatra con il primo figlio, trovando l’introduzione dei cibi solidi particolarmente impegnativa. Poi con il secondo si rilassano, disattendono qualche regola e scoprono che mangiare tutti insieme è quanto meno più facile. Quando arriva il terzo, hanno talmente tante cose di cui occuparsi che lo lasciano fare.

    Solitamente questi genitori dichiarano che il primogenito, svezzato in maniera convenzionale, è diventato un mangiatore schizzinoso. Il secondo lo è un po’ meno, mentre il terzo è in genere una buona forchetta, come si dice, meno capriccioso e anche più curioso dei fratelli. In altre parole, hanno scoperto l’autosvezzamento senza saperlo, ma per timore di essere giudicati cattivi genitori non l’hanno detto a nessuno.

    Più parlo con le persone e più capisco che introdurre cibi solidi in questo modo non è un’idea nuova. Molti dicono: «Io l’ho fatto, ma non ne ho parlato con nessuno». Sono anni che i genitori lo fanno, ma non ha mai avuto un nome vero e proprio.

    Clare, mamma di Louise, 7 mesi

    UNA STORIA DI SVEZZAMENTO NATURALE

    Quando ho iniziato lo svezzamento naturale di Miguel, mia nonna – brasiliana – mi ha detto che anche lei con i suoi figli aveva introdotto i cibi solidi in questo modo: lasciando che prendessero dalla tavola quello che volevano. Quando l’ha visto mangiare per la prima volta si è emozionata così tanto che ha iniziato a piangere! Poi mi ha raccontato che quando i miei genitori hanno svezzato me erano determinati a seguire il metodo convenzionale, e che la cosa ha provocato non poche discussioni all’epoca. Mia nonna non capiva cosa stessero facendo e perché, mentre loro la accusavano di essere antiquata. Quindi vedermi praticare l’autosvezzamento con Miguel l’ha resa davvero molto felice. Mia madre, invece, pensava che io facessi solo per essere diversa dagli altri, o per seguire una moda. E mi ha anche detto che quello che preparavo era insapore perché non aggiungevo sale né zucchero! Però, dopo qualche mese, si è resa conto lei stessa di come stava crescendo bene Miguel: un mangiatore entusiasta, competente e sicuro, che amava anche la frutta e la verdura. Ecco perché quando poi è toccato ad Alice, due anni dopo, sapeva che avremmo scelto di nuovo lo svezzamento naturale e non ha fatto né detto niente per farci cambiare idea.

    Mia nonna mi diceva che era giusto lasciare che Miguel cominciasse a mangiare così, che a lei avevano sempre insegnato che i bambini devono mangiare a tavola, con la famiglia. In quegli anni non esistevano seggioloni, ma si utilizzava una scatola di legno sistemata accanto al tavolo in cui mettevano a sedere il bambino, che in quel modo poteva mangiare senza pericolo di cadere. Le storie che mi raccontava rinforzavano la mia sicurezza, e mi rassicuravano sul fatto che non fosse solo una questione di moda, ma un approccio sicuro e naturale.

    Miguel aveva cominciato l’autosvezzamento da qualche mese quando ho chiesto alla nonna di mio marito, che è giapponese, la sua esperienza. Anche lei aveva cominciato a introdurre i cibi solidi lasciando che i figli mangiassero da soli! Mi ha raccontato che in Giappone c’è un detto: «Il bambino che sta seduto mangia». Nessuna delle due nonne ricordava di aver ricevuto consigli ufficiali da parte dei dottori, ma che erano più che altro saperi che si tramandavano di madre in figlia, di nonna in nipote. Ogni bambino cresce secondo i propri ritmi, ci hanno detto, e i genitori devono osservare e aspettare che il proprio figlio impari a stare seduto. Ci hanno detto di offrire loro cibi semplici, evitare alimenti troppo duri e lasciare che si servissero da soli. Tutto molto facile, insomma. Nessuna delle due lo avrebbe definito svezzamento naturale, ma posso dire che di certo è un approccio che fa parte della mia famiglia già da molti anni.

    Melina, mamma di Miguel, 5 anni; Alice, 3 anni, e Cecilia, 1 anno

    Breve storia della nutrizione infantile

    Non sappiamo molto di come venissero iniziati ai cibi solidi i bambini inglesi prima del XIX secolo. Come in molti altri paesi, le pratiche relative all’educazione e alla genitorialità venivano tramandate di madre in figlia senza molta documentazione scritta. Ma è probabile che, come accade oggi, molte famiglie abbiano scoperto lo svezzamento naturale da sole. E malgrado le evidenze aneddotiche suggeriscano che alcune famiglie introducessero i cibi solidi in questo modo, per tutto il XX secolo molti bambini hanno conosciuto uno svezzamento diverso.

    All’inizio del XX secolo ai bambini non venivano offerti cibi solidi fino agli otto, nove mesi, se non più tardi. Anche se già dai sette mesi si offriva loro qualche osso pulito o croste da sgranocchiare, era solo per stimolare le competenze relative alla masticazione o aiutarli durante la dentizione, non come cibo nel vero senso della parola. Negli anni Sessanta, l’introduzione di cibi solidi è precipitata intorno ai due o tre mesi, per poi risalire fino ai circa quattro mesi negli anni Novanta. Molti di questi cambiamenti sono avvenuti per via delle diverse indicazioni che le mamme ricevevano rispetto all’allattamento; non si faceva molta ricerca sull’alimentazione infantile e, fino al 1974, non esistevano linee guida ufficiali sull’introduzione dei cibi solidi.

    Mia nonna è stata contentissima di vedere Rosy mangiare da sola. Era stata la maggiore di sette figli e ricordava di aver visto sua madre svezzare tutti i suoi fratelli e sorelle in questo modo. Nessuno veniva imboccato col cucchiaino. Lei invece ha svezzato mia madre intorno ai tre mesi e con il metodo convenzionale, perché le avevano raccomandato di fare così.

    Linda, mamma di Rosy, 22 mesi

    All’inizio del 1900 quasi tutti i bambini erano allattati, dalla propria madre o da una balia (una donna che le famiglie pagavano perché allattasse i loro figli). Poi le balie passarono di moda e il parto divenne più medicalizzato, e i medici iniziarono a pensare di dover essere loro a istruire le madri su come allattare i neonati. Affidarsi all’istinto delle madri o – peggio ancora – dei loro piccoli era impensabile, e l’alimentazione dei bambini ha iniziato a essere attentamente controllata… già a partire dalla nascita.

    Pur riconoscendo l’allattamento come l’opzione migliore per il bambino, il fatto che le poppate dovessero essere frequenti perché la mamma producesse abbastanza latte non era compreso fino in fondo. Alle madri venivano consigliati tempi e modalità che limitavano la durata delle poppate e allungavano la pausa tra una poppata e l’altra. Di conseguenza, molte verificavano di non aver latte a sufficienza, e non ci stupisce sapere che i pochi sostituti del latte materno allora disponibili divennero più popolari e iniziarono a essere raccomandati dai medici, con l’obiettivo di dare ai bambini la giusta quantità di latte di cui avevano bisogno.

    Se da una parte l’allattamento a orario divenne sempre più diffuso e sempre più mamme sceglievano il latte in formula, dall’altra era già chiaro che quei prodotti non erano poi così buoni come promettevano le pubblicità. I bambini nutriti con la formula si ammalavano più spesso, o erano malnutriti, e le poppate erano anche decisamente più difficili da approntare, il che rendeva più facile sbagliare.

    Dal momento che spesso le madri preferivano iniziare ad allattare al seno, anche se (a causa dell’impostazione rigida che veniva data loro) solo per pochi mesi, i dottori – così come gli autori dei nuovi manuali per mamme – decisero di incoraggiare l’allattamento ma anche l’introduzione dei cibi solidi non appena risultava chiaro che la madre non produceva più latte a sufficienza, tra i due e i

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