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Giovani, carine e bugiarde. Spietate
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Giovani, carine e bugiarde. Spietate
E-book261 pagine3 ore

Giovani, carine e bugiarde. Spietate

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Da questo romanzo la serie TV cult Pretty Little Liars

Una serie che ha fatto breccia nel cuore di milioni di fan

È la metà di gennaio, ma l’incendio nel bosco dietro casa di Spencer Hastings sembra sia stato così intenso da propagarsi come fosse piena estate. Dopo che Spencer, Emily, Aria e Hanna si sono salvate dal violento rogo, adesso hanno intenzione di andare fino in fondo e scoprire di cosa sono state testimoni. Giurano di aver visto qualcuno che doveva essere morto risorgere dalle ceneri. Ma nessuno crede alla loro storia, vengono sbeffeggiate dai compagni di scuola e dai media e chiamate “bugiarde”. Forse è ora che qualcuno  chiuda la bocca a queste quattro bugiardelle, una volta per tutte. Dopotutto a nessuno piace chi grida al lupo al lupo…

Hanno scritto dei libri precedenti:

«Qui il mistero si intreccia con il teen drama… e le quattro magnifiche bugiarde non smettono di comportarsi come ragazze della loro età.» 
Il Sole 24 Ore 

«Una saga al femminile con un appassionante tocco di mistero. Una serie di successo.»
Publishers Weekly
Sara Shepard
è cresciuta a Philadelphia, ha studiato alla New York University e al Brooklyn College e attualmente vive a Tucson, Arizona. La saga Giovani, carine e bugiarde, di cui la Newton Compton ha pubblicato i primi sette capitoli dai titoli Deliziose, Divine, Perfette, Incredibili, Cattive, Assassine e Spietate ha riscosso un clamoroso successo ed è diventata una serie televisiva.
LinguaItaliano
Data di uscita7 set 2016
ISBN9788854199019
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    Anteprima del libro

    Giovani, carine e bugiarde. Spietate - Sara Shepard

    Prologo. Oggetti smarriti

    Vi è mai capitato che qualcosa di veramente importante sparisse all’improvviso senza lasciare traccia? Come quella sciarpa vintage di Pucci che indossavate al ballo del primo anno. L’avevate tenuta attorno al collo per tutta la sera, ma quando giunse l’ora di tornare a casa, puf. Sparita. O quel bellissimo ciondolo d’oro, un regalo di vostra nonna. In qualche modo ha messo le gambe e se ne è andato via. Ma gli oggetti prduti non spariscono nel nulla. Devono essere da qualche parte.

    Anche quattro ragazze carine di Rosewood hanno perso cose molto importanti. Cose molto più grandi di una sciarpa o di una collana. Come la fiducia dei loro genitori. Un futuro in un college della Ivy League. La purezza. E pensavano anche di aver perso la loro migliore amica d’infanzia… o forse no. Forse l’universo l’aveva restituita, sana e salva. Ma ricordate che il mondo ritrova sempre l’equilibrio: quando qualcosa viene restituito, qualcos’altro deve essere sottratto.

    E a Rosewood poteva trattarsi di qualsiasi cosa. Della credibilità. Della sanità mentale. Della vita.

    Aria Montgomery fu la prima ad arrivare. Lasciò la bicicletta sul vialetto di ghiaia, si buttò a terra sotto il salice piangente e passò le dita fra le foglie morbide del prato appena tagliato. Solo ieri il profumo dell’erba le era sembrato quello dell’estate e della libertà, ma dopo tutto ciò che era accaduto, quell’odore non la riempiva più di gioia incontrastata.

    Emily Fields apparve subito dopo. Portava gli stessi jeans scoloriti e la stessa maglietta giallo limone della Old Navy che aveva indossato la sera prima. Gli abiti adesso erano stropicciati, come se avesse dormito vestita. «Ehi», disse svogliatamente, sedendosi accanto ad Aria. In quello stesso istante, Spencer Hastings uscì dalla porta di casa sua con un’espressione solenne, e Hanna Marin sbatté la portiera della Mercedes di sua madre.

    «Ehi». Emily infine ruppe il silenzio quando si ritrovarono tutte insieme.

    «Ehi», fece eco Aria.

    Si girarono contemporaneamente verso il capanno dietro al giardino di Spencer. La notte precedente, Spencer, Aria, Emily, Hanna e Alison DiLaurentis, la loro migliore amica nonché leader, avrebbero dovuto tenere lì il loro tanto atteso pigiama party di fine seconda media. Tuttavia, invece di durare fino all’alba, il loro party era stato interrotto all’improvviso prima della mezzanotte. Lungi dall’essere un inizio d’estate perfetto, si era rivelato piuttosto un disastro imbarazzante.

    Nessuna di loro riusciva a guardare le altre negli occhi. Non potevano nemmeno lanciare sguardi verso la grande casa vittoriana che apparteneva alla famiglia di Alison. Era lì che sarebbero dovute andare poco dopo, ma non le aveva invitate Alison bensì sua madre, Jessica. Aveva chiamato ognuna di loro a metà mattinata, dicendo che Alison non era tornata dopo la colazione – era forse a casa di una di loro? La mamma di Ali non era sembrata troppo allarmata quando le avevano risposto di no, ma qualche ora più tardi aveva richiamato per riferire, con una voce resa sottile e stridula dall’agitazione, che Ali non si era ancora fatta sentire.

    Aria si strinse i capelli nella coda. «Nessuna di noi ha visto dov’è andata Ali, giusto?».

    Scossero la testa. Spencer toccò delicatamente un livido bluastro che le era apparso sul polso quella mattina. Non aveva idea di quando si fosse fatta male. Aveva anche qualche graffio sulle braccia, come se fosse rimasta incastrata in un cespuglio di rovi.

    «E lei non ha detto a nessuno dove stava andando?», chiese Hanna.

    Alzarono tutte le spalle. «Probabilmente si starà divertendo da qualche parte», concluse Emily con la voce da asinello e la testa abbassata. Le ragazze avevano soprannominato Emily Assassina, come il pitbull personale di Ali. Le spezzava il cuore pensare che Ali potesse divertirsi di più con qualcun altro.

    «Carino da parte sua includerci», disse Aria con amarezza, prendendo a calci un ciuffo d’erba con gli stivali da moto.

    Il sole caldo di giugno batteva senza sosta sulla loro pelle pallida come l’inverno. Sentirono in lontananza il suono di uno spruzzo da una piscina sul retro e il ronzio di un tagliaerba. Era la tipica e incantevole estate suburbana a Rosewood, Pennsylvania, una periferia lussuosa e immacolata a una trentina di chilometri da Philadelphia. In quel momento le ragazze avrebbero dovuto essere sul bordo vasca del Rosewood Country Club, ad adocchiare i ragazzi carini che frequentavano la scuola privata d’élite, la Rosewood Day. Avrebbero potuto andarci comunque, ma gli sembrava strano divertirsi senza Ali. Si sentivano alla deriva senza di lei, come attrici senza un regista, o marionette senza un burattinaio.

    Durante il pigiama party della notte precedente, Ali era sembrata più irritata del solito con loro. Irritata e distratta – aveva voluto ipnotizzarle, ma quando Spencer aveva insistito per tenere aperte le imposte, Ali aveva ribattuto che dovevano essere chiuse; se ne era andata poco dopo senza salutare nessuno. Tutte loro avevano il cattivo presentimento di sapere perché se ne fosse andata: Ali aveva trovato qualcosa di meglio da fare, con amici più grandi e molto più fichi di loro.

    Anche se nessuna lo avrebbe ammesso, sapevano che sarebbe successo prima o poi. Ali era il tipo di ragazza che creava le mode alla Rosewood Day, era in cima a ogni lista delle Ragazze Più Sexy, e decideva chi era popolare e chi invece era assolutamente Indesiderabile. Riusciva a incantare tutti, dal suo cupo fratello maggiore, Jason, all’insegnante di storia più severo della scuola. L’anno prima aveva tirato Spencer, Hanna, Aria ed Emily fuori dall’anonimato e le aveva invitate nel suo sancta sanctorum. Quei primi mesi erano stati perfetti per loro: dominavano i corridoi della Rosewood Day, tenevano banco alle feste del primo anno, e si accaparravano sempre i tavoli migliori al Rive Gauche del King James Mall, cacciando via ragazze meno popolari che avevano occupato il posto per prime. Tuttavia, verso la fine della seconda media, Ali si era allontanata sempre di più. Non le chiamava più appena tornava a casa da scuola. Non inviava più sms di nascosto durante le lezioni. Quando le ragazze provavano a parlarle, i suoi occhi sembravano distanti, come se i suoi pensieri fossero altrove. L’unica cosa a cui Ali era interessata erano i loro segreti più profondi e oscuri.

    Aria guardò Spencer. «Sei corsa dietro ad Ali fuori dal capanno ieri sera. Davvero non hai visto da che parte è andata?». Doveva urlare per farsi sentire sopra il rumore di un qualche decespugliatore.

    «No», rispose velocemente Spencer, fissando le sue infradito bianche della J. Crew.

    «Sei corsa fuori dal capanno?». Emily strattonò una delle sue code biondo-rossicce. «Non me lo ricordo».

    «È stato subito dopo che Spencer ha detto ad Ali di andarsene», le informò Aria con una punta di irritazione nella voce.

    «Non pensavo che se ne sarebbe andata via sul serio», borbottò Spencer, cogliendo un dente di leone ribelle che era cresciuto sotto il salice.

    Hanna ed Emily si mangiucchiarono le unghie. Il vento cambiò, e il profumo dolce dei lillà e del caprifoglio riempì l’aria. L’ultima cosa che ricordavano era quella strana ipnosi di Ali: aveva contato all’indietro partendo da cento, toccando loro la fronte con il pollice, e aveva annunciato che erano in suo potere. Ore dopo, o così sembrava, si erano risvegliate da un sonno profondo e disorientante, e Ali era sparita.

    Emily si coprì il naso con il colletto della maglietta, come faceva quando era preoccupata. La maglietta profumava vagamente di detersivo e deodorante. «Quindi cosa diciamo alla mamma di Ali?»

    «Inventiamo una copertura», disse Hanna in modo pratico. «Diciamo che Ali sta con le sue amiche della squadra di hockey su prato».

    Aria alzò la testa, seguendo distrattamente la scia di un aeroplano che volava alto nel cielo blu sereno. «Suppongo di sì». Ma dentro di lei non voleva coprire Ali. La notte prima, Ali aveva insinuato alcuni fatti ovvi che riguardavano il segreto orribile del padre di Aria. Si meritava davvero il suo aiuto ora?

    Emily seguì con lo sguardo un calabrone che volava a zig zag di fiore in fiore nel giardino di Spencer. Neanche lei voleva coprire Ali. Molto probabilmente Ali era andata con le sue amiche di hockey – ragazze di mondo minacciose, che fumavano Marlboro dai finestrini delle loro Range Rover e frequentavano feste con barili di birra. Era così terribile per Emily sperare che Ali si mettesse nei guai per essere fuggita con loro? Era un’amica così cattiva a volere Ali tutta per sé?

    Anche Spencer si incupì. Non era giusto da parte di Ali presupporre che tutte loro mentissero per lei. La sera precedente, prima che Ali toccasse la fronte di Spencer per ipnotizzarla, Spencer si era alzata per protestare. Era stufa del controllo che Ali aveva su di loro. Era stufa di assecondare Ali in ogni cosa.

    «Dài, ragazze», le esortò Hanna, consapevole della riluttanza generale. «Dobbiamo coprire Ali». L’ultima cosa che voleva Emily era dare ad Ali una ragione per liberarsi di loro – se fosse successo, Hanna sarebbe tornata a essere una perdente brutta e paffuta. E quello non era il peggio che potesse accadere. «Se non la proteggiamo potrebbe dire a tutti del…». La voce di Hanna si affievolì mentre lei guardava la casa all’altro lato della strada, dove abitavano Toby e Jenna Cavanaugh. Era caduta in disuso nell’ultimo anno, l’erba del prato aveva un disperato bisogno di essere tagliata, e la base delle porte del garage era coperta da uno strato sottile di macchie verdi di muffa.

    La primavera precedente avevano accecato per sbaglio Jenna Cavanaugh mentre lei e suo fratello erano nella casa sull’albero. Tuttavia nessuno sapeva che erano state loro ad accendere il petardo, e Ali gli aveva fatto promettere di non svelare mai ciò che era accaduto, sostenendo che quel segreto avrebbe legato la loro amicizia per sempre. E se invece non fossero state più amiche? Ali sapeva essere spietata nei confronti di chi non le piaceva. Dopo aver inaspettatamente allontanato Naomi Zeigler e Riley Wolfe all’inizio della prima media, le aveva bandite dalle feste, aveva spinto i ragazzi a chiamarle per scherzo a casa, ed era anche entrata nei loro profili MySpace, dove aveva scritto messaggi a metà fra il cattivo e il divertente sui loro segreti imbarazzanti. Se Ali si fosse liberata delle sue quattro nuove amiche, quali promesse avrebbe infranto? Quali segreti avrebbe rivelato?

    La porta della casa dei DiLaurentis si aprì e la mamma di Ali si affacciò sulla veranda. Era di solito una donna alla moda e ben curata, ma quel giorno portava i capelli biondo chiaro raccolti in una coda disordinata. Indossava un paio di pantaloncini sfilacciati e larghi ai fianchi, e una maglietta logora tesa in vita.

    Le ragazze si alzarono e si avviarono verso il sentiero di ciottoli che conduceva alla porta di Ali. Come sempre, l’ingresso profumava di ammorbidente, e i muri erano coperti da foto di Alison e di suo fratello Jason. Lo sguardo di Aria si spostò immediatamente sulla foto di Jason all’ultimo anno delle superiori, con i capelli biondi e piuttosto lunghi tirati indietro e la bocca piegata in un accenno di sorriso. Prima che le ragazze potessero compiere il solito rituale, toccando l’angolo in basso a destra della loro foto preferita, scattata durante il viaggio alle Poconos nel luglio precedente, la signora DiLaurentis le fece radunare tutte in cucina e con un gesto le fece sedere intorno al grande tavolo in legno. Era strano ritrovarsi a casa di Ali senza Ali, era come se la stessero spiando. C’era traccia di lei ovunque: un paio di zeppe turchesi di Tory Burch vicino alla porta della lavanderia, un flacone in formato viaggio della sua crema preferita per le mani sul tavolino del telefono, e una calamita a forma di pizza che reggeva la pagella di Ali – tutte A, ovviamente – sul frigorifero in acciaio inossidabile.

    La signora DiLaurentis si sedette accanto a loro e si schiarì la gola. «So che eravate con Alison ieri sera, e ho bisogno che vi sforziate di pensare. Siete sicure che non abbia neanche accennato a dove potrebbe essere andata?».

    Scossero tutte la testa, fissando le tovagliette di iuta intrecciata. «Penso che sia con le sue amiche di hockey», sputò fuori Hanna quando sembrava che nessuna volesse aprir bocca.

    La signora DiLaurentis fece a pezzetti la lista della spesa che aveva tra le mani. «Ho già chiamato tutte le ragazze della squadra e le sue amiche del ritiro di hockey. Nessuna l’ha vista».

    Sguardi preoccupati sfrecciarono fra le ragazze. Avevano i nervi scossi e il cuore che batteva veloce. Se Ali non era con nessun’altra delle sue amiche, allora dov’era finita?

    La signora DiLaurentis picchiettò il tavolo con le dita. Alcune unghie sembravano rovinate, come se le avesse mangiucchiate. «Vi ha detto che sarebbe tornata a casa? Mi è parso di vederla sulla porta della cucina mentre parlavo con…». La sua voce si affievolì per un istante quando lanciò uno sguardo verso la porta sul retro. «Sembrava agitata».

    «Non sapevamo che Ali fosse tornata a casa», borbottò Aria.

    «Oh». Le mani della madre di Ali tremavano nel prendere la tazza di caffè. «Ali vi ha mai parlato di qualcuno che la infastidiva?»

    «Non lo farebbe nessuno», rispose immediatamente Emily. «Ali piace a tutti».

    La signora DiLaurentis fece per protestare, ma cambiò subito idea. «Hai ragione. E non vi ha mai detto di voler scappare via?».

    Spencer sbuffò. «Impossibile». Solamente Emily abbassò la testa. Ogni tanto lei e Ali avevano parlato di voler fuggire insieme. Ultimamente, una delle loro fantasie ricorrenti riguardava il volare a Parigi e assumere identità nuove di zecca. Emily però era sicura che Ali non stesse parlando sul serio.

    «Vi è mai sembrata triste?», continuò la signora DiLaurentis.

    Le ragazze sembravano sempre più confuse. «Triste?», sbottò infine Hanna. «Nel senso… depressa?»

    «Assolutamente no», affermò Emily, pensando a come Ali aveva piroettato felice sul prato il giorno prima, per celebrare la fine della seconda media.

    «Se fosse preoccupata per qualcosa ce lo direbbe», aggiunse Aria, anche se non era poi così sicura che fosse vero. Fin da quando lei e Ali avevano scoperto il segreto sconcertante del padre di Aria qualche settimana prima, Aria aveva evitato Ali. Aveva sperato di poter superare quell’ostacolo al pigiama party della notte precedente.

    Il brontolio della lavastoviglie dei DiLaurentis annunciò il passaggio al ciclo successivo. Il signor DiLaurentis entrò in cucina, con lo sguardo annebbiato e l’aria persa. Quando vide la moglie, il suo volto assunse un’espressione inquieta, e di corsa girò i tacchi per andarsene, grattandosi con vigore il nasone adunco.

    «Siete sicure di non sapere nulla?», chiese la signora DiLaurentis. Le rughe di espressione le attraversavano la fronte corrugata. «Ho cercato il suo diario nella speranza che abbia scritto dove potesse essere andata, ma non sono riuscita a trovarlo».

    Il volto di Hanna s’illuminò. «So com’è fatto il suo diario. Vuole che andiamo su a cercarlo?». Avevano visto Ali scrivere nel diario qualche giorno prima, quando la signora DiLaurentis le aveva fatte salire in camera di Ali senza avvisarla. Ali era così concentrata su ciò che stava scrivendo che era sembrata sorpresa alla vista delle sue amiche, come se per un momento avesse dimenticato di averle invitate da lei. Qualche secondo più tardi, la signora DiLaurentis le aveva richiamate al piano di sotto per fare una ramanzina ad Ali, e quando Ali era uscita sul patio sembrava irritata dal fatto che loro fossero ancora lì, come se rimanere a casa sua mentre la madre le urlava contro fosse in qualche modo sbagliato.

    «No, no, non fa niente», rispose la signora DiLaurentis, posando la tazza di caffè sul tavolo.

    «Sul serio», fece Hanna, spostando indietro la sedia e avviandosi verso il corridoio. «Non c’è problema».

    «Hanna», tuonò la madre di Ali, con una voce affilata come un rasoio. «Ho detto di no».

    Hanna si fermò sotto il lampadario. C’era qualcosa di indecifrabile che scorreva sul volto della signora DiLaurentis. «Okay», disse piano Hanna, ritornando a sedersi al tavolo. «Mi scusi».

    Dopodiché la signora DiLaurentis ringraziò le ragazze per averle fatto visita. Uscirono in fila per uno, battendo gli occhi alla luce intensa del sole. Nel vicolo accanto, Mona Vanderwaal, una perdente del loro stesso anno, andava avanti e indietro sul suo monopattino. Salutò le ragazze quando le vide, ma nessuna di loro ricambiò il saluto.

    Emily diede un calcio a un mattone fuori posto del vialetto. «La signora D. sta reagendo in modo sproporzionato. Ali sta bene».

    «Non è depressa», insistette Hanna. «È una scemenza».

    Aria si infilò le mani nelle tasche della minigonna. «E se Ali fosse davvero scappata? Magari non perché era triste, ma perché voleva andare in un posto più fico. Probabilmente non le mancheremo neanche».

    «Certo che le mancheremo», scattò Emily. E subito scoppiò in lacrime.

    Spencer la guardò e alzò gli occhi al cielo. «Dio, Emily. Devi proprio piangere ora?»

    «Lasciala stare», ribatté Aria.

    Spencer spostò lo sguardo su di lei, squadrandola da cima a fondo. «L’anello al naso è storto», le fece notare, con una nota non troppo velata di cattiveria nella voce.

    Aria toccò il finto orecchino con i brillantini sulla narice sinistra. In qualche modo le era scivolato, arrivando quasi sulla guancia. Lo rimise a posto e poi, in uno sbalzo di imbarazzo, se lo tolse completamente.

    Sentirono un fruscio, seguito da un sonoro crunch. Si girarono e videro Hanna tirar fuori dalla borsa una manciata di patatine al formaggio. Si fermò quando si accorse che tutte la fissavano con diffidenza. «Che c’è?», disse, la bocca contornata da un alone arancione.

    Rimasero in silenzio per un attimo. Emily si asciugò le lacrime. Hanna prese di nascosto un’altra manciata di patatine. Aria giocherellava con le fibbie degli stivali da motociclista. E Spencer si mise a braccia incrociate, annoiata da loro. Senza Ali, il loro gruppo sembrava così imperfetto. Un gruppo di sfigate, perfino.

    Dal giardino sul retro di Ali venne un rombo assordante. Le ragazze si voltarono e videro una betoniera parcheggiata accanto a una grossa buca. I DiLaurentis stavano costruendo un gazebo abbastanza grande per venti persone. Un operaio magro e barbuto, con i capelli biondi raccolti in una tozza coda di cavallo, vedendo le ragazze si tirò su gli occhiali da sole a specchio. Lanciò loro un sorriso lascivo, scoprendo un incisivo d’oro. Un altro operaio calvo, muscoloso e ricoperto di tatuaggi, in una canottiera stretta e un paio di jeans strappati, fischiò nella loro direzione. Le ragazze rabbrividirono dal disagio – Ali gli aveva raccontato di come gli operai facessero sempre commenti osceni mentre lei gli passava davanti. Poi uno degli operai fece un cenno al guidatore della betoniera, e il camion cominciò a indietreggiare lentamente. Il cemento grigio colò prima su uno scivolo e poi nella buca.

    Ali aveva parlato di questo progetto per il gazebo per giorni. Avrebbe avuto una vasca idromassaggio da un lato e un braciere dall’altro. L’intera struttura sarebbe stata circondata da piante, cespugli e alberi così da far sembrare il gazebo immerso in una scena tropicale e serena.

    «Ad Ali piacerà tantissimo il gazebo», disse fiduciosa Emily. «Terrà le feste migliori qui».

    Le altre annuirono cautamente. Speravano di essere invitate. Speravano che questa non fosse la fine di un’era.

    E a quel punto ognuna andò per la sua strada, diretta verso casa. Spencer entrò in cucina, guardando attraverso le finestre sul retro

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