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Uno sconosciuto da sposare: Harmony Collezione
Uno sconosciuto da sposare: Harmony Collezione
Uno sconosciuto da sposare: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

Uno sconosciuto da sposare: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

All'inizio Danielle d'Alboa è piuttosto scettica: accettare la proposta del facoltoso uomo d'affari Rafe Valdez potrebbe rivelarsi l'errore più grande della sua vita. Lui le offre, infatti, un matrimonio di convenienza che la salverebbe dai debiti e le permetterebbe di riavviare il suo negozio di biancheria intima. Il "contratto" è troppo allettante per rinunciarvi, ma non appena Danielle accetta, capisce che Rafe non è esattamente l'uomo che aveva immaginato.
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2019
ISBN9788830502284
Uno sconosciuto da sposare: Harmony Collezione
Autore

Helen Bianchin

Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. I passatempi di Helen spaziano fra il tennis, il ping-pong, lo judo e la lettura. Inoltre adora il cinema e conduce un'intensa vita sociale.

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    Anteprima del libro

    Uno sconosciuto da sposare - Helen Bianchin

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Wedding Ultimatum

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2002 Helen Bianchin

    Traduzione di Alessandra Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-228-4

    1

    Che cosa si dovrebbe indossare per andare a un appuntamento con il diavolo in persona?

    Danielle studiò attentamente gli abiti appesi nel proprio guardaroba, prese una decisione ben ponderata e cominciò a vestirsi con cura.

    L’attico che divideva con sua madre in uno dei più esclusivi quartieri di Melbourne era da sempre stato la sua casa. Lussuoso, spazioso, era il simbolo di una classe sociale elevata.

    Ma non lo sarebbe stato ancora a lungo. La dimostrazione era tutta intorno a lei, rifletté. I quadri di valore inestimabile che un tempo adornavano le pareti erano stati venduti e i preziosi mobili antichi erano stati sostituiti da un arredamento di seconda mano. Una utilitaria aveva preso il posto della Bentley d’epoca e sembrava addirittura che i creditori si aggirassero come squali affamati intorno alla casa, non vedendo l’ora di affondare i denti in ciò che rimaneva delle proprietà.

    La collezione di carte di credito di Ariane aveva da tempo raggiunto il massimo della spesa consentita, e la boutique La Femme, che gestivano insieme, andava avanti a fatica, ammise mentre si agganciava due orecchini di diamanti. Quei gioielli erano stati di sua nonna, ed erano gli unici oggetti di valore che Danielle aveva conservato.

    Entro quella settimana avrebbero dovuto lasciare l’attico, portandosi via solo ciò che la bancarotta avrebbe consentito loro, e trasferirsi in un mediocre appartamento in affitto, chiudere La Femme e trovarsi un lavoro.

    A ventisette anni, Danielle era diventata povera. Non era una bella sensazione, rifletté, afferrando la borsetta da sera e avviandosi verso l’ascensore.

    Era quasi un anno che trascorreva le serate in casa, e i pochi avvenimenti mondani ai quali aveva partecipato si limitavano a qualche invito dei pochi amici rimasti fedeli alla vedova di un uomo discendente da una riverita famiglia spagnola.

    L’appuntamento di quella sera era il tentativo estremo di cercare un po’ di clemenza dall’uomo che possedeva l’edificio in cui alloggiavano, e il complesso nel quale avevano affittato il negozio per aprire la loro boutique di biancheria intima. Era irrilevante il fatto che la stessa persona fosse proprietaria di una considerabile fetta delle principali industrie della città, e avesse vasti possedimenti terrieri.

    Rafael Valdez rappresentava la fascia dei nuovi ricchi, meditò Danielle, raggiungendo il parcheggio.

    Aveva accumulato una fortuna quasi vergognosa, e giravano voci che non lo avesse sempre fatto in maniera esemplare.

    Aveva quasi quarant’anni ed era conosciuto come uno dei più grandi benefattori delle opere di carità, ma le malelingue sostenevano che il denaro che versava in beneficenza in realtà gli servisse per pagarsi l’ingresso nei circoli dell’alta società e per essere ben accetto tra i ricchi. Una élite alla quale Danielle e Ariane non avevano più accesso.

    Eppure Danielle aveva sentito parlare molto di lui. Spesso la sua foto compariva sui giornali, accompagnata da qualche articolo di finanza o di cronaca cittadina, in cui si raccontava di un qualche avvenimento sociale cui lui aveva partecipato, inevitabilmente accompagnato da qualche splendida ragazza aggrappata al suo braccio, oppure da un’anziana matrona desiderosa di apparire in prima pagina.

    Danielle lo aveva incontrato di persona solo una volta, quasi un anno prima, a una cena di un cosiddetto amico che, non appena venuto a conoscenza della situazione finanziaria di Ariane, non aveva più ripetuto l’invito.

    In quell’occasione, lei lo aveva guardato con attenzione, per poi rifugiarsi dietro una conversazione educata ma fredda. Aveva qualificato il proprio atteggiamento come una sorta di autodifesa: avere a che fare con un uomo come Rafe Valdez era come voler danzare con il demonio.

    Adesso, non aveva altra scelta. Aveva provato per parecchie settimane ad avere un appuntamento con lui e quella volta era stato proprio lui a insistere perché uscissero a cena.

    Il ristorante in cui l’aveva invitata era situato nella parte alta della città e non le fu semplice trovare parcheggio. Di conseguenza, giunse all’appuntamento con circa dieci minuti di ritardo... un tempo accettabile, ma Rafe Valdez si sarebbe risentito.

    Una volta entrata nel locale, lo riconobbe immediatamente, appoggiato al bancone del bar e, sebbene Danielle avesse informato il maître del proprio arrivo, lui non attese e le si avvicinò con passo felpato.

    Alto, scuro e pericoloso, aveva la stessa imponente struttura fisica dei suoi antenati andalusi. Gli occhi scuri come il peccato si allacciarono ai suoi...

    Un involontario brivido le percorse la spina dorsale e il cuore accelerò.

    Vi era qualcosa, in lui, che le suggeriva di innalzare tutte le proprie difese. Una qualità intrinseca che andava ben oltre l’impatto fisico.

    «Spero che non mi stia aspettando da molto.»

    Rafe sollevò un sopracciglio con un’espressione scettica. «È un tentativo di chiedere scusa?»

    Aveva una voce profonda, con una leggera inflessione americana.

    Al di là del suo aspetto sofisticato, si scorgeva una vena selvaggia, una crudeltà di base che si diceva fosse dovuta alla sua infanzia, trascorsa nelle strade di Chicago a lottare per la sopravvivenza.

    «Sì.» Danielle incontrò il suo sguardo senza battere ciglio. «E se vuole sapere il motivo del mio ritardo, è la difficoltà di trovare un parcheggio in questo quartiere.»

    «Avrebbe potuto prendere un taxi.»

    «No» rispose con tono falsamente dolce. «Non potevo.» Le sue finanze non glielo avrebbero permesso, e una donna sola non avrebbe viaggiato sui mezzi pubblici di sera.

    Rafe sollevò una mano per richiamare l’attenzione del maître, che si avvicinò con fare ossequioso. Li accompagnò a un tavolo, porse loro il menu e schioccò le dita con un gesto imperioso perché un cameriere versasse da bere.

    Danielle rifiutò il vino e ordinò un antipasto leggero, un primo e declinò il dolce.

    «Immagino che lei conosca il motivo per il quale avevo chiesto di incontrarla» gli disse quindi in tono fermo.

    Lui la studiò attentamente, apprezzandone il coraggio, l’orgoglio... così come la disperazione nei suoi occhi. «Perché non si rilassa e non ci godiamo la cena, prima di discutere di affari?»

    «L’unica ragione della mia presenza qui sono gli affari» replicò Danielle senza abbassare lo sguardo.

    Il sorriso che gli incurvò le labbra era privo di umorismo. «Per fortuna, non possiedo un ego fragile.»

    «Dubito che lei possa avere qualcosa di fragile.» Era un uomo di granito, con il cuore di pietra. Che speranza aveva di convincerlo a non esigere il riscatto dell’ipoteca? Eppure doveva tentare.

    «Onestamente» ammise lui, «è una mia pregevole caratteristica.»

    Il cameriere servì gli antipasti e Danielle sbocconcellò senza appetito quello che aveva davanti, attenta a non rovinare il lavoro dello chef che aveva composto il piatto.

    Tutto ciò che avrebbe dovuto fare era sopravvivere alla prossima ora, forse alle prossime due... Prima del ritorno a casa avrebbe avuto la risposta, e il suo destino e quello di sua madre sarebbero stati segnati.

    Era sicura che il cibo era delizioso, ma non riuscì a gustarlo. Temporeggiò con la prima portata, sorseggiando acqua minerale.

    Rafe, invece, si godette la cena, utilizzando le posate con gesti decisi e sicuri. Aveva l’aspetto di un uomo di classe, abbigliato elegantemente. Era un vestito di Armani quello che indossava? La camicia blu scuro era di cotone pregiato e la cravatta di pura seta. L’orologio che portava era sicuramente di una marca costosa.

    Ma com’era l’uomo sotto quegli abiti? Aveva la reputazione di essere crudele negli affari e di sapere sfruttare al meglio il proprio potere. Sarebbe stato ugualmente inflessibile, quando lei gli avesse rivolto la propria richiesta?

    Danielle tenne a bada i nervi fino al momento in cui il cameriere sparecchiò, poi gli rivolse le uniche parole che aveva in mente dall’inizio della serata.

    «Sarebbe disposto a concederci una dilazione di credito?»

    «A quale scopo?»

    Avrebbe rifiutato. Lo stomaco le si chiuse in una morsa dolorosa. «Mia madre potrebbe gestire da sola il negozio» spiegò, «mentre io potrei trovare un lavoro da qualche parte.»

    «E ottenere uno stipendio che coprirebbe a malapena le spese settimanali?» Rafe si appoggiò allo schienale della sedia e fece un gesto al cameriere in attesa dietro di lui perché gli riempisse il bicchiere di vino. «Non è una proposta accettabile.»

    Il loro debito ammontava a una fortuna, e non vi erano speranze che qualcuno potesse aiutarle a saldarlo. Danielle incontrò il suo sguardo. «La soddisfa vedermi supplicare?»

    Rafe sollevò un sopracciglio, sorpreso. «È quello che sta facendo?»

    Lei si alzò di scatto e afferrò la borsetta da sera. «Questa serata è stata un errore.» Si voltò, ma lui l’afferrò per un polso.

    «Si sieda.»

    «Perché? Per darle il piacere di vedermi continuare a pregarla?» Arrossì per la rabbia. «No, grazie.»

    Rafe accentuò la stretta sul polso e notò un lampo di dolore nei suoi occhi, ma non la lasciò. «Si sieda» ripeté con mortale calma. «Siamo ben lontani dalla conclusione della serata.»

    Danielle fissò il proprio bicchiere d’acqua sul tavolo e, per una frazione di secondo, il pensiero di versarglielo addosso le attraversò la mente...

    «Non lo faccia.»

    Il tono glaciale la convinse a desistere.

    «Mi lasci il braccio.»

    «Quando si sarà seduta.»

    La loro era una battaglia di volontà contrapposte e lei non avrebbe voluto cedere, ma qualcosa nello sguardo scuro di quell’uomo le rivelò che non avrebbe mai potuto vincere contro di lui. Dopo qualche teso secondo, si riaccomodò sulla sedia, massaggiandosi inconsciamente il polso.

    Un brivido la percorse all’idea che avrebbe potuto facilmente spezzarle le ossa.

    «Che cosa vuole?» si lasciò sfuggire d’istinto, prima di riflettere.

    Rafe sollevò il proprio bicchiere e sorseggiò la bevanda rosso rubino senza smettere

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