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Il passato è domani: Harmony Collezione
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Il passato è domani: Harmony Collezione
E-book152 pagine2 ore

Il passato è domani: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Un voto infranto non significa necessariamente anche un matrimonio infranto.
Angie de Calvhos credeva in ogni singola parola del voto pronunciato all'altare insieme a suo marito Roque. Peccato che lui non fosse altrettanto sincero, e invece del futuro felice che sognava, ad attenderla c'era una mortificante separazione.
Ora, con le carte del divorzio pronte per essere firmate, Angie ha finalmente trovato il coraggio di mettere la parola fine in fondo alla sua vita di moglie, ma non ha fatto i conti con la magnetica influenza che Roque ancora ha su di lei. E il passato, certe volte, non conta...
LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2018
ISBN9788858983645
Il passato è domani: Harmony Collezione
Autore

Michelle Reid

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il passato è domani - Michelle Reid

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    After Their Vows

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Michelle Reid

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-364-5

    1

    «Cosa devo fare?»

    Seduto alla scrivania, immerso nella relazione aperta davanti a sé, Roque de Calvhos rispose impassibile. «Niente.»

    Perplesso, Mark Lender aggrottò la fronte, perché niente non era un’opzione che il suo datore di lavoro poteva permettersi.

    «Potrebbe procurarti dei problemi» si permise di far presente, pur sapendo che il giovane che aveva di fronte non accettava interferenze nelle questioni riguardanti la vita privata.

    Roque de Calvhos era tale e quale suo padre per quanto concerneva la mentalità. Quando Eduardo de Calvhos si era ammalato ed era morto all’improvviso tre anni prima, nessuno si sarebbe aspettato che il figlio, noto playboy, si facesse ben presto largo nell’impero economico paterno, prendendo decisioni che la maggior parte della gente riteneva portassero la compagnia a un inesorabile declino.

    Si erano sbagliati. La nuova gestione delle diverse branche che costituivano l’impero de Calvhos aveva messo in ombra il colossale successo del padre.

    Ora era rispettato e ossequiato. Aveva, inoltre, un fisico eccezionale e una calma insopportabile, tanto che alcuni sciocchi si erano permessi di sottovalutarlo, solo per capire a proprie spese quale errore madornale avessero commesso.

    La moglie da cui era separato non apparteneva a questa categoria. «Al momento fa riferimento a incompatibilità insuperabili. Rifletti, Roque» consigliò Mark. «Apparentemente, Angie non intende procurarti guai.»

    Abbandonando il rapporto, Roque fissò l’uomo più anziano. Gli occhi, neri come i capelli, non rivelavano nulla mentre studiava l’espressione preoccupata dell’avvocato.

    «Stai ricordandomi che mia moglie non ha firmato nessun accordo prematrimoniale» considerò. «Credimi, Mark, Angie non è avida. Sono convinto che non voglia togliermi la pelle di dosso, chiaro?»

    «Dipende da cosa intendi per toglierti la pelle di dosso» ribatté asciutto il legale. «Non vuole il tuo denaro? D’accordo, posso essere del tuo parere, perché in caso contrario lo avrebbe preteso già da tempo. Ma non giurerei che non intenda colpirti nel tuo onore e nel tuo orgoglio. Vuole il divorzio, Roque» ribadì deciso Mark. «Se l’unico modo per ottenerlo è giocare sporco, allora devi prendere in considerazione la possibilità che ti citi per adulterio, per ottenere ciò che vuole. E se intende percorrere questa strada non sarà possibile tacitare la questione. Sai meglio di me cosa salterebbe fuori se dovesse scoperchiare il vaso.»

    Roque digrignò i denti. Sapeva che Mark aveva ragione.

    Il playboy e le due indossatrici... I titoli sarebbero stati di nuovo in prima pagina. L’ultima volta, la storia piccante era proseguita per settimane.

    Trasse un profondo sospiro, insofferente del fatto che Mark avesse ragione.

    Interpretando quel sospiro come un segnale per proseguire, Mark Lender incalzò.

    «Angie ha le prove che sei stato a letto con Nadia Sanchez. Gliele ha fornite quella stupida in persona, perché voleva che andasse a monte il vostro matrimonio.»

    «E c’è riuscita» confermò Roque con tono piatto.

    «Sei stato dannatamente fortunato che Angie, all’epoca, abbia tenuto segreta la storia per salvarsi la faccia.»

    C’erano ben altre motivazioni, oltre a volersi salvare la faccia, rifletté Roque socchiudendo gli occhi in modo che il legale non potesse intuire i suoi pensieri.

    Angie era ferita. Angie aveva il cuore spezzato. Angie lo odiava per averle fatto tanto male.

    Angie improvvisamente aveva abbandonato la carriera di indossatrice ed era sparita per mesi. Lui aveva ingaggiato una squadra di investigatori per rintracciarla, ma senza successo. Aveva fatto anche pressioni sul fratello minore della moglie, nella speranza che Alex cedesse e gli confidasse dove si era rifugiata. Ma il diciottenne non aveva rivelato nulla, anzi, si era divertito a vederlo patire. Quando, alla fine, Angie era ricomparsa, si era recata direttamente alla CGM Management e aveva chiesto al suo precedente capo, Carla, di essere assunta per un normale lavoro d’ufficio. Ora stava alla scrivania di quella famosa agenzia di modelle e neppure una volta, in quel dannato anno della loro separazione, lui aveva saputo qualcosa di lei.

    E adesso gli chiedeva il divorzio, come se si aspettasse che prendesse la palla al balzo. Roque chiuse ancora di più gli occhi, lo sguardo calcolatore celato dalle palpebre, mentre prendeva in esame la situazione in sospeso con la moglie ferita che se n’era andata.

    Una situazione che avrebbe dovuto concludersi con Angie che tornava da lui in ginocchio, supplicandolo di riprenderla. Il suo orgoglio e l’ego ferito lo esigevano. E, sfortunatamente per Angie, lui aveva il mezzo per far sì che succedesse... Stava pensando a qualcosa di cui Mark non era a conoscenza, che aveva tenuto costantemente sotto controllo.

    «Di divorzio non se ne parla» annunciò, cogliendo di sorpresa il legale.

    «Quindi intendi ignorare questa richiesta?» domandò incredulo Mark.

    «La gestirò a modo mio» promise.

    Con disappunto, Mark spostò il peso del corpo da un piede all’altro. «Ritengo che sarebbe... più opportuno gestire la questione in modo formale, e seguire le vie legali.»

    «A esperança é a última que morre» mormorò Roque, senza rendersi conto di aver parlato nella propria lingua, finché non razionalizzò di aver citato il vecchio proverbio portoghese con un’amarezza che solo lui percepiva.

    La speranza è l’ultima a morire, tradusse tra sé perché lo faceva sentire meglio convincersi di avere fiducia che Angie si adeguasse al suo modo di pensare.

    Una speranza che non aveva in quel ladro bastardo di suo cognato che stava tenendo d’occhio.

    Quando finalmente Mark rinunciò a fargli cambiare idea e lo lasciò solo, Roque rifletté per alcuni minuti quale sarebbe stata la mossa successiva, per poi aprire il cassetto della scrivania ed estrarre una cartelletta.

    Quindi uscì dall’ufficio.

    «A Cambridge» ordinò all’autista, poi si rilassò sul sedile e chiuse gli occhi, studiando il modo di servirsi di un pesce piccolo come esca per catturare un pesce grosso.

    Nella piccola cucina, l’atmosfera era elettrica. «Hai fatto... cosa?» esplose Angie con voce soffocata.

    Appollaiato su una sedia della cucina, suo fratello borbottò: «Te l’ho detto».

    Oh, d’accordo, aveva sentito, ma questo non significava che riuscisse a crederci!

    Con dita tremanti, Angie scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Quando era tornata dal lavoro, e aveva trovato ad aspettarla Alex, era stata talmente felice di vederlo che non si era chiesta cosa lo avesse spinto a venire da lei in un giorno feriale senza neppure avvertirla. Adesso avrebbe voluto mordersi le unghie per non aver previsto dei guai.

    «Allora, fammi capire» riprese cercando di mantenere la voce controllata, «invece di seguire i tuoi studi, hai passato il tempo giocando d’azzardo su Internet?»

    «Giocare in Borsa non è un gioco d’azzardo» obiettò Alex.

    «E allora, come lo chiami?»

    «Una speculazione.»

    «È solo un altro modo di definirlo, Alex!» sbottò Angie. «Smettila di indorare la pillola.»

    «Non sto facendo niente del genere» si ribellò Alex. «All’università lo fanno tutti. Puoi mettere insieme una fortuna se sai come fare.»

    «Non mi importa un accidente di cosa fanno gli altri. Io mi preoccupo solo per quello che fai tu» ribatté Angie. «E se stai accumulando una fortuna speculando sul mercato, perché sei qui a dirmi che hai dei debiti?»

    Messo alle strette, il diciannovenne si alzò di scatto. Alto uno e ottanta, allampanato, capelli castani e vivaci occhi verdi in cui brillava un lampo di sfida, si avvicinò alla finestra, le mani ficcate in tasca.

    La tensione in lui era evidente. Angie gli diede un attimo per calmarsi, poi riprese quietamente: «Penso che tu debba dirmi quanto è brutta la situazione».

    «Non ti piacerà.»

    Su questo ci avrebbe scommesso. Angie odiava i debiti. La spaventavano a morte. Era stato così fin dalla tenera età di diciassette anni, quando i genitori erano morti in un incidente stradale, lasciandola sola con il fratello tredicenne. In quella circostanza aveva scoperto che la loro vita privilegiata era stata effimera, in quanto le proprietà erano ipotecate fino all’osso.

    Ciò che era rimasto, dopo aver pagato i debiti, era stato appena sufficiente a pagare la retta scolastica del fratello per l’anno successivo. Lei era stata costretta a lasciare l’istituto privato in cui studiava per impegnarsi in due lavori per sopravvivere. E aveva lavorato sodo, controllando ogni singolo penny, per non ricadere nei debiti. Se non avesse avuto la fortuna di imbattersi nella proprietaria di un’agenzia di modelle, non sapeva che fine lei e Alex avrebbero fatto.

    Per un anno si era consumata lavorando di giorno come commessa a Londra, e di sera servendo ai tavoli di un ristorante, per poi rincasare in una miserabile camera, cadere esausta sul letto per riprendere la stessa vita il mattino successivo.

    Poi Carla Gail si era avvicinata al suo banco per acquistare un profumo. Carla aveva scorto qualcosa di interessante nella sua figura sottile, in quel periodo ancora più sottile per i pasti saltati, negli immensi occhi verde smeraldo e nei lucenti capelli scuri in contrasto con la pelle chiarissima. Senza neppure rendersene conto, Angie si era ritrovata proiettata nel mondo fittizio della moda, a guadagnare cifre da capogiro.

    Nel giro di qualche mese era l’indossatrice che tutti volevano, nelle sfilate e sulle copertine. Aveva trascorso i tre anni successivi in giro per il mondo, mettendo scrupolosamente da parte il denaro per assicurare l’istruzione ad Alex.

    Era orgogliosa di essere riuscita a non far mancare ad Alex nulla di quanto avevano i suoi privilegiati compagni di scuola. Quando era stato accettato a Cambridge ne era stata felice, anche perché era riuscita a ottenere tutto questo senza mai fare un debito.

    «Per te è stato tutto facile.» Alex si inserì nei suoi pensieri. «Hai sempre avuto a disposizione del denaro, mentre io non ne ho mai avuto.»

    «Ti do un mensile, Alex, e non ti ho mai negato niente!»

    «Sì, ma è chiedere che mi pesa.»

    Serrando le braccia intorno al petto, quasi a soffocare la fitta dolorosa che le aveva dato quella risposta ingiusta, Angie attese qualche secondo prima di ribattere.

    «Su, coraggio. Facciamola finita e dimmi di che somma si tratta.»

    Riluttante, Alex citò una cifra che ebbe il potere di farle defluire il sangue dal viso.

    «Stai scherzando?» mormorò.

    «Mi piacerebbe.» Il ragazzo si fece sfuggire una risata amara.

    «Cinquanta... hai proprio detto cinquantamila

    Alex arrossì. «Non farmelo pesare in questo modo!»

    Oh, certo che glielo faceva

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