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L assistente del principe: Harmony Collezione
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E-book150 pagine2 ore

L assistente del principe: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Adriana Righetti, assistente personale del Principe Patricio di Kitzinia, è abituata ad avere a che fare con gossip e scandali, ma il giovane principe ha fatto della dissolutezza una colonna talmente portante della propria vita da guadagnarsi una reputazione fin troppo disdicevole per una persona del suo rango. Tenerlo lontano dalle prime pagine dei quotidiani è una missione quasi impossibile, soprattutto visto che lo scopo principale di Pato sembra invece fare di tutto per irritarla. Ma quando non si trovano in pubblico, Adriana riesce a guardare al di là delle apparenze, chiedendosi sempre più frequentemente se non ci sia altro, dietro la facciata del principe playboy, che il mondo dovrebbe conoscere.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mag 2017
ISBN9788858965078
L assistente del principe: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    L assistente del principe - Caitlin Crews

    successivo.

    1

    Sua Altezza Reale il Principe Patricio, l'essere più dissoluto del Regno di Kitzinia e il tormento dell'esistenza di Adriana Righetti, giaceva, apparentemente addormentato, nel suo immenso appartamento nel Palazzo Reale, nonostante fosse passato mezzogiorno da un pezzo.

    E non era solo, notò Adriana quando fece irruzione nella stanza.

    Secondo i giornali scandalistici europei, Pato, senza la pressione delle responsabilità che gravavano sul fratello maggiore e completamente privo di decoro, non dormiva da solo sin dalla pubertà. Adriana si era aspettata di trovarlo avvinghiato alla sgualdrina del momento, senza dubbio la stessa rossa con cui aveva dato spettacolo alla cerimonia di fidanzamento del fratello la sera prima.

    Quello che non si era, però, aspettata era di trovare la rossa e una brunetta, entrambe completamente nude distese sul petto snello e dorato del principe. Quest'ultimo era coperto solo da un lenzuolo posato in maniera precaria sulle sue anche.

    «Non c'è bisogno di essere timida.»

    Adriana non reagì allo sguardo beffardo del principe quando si accorse che la stava fissando.

    «C'è sempre spazio per una persona in più.»

    «Sono tentata.» Il tono freddo di lei suggeriva l'esatto contrario. «Ma temo di dovere rifiutare.»

    «Non c'è posto per spettatori.»

    Pato si scrollò la brunetta di dosso e si sollevò su un gomito, senza preoccuparsi del fatto che il lenzuolo stesse scivolando più in basso.

    Lei trattenne il fiato, ma la coperta preservò ciò che rimaneva della sua intimità. La rossa rotolò di lato, mentre Pato si ravviava i capelli biondo scuro dalla fronte; i suoi occhi color nocciola, simili a oro lucido, brillavano divertiti.

    «Salta su o esci da qui.»

    Il principe, gigolò internazionale e pecora nera della famiglia reale, non viveva per nient'altro se non per il suo edonismo, e Adriana avrebbe preferito essere ovunque piuttosto che lì.

    Ovunque.

    Aveva trascorso gli ultimi tre anni in qualità di assistente personale del Principe Lenz, un lavoro che adorava, anche se aveva spesso implicato l'avere a che fare con gli inevitabili pasticci di Pato. Grazie alla sua incapacità di comportarsi bene persino in occasione del fidanzamento del fratello, il principe era stato assegnato a lei, e Adriana avrebbe dovuto gestirlo durante i due mesi che mancavano al giorno del matrimonio.

    Non riusciva a credere che tutto ciò stesse accadendo davvero. Dopo gli anni di lealtà e il duro lavoro svolto, proprio quando aveva iniziato a illudersi che avrebbe potuto davvero ripulire la macchia sul nome della famiglia Righetti.

    Pato ha bisogno di qualcuno che lo controlli, le aveva detto il Principe Lenz quel mattino. Lei avrebbe fatto qualsiasi cosa lui le avesse chiesto, tutto; ma Pato era una parte della vita del palazzo che non poteva proprio sopportare. Mancano solo due mesi e non posso permettermi le sue uscite di testa. Non quando c'è così tanto in gioco. Queste erano state le parole di Lenz.

    Che cosa ci fosse in gioco Adriana lo sapeva più che bene. Si trattava del matrimonio da sogno tra Lenz e la Principessa Lissette, che il mondo vedeva come una fiaba divenuta realtà. Kitzinia era un piccolo Paese annidato sulle Alpi, rinomato per i suoi resort sciistici e gli splendidi laghi di montagna brulicanti di castelli e ville. Economie basate sul turismo come quella prosperavano proprio grazie alle fiabe.

    Due mesi di questo inferno, pensò lei, continuando a sostenere lo sguardo divertito di Pato. Due mesi in mezzo al via vai di donne sempre diverse, allusioni sessuali e al suo insensibile disprezzo per tutto ciò che non riguarda il suo piacere personale.

    Ma era stato Lenz a chiederglielo. L'unico che aveva creduto in lei, sorvolando sul suo nome, quando l'aveva assunta.

    In qualche modo ce l'avrebbe fatta.

    «Sarà più facile che io cammini su vetri rotti, piuttosto che infilarmi in quel circo che chiami letto» affermò Adriana, poi gli sorrise educata. «Con tutto il rispetto, ovviamente, Vostra Altezza Reale.»

    Pato rise di gusto.

    E lei dovette ammettere, anche se con riluttanza, che la sua risata era davvero coinvolgente, così come qualsiasi altra cosa di lui. Non era giusto. Non lo era mai stato. Se l'aspetto esteriore avesse potuto rispecchiare quello interiore, sarebbe stato Lenz ad avere quei capelli biondo scuro che ricadevano invece sul viso magro di Pato evidenziando la sua sregolatezza. La sua bocca peccaminosa e il tipo di struttura ossea piacevano agli artisti e facevano impazzire le giovani ragazze. Lenz, non Pato, avrebbe dovuto ereditare la celebre bellezza della madre: gli occhi meravigliosi e la grazia innata, il sorriso capace di causare litigi, e la risata in grado di illuminare stanze intere.

    Semplicemente, non era giusto.

    Pato si districò dal mucchio di donne nude nel suo letto e gettò le gambe di lato, avvolgendosi il lenzuolo attorno alla vita. Lo fece tanto per sfidare Adriana con la vista della nudità di quelle due donne, quanto per coprire la propria, pensò lei mentre lui si stiracchiava, pigro come un gatto. Le rivolse un lungo sorriso, e poi si mosse verso di lei, sorridendo ancora di più quando la vide irrigidirsi.

    «Che cosa ci fa la leccapiedi preferita di mio fratello nella mia stanza così presto?» le domandò con tono basso e appena un po' curioso. Eppure, i suoi occhi la esaminarono attentamente e Adriana sentì una stretta al petto. «Hai la solita espressione critica e contrariata, vedo.»

    «Prima di tutto» disse lei, «è passato mezzogiorno. Non è presto

    «Questo dipende da che cosa hai fatto la notte scorsa» ribatté lui, impertinente e divertito. «Non voglio dire che cosa hai fatto tu, ovviamente. Intendo dire cosa ho fatto io, che immagino essere stato molto più interessante di qualsiasi cosa tu faccia per prepararti a un'altra giornata di subordinazione.»

    Adriana lo guardò, poi rivolse lo sguardo verso il letto e il suo contenuto. Quindi ancora verso di lui. Sollevò un sopracciglio sprezzante, e Pato rise ancora, deliziato.

    «Secondo» continuò lei, guardandolo in un modo serio e deciso, che non ebbe nessun effetto. «È ora che le tue amiche se ne vadano, non importa quanto vivaci possano essere state ieri sera, e per piacere, non prenderti la briga di condividere questo dettaglio con me. Sono certa che leggeremo tutto domani sui giornali, come al solito.» Gli rivolse un freddo sorriso.

    «Ti stai offrendo di prendere il loro posto?» domandò Pato annoiato.

    Poi si mosse, e lo sguardo di Adriana si posò involontariamente sul suo petto abbronzato e...

    Per l'amor del cielo... si rimproverò lei. Hai già visto tutto questo prima, come qualunque persona che abbia una connessione a Internet.

    Eppure non aveva mai visto così da vicino, dal vivo, il Principe Pato senza vestiti.

    Era... diverso. Molto diverso.

    «Mi piace che le cose vadano come dico io nel mio letto» affermò lui, la bocca incurvata in modo troppo eccitante per essere definito un sorriso. «Ma non temere, farò in modo che ne valga la pena, se seguirai le mie regole.»

    «Non sono interessata al tuo curriculum sessuale» sbottò Adriana. Non si era aspettata che lui potesse sembrare così potente da vicino. Aveva dato per scontato che l'avrebbe disgustata, ed era così, intellettualmente parlando.

    Pato la sconvolse del tutto avvicinandosi a lei e tirando delicatamente la giacca elegante che indossava insieme alla sua gonna preferita. Una, due, tre volte, ma Adriana rimase ferma, sbalordita. Lasciandolo fare.

    Quando riacquistò la facoltà di pensare, lui aveva già lasciato cadere la mano. Adriana guardò in basso, scoprendo che le aveva sbottonato la giacca lasciando che la seta della camicetta sottile fosse l'unica cosa a frapporsi tra lo sguardo bollente di lui e la sua pelle.

    Lei deglutì.

    Pato sorrise.

    «Regola numero uno» le disse con una voce roca che le fece battere il cuore in modo ancora più selvaggio. «Sei troppo vestita.»

    Per un attimo Adriana non sentì altro che un rumore sordo e un pericoloso calore che la pervadeva ovunque.

    Poi si costrinse a respirare, un respiro dopo l'altro, e la fredda ragione ritornò insieme alla boccata d'ossigeno.

    «Questo giochetto non funzionerà con me» gli rispose gelida, ignorando il bisogno di coprirsi. Quell'uomo voleva farla scappare via piangendo, così come aveva fatto con tutte le altre assistenti che Lenz gli aveva assegnato.

    Gli occhi dorati di lui danzavano. «No? Ne sei sicura?»

    «Non sono più il cagnolino di tuo fratello.» Raddrizzò le spalle e sollevò lo sguardo. «Grazie al tuo terribile comportamento di ieri sera, che ha profondamente offeso la tua futura cognata e la sua famiglia, per non parlare dell'intero corpo diplomatico, sarò la tua assistente fino al matrimonio di tuo fratello.»

    Gli occhi di Pato divennero ancora più lucenti.

    «Davvero?» Lui la guardò come se volesse mangiarla in un solo boccone. E lo avrebbe fatto, possibilmente subito e lì. «Tutta mia?»

    Adriana pensò che il proprio cuore stesse per esplodere, tanto forte stava battendo, e ignorò il calore incessante che provava al ventre. Sta solo cercando di spaventarti, ricordò a se stessa con aria severa.

    «Sono la tua nuova assistente, segretaria, babysitter. Sorvegliante. Non importa come mi chiami. Il lavoro rimane lo stesso.»

    «Non sono tipo da leccapiedi» affermò Pato nel suo solito tono, anche se ad Adriana parve di avere scorto qualcosa di molto più allarmante passare fugace sul suo viso, per poi sparire subito dopo. «E se per qualche assurda coincidenza lo fossi, non sceglierei di certo una piccola gallina insignificante che ha fatto carriera guardandomi con orrore ogni volta che respiro.»

    «Non quando respiri. Solo quando agisci. O apri la bocca...» Adriana inclinò la testa verso il torso nudo di lui che bloccava gran parte della visuale e che non avrebbe dovuto toccarla minimamente... «O quando salti fuori dai vestiti alla minima provocazione in modo che la gente ti batta le mani.»

    «Esci.» Pato fece un gesto sprezzante, agitando una mano, anche se le sue labbra tremarono. «Corri dal mio adorato e nobile fratello e digli che le galline come te me le mangio a colazione.»

    «E allora è un vero peccato che tu abbia dormito fino a mezzogiorno» ribatté Adriana. «Io non vado da nessuna parte. Chiamami pure come preferisci. Non mi offendo.»

    «Ho offeso Lissette e tutta la sua famiglia senza nemmeno provarci.» Inarcò le sopracciglia scure. «Immagina quanto offensivo potrei essere se solo lo volessi.»

    «Non ho bisogno di immaginarlo» gli assicurò Adriana. «Io sono quella che ha risolto i tuoi ultimi cinque scandali, quest'anno.»

    «Molti medici che non ho mai incontrato hanno affermato che io sia dipendente da adrenalina» continuò Pato, studiandola, consapevole della sensazione che la stava pervadendo e che ora stava diventando più insistente e calda. Sempre più pericolosa. «Credo che significhi che mi piacciono le sfide. Dovremmo confutare questa teoria?»

    «Non ti sto sfidando.» Adriana mantenne l'espressione calma e fu molto più difficile di quanto non avrebbe dovuto essere. «Non puoi offendermi perché, in tutta onestà, non m'interessa quello che pensi di me.»

    «Ma sono un Principe del Regno. Sicuramente il tuo ruolo di suddito e membro del personale è quello di soddisfare ogni mio desiderio. Riesco già a immaginare numerose possibilità.»

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