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Le mille e una notte della governante
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Le mille e una notte della governante
E-book261 pagine5 ore

Le mille e una notte della governante

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Info su questo ebook

Regno di Huria, 1800 - Per tutta la sua vita Rachel Talbot ha sognato di visitare terre esotiche e lontane. Così, quando riceve l'offerta di divenire la governante dei figli di uno sceicco, è come se tutti i suoi sogni stessero per avverarsi... Non avrebbe mai immaginato però che il suo sogno più grande, quello che lei credeva proibito, si sarebbe materializzato nei lineamenti sensuali e autoritari dello sceicco Malik bin Jalal. Malik è un uomo irascibile e distante; indurito dalla vita e incapace di dare e ricevere amore. Fino a quando, una notte, stregati dal magico cielo del deserto, entrambi cedono alla passione con un unico, indimenticabile bacio. Improvvisamente un nuovo, eccitante mondo di possibilità si apre per l'intrepida governante, che deve convincere l'uomo dei suoi sogni a dare una possibilità alla loro favola da mille e una notte.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ago 2017
ISBN9788858969229
Le mille e una notte della governante
Autore

Laura Martin

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Le mille e una notte della governante - Laura Martin

    successivo.

    1

    Rachel aprì il ventaglio e lo agitò davanti al viso. Non era certa che l'aria calda le avrebbe arrecato sollievo, ma a quel punto qualunque tentativo era valido. Non aveva mai sentito un caldo simile in tutta la sua vita e... trovava fosse meraviglioso.

    Durante gli ultimi quattro giorni, da quando era entrata nel deserto del Regno di Huria, era stata sopraffatta dai panorami e dai suoni, ma soprattutto dal caldo.

    «Non siamo distanti dal palazzo.» La voce di Wahid arrivò dall'esterno della portantina.

    Respingendo la sottile tenda di cotone che la circondava, Rachel guardò all'esterno. Al momento stavano seguendo una rotta molto praticata attorno alle dune, che l'avvicinava sempre più alla sua nuova vita.

    «Fate attenzione al sole, sayeda» l'avvertì Wahid in perfetto inglese.

    Wahid e la sua piccola banda di guardie l'avevano accolta quattro giorni prima, quando aveva attraversato il confine di Huria. L'aveva aiutata a scendere dal suo cavallo stremato per guidarla nella lussuosa portantina. Da allora era stata trattata come una persona di sangue reale, e ogni cura era stata presa per le sue comodità.

    Quando aveva accettato il lavoro in un paese straniero, Rachel aveva provato eccitazione, ma anche ansia. Naturalmente la preoccupazione principale era che si stava trasferendo in un paese meno civilizzato dell'Inghilterra, ma fino a quel momento aveva sperimentato una cultura e un ambiente che, benché si trattasse di un mondo a parte, rispetto alla madre patria, non erano di certo inferiori.

    Si prese un istante per volgere il viso verso il sole e godere del calore sulla pelle. Non era stata benedetta da una carnagione di porcellana, la sua pelle era di una sfumatura più scura di quella considerata perfetta, ma ciò significava che non si sarebbe dovuta preoccupare di orribili arrossamenti, o della comparsa di lentiggini.

    «Potrete vedere il palazzo non appena raggiungeremo la cima di quella duna» la informò Wahid.

    Rachel fissò lo sguardo sull'orizzonte e attese. Aveva viaggiato per settimane per raggiungere Huria, e durante tutto quel tempo aveva immaginato migliaia di scenari diversi – palazzi sontuosi ed edifici imbiancati a calce, deserti aridi e spianate polverose – ma nessuna delle sue fantasie l'aveva preparata alla vista che le si parò dinanzi. «Oh... è uno splendore!» ansimò.

    Per quattro giorni aveva viaggiato attraverso il deserto senza vedere mai dell'acqua. Quando si fermavano, Wahid le passava una fiasca piena del liquido gradevolmente fresco, ma lei non aveva mai visto traccia di una sorgente, o di un lago. Non c'era stata una sola goccia di pioggia, o perfino una nuvola nel cielo. Rachel aveva iniziato a pensare che l'intero regno sopravvivesse senza acqua. Ciò che vide le dimostrò che era in errore.

    Davanti a lei, un'ampia vallata si stendeva per alcune miglia, e l'intera area era un paradiso lussureggiante. Alberi e piante ricoprivano il fondovalle e i toni verdi della vegetazione contrastavano splendidamente con la sabbia arancione. Proprio al centro della valle c'era un vivido squarcio d'azzurro, uno stretto fiume che riforniva la piccola oasi.

    «La grande oasi di Huria» annunciò Wahid, indicando davanti a sé.

    «C'è talmente tanta vita, tanta vegetazione!»

    Lui ridacchiò. «Già. Dà l'impressione che tutte le piante di Huria si siano concentrate in questa piccola zona.»

    Il palazzo stesso si ergeva tra gli alberi. Dall'esterno non possedeva la maestosità di alcune delle dimore inglesi che Rachel aveva visitato con la scuola, ma anche da quella distanza si intuiva che il vero lusso era riservato all'interno del palazzo. Dal suo punto di osservazione poteva vedere le superbe corti con le fontane traboccanti e i freschi portici a colonne, tutti circondati da vibranti fiori esotici.

    Mentre discendevano la collina, Rachel ritrasse il capo tra le tende di cotone della portantina e tentò di ricomporsi. Sognava quel giorno da quando era in grado di ricordare. Aveva desiderato vivere un'avventura da quando era una bambina e i suoi genitori le mandavano lettere in cui descrivevano i loro viaggi in terre lontane. Così era cresciuta con il desiderio di sperimentare una cultura diversa, un differente modo di vivere, e finalmente la sua grande occasione era arrivata.

    Rachel desiderava con tutte le sue forze fare buona impressione. Voleva che lo sceicco fosse colpito dall'istitutrice inglese che aveva assunto.

    Al contrario di molte delle ragazze che si erano diplomate alla Scuola di Madame Dubois per giovani dame, lei era stata felice all'idea di avere un impiego come istitutrice, di iniziare la sua vita dopo la scuola. Laddove altre giovani donne sognavano un matrimonio e una vita domestica, Rachel aveva sempre desiderato viaggiare. Come figlia di un barone, il suo destino avrebbe contemplato le nozze con qualche titolato, ma lei aveva sempre sognato qualcosa di più. Anelava alla libertà e all'avventura, e desiderava portare un po' d'amore e di affetto nelle vite dei bambini che venivano affidati alle sue cure.

    Amava i bambini. Avendo deciso che non si sarebbe mai sposata, temeva che avrebbe rimpianto il fatto che non avrebbe mai avuto figli suoi, ma poi si era detta che essere un'istitutrice significava che sarebbe stata circondata da bambini per tutta la vita.

    Mentre entravano nell'oasi, Rachel trasse un lungo respiro e sorrise. Ecco dove l'avevano portata tutti quegli anni di duro lavoro, pensò compiaciuta.

    Non appena la portantina venne appoggiata al suolo, la tenda fu spinta indietro e una mano si tese per prendere quella di Rachel. Venne sollevata senza sforzo e si ritrovò guidata per una serie di gradini di pietra che salivano verso una stanza fresca.

    «Da questa parte, sayeda. Fate attenzione.»

    Le occorse qualche momento per abituarsi alla luce accecante del sole, ma quando riuscì di nuovo a mettere a fuoco dovette trattenere un'esclamazione. La stanza, sebbene non ampia, era bellissima. Sotto i suoi piedi c'era un intricato mosaico che copriva l'intero pavimento. Le pietre colorate eseguivano una vibrante rappresentazione di quello che Rachel presumeva fosse l'intero regno di Huria. Profondi toni arancio replicavano il vasto deserto, e brillanti macchie di colore le oasi sparse all'interno.

    La bellezza della sala non si esauriva con il mosaico. Sebbene le pareti fossero semplici, erano più che arredate dalle numerose piante e fiori sistemati sapientemente. Gli occhi di Rachel furono attirati da una pianta che si arrampicava lungo una parete con stupefacenti fiori di un vivido rosa.

    Sebbene avesse sperato che Huria fosse l'esotico paradiso dei suoi sogni, non aveva mai immaginato niente di simile. In tutte le lettere che i suoi genitori le avevano mandato dai loro viaggi, non le avevano mai descritto qualcosa di simile a quel piccolo regno nel deserto. Un sorriso le incurvò le labbra. Sapeva che lì sarebbe stata felice.

    Lentamente, si inoltrò nella stanza, prendendosi il tempo per assimilare ogni piccolo dettaglio, senza curarsi delle persone che si stavano probabilmente chiedendo perché fosse così incantata da qualcosa che loro vedevano ogni giorno. Stava iniziando a dirigersi verso un arco per dare un'occhiata alla corte in basso, quando un uomo attraversò l'ingresso ed entrò nella stanza. I loro occhi si incontrarono, e Rachel sentì il cuore iniziare a batterle forte.

    Era lo sceicco, non vi era alcun dubbio. Non era vestito in modo lussuoso, né indossava una corona, o altri gioielli, bastava il suo atteggiamento a rivelarne la regalità. Nell'entrare nella stanza, non si guardò attorno, ma proseguì con energia e determinazione, con il passo di un uomo abituato a ottenere ciò che voleva. La sua schiena era diritta, gli occhi concentrati, e Rachel comprese all'istante che sarebbe stato difficile negare qualcosa a quell'uomo.

    Lo sceicco si diresse verso di lei, e per un momento Rachel si ritrovò immobilizzata. Gli occhi di lui erano fissi nei suoi e per un istante si sentì in balia di quello sguardo. Fu solo quando le si fermò davanti che Rachel ricordò chi fosse e sprofondò frettolosamente in un inchino, abbassando gli occhi al suolo.

    Quando si rialzò, non poté fare a meno di guardarlo, sentendo la bocca seccarsi e le labbra tremare leggermente. Da vicino, lo sceicco non aveva solo un portamento regale, ma era anche attraente in modo sconcertante. Rachel pensò che probabilmente i suoi occhi sortissero l'effetto di far cadere ai suoi piedi ogni donna: erano di un profondo marrone scuro, invitante e pericoloso allo stesso tempo. Nel prendere nota delle sue labbra perfettamente cesellate, della tonalità caramello della pelle e dei corti capelli neri, si ritrovò a deglutire nervosamente. Lo sceicco era un uomo splendido e potente... una combinazione formidabile.

    «Miss Talbot, è un piacere fare la vostra conoscenza.»

    La sua voce era morbida e sicura, e Rachel fu sorpresa di scoprire che parlava inglese con appena una minima traccia di accento.

    «Spero che il vostro viaggio non sia stato troppo arduo.»

    «Il vostro paese è splendido» affermò lei con un sorriso. «È stata una meravigliosa opportunità poterne vedere tanta parte.»

    Mentre parlava si accorse che lo sceicco la stava studiando. La sua persona emanava sicurezza e potere, e Rachel sentì il battito del cuore accelerare. Provava un'inspiegabile urgenza di allungare una mano e posarla sul suo torace, di sentire i muscoli duri sotto le dita e il calore del suo corpo sotto i polpastrelli.

    «Non abbiamo molti visitatori, nel nostro piccolo regno» osservò lui, «ma la maggior parte di coloro che viene qui non riesce a vedere oltre l'aridità del deserto e il caldo soffocante. Ben pochi sono in grado di apprezzare la bellezza nelle dune di sabbia e la forza di un popolo che riesce a vivere sotto un sole così ardente.»

    La passione che aveva messo nelle poche frasi che aveva pronunciato rivelò a Rachel il grande amore che provava per il proprio paese. Comprese che quell'uomo era orgoglioso di Huria e voleva che tutti vedessero il suo regno con il medesimo amore e rispetto.

    «Ora, però, cambiamento argomento.» Lo sceicco fece un lieve sorriso che gli illuminò il volto. «Wahid dice sempre che sono troppo serio, quando decanto i meriti della nostra terra.»

    «Non potete costringere la gente ad amare Huria come fate voi, Vostra Maestà» si intromise Wahid.

    Rachel guardò i due uomini con interesse. Tutti, nella stanza, stavano alle spalle dello sceicco, in segno di rispetto, invece Wahid era al suo fianco, più come un vecchio amico che come un subordinato.

    «Venite nella corte» la invitò lo sceicco. «Vi farò portare dei rinfreschi, e una volta che sarete riposata potrete incontrare i bambini.»

    Rachel lo seguì oltre l'arco e nella corte cui aveva dato un'occhiata prima. Se aveva pensato che la prima stanza fosse bella, la corte lo era ancora di più. L'intera area era inondata dalla luce del sole, sebbene alcuni alberi piazzati strategicamente fornissero dell'ombra. C'era una fontana gorgogliante, al centro, circondata da una piccola vasca d'acqua, e il resto dello spazio era colmo di piante e alberi di talmente tante varietà che Rachel si chiese se fossero tutte native di Huria.

    Mentre camminavano colse l'opportunità di ricomporsi. Dentro di sé era in preda all'agitazione, il consueto contegno disintegrato dall'incontro con lo sceicco. Rachel non era certa se fosse il suo status regale, o l'intensità dei suoi occhi scuri, che la stavano facendo sentire un po' scossa, ma c'era qualcosa, in quell'uomo, che attirava l'attenzione.

    «Prego, sedete» la esortò lui gentilmente, indicando un piccolo tavolo sotto un albero.

    Rachel obbedì e con sua sorpresa lo sceicco occupò la sedia di fronte a lei. I suoi modi erano un po' imperiosi, ma non incutevano soggezione. Rachel se l'era immaginato molto più rigido e altezzoso.

    Un servo comparve subito al suo fianco e depose due bicchieri sul tavolo. Servì per primo lo sceicco, il quale attese che Rachel prendesse un sorso dal suo bicchiere, prima di sollevare il proprio.

    Lei chiuse gli occhi e sospirò. Non riuscì a farne a meno. La bibita era deliziosa. Sembrava una limonata, ma molto più saporita. «È ottima» commentò.

    Quando aprì gli occhi, si rese conto che lo sceicco la stava fissando. Sentì un rossore iniziare a salirle alle guance. Lui non abbassò lo sguardo. La fissava come se... la stesse spogliando, pensò Rachel. L'aria tra loro crepitava di una particolare tensione e lei scoprì di trattenere il fiato, mentre si chiedeva se lui avrebbe annullato la distanza tra loro per toccarla. Si rese conto di desiderarlo, di volere che lui facesse scorrere le dita sulla sua pelle, o tra i capelli.

    Si costrinse a tornare alla realtà, chiedendosi se dovesse attribuire quella scandalosa sensazione al caldo, o alla stanchezza, dopo un viaggio tanto lungo. Doveva esserci una spiegazione per quei pensieri bizzarri. Lo sceicco era un uomo attraente, ma non c'era motivo di desiderare di comportarsi come una delle eroine scervellate dei romanzi che la sua amica Isabel amava tanto leggere.

    «È una bevanda che troverete in tutta Huria» pronunciò lo sceicco. «Ogni casa, ricca o povera, serve limone e menta ai propri ospiti.»

    Lui continuava a guardarla, e Rachel dovette imporsi di rimanere ferma. I suoi occhi erano così scuri da sembrare neri, e lei pensò di vedere una traccia di malinconia nella sua espressione.

    A un tratto le sue maniere mutarono, e lui si trasformò nel sovrano che, Rachel immaginava, la maggior parte dei suoi sudditi era solito vedere. «Sono sicuro che sarete ansiosa di conoscere i bambini» dichiarò, facendo cenno a un servo in attesa poco distante. «Suggerisco che riposiate, questo pomeriggio, prima di iniziare i vostri compiti, domani.»

    Rachel annuì, felice di distogliere la mente dall'attraente sceicco e concentrarla su un argomento su cui si sentiva più sicura: il suo lavoro.

    Vi fu uno scalpiccio di scarpe, sopra le pietre, e Rachel si girò per vedere tre bambini camminare in fila sotto uno dei numerosi archi della corte. Anche a un primo sguardo non c'era da dubitare che fossero i figli dello sceicco. Tutti avevano i suoi scuri occhi indagatori e la tonalità caramello della pelle. Il più grande aveva perfino perfezionato l'espressione leggermente altera che lei aveva intravisto sul volto del padre.

    Rachel aveva ricevuto pochi dettagli sullo sceicco e la sua famiglia, prima di assumere l'incarico a Huria. Miss Fanworth, un'insegnante alla scuola di Madame Dubois, conosceva il suo desiderio di viaggiare e vedere il mondo e, quando aveva sentito che lo sceicco Malik bin Jalal al-Mahrouky stava cercando una nuova istitutrice per i suoi figli, si era procurata tutte le informazioni necessarie perché Rachel potesse proporsi per la posizione, e poi l'aveva incoraggiata a farlo. La corrispondenza di Rachel con il palazzo era stata breve, e la sua domanda accettata quasi subito. Le informazioni sui bambini che un segretario le aveva spedito erano state succinte. Lei conosceva i loro nomi, sapeva che avevano rispettivamente otto, sei e quattro anni, e che la loro madre era morta circa un anno prima. Non aveva idea, però, di quale fosse il loro carattere.

    Aahil, il più alto dei tre, avanzò. Rachel poteva vedere in lui lo sceicco che sarebbe diventato. La sua schiena era diritta, mentre eseguiva un piccolo inchino con il capo per salutarla, e la sua faccia seria. Aveva solo otto anni e si comportava già come un uomo, pensò Rachel.

    Il cuore le si strinse. Di sicuro aveva ancora tempo per godersi la fanciullezza.

    «Benvenuta a Huria, Miss Talbot» pronunciò Aahil, l'inglese perfetto quasi come quello del padre. «Siamo ansiosi di iniziare le nostre lezioni con voi.»

    Gli occhi di Rachel vagarono sugli altri due bambini, chiedendosi se anche loro sarebbero stati così formali. Ameera, la piccola principessa, la fissava con aria ribelle, e Rachel ebbe l'impressione che stesse tentando con forza di trattenere a freno la lingua. Hakim, il principe di quattro anni, fissava timidamente il suolo.

    «Non vedo l'ora di conoscervi meglio» dichiarò Rachel con calore. «Ci divertiremo molto, insieme.»

    Aahil aggrottò la fronte, come rifiutasse l'idea del divertimento, ma lei insistette. «Voglio sapere tutto, di voi.» Si alzò, radunò i bambini e li condusse verso l'ombra degli alberi. Notò che lo sceicco restava indietro, osservando con attenzione e orgoglio i suoi figli, ma senza interagire davvero con loro. Lei sapeva di non dover giudicare troppo in fretta, ma si chiese se incoraggiasse il comportamento formale che aveva notato in Aahil.

    «Bene.» Si appollaiò su un muretto e richiamò i bambini accanto a lei. «Aahil, dimmi, qual è il tuo argomento preferito?»

    Aahil parve un po' disorientato a essere interrogato sui propri gusti. Lanciò un rapido sguardo al padre. «Sono onorato di studiare la storia del nostro paese» rispose quasi meccanicamente.

    Rachel sorrise con calore. «Devi essere molto orgoglioso della tua terra» convenne. «Penso sia un bellissimo argomento preferito.» Il giovane principe si agitò un po' a quel complimento, e Rachel lanciò di nuovo un'occhiata a suo padre. Avrebbe potuto giurare che amava i suoi figli, ma non capiva perché non si stesse facendo coinvolgere. Forse pensava che fosse meglio lasciare che lei li conoscesse, prima.

    Si volse poi verso la graziosa principessa. «Ameera» le domandò, «qual è il tuo gioco preferito?»

    La bambina le rivolse uno sguardo altezzoso che avrebbe abbattuto donne meno forti. «Noi non facciamo giochi.»

    Rachel era sbalordita, ma si impose di non mostrare alcuna reazione alle parole della bambina. «Be', è un peccato» ribatté in tono noncurante. «A me piace molto fare dei giochi.»

    «Ma voi siete un'adulta!» obiettò Ameera.

    «Anche agli adulti è consentito divertirsi.»

    Ameera serrò le labbra fermamente, come se disapprovasse, e Rachel comprese che per il momento non avrebbe ottenuto altro, dalla bambina.

    Si girò quindi verso Hakim, consapevole che avrebbe dovuto semplificare il linguaggio per il bambino più piccolo e chiedendosi se sarebbe riuscita a fargli superare la timidezza.

    «Hakim» pronunciò gentilmente, allungando una mano per prendere la sua. «Spero che più tardi mi mostrerai la tua splendida casa. Scommetto che conosci tutti i posti migliori per nascondersi e giocare.»

    «Sì, signorina» replicò il bimbo a bassa voce.

    Rachel fu contenta che non ritirasse la mano, ma si rese conto che ci sarebbe voluto parecchio lavoro prima che i bambini si fidassero di lei.

    «I bambini avranno lezione ogni giorno, alla mattina e al pomeriggio» la informò lo sceicco.

    «Non vedo l'ora di iniziare» affermò Rachel, chiedendosi se lui si aspettasse che passassero tutto il giorno rinchiusi nell'aula scolastica.

    I bambini dovevano studiare, certo, ma lei sapeva che avrebbero appreso molto più facilmente, se fosse stata data loro la possibilità di apprendere anche fuori dell'aula. Aveva la sensazione che lo sceicco potesse non approvare i suoi metodi di insegnamento, e si chiese se sarebbe riuscita a fargli capire che il divertimento era importante quanto la lingua francese, per menti così giovani.

    2

    Malik si abbandonò indietro sui cuscini e guardò oltre il parapetto, verso il suo regno.

    Aveva invitato la nuova istitutrice a cenare con lui e stava aspettando che salisse le scale fino al tetto per dare inizio al banchetto. Non era sicuro di cosa fare, con Miss Talbot, e sapeva che non avrebbe dovuto giudicarla basandosi sulle prime impressioni, ma era ansioso di metterle limiti e regole, prima che lei iniziasse a impartire lezioni ai suoi figli.

    Era giovane, più di quanto si fosse aspettato. Sapeva che era appena uscita dalla scuola, ma, quando si era immaginato un'istitutrice inglese, non aveva pensato che potesse avere dei profondi occhi espressivi e il sorriso contagioso. Si era aspettato una signora anziana, con i capelli grigi e rigida, magari anche con una verruca o due.

    I suoi insegnanti e i suoi tutori non avevano mai riso, e di certo lui non aveva non aveva mai scorto, sui loro volti, un piacere simile a quello che illuminava il sorriso di Miss Talbot.

    Era compiaciuto che lei apprezzasse la bellezza del suo paese – troppi visitatori non vedevano oltre il deserto arido e

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