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In fuga dal passato
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E-book251 pagine4 ore

In fuga dal passato

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Info su questo ebook

Inghilterra, XIX sec.- Convinta di aver commesso un terribile crimine, la bella ereditiera Amelia Eastway fugge e cerca rifugio in quella che crede una tenuta abbandonata, solo per scoprire subito dopo che il padrone di casa, un solitario ed eccentrico barone, non ama molto gli intrusi. Dopo aver perso moglie e figlio in un incendio, Sir Edward Gray vive infatti rinchiuso nella sua dimora, lontano dallo sguardo indiscreto del mondo. Almeno fino a quando l'arrivo di Amelia, a cui il suo senso dell'onore impone di dare protezione, non sconvolge la malinconica quotidianità a cui si era abituato. Fermamente convinto della sua innocenza, Edward cerca di riabilitarne la reputazione, nonostante la tenga comunque a distanza nel tentativo di salvaguardare il proprio cuore. Ma come resistere alla speranza che sente riaccendersi nel petto ogni volta che incrocia il suo sguardo?
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2017
ISBN9788858970218
In fuga dal passato
Autore

Laura Martin

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    In fuga dal passato - Laura Martin

    successivo.

    1

    Amelia correva tra gli alberi, ignorando i rami che le frustavano il viso e i rovi che si impigliavano nei vestiti. Era esausta, aveva i polmoni in fiamme e i muscoli delle gambe protestavano a ogni passo, ma continuava a correre. Lanciandosi un'occhiata oltre la spalla, inciampò e piegò malamente la caviglia, ma riuscì a non perdere l'equilibrio.

    Il cielo venne squarciato da un lampo, seguito a breve distanza dal fragore di un tuono. Amelia si sentì esposta alla luce intensa, nonostante la copertura degli alberi, e provò sollievo quando il mondo tornò a essere buio. Ora la pioggia cadeva intensa, in grosse gocce che la inzupparono nel giro di pochi minuti. Il vestito si era fatto pesante e ruvido come carta vetrata, facendole rimpiangere di non indossare qualcosa di più pratico, che la tenesse al caldo, con quel tempo orribile.

    Fermandosi un istante per riprendere fiato, Amelia si mise in ascolto. Camminava da due giorni tra quelle colline dimenticate da Dio, senza sapere dove cercare un riparo. Era già abbastanza dura per il freddo e il vento, ma adesso, con la tempesta che infuriava, si chiese se non sarebbe morta.

    Se non altro si era lasciata alle spalle il villaggio, quello in cui aveva sperato di trovare rifugio per la notte. Era stata una pessima idea. La prima persona che l'aveva vista con gli abiti sporchi di sangue e i capelli in disordine era indietreggiata, intimandole di rimanere a distanza e dando l'allarme a tutta la popolazione. Amelia era fuggita, lanciando un'occhiata di rimpianto al caldo bagliore che proveniva dalla locanda, e aveva ripreso la fuga per le colline.

    Era sicura che presto sarebbe stata catturata. Probabilmente avevano stampato il suo ritratto sui manifesti, e la notizia del suo crimine doveva essersi diffusa ben oltre la località balneare di Brighton, dov'era stato commesso. Si lasciò sfuggire un singhiozzo, chiedendosi quando la situazione avesse cominciato a precipitare, e si concesse un istante per commiserarsi. Non era così che sarebbe dovuta andare la sua vita. Solo quattro giorni prima aveva potuto guardare con fiducia al futuro. L'attendeva una nuova vita, in Inghilterra: si sarebbe riunita all'uomo che amava e avrebbe partecipato alla Stagione londinese, volteggiando tra le sale da ballo in splendidi abiti nuovi. Aveva immaginato di essere ammirata e corteggiata, non condannata e inseguita.

    Raddrizzando le spalle, Amelia notò un muretto alla sua sinistra e un po' oltre un cancello in ferro battuto, seminascosto dai viticci dell'edera e di altri rampicanti. Le ci volle solo un secondo per prendere una decisione. Aveva i piedi doloranti, tremava da capo a piedi e non dormiva da due giorni. Il cancello sembrava appartenere a una tenuta abbandonata. Con un po' di fortuna avrebbe trovato un fienile o un capanno ancora in piedi, qualcosa che le fornisse un riparo dalle intemperie e le permettesse di riposare.

    Spinse con cautela le porte in ferro battuto e vi scivolò attraverso. Mentre risaliva il viale d'ingresso cominciò ad avvertire un senso di disagio. Quel posto aveva un'atmosfera spettrale e, se non fosse stata disperata, sarebbe ritornata indietro per cercare riparo altrove.

    La casa aveva un fascino cupo e tenebroso, sorvegliata com'era da gargoyle, con eleganti finestre a sesto acuto, affiancate da statue e bassorilievi. Sul retro due torri si innalzavano imponenti verso il cielo.

    Anche a quella distanza, la casa aveva un'aria vuota e desolata, e il lato rivolto a est era annerito da un incendio. Amelia si chiese da quanto tempo fosse abbandonata e se all'interno potesse essere rimasto un comodo letto.

    Si avvicinò cautamente alla porta e spinse il battente, sorpresa di vedere che si apriva senza un cigolio di protesta, rivelando un atrio deserto.

    «C'è qualcuno?» domandò prima di varcare la soglia.

    Attese qualche secondo, poi, udendo solo il sibilo del vento all'esterno, chiuse la porta e si addentrò nell'ingresso. Dovette attendere che la vista si abituasse alla penombra prima di farsi coraggio e spingere una delle porte che affacciavano sull'atrio.

    La stanza doveva essere stata un soggiorno, pensò, o forse un salotto. Una poltrona dall'aria comoda la indusse a entrare e a guardarsi intorno. La maggior parte dei mobili era coperta da teli bianchi per proteggerli dalla polvere e un folto tappeto copriva le assi del pavimento.

    Amelia diede una rapida occhiata al resto della stanza e indugiò sul grande camino al centro di una delle pareti. Sentì accendersi una scintilla di speranza alla vista di un cesto di legna, che le evocò la visione di un fuoco scoppiettante al quale scaldare le membra congelate. Per poco non pianse di sollievo quando vide sulla mensola la scatola con l'occorrente per accendere il fuoco. Finalmente la fortuna stava cominciando a cambiare.

    Accendere il fuoco si rivelò un'impresa più difficile di quanto immaginasse. Evidentemente non aveva prestato abbastanza attenzione a come facevano i domestici. Con gesti esitanti, ammucchiò qualche pezzo di legna sulla grata, mettendo i rametti più piccoli in cima, quindi si diede da fare con l'acciarino e la pietra focaia.

    Quindici minuti dopo era pronta a scagliare quei maledetti aggeggi attraverso la stanza. Le dita le dolevano per i tentativi di far scaturire una scintilla ed era scossa da un tremito incontrollabile, che rendeva ancora più difficile la delicata manovra. Con un gemito di frustrazione, provò un'ultima volta e quasi gridò di gioia quando vide scaturire le prime scintille, e si inginocchiò davanti al camino per dar fuoco ai rametti soffiandovi sopra. Fu con un senso di soddisfazione mai provato che vide il legno annerirsi e le fiamme prendere vita dietro la grata.

    Si afflosciò sul pavimento, esausta. Gli ultimi giorni l'avevano messa a dura prova, non solo fisicamente, ma anche emotivamente, e non desiderava altro che rannicchiarsi su se stessa e dormire. Tuttavia sapeva che rischiava di ammalarsi, se non si affrettava a togliersi gli abiti bagnati. Con gesti stanchi armeggiò con i bottoni sul retro del vestito e finalmente poté lasciar cadere al suolo il pesante tessuto, rimanendo in sottoveste e sottogonna, con le calze sporche di fango.

    Ansimò inorridita quando vide che il sangue era penetrato anche negli indumenti intimi, coprendoli di orribili macchie rosa. Avvertendo un senso di nausea, si appoggiò alla mensola del camino per sostenersi. Per pochi istanti fu come se si trovasse ancora nello studio del capitano McNair, con in mano il tagliacarte che era penetrato con tanta facilità nella sua carne. Amelia si lasciò sfuggire un singhiozzo al ricordo di ciò che aveva fatto, del sangue rosso acceso che filtrava attraverso la camicia, e rabbrividì per la consapevolezza di aver compiuto il più grave dei peccati. Per due giorni non aveva fatto altro che correre, nel disperato tentativo di allontanarsi da quella stanza maledetta, e non si era fermata a sufficienza per darsi il tempo di riflettere. Solo in quel momento, al calore del fuoco, si rese conto che la sua vita non sarebbe stata mai più la stessa.

    Edward si svegliò di soprassalto. Aveva sempre avuto il sonno leggero e qualsiasi rumore, anche il richiamo di un animale in lontananza, era sufficiente per scuoterlo dai sogni. Rimase immobile per qualche istante e gli ci vollero solo pochi secondi per averne la certezza: in casa c'era qualcuno. Poteva sentire dei passi attutiti e un fruscio di vestiti dal piano di sotto. In un attimo fu in piedi ed emise un ringhio di gola al pensiero che un intruso fosse penetrato nel suo regno. L'aria fredda della notte lo fece rabbrividire, aumentando l'irritazione che sentiva salire.

    Attraversò in fretta la stanza, infilò una vestaglia e afferrò l'attizzatoio, in mancanza di un'arma più convenzionale. Nonostante vivesse solo da anni, Edward era sicuro di riuscire ad avere la meglio su qualsiasi intruso, anche se fosse stato armato. Non era un violento e preferiva decisamente i suoi libri e i suoi schizzi, ma aveva un'altezza superiore alla media e una presenza imponente.

    Si mosse piano, sperando di sorprendere l'intruso prima che avesse la possibilità di procurarsi un'arma, scese la scala principale e si fermò davanti alla porta del soggiorno.

    La scena che si presentò ai suoi occhi quando aprì la porta non era certa quella che si aspettava. In piedi davanti al fuoco c'era una giovane donna intenta a spogliarsi. Edward deglutì. La donna si era sfilata il vestito e la sottogonna e indossava solo sottoveste e calze. Entrambi gli indumenti erano bagnati e la sottoveste aderiva alle sue forme, mostrando molto più di quanto avrebbe dovuto.

    Mentre osservava, la sottoveste le scivolò da una spalla, rivelando la candida pelle. La giovane donna si chinò e cominciò a srotolare le calze bagnate con un sospiro di piacere.

    Edward si rendeva conto di aver già guardato troppo a lungo, per essere un gentiluomo, ma si giustificò dicendosi che era stata la sorpresa di trovare una donna mezza nuda nel suo soggiorno. Emozioni dimenticate da tempo cominciavano a risvegliarsi dentro di lui e, mentre guardava la donna misteriosa inarcare la schiena e lasciar ricadere la testa all'indietro, avvertì un'ondata di desiderio. Avrebbe voluto sollevarla tra le braccia, liberarla dagli indumenti bagnati e adagiarla davanti al fuoco.

    Immediatamente si sentì in colpa per quei pensieri. Amava sua moglie, ogni giorno sentiva la sua mancanza, ma era molto tempo che non aveva alcun contatto umano.

    Stava per schiarirsi la gola e rivelare la propria presenza, quando si bloccò, corrugando la fronte. Fino a quel momento non aveva prestato molta attenzione agli abiti della donna, ma adesso notò le macchie rosate sulla sottoveste e sul vestito abbandonato su una sedia. Se non sbagliava, si trattava di sangue, e non pareva che appartenesse a lei.

    Si schiarì la gola. La donna si voltò, sgranò gli occhi e lanciò un grido, un suono acuto che penetrò nel cervello di Edward, irritandolo ancora di più. «Volete tacere?» abbaiò.

    Subito la giovane donna serrò le labbra. Vedendo che cominciava a indietreggiare con espressione atterrita, Edward liberò un sospiro. Avrebbe preferito tornare a letto anziché affrontare quel melodramma.

    Voleva ordinare alla donna di andarsene, chiudere fuori dalla porta i suoi problemi e dimenticare di averla mai vista. «Che cosa ci fate qui?» l'apostrofò con un tono ben poco amichevole.

    «Vi prego, non... fatemi... del male» balbettò lei.

    «Non ho intenzione di farvi del male» replicò lui sforzandosi di addolcire la voce. Fece un tentativo di sorriso, ma ottenne solo di farla indietreggiare ancora di più con un gemito di terrore. Serrando le labbra, fece due passi verso di lei. Aveva bisogno che quella donna fosse ragionevole, se voleva tornare al più presto alla sua solitudine. La vide indietreggiare e vacillare lievemente. Per un terribile istante temette che fosse sul punto di svenire, lasciandolo ad affrontare un problema ancora più grande, ma all'ultimo momento parve riprendersi.

    «Che cosa ci fate qui?» ripeté in tono più gentile. Cercando di ricordare come avesse interagito con le persone, quando amministrava una fiorente tenuta, aprì lentamente le mani, mostrando i palmi per farle capire che non rappresentava una minaccia, e fissò negli occhi la giovane donna tremante.

    La vide rilassarsi un po' e provò una scintilla di curiosità per quella sconosciuta che gli stava di fronte. Da vicino poteva vedere in che stato era. Non solo la sottoveste era macchiata di sangue, ma tutto il suo corpo era incrostato di fango e sporcizia, e le gambe erano segnate da graffi e lividi. Edward non poté fare a meno di chiedersi da cosa stesse fuggendo.

    «Avevo bisogno di un posto per riposare, al riparo dalla tempesta» mormorò lei.

    Istintivamente Edward comprese che c'era molto di più. Una giovane donna beneducata non vagava da sola tra le colline del Sussex, coperta di sangue e bagnata fino al midollo. Stava per farle altre domande, quando ci ripensò. In qualsiasi dramma fosse coinvolta, di qualsiasi cosa si trattasse, lui non voleva saperne niente. Voleva solo che se ne andasse.

    «Pensavo che... la casa fosse... abbandonata» riprese lei. Mentre parlava batteva i denti, spezzando il ritmo delle parole.

    «In effetti sembra abbandonata» convenne lui in tono burbero. «Dovreste andare a casa.»

    Gli occhi terrorizzati della donna incontrarono per un istante i suoi, e lui vi vide un lampo di disperazione.

    «Non posso tornare a casa» dichiarò lei.

    «Allora andate da un amico, da un parente. Ci sarà pur qualcuno che possa accogliervi.» Edward provò un tuffo al cuore vedendo che scuoteva il capo. Una parte di lui gli diceva che non era un problema suo, che doveva solo mandarla via e dimenticarsi di lei. «Il villaggio di Denton è qui vicino. Potreste stare alla locanda» suggerì.

    Il lampo di terrore che attraversò il suo sguardo suscitò per un istante l'interesse di Edward, ma subito scomparve.

    «No» rifiutò lei con fermezza.

    «Come vi chiamate?» le chiese.

    «Amelia.»

    «Be', Amelia, non potete stare qui.» Aveva cercato di parlare con dolcezza, ma le parole suonarono come un ordine. La vide indietreggiare come se avesse ricevuto uno schiaffo e provò una fitta di colpa davanti alla disperazione che trapelava da ogni fibra del suo essere.

    Nel silenzio che seguì, Edward attese la sua risposta. Mentre i secondi passavano, poté vedere che era scossa da un tremito. Le guance avevano perso colore e a un tratto si accorse che i suoi occhi non erano più a fuoco. Se non si sbagliava, l'intrusa era prossima a un collasso.

    Con passo rapido e deciso annullò la distanza che li separava, afferrò Amelia per le spalle e la fece sedere su una sedia. Si disse che non voleva avere a che fare con un trauma cranico, oltre a tutto il resto, ma sapeva che la sua umanità era rimasta nascosta da qualche parte dentro di lui e sceglieva momenti come quello per affiorare e indurlo ad agire in modo civile. Quando le toccò le braccia nude, fu stupito da quanto fossero fredde. Non era un medico, ma capiva che se non si fosse scaldata al più presto avrebbe corso il rischio di ammalarsi, o peggio. Ricordò quando lui e la sua defunta moglie erano stati colti da una tempesta ai limiti della tenuta. Nel tempo che c'era voluto per raggiungere la casa, erano entrambi fradici, ma, mentre lui non aveva subito conseguenze, Jane era stata a letto con la febbre per una settimana.

    «Non potete stare qui» ribadì con calma, quasi parlasse a se stesso. In realtà sapeva che se avesse mandato via Amelia in quello stato, sotto la tempesta, probabilmente sarebbe morta.

    Con un ringhio di frustrazione, prese un cuscino dal divano e lo scagliò, mandandolo a sbattere contro la mensola del camino con un tonfo sordo prima che cadesse al suolo. Odiava trovarsi in quella posizione, prigioniero della propria coscienza. Voleva tornare a letto in una casa dove viveva solo e non sentirsi in colpa per questo.

    Amelia lo stava fissando con i grandi occhi scuri, e Edward capì che non c'era altro da fare. «Una notte» pronunciò infine. «Potete fermarvi per una notte, ma ve ne andrete domattina presto.»

    Anni prima gli avrebbe fatto piacere vedere il sollievo sul volto di Amelia. A quel tempo era un uomo che si curava degli altri e avrebbe fatto qualsiasi cosa per soccorrere qualcuno in difficoltà, ma quella parte di lui sembrava essere appassita e morta. Adesso tutto ciò cui riusciva a pensare era che non voleva quella donna in casa sua.

    «Come vi chiamate?» chiese Amelia, la voce poco più di un sussurro roco.

    «Edward. Sir Edward Gray.»

    «Grazie, Edward.»

    Amelia rabbrividì con violenza, e Edward fece uno sforzo per concentrare l'attenzione su di lei e ricacciare le proprie preoccupazioni in un angolo della mente. Un letto caldo e una buona notte di sonno le sarebbero stati sufficienti per riprendersi. Se avesse sacrificato adesso un po' della sua preziosa solitudine, l'indomani avrebbe potuto mandarla per la sua strada con la coscienza tranquilla. «Dobbiamo riscaldarvi» annunciò.

    Amelia guardò il misero fuoco che lottava per sopravvivere nel camino e si spostò più vicina.

    «Riscaldarvi per bene» precisò Edward.

    Esitò qualche istante. Non aveva più toccato una donna dopo la morte della moglie, avvenuta tre anni prima. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva stretto una mano o posato la mano sulla spalla di qualcuno.

    Rapidamente, prima di avere il tempo di ripensarci, si alzò e con molta delicatezza sollevò tra le braccia Amelia. Lei emise un mormorio di protesta, ma poco convinto. Edward poteva vedere che il freddo le intorpidiva già la mente, rallentando i riflessi e rendendola abulica.

    La portò attraverso la casa, su per le scale, nell'ala ovest, dove c'erano le sue stanze. Dopo l'incendio di tre anni prima, Edward aveva chiuso la maggior parte della casa, scegliendo di vivere la sua esistenza dimezzata in quell'ala, piuttosto che avventurarsi nei locali più grandi. Le sue stanze erano calde e più raccolte. Quella sera aveva acceso un fuoco nel camino, e le braci sarebbero state ancora calde.

    «Ho tanto freddo» mormorò Amelia, tremando tra le sue braccia.

    «Presto vi riscalderete» le promise Edward e per la prima volta da anni sentì di avere uno scopo. Non avrebbe lasciato morire quella giovane donna. Anche se non la conosceva e non aveva idea di cosa avesse fatto, le avrebbe offerto un letto caldo e un posto sicuro per riposare.

    Aprì con un calcio la porta della camera da letto e depose Amelia su una poltrona, portandola più vicina al fuoco. Si chiese se avesse fatto abbastanza. Lanciando un'occhiata alla porta, valutò le opzioni. Poteva lasciare lì Amelia e rifugiarsi nel resto della casa deserta, oppure poteva vegliarla per assicurarsi che non morisse di freddo in quel che restava della notte.

    Adesso che quella donna si trovava nella sua camera da letto, doveva combattere contro la trepidazione che si stava insinuando in lui. Si era isolato dal mondo proprio per evitare quel genere di situazioni. Dopo l'incendio non aveva più permesso a nessuno di avventurarsi nello spazio che aveva condiviso con la sua famiglia. Quello era stato il loro dominio privato e lui aveva

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