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Una settimana con lo sceicco: Harmony Collezione
Una settimana con lo sceicco: Harmony Collezione
Una settimana con lo sceicco: Harmony Collezione
E-book174 pagine4 ore

Una settimana con lo sceicco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Quattro anni dopo aver ereditato - e liberato! - la sua concubina, il potente sovrano Sayid Badawi è scioccato nel constatare che Lina, da ragazzina timida e ingenua, si è trasformata nella creatura più seducente che abbia mai visto. E che lui la desidera come non ha mai desiderato nessun'altra!

Tuttavia Sayid non può permettersi di lasciarsi distrarre dai sentimenti: ha un Paese da guidare a cui ha giurato fedeltà. Questo non gli vieta però di intrattenere con lei una relazione informale, e togliersi così qualche sfizio. Adesso, la nuova sfida del sovrano sarà convincere la magnetica Lina a trascorrere una settimana di pura lussuria tra le sue braccia. Ma sarà così facile, dopo, lasciarla andare?
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2020
ISBN9788830510494
Una settimana con lo sceicco: Harmony Collezione
Autore

Annie West

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una settimana con lo sceicco - Annie West

    successivo.

    1

    Tre uomini incedevano a grandi passi lungo gli scintillanti corridoi in marmo del Palazzo dell'emiro.

    Attraversarono la grande sala del consiglio, alle cui pareti era appesa un'impressionante collezione di lance, spade e antichi moschetti, oltre ai vivaci stendardi militari, che sembravano in attesa di una prossima chiamata alle armi.

    Si lasciarono alle spalle le sontuose sale per banchetti e percorsero i cortili colonnati, che racchiudevano i magnifici giardini. Il tintinnio delle fontane risuonava nel silenzio della notte. L'unico altro rumore era quello degli stivali sul selciato.

    Oltrepassarono la medievale porta chiodata dell'harem deserto e quella che conduceva alle vaste camere del tesoro e alle prigioni, scavate nella roccia.

    Alla fine raggiunsero il corridoio della suite privata dell'emiro.

    Sayid si fermò. «Per ora è tutto.»

    «Ma, Altezza, i nostri ordini sono...»

    Sayid si voltò di scatto. «I tuoi ordini cambiano stasera. Halarq non è più sull'orlo della guerra.»

    Detto ad alta voce, sembrava ancora irreale. Il Paese era stato sull'orlo della guerra per la maggior parte della sua esistenza, principalmente con il vicino regno di Jeirut. Per questo ogni uomo era armato e addestrato a difendere la nazione, fino alla morte.

    Sayid ripercorse con la mente tutti quegli anni di allerta, di infinite schermaglie di confine e vittime. Di occasioni perse per investire nel benessere della popolazione, invece che deviare energie e fondi in armamenti.

    Strinse le labbra. Se non altro, lui, Sayid Badawi, il nuovo Emiro di Halarq, aveva portato la pace. Più tardi se ne sarebbe rallegrato. Quella sera voleva solo appoggiare la testa su un cuscino, per la prima volta in tre giorni, e trovare l'oblio.

    «Ma, Altezza, il nostro dovere è quello di proteggervi.» Il soldato fece un cenno verso l'altra estremità del lungo corridoio a volta.

    «Il Palazzo è sorvegliato dai vostri compagni sul perimetro e dalle più moderne tecnologie di sicurezza.» Lo zio di Sayid, il precedente emiro, aveva speso generosamente per la propria protezione e il proprio comfort, così come per gli armamenti.

    Era una vergogna che non fosse stato così pronto a spendere anche per il suo popolo.

    Le guardie non accennavano a muoversi e Sayid perse la pazienza. «Questo è un ordine» ruggì. I due uomini impallidirono e la rabbia di Sayid svanì di colpo. Stavano solo cercando di fare il loro dovere. In passato, mettere in discussione gli ordini dell'emiro sarebbe costato loro una terribile punizione. «La vostra devozione al dovere e al vostro emiro è nota e apprezzata» disse, «ma sono stati raggiunti nuovi accordi. Il vostro comandante vi informerà in seguito. Nel frattempo, è mio desiderio e mio ordine che torniate nella sala della guardia.» Si voltò e imboccò il corridoio, senza aspettare una risposta.

    I suoi stivali polverosi lasciavano le impronte sui magnifici mosaici del pavimento. Alle sue spalle solo silenzio. Gli uomini non avevano tentato di seguirlo.

    Sayid inalò a fondo l'aria fresca della notte che si diffondeva da un cortile vicino. Era la prima volta che restava solo, da giorni. La prima volta che poteva permettersi di rilassarsi.

    La festa di quella sera, con tutti i capi clan di Halarq, il governatore regionale, il ministro della guerra e la maggior parte dei loro combattenti, dilagava in tutta la città. La pianura al di là delle mura cittadine era brulicante di persone e i profumi dei festosi fuochi da cucina si diffondevano nell'aria. Ogni tanto il crepitio di un colpo di fucile indicava che la festa continuava. Probabilmente sarebbe durata per tutta la notte.

    Da quando si era alzato, all'alba, Sayid non aveva avuto il tempo di metabolizzare l'idea che suo zio fosse morto. Era stato immerso nei documenti e nei dettagli diplomatici, che avrebbero ufficializzato l'accordo di pace. Una pace che garantiva i confini, il passaggio sicuro dei viaggiatori e persino, potenzialmente, il commercio reciproco tra Halarq e Jeirut.

    Rallentò il passo e accennò un sorriso stanco.

    Chi avrebbe potuto biasimare il suo popolo per quei festeggiamenti sfrenati? Si sarebbe unito anche lui, se non fosse stato stremato dalle lunghe trattative con Huseyn di Jeirut. Oltre tutto, aveva dovuto tenere costantemente sotto controllo i suoi generali più bellicosi, per evitare provocazioni e violenze. Alcuni avevano pensato che, visti i suoi precedenti militari e la sua ferrea determinazione, avrebbero potuto facilmente indurlo a perpetrare i piani di guerra del suo predecessore. Ma la priorità di Sayid era il suo popolo, non la belligeranza di vecchie mummie, che consideravano spendibile la vita degli altri.

    Entrò nella suite privata dell'emiro e fece un lungo sospiro di sollievo, mentre la porta gli si chiudeva alle spalle. Finalmente solo!

    Attraversò lo studio, il grande salotto, la sontuosa sala da pranzo privata e quando arrivò in camera, i suoi occhi andarono immediatamente al grande letto invitante. Il copriletto ricamato in blu e argento, i colori reali, brillava al delicato bagliore di alcune lampade traforate.

    Si fermò e fu tentato di buttarsi sul materasso, vestito. Invece si diresse verso il bagno, per fare la doccia.

    Si tolse i vestiti mentre camminava e sentì allentarsi la tensione. Sfilandosi la tunica di cotone, non trattenne uno sbadiglio. Rilassò le spalle, godendosi l'aria fresca sulla pelle nuda.

    Stava per togliersi uno stivale, quando qualcosa lo bloccò. In bilico su un piede solo, avvertì chiaramente che qualcosa non andava. Una vita di addestramento militare gli aveva insegnato a stare sempre all'erta.

    Qualcosa non tornava. Ne era certo.

    Gli sarebbe stato bene se, dopo aver congedato le sue guardie, fosse stato aggredito proprio nella sua stanza. Il più giovane Emiro di Halarq e il suo regno lampo! Sarebbe stato un ottimo epitaffio.

    Con un rapido movimento felino, Sayid raccolse la tunica dal pavimento e se l'avvolse sulla mano e intorno all'avambraccio. Non avrebbe fermato un proiettile, ma l'avrebbe protetto almeno in parte da una coltellata. Lanciò un'occhiata alla lunga cicatrice che gli scorreva dal polso fino a oltre il gomito. Un coltello ben affilato poteva tagliare diversi strati di vestiti, ma era meglio di niente.

    Si voltò lentamente annusando l'aria in cerca di un odore insolito. Socchiuse gli occhi focalizzandosi sugli angoli bui della stanza.

    Niente. Forse era solo la stanchezza...

    Sayid si avvicinò di nuovo al letto e si irrigidì. La mano scattò sull'impugnatura del pugnale cerimoniale che portava sull'anca, affilato come un rasoio.

    «Chi sei?» sibilò a denti stretti. «Che cosa ci fai qui?»

    La figura raggomitolata nell'angolo buio oltre il letto si alzò. Una sagoma piccola con il contorno offuscato da una striscia di tessuto avvolta intorno alle spalle e sopra la testa.

    Non appena si fu alzata, si inchinò profondamente, in un silenzioso gesto di obbedienza.

    Tutti i sensi di Sayid erano in allerta. Cosa sarebbe successo se non avesse notato quella presenza ancora silenziosa, nascosta nell'angolo? Avrebbe aspettato che voltasse la schiena sotto la doccia, o che si addormentasse, per infilargli un coltello tra le costole?

    Era stato sciocco a ridurre le misure di sicurezza, al Palazzo? Suo zio era sempre stato paranoico e instabile, ma forse in quello era stato più furbo di lui.

    «Vieni qui!»

    La figura si avvicinò immediatamente. «Altezza.» Una voce morbida e sussurrata gli passò sulla pelle come la carezza di un'amante. Un altro inchino. Questa volta, quando si raddrizzò, si tolse il lungo velo drappeggiato che le copriva il volto.

    Sayid la fissò, sbalordito. La sua privacy era stata violata da una... danzatrice? Scosse la testa per cancellare quell'allucinazione. La stanchezza gli stava giocando brutti scherzi...

    Le donne di Halarq non si vestivano così! Non giravano mezze nude!

    Un improvviso flusso di calore gli invase il ventre, mentre la guardava. Indossava una gonna di velo a vita bassa che cadeva in morbide pieghe dalla curva dei fianchi. Sayid vedeva chiaramente le gambe lunghe e sottili attraverso il tessuto. Lei si spostò e uno scorcio di coscia tonica, color miele, apparve attraverso una fessura nella gonna.

    Il suo sguardo si alzò verso la cintola nuda, fino alla deliziosa curva della vita sottilissima e al corpetto corto, senza maniche, che aderiva come una seconda pelle al seno, che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro un po' affannoso.

    Con la gola più arsa del deserto, Sayid strinse i pugni, lungo i fianchi.

    Si dibatteva tra impulsi contrastanti.

    Doveva ordinarle di coprirsi immediatamente.

    Ma non era stata la sua prima reazione...

    Quella era stata di allungare una mano e toccare quel corpo invitante.

    Sì. Senza dubbio...

    L'avrebbe voluto contro di sé per godersi il piacere che il morbido corpo di una donna poteva offrire a un uomo. Un uomo sfinito da giorni... anzi, da settimane di incessanti sforzi per raggiungere ciò che sembrava impossibile. Prima aveva lottato per impedire a suo zio di invadere Jeirut, poi, dopo la sua morte, per arrivare a una pace duratura tra i due Paesi, nemici per tradizione.

    Sollevò ancora lo sguardo, posandolo su un viso di straordinaria bellezza. I capelli scuri erano sciolti sulla schiena. Il seno, alto e sodo, si alzava tremante a ogni respiro.

    La sua pelle doveva essere liscia come seta.

    Sayid, come suo zio prima di lui, era un uomo dai forti desideri e una prorompente virilità. Eppure, a differenza di suo zio, lui era orgoglioso di saper governare il proprio lato sensuale. Aveva visto quello che la sfrenata autoindulgenza poteva fare a un uomo. Non aveva alcuna intenzione di seguire quella via. Invece emulava suo padre, che era stato un principe guerriero, vincolato da un incrollabile codice d'onore e di condotta. Un uomo che incanalava la sua inesauribile energia per proteggere e servire il suo popolo.

    «Guardami!» Il tono era troppo brusco, ma l'autocontrollo di Sayid aveva subito un duro colpo.

    Lei sollevò la testa di scatto.

    Sayid ricevette un altro colpo, questa volta al plesso solare. Stava fissando gli occhi più straordinari che avesse mai visto. Avevano il colore delle violette selvatiche che crescevano sulle montagne. Più scuro dell'azzurro e più tenue del viola.

    Si accigliò. Era straordinariamente bella, ma era troppo giovane per stare sola nella sua stanza.

    «Chi sei?»

    «Lina, Altezza.» Fece un altro profondo inchino e questa volta, con suo orrore, Sayid non riuscì a controllare l'erezione immediata, alla vista del seno che sembrava sul punto di sgusciare dal corpetto.

    «Non farlo!»

    La ragazza sbatté le palpebre e sul viso le passò un'emozione che Sayid non riuscì a decifrare. «Fare cosa, Altezza?»

    «Inchinarti. Non farlo più.»

    Sembrava sgomenta. «Ma, Altezza! Voi siete l'emiro. Non sarebbe appropria...»

    «Lo decido io cos'è appropriato» la interruppe, massaggiandosi i muscoli tesi del collo.

    «Sì, Altezza» rispose con un'impercettibile scrollata di testa, in segno di disapprovazione.

    «Non chiamarmi più così.» Suo zio godeva nel sentirsi ricordare ogni momento il proprio status, ma Sayid aveva sentito quel titolo troppo spesso, da troppi cortigiani adoranti, che cercavano solo di ingraziarselo. Gli dava sui nervi.

    Avrebbe davvero voluto parlare con qualcuno che non si inchinasse in continuazione, come l'uccellino dell'orologio a cucù!

    Durante quella durissima settimana di trattative con Huseyn di Jeirut, famoso per il suo pugno di ferro, non c'erano stati né inchini né sviolinate. L'uomo, formidabile guerriero, era il negoziatore più duro che Sayid avesse mai incontrato. Eppure, nonostante il peso della responsabilità sulle spalle, mentre lavoravano per un accordo di pace tra le loro nazioni, Sayid aveva trovato stimolante trattare con lui.

    A Halarq, sotto il dominio dello zio di Sayid, la gente non godeva certo della libertà di parola. Il Palazzo era pieno zeppo di consiglieri ammaestrati ad assecondare il loro emiro, piuttosto che a fare il loro lavoro senza paura o remore.

    Ecco un'altra cosa che Sayid intendeva cambiare.

    «Come desiderate... signore.»

    Sayid aprì la bocca e la richiuse. Signore era sempre meglio di Altezza e lui comunque era troppo stanco per discutere.

    «Chi sei tu e che ci fai qui?»

    «Sono Lina. Sono qui per servirvi...» Distolse lo sguardo. «... in qualunque modo desideriate.» Deglutì e quel movimento accentuò la grazia del collo.

    Per un secondo Sayid rimase stordito dal profumo di rose della sua splendida pelle d'oro pallido e si chiese che sapore avesse.

    La tentazione era così forte, che fece un passo indietro, per sicurezza. La ragazza lo notò e si irrigidì, tradendo la tensione che stava tentando in

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