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Miracolo a Tokyo: Harmony Collezione
Miracolo a Tokyo: Harmony Collezione
Miracolo a Tokyo: Harmony Collezione
E-book171 pagine2 ore

Miracolo a Tokyo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Quando l'innocente Hana Everly è caduta tra le braccia del suo capo, il milionario Antonio Delacruz, sapeva che sarebbe stato solo per una notte. Poi ha scoperto che la sua esistenza sarebbe cambiata per sempre. Hana conosce la vita da impenitente playboy che conduce Antonio e sa bene che in essa non c'è spazio per nessun altro. Tanto meno per un bambino.

Abbandonato da piccolo, Antonio aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai avuto una famiglia. Così la notizia sconvolgente di Hana, appresa durante la fioritura dei ciliegi di Tokyo, capovolge tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo risveglia il desiderio implacabile di rivendicare ciò che è suo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2020
ISBN9788830520158
Miracolo a Tokyo: Harmony Collezione
Autore

Jennie Lucas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Miracolo a Tokyo - Jennie Lucas

    successivo.

    1

    Soffici nubi rosa coloravano il cielo fra i moderni grattacieli mentre il sole sorgeva su Tokyo. Erano i primi di aprile e i fiori di ciliegio bianchi e rosa ricoprivano gli alberi come confetti, dolci e gioiosi. Hana Everly, però, li notava a stento. Guardava fuori dal finestrino della Rolls Royce con il batticuore e la pelle madida di sudore freddo.

    «E trova una nuova governante per il mio attico di New York, per sostituire la signora Stone...»

    Il cupo brontolio del suo capo risuonò accanto a lei sul sedile posteriore mentre elencava altri compiti di cui voleva che si occupasse immediatamente... se non prima. Hana muoveva svogliatamente la penna, in realtà capiva appena le sue parole. Trasse un respiro tremante.

    Non poteva essere incinta.

    Non era possibile.

    Erano stati attenti. E il suo capo era stato chiaro sulle regole. Anche mentre le sue labbra sensuali la baciavano, le aveva sussurrato: «Una notte, niente di più. Non ci saranno storie romantiche, né matrimoni. Nessuna conseguenza. Domani sarai di nuovo la mia assistente e io il tuo datore di lavoro. Sei d'accordo?».

    Un patto con il diavolo, e tuttavia aveva mormorato: «Sì».

    Hana avrebbe accettato qualunque cosa mentre, distesa sul letto, sperimentava per la prima volta una sensualità così eccitante. Tuttavia non era bastato. Lui si era tirato indietro per guardarla con gli occhi freddi, perfino crudeli. «Lascerai il mio letto prima dell'alba, Hana, e non ne parleremo più. Nemmeno fra noi.»

    Perduta in una foschia di piacere, aveva annuito e, a quel punto, sorridendo, Antonio si era chinato a catturarle la bocca con un bacio ardente.

    Hana aveva creduto di sapere che cosa stava facendo. A ventisei anni, si era detta che poteva affrontare il sesso senza impegno. Perché Antonio Delacruz non sarebbe mai potuto essere il suo fidanzato. Era il suo capo, un multimilionario spietato, CEO e principale azionista della compagnia aerea in più vertiginosa crescita al mondo. C'era un motivo per cui la CrossWorld Airlines sbaragliava la concorrenza. Antonio non si fermava davanti a niente per ottenere ciò che voleva.

    Eppure non era stato lui a oltrepassare il limite.

    Lei l'aveva baciato per prima. Non riusciva ancora a credere di averlo fatto. Tuttavia quando l'aveva trovata in lacrime una sera tardi nel suo palacio di Madrid, lui l'aveva presa fra le braccia per confortarla. E a quel punto, due anni di desiderio represso erano esplosi dentro Hana.

    Scioccata lei stessa, si era alzata in punta di piedi e l'aveva baciato fra le lacrime. Era stato solo un accenno di bacio. Terrorizzata dalla propria audacia, aveva fatto per tirarsi indietro.

    Lui, però, l'aveva fermata, prendendola fra le braccia.

    Negli ultimi due mesi, Hana aveva cercato di non ricordare quella notte a Madrid. Aveva cercato di essere moderna, di dimenticare, come chiaramente aveva fatto Antonio.

    Invece ora sembrava che il suo corpo non glielo permettesse. Avrebbe dovuto convivere per sempre con quell'unica notte di piacere ardente e sconvolgente con il capo bello, arrogante e ricco oltre ogni immaginazione. Perché avrebbe avuto il suo bambino.

    Mentre l'auto attraversava Tokyo diretta a nord nel freddo mattino, Hana si toccò la guancia con la mano sudata, stordita dalla nausea mattutina e dalla paura.

    Il suo bambino sarebbe cresciuto senza un padre o, peggio, un padre cattivo. Perché Antonio Delacruz non si era arricchito preoccupandosi degli altri. Aveva vinto grazie alla spregiudicatezza. Non aveva famiglia e, nei due anni in cui aveva lavorato per lui, la sua storia d'amore più lunga era durata sei settimane.

    Un nodo le serrò la gola. Non era così che aveva immaginato di avere un bambino. Il suo progetto era stato sposarsi, sistemarsi e poi restare incinta.

    Così era sbagliato, tutto sbagliato.

    Non aveva una casa. Non poteva crescere un figlio come avevano fatto i suoi genitori con lei, sempre in movimento, senza mai fermarsi abbastanza per mettere radici, strappando Hana da ogni posto proprio quando incominciava a farsi delle vere amicizie.

    Il nodo in gola divenne una lama di rasoio. Non sarebbe dovuta andare a letto con Antonio, per quanto in quel momento le fosse sembrato incredibile. Avrebbe dovuto aspettare una relazione seria. Mai avrebbe dovuto cercare conforto fra le braccia di Antonio, ponendo il proprio futuro, e quello del bambino, nelle sue mani.

    «Hana?» domandò in tono acido il suo capo. «Ehi?»

    «Sì» rispose lei, e guardò intontita gli appunti. «Vuoi l'analisi SWOT per l'ampliamento in Australia, i numeri dell'ufficio di Berlino, una nuova governante per New York e organizzare il rinfresco a Londra.»

    Lui la fissò a lungo con i profondi occhi neri e Hana provò un brivido di paura. Tuttavia nemmeno Antonio Delacruz, il potente milionario dal misterioso passato che aveva costruito un impero mondiale dal nulla, aveva la capacità di leggere nel pensiero.

    O, almeno, così sperava Hana. Altrimenti sarebbe stata in guai seri.

    «Bene» borbottò lui, tornando a guardare il computer. «E contatta l'architetto capo per il progetto della nuova sala d'aspetto di prima classe a Heathrow...»

    Mentre l'autista li conduceva a nord verso il quartiere di Marunouchi, Hana lottò contro la disperazione, guardando i grattacieli splendenti. Aveva visitato molte volte Tokyo da quando era bambina. Amava quella città, dov'era nata la nonna prima di emigrare in America. Lì viveva il suo migliore amico, Ren, e la stagione sakura, o dei ciliegi in fiore, era la più bella dell'anno.

    Eppure per la prima volta la Tokyo Tower, simile a una splendente Torre Eiffel che dominava la città, non le sollevò il cuore. Nemmeno gli alberi in fiore la rallegravano. Era sommersa dal panico.

    Non ci saranno storie romantiche, né matrimoni. Nessuna conseguenza. E non ne parleremo più. Nemmeno fra noi. Sei d'accordo?

    Sì.

    Non aveva mai immaginato che quell'unica notte avrebbe portato a una gravidanza.

    Che cosa doveva fare? Doveva dirglielo? Poteva?

    Hana aveva scoperto di essere incinta qualche ora prima, quando aveva fatto il test sul jet privato da Madrid. Quel bambino sembrava già reale. Posò la mano sul ventre. Un bambino.

    «Qual è il problema, Hana?» le chiese Antonio. «Perché sei così distratta?»

    Inspirando e alzando lo sguardo sul bellissimo spagnolo al suo fianco, lei mormorò con voce strozzata: «Antonio, c'è qualcosa che devo dirti».

    L'autista e Ramon Garcia, la guardia del corpo, si scambiarono un'occhiata sul sedile anteriore. Nessun dipendente del signor Delacruz si sarebbe sognato di chiamarlo per nome. A parte quella notte a letto, Hana non si era mai presa quella libertà.

    Lui la guardò freddamente. «Sì, signorina Everly?»

    Quella voce forte dal lieve accento la rimise al suo posto, ricordandole, se fosse stato necessario, che era solo una dipendente, niente di più.

    Hana si perse d'animo. Erano quasi a Marunouchi, dove li aspettava una difficile trattativa d'affari a cui lei e Antonio, insieme al team di Tokyo, si preparavano da mesi. Antonio era ossessionato dalla negoziazione di un codeshare con la Iyokan Airways, un'importante linea aerea regionale che gli avrebbe fruttato rotte per Tokyo, Osaka e oltre.

    Forse, per ora, avrebbe dovuto rimandare la confessione sul bambino.

    Forse avrebbe dovuto rimandarla per sempre.

    Scacciò quel pensiero. Anche se rifiutava lei e il bambino, non aveva forse il diritto di sapere? E il suo bambino non meritava almeno la possibilità di avere un padre?

    «Devo dirti una cosa» sussurrò, guardando nervosamente verso i due uomini seduti sul sedile anteriore, che fingevano di non ascoltare. «Su... quella notte.»

    Lui la guardò con occhi di ghiaccio. «Quale notte?»

    Davvero non ricordava? Il suo bel viso era così freddo e arrogante che Hana si chiese quasi se la notte in cui le aveva preso la verginità non fosse stata un sogno. D'altra parte il test di gravidanza non lasciava dubbi.

    Sollevò il mento e dichiarò: «La nostra notte insieme a Madrid. Due mesi fa».

    I due uomini sul sedile anteriore sgranarono gli occhi. Antonio premette con calma il pulsante per chiudere la parete divisoria, poi la guardò, furibondo. «Hai promesso di non parlarne mai.»

    «Lo so, ma...»

    «Non ci sono ma. Mi hai dato la tua parola.»

    «Ho un buon motivo...»

    «Posso immaginarlo.» Antonio serrò la mascella e distolse lo sguardo. «Scaccerà dalla mente quella notte, signorina Everly. Non è mai accaduta.»

    Mentre la Rolls Royce affrontava la curva di fronte a un lucente grattacielo che dominava i Giardini Orientali del Palazzo Imperiale, la voce di Hana divenne uno squittio. «Ma...»

    L'auto si fermò e un portiere in uniforme arrivò per aprire la portiera.

    «Non è mai accaduta» ripeté Antonio e, senza nemmeno guardarla, scese dall'auto, nel completo scuro e nel cappotto di cashmere nero.

    Mettendo la borsetta sulla spalla, Hana lo seguì, stordita e con il cuore in gola. Teneva gli appunti e la cartella contro il petto, come se potessero proteggerla.

    «Benvenuto, signor Delacruz» li salutò in inglese e con un rispettoso inchino Emika Ito, capo del team di Tokyo. Era graziosa, con i capelli neri ed elegante. Sorrise a Hana, che cercò di ricambiare il sorriso. «È tutto pronto, signore.»

    Ferma sul marciapiede, Hana lanciò un'occhiata all'edificio. Dentro l'atrio di vetro e acciaio, il team era già riunito in attesa del loro arrivo.

    «Sì, naturalmente» ribatté Antonio. «Grazie, signorina Ito. Mi conceda un minuto.» Con un cenno del capo, la ragazza tornò nell'atrio, lasciando soli Hana e Antonio, con la guardia del corpo a discreta distanza. Lui la guardò dall'alto in basso. «Quindi sei d'accordo?» le chiese seccamente. Era intimo, stare così vicini sul marciapiede nella fredda mattinata di primavera. «È tutto dimenticato?»

    Hana sentì la brezza sulle guance in fiamme, vide un fiore di ciliegio che fluttuava nel vento, prima di sparire nel traffico di Hibiya Dori.

    Non poteva dirglielo. No. Avrebbe annuito e sarebbe entrata in silenzio nell'edificio, per essere l'assistente di cui lui aveva bisogno durante quell'importante riunione. Poi se ne sarebbe andata. Sarebbe sparita. Chinò il capo.

    «Bene» dichiarò lui. Hana vide il luccichio nei suoi occhi mentre si dirigeva verso la porta.

    Cercò di seguirlo. Di tacere.

    Tuttavia il suo cuore non glielo permise.

    «Sono incinta, Antonio» si lasciò sfuggire.

    Incinta?

    Antonio Delacruz s'irrigidì. Doveva aver capito male. Sopra di loro, il cielo era nuvoloso e da lontano sentì un tuono minaccioso. Si girò lentamente verso di lei.

    «Che cosa?»

    «Mi hai sentito.»

    Lui si accigliò. «Il primo aprile era ieri.»

    «Non è uno scherzo. Sono incinta.»

    Antonio si disse che non provava niente. Non poteva sentire l'ondata di emozione che all'improvviso gli girava intorno come un predatore in cerca di una crepa nell'armatura per invadere e distruggergli il cuore.

    È andata a letto con un altro uomo.

    Diede un colpo più forte del necessario al tetto dell'auto e l'autista s'allontanò dal marciapiede. Poi rilassò le spalle. «Credevo che avessi più buonsenso» si limitò a ribattere.

    Lei inarcò le sopracciglia, sorpresa. «Che cosa?»

    Antonio si chiese di chi potesse essere il bambino. Era vergine quando... scacciò subito quel pensiero. Doveva aver trovato un nuovo amante subito dopo.

    La stessa settimana?

    La stessa notte?

    Per Hana, sarebbe stato facile. Quale uomo non l'avrebbe desiderata? Era la donna più bella che avesse mai incontrato. La sua bellezza era indefinibile. Tutti gli attributi del suo retaggio multirazziale uniti in una grazia squisita. Una volta le aveva chiesto dei suoi antenati e lei aveva scrollato le spalle. «Sono americana. La mia famiglia è venuta da ogni dove. Inghilterra, Irlanda, Brasile, Giappone. Altri posti. E lei, signor Delacruz?»

    «Spagna» aveva risposto brevemente. Probabilmente era vero, però non l'aveva mai saputo con certezza.

    Ora Hana lo guardava con i grandi occhi marroni nel volto ovale, le labbra tumide, i capelli scuri raccolti in una lunga coda di

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