Partita a due: Harmony Destiny
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Info su questo ebook
Henri Reynaud è un campione, anzi, una star del football. La sua vita ha però preso una brutta piega da quando la moglie lo ha lasciato e ora per salvare la sua carriera deve riconquistarla. E lui non è certo il tipo da tirarsi indietro di fronte a una sfida così allettante.
Fiona non sa dove finisca la messinscena pubblica e inizino i veri sentimenti del marito nei suoi confronti. D'altra parte le è impossibile resistere all'attrazione per l'uomo che ogni donna desidera, ma basterà per ricostruire un matrimonio?
Miniserie "I milionari di New Orleans" - Vol. 3/4
Catherine Mann
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Partita a due - Catherine Mann
successivo.
1
Fiona Harper Reynaud era sposata da pochi anni con l'atleta più figo dell'anno.
Non aveva sposato l'attaccante dei New Orleans Hurricanes per il suo aspetto fisico. In realtà, era stata sempre attratta dagli intellettuali piuttosto che dagli sportivi. Quando, però, quell'atleta era capitato nella galleria d'arte dove lei aveva organizzato una raccolta fondi per il padre, l'aveva incuriosita. E quando Henri Reynaud aveva mostrato di apprezzare e capire le sfumature dell'arte botanica contrapposta a quella del paesaggio, si era smarrita in quegli occhi intelligenti del colore del caffè e altrettanto stimolanti.
Tuttavia, si era trattenuta a causa delle sue precedenti relazioni e di due fidanzamenti rotti. Si era trattenuta per due settimane intere. E da allora la sua vita non aveva smesso di vorticare fuori controllo.
Certo, erano fuggiti e si erano sposati perché pensavano che lei fosse incinta. Troppo tardi si erano resi conto che il loro matrimonio non aveva basi solide. E quelle basi effimere sulle quali l'avevano costruito si erano sbriciolate rapidamente.
Soprattutto in quel momento.
Entro due ore, Fiona avrebbe accolto il fior fiore della società di New Orleans per l'ultima raccolta fondi che gestiva da volontaria.
Ogni volta che una fondazione si offriva di pagare, lei donava il ricavato a opere di beneficenza. Credeva fermamente nelle cause che sosteneva ed era grata di possedere i mezzi e il tempo per finanziarle.
Comunque, non era la pressione di quell'evento mondano a innervosirla. La visita dal suo medico l'aveva spaventata, rafforzandola più che mai nella decisione di non essere più in grado di reggere un matrimonio costruito su nulla tranne la passione. Di sicuro, non costruito sull'obbligo.
Mise il telefono in vivavoce e lo posò sul cassettone antico, uno dei numerosi, raffinati pezzi che arredavano la casa nello storico Garden District dove viveva con Henri. Il suo sguardo indugiò sulla foto di loro due scattata a Parigi alcuni anni prima. I loro volti sorridenti la colsero alla sprovvista.
La sua vita era mai stata così felice? La versione fotografica di se stessa ora le sembrava quella di una sconosciuta.
Si era concentrata sulla foto al punto da scordarsi di essere al telefono con Adelaide, la futura cognata e da tempo immemorabile assistente di Dempsey, il fratellastro di Henri. I due si erano finalmente fidanzati. Il loro amore aveva impiegato più tempo a sbocciare, a differenza della proposta impulsiva che Henri aveva fatto a lei.
Battendo le palpebre, Fiona si concentrò di nuovo sulla conversazione. Sulla sua famiglia. Dentro di sé, rise a quel pensiero. La famiglia implicava confidenza e solidarietà, mentre lei si sentiva sola e triste.
E non ne aveva nessun motivo. Quella dei Reynaud era una famiglia numerosa e la maggior parte di loro risiedeva a New Orleans. Due dei fratelli di suo marito abitavano in un quartiere residenziale sul lago Pontchartrain. Il quartiere dove quella sera si sarebbe svolta la raccolta fondi.
Atleti, personaggi famosi e politici si sarebbero riuniti per sostenere la più recente delle sue cause. E, a giudicare dagli eventi precedenti, avrebbe raccolto i fondi necessari per aprire un nuovo rifugio per animali.
Si sedette sul divanetto in stile vittoriano ai piedi del letto a baldacchino e si infilò le calze mentre ascoltava la futura cognata parlare della consegna di vini, liquori e altre bevande.
Ancora immersa nel passato, quando si era innamorata follemente di Henri, si infilò l'altra calza. Henri le aveva fatto una corte spietata, così gli aveva creduto quando le diceva di adorare la sua mente tanto quanto il suo corpo.
Il suo corpo.
Con mani tremanti agganciò la calza alla giarrettiera. Non poteva permettersi di pensare ai giorni felici, prima che il loro matrimonio entrasse in crisi. Non poteva obbligarlo a restare a causa della sua salute. Rispettava il suo senso dell'onore, tuttavia era una sofferenza indicibile perdere il suo amore. Non poteva accettare niente di meno di un sentimento sincero.
Ciò significava che il suo segreto doveva rimanere tale. Lisciò una grinza nella calza e continuò la conversazione con Adelaide. «Non potrò mai ringraziarti abbastanza per avermi aiutata con l'evento di stasera.»
«L'ho fatto volentieri. Vorrei che mi chiedessi più spesso di aiutarti.»
«Non volevo sovraccaricarti di lavoro con Dempsey come tuo capo.» Fiona conosceva Adelaide da anni, ma solo di recente avevano saputo del suo idillio con Dempsey Reynaud.
«Invece, adesso che diventeremo cognate, posso essere sfruttata?»
«Oh, scusami.» Quel giorno, Fiona era troppo confusa. «Non era quello che intendevo dire.»
«Non occorre che ti scusi» replicò Adelaide ridendo. «Davvero. Stavo scherzando. Sono felice di dare una mano per una causa fantastica. Fai così tanto per beneficenza... sei brillante.»
«Be', oggi sarei stata un brillante fallimento se non mi avessi aiutata a organizzare la serata.» L'evento si sarebbe svolto alla casa sul lago, tanto più grande e sontuosa dell'appartamento che lei e Henri avevano comprato per difendere la loro privacy.
«Le emergenze non mancano mai. Hai risolto il problema con l'auto?» chiese Adelaide, con un'ombra di preoccupazione.
Fiona trasalì. Non le piaceva mentire, se però ammetteva che, quel giorno, aveva visto il medico, avrebbe dato la stura a domande alle quali era ancora troppo scossa per rispondere. Dopo anni di cure per la fertilità, era abituata a tenere segrete le sue delusioni. «È tutto risolto, Adelaide. Grazie.»
Quantomeno, se lo augurava. Il dottore le aveva detto di non preoccuparsi.
Più facile dirlo che farlo dopo tutto quello che aveva passato. Negli ultimi tempi, essere preoccupata era diventata la sua condizione naturale.
«Mi fa piacere sentirtelo dire. Ti ho spedito via e-mail le modifiche che ho apportato al menu.»
«Modifiche?» ripeté Fiona, subito in ansia. Di solito le modifiche dell'ultimo minuto la elettrizzavano perché le offrivano l'occasione di esercitare la propria creatività. Tutti gli eventi che aveva organizzato avevano richiesto uno o due adattamenti. Purtroppo, adesso era altrove con la mente, perciò aveva difficoltà a occuparsi di quegli imprevisti.
«Abbiamo avuto problemi a procurarci funghi freschi, così li ho sostituiti. Vuoi che te ne parli?» In sottofondo si udì un tintinnio di chiavi.
«No, naturalmente. Mi fido del tuo gusto e della tua esperienza.»
«Se hai bisogno del mio aiuto per qualsiasi altra cosa, fammelo sapere. Sono a mio agio nel campo in cui lavoro, ma il mio futuro ruolo come moglie di un Reynaud sarà un terreno nuovo per me.»
Invece, il tempo di Fiona come moglie di un Reynaud stava per scadere, anche se la famiglia non lo sapeva ancora. Ebbe un tuffo al cuore. «Tu sei una professionista e potresti portare qualsiasi evento a un livello eccellente. Solo, assicurati si scoprire quale vuoi che sia la tua nicchia. Gli uomini di questa famiglia possono travolgere una persona.» Le parole le sfuggirono di bocca e la sua facciata fredda e controllata cominciò a sgretolarsi.
«Fiona...» L'ansia era percepibile nella voce di Adelaide. «Stai bene?»
«Non fare caso a me. Sto bene. Ci vediamo tra poco. Ora devo cambiarmi.» Non poteva recarsi all'evento in calze e biancheria intima. «Grazie di nuovo.» Chiuse la comunicazione e prese l'abito blu zaffiro steso ai piedi del letto.
Se lo infilò e la seta scivolò fresca sulla sua pelle, fasciandole seni e fianchi, per poi allargarsi alle caviglie. Lo completò con una cintura di lustrini e pendenti di diamanti alle orecchie.
Nessuno avrebbe visto le sue cicatrici. Nessuno ne era al corrente tranne suo marito e i medici.
Doppia mastectomia.
Ricostruzione.
Profilassi... misure preventive. Nella speranza di scongiurare la malattia che si era portata via sua madre, sua zia e sua nonna.
Fiona non aveva avuto un cancro al seno ma il suo DNA non le permetteva di correre quel rischio. Si premette il vestito sul petto, sforzandosi di non pensare a quello che le aveva detto il dottore a proposito dell'interpretazione di una risonanza magnetica. L'aveva rassicurata che il nodulo era quasi certamente benigno, ma voleva fare una biopsia, a scanso di equivoci...
Il cigolio della porta che si apriva la fece trasalire, anche se sapeva che una sola persona sarebbe entrata senza farsi annunciare.
Suo marito.
L'atleta più figo d'America per due anni di seguito.
E l'uomo con il quale non era più andata a letto dall'intervento chirurgico, sei mesi prima.
Henri le posò le mani sulle spalle e il suo respiro le accarezzò il collo.
«Hai bisogno di aiuto con la lampo?»
Henri correva rischi nella sua professione. Certo, i suoi compagni si impegnavano per impedire che fosse placcato, ciononostante lui si rendeva conto e accettava che, ogni volta che scendeva in campo, poteva subire lesioni che avrebbero messo fine alla sua carriera.
Per i tifosi era coraggioso. Gli analisti sportivi a volte lo classificavano come incosciente. La stampa lo bollava come uno che non sapeva cosa fosse la paura.
Si sbagliavano tutti.
Moriva di paura ogni giorno da quando i medici avevano dichiarato che Fiona aveva ereditato il gene cancerogeno della famiglia. Non aveva importanza che il loro matrimonio stesse fallendo. Lui era rimasto sconvolto. Lo era ancora.
Henri le strinse le mani sulle spalle per nasconderne il tremito. Anche il contatto più lieve tra loro era carico di tensione. E non nel modo in cui gli faceva tremare le gambe. «La tua lampo?»
Agendo di volontà propria, i suoi occhi vagarono lungo la linea del collo, sui capelli castano scuro raccolti in una treccia, lasciando libere solo poche, lunghe ciocche che le scendevano sulla schiena. Si spinse oltre con lo sguardo, fino alle reni che lo invitavano a toccarle, a baciarle. Tuttavia aveva perso quel diritto. Lei l'aveva messo in chiaro quando aveva tentato di confrontarsi con lei dopo la prognosi del medico.
«Grazie. Sì, per favore» rispose, guardando con nervosismo al di sopra della spalla e scostando i capelli. Henri detestava vedere quel distacco nei suoi occhi color ambra. «Sono in ritardo a causa di un pasticcio con il servizio di catering.»
«Adelaide ha detto che eri nei guai con la tua auto, perciò sono tornato a casa prima. Ho visto che è in garage. Cosa c'è che non va?»
Voltando la testa per sottrarsi al suo sguardo, Fiona borbottò: «Non ha importanza».
Stava diventando la sua risposta fissa. Non aveva importanza.
Era una menzogna. Lui lo capì dal modo in cui la sua bocca era diventata una linea sottile.
Si lasciò sfuggire un sospiro mentre girava lo sguardo sulla loro camera. La loro ex camera, avrebbe dovuto dire. Aveva preso l'abitudine di dormire in quella per gli ospiti. Lontano da lei. Avevano perso perfino la capacità di mentirsi.
Aveva davanti il primo regalo che aveva fatto a Fiona. Era un armadio che fungeva anche da specchio a figura intera. Era un pezzo antico, unico. Estroso e brillante, proprio come Fiona nel suo abito blu zaffiro. Il riflesso della sua incantevole moglie nello specchio gli ricordò fino a che punto erano cambiate le cose tra loro due. Dannazione.
Tutta quella stanza era un mausoleo a quello che era stato.
«Posso fare qualcos'altro per aiutarti?»
«Ho tutto sotto controllo.»
«Come sempre.» Le parole gli uscirono in tono più aspro di quanto intendesse. Ma, dannazione, lui si stava sforzando. Perché non lo capiva?
Fiona si voltò di scatto, con la sua figura minuta rigida per la collera. Sollevando il mento, serrò le labbra con sussiego. «Non c'è bisogno di essere sarcastico.»
Ficcando le mani nelle tasche dei pantaloni, Henri si strinse nelle spalle. «Sono serissimo.»
Lo sguardo di Fiona si ammorbidì. Trasse un respiro profondo e lo fissò. Una brezza smosse l'aria della stanza, filtrando dalla finestra e portando con sé i rumori del traffico pedonale e dei clacson delle auto. Erano rumori che gli ricordavano il giorno in cui avevano comprato quella casa. Avevano passato mesi a lavorare insieme su ogni dettaglio di quello storico edificio vittoriano che un tempo era stato una scuola, poi un convento.
«Scusami, non volevo litigare. Adelaide mi è stata di enorme aiuto in una giornata davvero lunga. Diventa sempre più difficile fingere che non