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Diamante grezzo: Harmony Bianca
Diamante grezzo: Harmony Bianca
Diamante grezzo: Harmony Bianca
E-book145 pagine1 ora

Diamante grezzo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Nell'ambiente glamour di una clinica di lusso si intrecciano le vite, le passioni e gli amori del più eccitante team di chirurghi di Londra.

L'unico obiettivo di Lexi Robbins è far dimenticare a tutti di essere la figlia di una celebrità e legare il proprio nome a quello della Hunter Clinic. Per questo è diventata il nuovo responsabile della Co-municazione della Clinica, e per questo è determinata a eccellere. Peccato che, per riuscirci, sarà costretta ad avere a che fare con il burbero, presuntuoso e sexy chirurgo Iain MacKenzie. Iain non è un uomo facile e ottenere una sua intervista rappresenta una sfida quasi impossibile, ma Lexi è decisa a trasformare un diamante grezzo in una stella in grado di brillare in qualsiasi contesto. Soprattutto fra le sue braccia.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2020
ISBN9788830512634
Diamante grezzo: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Diamante grezzo - Scarlet Wilson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    200 Harley Street: Girl from the Red Carpet

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2014 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Giacomo Boraschi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-263-4

    1

    Lexi batté impazientemente le unghie rosa sulla scrivania. La clinica era completamente buia. Tutto a causa di un leggero puf quando aveva cercato di accendere la luce in una sala di visita. Se soltanto avesse saputo dov’era l’interruttore principale...

    Guardò l’orologio, usando la luce del telefono. Le undici di sera. E lui dov’era? Doveva essere là, da qualche parte, perché la sua macchina era parcheggiata nella via. Aveva già telefonato ai membri dello staff che si trovavano al bar Drake’s, apprendendo che non era con loro.

    Girò sui tacchi, più decisa che mai a ottenere il suo scopo.

    «Iain McKenzie, puoi fuggire ma non puoi nasconderti.»

    Era tutto il giorno che fuggiva.

    Lexi lo sapeva. E lo sapeva anche lui.

    Ma aveva trovato pane per i suoi denti. Nessuno poteva sfuggire a Lexi Robbins, addetta alle pubbliche relazioni della Clinica Hunter. Si era stancata di aggirare le ridicole scuse che lui le opponeva tramite la sua dispotica segretaria. Aveva consultato la sua lista di operazioni e sapeva con precisione quando trovarlo.

    Ma lui aveva partecipato a una riunione, poi a una videoconferenza, poi era uscito a comprarsi un sandwich. Finalmente la segretaria le aveva detto che era andato a ritirare gli indumenti in tintoria. Era stata l’ultima goccia!

    Così stava aspettando. Lexi Robbins sapeva essere paziente. E anche insistente. Fino a quel momento, cercando Iain, aveva ispezionato le tre sale operatorie e la sala postoperatoria, sebbene nell’edificio non vi fossero pazienti.

    Quel giorno l’aveva cercato quattro volte nel suo ufficio. Aveva ispezionato la sala d’attesa, la cucina, gli spogliatoi e le sale di visita. Era scesa perfino nella palestra e nella piscina. Non le sarebbe dispiaciuto sorprendere Iain McKenzie con qualche indumento di meno. Adesso aveva cominciato a cercare nelle altre sale di visita.

    Da bambina era molto brava a giocare a nascondino e ora non intendeva perdere la partita.

    Sì, Iain McKenzie aveva trovato pane per i suoi denti. Quell’uomo era esasperante. Lei faceva solamente il suo lavoro, cercando di migliorare il profilo della clinica per attirare nuovi clienti. Era già riuscita a convincere varie celebrità, qualche star della TV, un importante uomo politico e lo sceicco di Amal a utilizzare i servizi della Clinica Hunter. Le interviste filmate dei membri dello staff avrebbero attirato un pubblico ancora più vasto.

    Con i capelli arruffati, la corporatura robusta e l’accento scozzese, Iain McKenzie era il soggetto ideale. Se fosse riuscita a filmarlo e metterlo online, le donne lo avrebbero amato a prima vista e sarebbero venute alla clinica da ogni parte del mondo.

    Aveva sudato le proverbiali sette camicie per avere quel posto e non intendeva fallire. Leo Hunter le aveva appena detto che avevano cominciato a collaborare con una nuova organizzazione umanitaria, così il miglioramento del profilo e del reddito della Clinica Hunter era ancora più importante di prima. Era decisa a non deludere il suo capo, a dimostrarsi degna dell’occasione che le aveva offerto. Come figlia di una famiglia perennemente sotto i riflettori, anche lei doveva portare la sua croce. Se le avessero dato una sterlina ogni volta che qualcuno le aveva chiesto sei la figlia di Penelope Crosby?, di solito con un’espressione incredula, sarebbe stata milionaria. Non era facile essere la figlia di una famosa top model. E avere un padre multimilionario che nel suo show alla TV intervistava tutte le celebrità del mondo era ancora meno facile.

    Entrambi avevano disapprovato la sua decisione di andare all’università. Entrambi disapprovavano il suo lavoro alla Clinica Hunter. L’avevano approvata soltanto quando aveva passato qualche estate a fare attività umanitaria, perché la consideravano una buona pubblicità per la famiglia.

    Per questo era così decisa a non deludere Leo. Benché Iain McKenzie cercasse di nascondersi.

    Le sembrava di vederlo... Iain McKenzie con il completo color antracite, la camicia bianca e la cravatta rossa, le braccia conserte sull’ampio petto davanti all’insegna della Clinica Hunter. Sarebbe parso favoloso.

    Forse avrebbe dovuto fargli indossare il camice blu. I suoi muscoli sarebbero risaltati. O forse poteva convincerlo a mettersi il kilt, il gonnellino scozzese.

    No, niente kilt. Iain era troppo schivo e suscettibile per acconsentire a portarlo.

    Aprì la porta della stanza di Mitchell Cooper. Sebbene le luci fossero spente, dall’esterno penetravano quelle della via. Così Lexi poté vedere che la stanza era deserta come le altre.

    Ne rimaneva soltanto una, l’ufficio di Leo Hunter. Il capo.

    Provò un brivido di eccitazione. L’ufficio di Leo era il più sontuoso dell’edificio. Poltrone di cuoio, soffici divani e una vista spettacolare su Harley Street.

    Girò la maniglia con cautela. Entrando nell’ufficio del capo durante la sua assenza, le parve quasi di commettere un crimine. Ma era decisa a ispezionare ogni stanza della clinica.

    Notò subito qualcosa d’insolito. Qualcuno aveva accostato le tende e l’ufficio non era rischiarato dalla luce esterna. Estrasse il telefono per usarlo come torcia elettrica. A un tratto sussultò... che cos’era quel rumore? Trattenne il fiato mentre si sporgeva avanti tendendo l’orecchio. Ma dopo più di sedici ore in bilico sui tacchi a spillo, perse l’equilibrio. Inciampò nel vasto tappeto persiano che Leo teneva al centro nella stanza, cadde in avanti e gridò mentre brancolava nel buio urtando l’orlo di un divano.

    Avvertì un movimento. Un attimo dopo si sentì raggelare mentre qualcuno la costringeva a girarsi e la spingeva sul divano. Cercò di resistere ma le mani che le bloccavano le braccia erano troppo forti.

    Il peso del suo avversario la schiacciava contro il divano, mozzandole il respiro. L’oscurità era totale. Le sembrava di trovarsi nel cuore di un incubo o di un film horror.

    Sentì un brontolio e quel suono riaccese la sua speranza. Si costrinse a emettere la voce. «Iain?» domandò.

    Iain era finalmente riuscito a dormire. Non aveva motivo di andare a casa. Per quanto fosse stanco, come entrava nel suo appartamento non aveva più sonno. Troppo silenzio, troppo tempo per pensare al passato.

    Benché si fosse trasferito da Edimburgo a Londra, la sua casa gli evocava troppi ricordi. Così aveva trascorso mezza giornata a giocare a gatto e topo con Lexi Robbins. Quella donna lo stava assillando. Dio, se era testarda! Sua nonna l’avrebbe adorata. Tutto per un’intervista che lui aveva annullato all’ultimo momento e una pubblicità di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

    Mentre cominciava finalmente a rilassarsi, mentre la sua tensione si era finalmente allentata, un rumore lo aveva svegliato all’improvviso.

    Nella Clinica Hunter. Nel cuore della notte.

    Un rumore. Nel luogo dove avrebbe dovuto essere solo.

    L’aggressore era più piccolo di quanto avesse creduto. E anche più leggero. Probabilmente cercava droghe o i costosi filler cosmetici per cui la clinica era famosa.

    Poi lo sentì. Il profumo.

    Il profumo che da qualche giorno lo ossessionava nella clinica.

    Non solo da qualche giorno. Da quando Lexi Robbins aveva cominciato a lavorare là.

    Sensuale ambra con delicate note di gelsomino. Accompagnato da un insieme di morbide curve che un chirurgo plastico poteva riconoscere a un semplice tocco.

    Sentì il respiro affannoso della persona e la sua voce soffocata. «Iain?»

    «Lexi?»

    Balzò indietro, si accostò alla porta e cercò di accendere la luce. Non accadde niente. La stanza rimase buia.

    «Temo di aver fatto saltare le valvole» lo informò il bisbiglio dal divano. Dopo qualche secondo lei estrasse il cellulare e lo accese per rischiarare la stanza. «Sai dov’è l’interruttore principale?»

    Iain fu assalito dall’ira. Che cosa credeva di fare quella donna? Le strappò il telefono di mano, uscì in corridoio e si diresse verso lo sportello del contatore. Dopo averlo aperto, trovò l’interruttore principale e in un istante illuminò buona parte della clinica.

    «Che cosa ti è saltato in testa, Lexi?» domandò tornando nella stanza.

    Lei non si era mossa. Sebbene ora la stanza fosse illuminata, giaceva ancora sul divano con le braccia incrociate sul petto, bianca come un lenzuolo. Una scarpa era sul pavimento, l’altra penzolava dal suo piede. Di solito impeccabile, il suo tailleur appariva sbilenco e sembrava che le fosse saltato l’ultimo bottone della camicetta.

    E lui l’aveva presa per un ladro. Forse aveva usato più forza di quanto volesse.

    «Lexi? Stai bene?»

    Si chinò su di lei, dandole qualche secondo per riprendersi.

    Dopo quella che gli parve un’eternità, lei sbatté le palpebre e si alzò. «Wow! È così che fai cadere le donne ai tuoi piedi?»

    Iain si accorse di arrossire. Cercò disperatamente di non guardare la scollatura di Lexi. Era un chirurgo plastico, passava le giornate con le mani sui seni delle donne. Ma non aveva mai considerato Lexi come il tipo di donna che si fa rifare i seni. Era riuscita a sorprenderlo.

    In tutto il tempo che gli era stata vicino nel corso degli ultimi mesi, sfoggiando i suoi modelli firmati, non aveva mai notato le sue protesi. Ma era anche vero che non l’aveva mai vista nuda.

    Scacciando i pensieri che gli avevano invaso la mente, si sedette su un divano di cuoio e si prese la testa fra le mani. «Che cosa fai qui a quest’ora di notte?»

    Era stanco e si sentiva decisamente poco socievole.

    Lei si raddrizzò sul divano, si guardò la camicetta e si accigliò per il bottone mancante. «Potrei farti la stessa domanda.»

    Si sentiva chiaramente meglio. Lexi Robbins sapeva rendere colpo su colpo. Lui inarcò le sopracciglia e le rivolse un sorriso sfacciato. «Ti sfuggo?» Lei gli gettò un’occhiataccia e lui alzò le mani. «A parte gli scherzi, ti ho presa per un ladro. Puoi ringraziare il cielo che non ti abbia fatto un danno

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