I sogni si avverano: Harmony Collezione
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NUMERI E BACI - No, non può essere... Shelly Dupree non riesce a crederci: ha vinto un milione di dollari alla lotteria nazionale! Finalmente potrà ristrutturare il suo ristorante, inoltre la notizia porterà nuovi clienti. Ma le sorprese non sono finite, perché dopo pochi giorni abbandonano un neonato proprio davanti al locale, con un biglietto che glielo affida. Shelly non sa a chi chiedere aiuto, poi le viene in mente...
Muriel Jensen
Autrice americana residente nell'Oregon, è felicemente circondata da parecchi animali, tra cui il labrador Amber.
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Anteprima del libro
I sogni si avverano - Muriel Jensen
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Jackpot Baby
Harlequin American Romance
© 2003 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-984-0
www.harlequinmondadori.it
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Prologo
Shelly appoggiò i gomiti al bancone di legno massiccio che correva lungo tutta una parete dell’Heartbreaker Saloon, e considerò la possibilità di trangugiare abbastanza alcol per assumere infine la stessa espressione felice che alcuni dei clienti abituali del bar esibivano fin dalle cinque del pomeriggio. Ma da ottima cuoca qual era, sapeva che il gusto non poteva mai essere trascurato quando si trattava di bere o di mangiare. Il sapore violento dei liquori forti non era fra le sue preferenze. Aveva in mano lo stesso bicchiere ormai da un’ora, pieno di quel particolare vino bianco che Dev Devlin, il proprietario del locale, acquistava solo per lei.
Alzò lo sguardo per osservare la sua immagine riflessa nello specchio che era appeso fra i due quadri che ritraevano donne nude, una distesa sul letto, l’altra che giocava a carte con un gentiluomo. O almeno lei presumeva che si trattasse di un gentiluomo.
Riportò l’attenzione sul suo viso, pensando che non le piaceva essere una perdente. Un paio di seri occhi verdi le restituì lo sguardo, occhi che rilucevano su un viso non bello ma graziosamente simmetrico. Il pullover turchese contrastava piacevolmente con i capelli scuri e lisci, ed enfatizzava un seno alto e sodo. Aveva l’aspetto di una giovane donna che, dopo aver trascorso la giornata lavorando in ufficio, si stava concedendo un drink con gli amici.
La verità purtroppo era che a Jester gli affari non andavano bene per nessuno. Lei, in particolare, era già in ritardo di tre mesi sul pagamento dell’affitto del locale che ospitava il piccolo ristorante che gestiva, e aveva chiesto credito ai fornitori abituali.
Anni di siccità avevano messo in ginocchio l’economia di Jester, Montana, una cittadina situata ai confini con il Nord Dakota. A chiunque passasse di lì, l’area si presentava come una serie infinita di colline polverose e il centro della città solo come un insieme di vecchi edifici, ombre ormai di quanto erano stati al tempo dei pionieri.
Ma per Shelly Jester e i suoi cittadini erano tutto. Aveva studiato due anni a Chicago per diventare cuoca professionista e poi aveva lavorato per dodici mesi come direttrice di cucina in un grande albergo di Los Angeles. Ma gli altri venticinque anni della sua vita erano stati dedicati al Brimming Cup, il ristorante che era appartenuto ai suoi genitori e che lei aveva ereditato quattro anni prima, quando sua madre era morta di cancro e suo padre l’aveva seguita pochi mesi dopo perché il cuore non aveva retto al dolore.
Gli abitanti di Jester, che erano sempre stati suoi amici, allora erano diventati anche la sua famiglia. Molti di loro avevano continuato a far colazione o a pranzare abitualmente alla locanda, a parlare e a scherzare con lei, facendole desiderare di restare lì per sempre.Una volta il suo sogno era stato quello di aprire un ristorante di lusso in una grande città.
Di quel sogno aveva anche fatto parte l’uomo perfetto, che prima o poi avrebbe varcato la soglia del locale per innamorarsi perdutamente di lei e restituirle quel senso di sicurezza che aveva perso con la morte dei genitori. Un sogno che non aveva resistito al duro impatto con la realtà.
Aveva molti amici ma l’indiscutibile verità era che, quando tornava a casa la sera, era sola. Sola con Sean Connery, un grosso gatto che si era presentato alla sua porta una gelida serata d’inverno. Lei gli aveva offerto una ciotola di latte, e la bestiola aveva interpretato quel gesto come un invito a restare per sempre.
Sua madre e suo padre erano stati due persone affettuose ma pratiche, che le avevano insegnato che i sogni non servivano a sbarcare il lunario, bensì il duro lavoro. Quindi lei era rimasta a Jester, consapevole che avrebbe sofferto troppo di nostalgia in caso contrario. E consapevole anche che non c’era nessun uomo perfetto ad aspettarla. Quelli adatti erano tutti già sposati, o in caccia di donne dall’aspetto favoloso.
Per rendere utili i suoi studi, aveva deciso di aprire la locanda anche di sera e di offrire un menu più sofisticato. Ma non aveva mai trascurato le pietanze che i suoi genitori avevano preparato per anni, hamburger e patatine, salsicce, stufati, pollo fritto, bistecche, fagioli in salsa piccante, torte. La sua vita era andata avanti come sempre.
Di recente, però, i clienti avevano iniziato a rinunciare al dessert, preferendo anche far colazione in casa per risparmiare del denaro. Tuttavia gli affari per lei avevano continuato a essere abbastanza redditizi, almeno fino a quell’inverno. La prima neve era caduta agli inizi di ottobre e da allora il sole non era mai tornato a splendere. Ora, alla fine di gennaio, erano ormai quattro mesi che il turismo disertava completamente Jester.
Gli edifici che ospitavano il comune e la scuola avevano un bisogno urgente di importanti riparazioni. La statua di bronzo dedicata a Catherine Peterson e al suo cavallo Jester, da cui aveva preso il nome la città, era diventata verde. Tutti si mortificavano per il degrado, ma nessuno, e in particolare la giunta comunale, aveva i soldi necessari per porre rimedio ai danni.
Ora Shelly aveva in una mano la lettera dell’avvocato che gestiva l’edificio dove era situato il suo ristorante, con la quale si esigeva l’immediato pagamento dei mesi di affitto arretrati.
Nell’altra aveva la lista dei biglietti della lotteria. Ogni settimana lei e altri undici commercianti di Jester contribuivano con un dollaro a un fondo comune. Dean Kenning, il barbiere, provvedeva poi ad acquistare il maggior numero possibile di biglietti della lotteria di Pine Run.
Avevano quell’abitudine ormai da tre anni. Una volta avevano vinto quarantadue dollari. Avevano mangiato una pizza insieme per festeggiare la grande vincita.
Si recava ogni martedì sera al saloon per assistere all’estrazione trasmessa in televisione perché il suo apparecchio a casa era vecchio e le immagini erano confuse.
Mentre si avvicinava il momento fatidico, Shelly si disse, come faceva ogni martedì sera, che certe fortune erano riservate a pochi. Ma non poteva evitare di fantasticare, specialmente quando era di cattivo umore.
E quella sera il suo umore era davvero pessimo. Aveva sperato di potersi confidare con Dev Devlin, il proprietario dell’Heartbreaker Saloon. Loro due erano sempre stati amici, nonostante la pessima reputazione che Dev aveva in fatto di donne. Quella sera, però, lui non c’era.
Roy Gibson, il barista, alzò il volume della televisione mentre l’annunciatore si apprestava a leggere i numeri estratti.
Quaranta milioni di dollari, pensò Shelly sorseggiando il vino. Era quello il monte premi in palio. Lesse i numeri che aveva giocato, sempre gli stessi. Tre, perché tre erano stati i componenti della sua famiglia. Undici, perché a undici anni aveva capito di voler diventare una cuoca. Tredici, la somma di cinque e otto, il giorno e il mese della data di nascita di sua madre. Diciassette, dieci più sette, il compleanno di suo padre. Ventotto, la sua età, e trentatré, il civico della sua abitazione. Solo il numero che indicava la sua età cambiava con il passare degli anni.
«Dieci!» esclamò l’annunciatore. «Dodici! Venti!...»
Shelly scosse la testa e perse ogni interesse poiché i numeri estratti non erano i suoi. Certo, c’erano sempre quelli giocati dagli altri undici soci, ma conosceva bene quelle persone. Sfortunate come lei.
A quel punto avrebbe fatto meglio a finire il suo bicchiere di vino e a tornare a casa. L’indomani avrebbe dovuto alzarsi presto come al solito per dare avvio alla sua giornata.
Pagò il conto, scese dallo sgabello e stava per uscire dal locale quando sentì una voce concitata urlare qualcosa.
«Abbiamo vinto!» L’esclamazione proveniva dalla strada. «Abbiamo vinto!» ripeté la voce eccitata che lei riconobbe appartenere a Dean Kenning, il barbiere.
Shelly sorrise. Con tutta probabilità questo significava che si sarebbero riuniti di nuovo per mangiare una pizza.
Ma le urla di Dean continuavano, accompagnate adesso dalle esclamazioni di una donna. Un brivido corse lungo la schiena di Shelly. Gli avventori del bar si accalcarono verso l’uscita.
L’aria gelida della sera di gennaio accolse Shelly quando si ritrovò sul marciapiede. Dean, alla luce di un lampione, stava leggendo dei numeri a Dev, che a sua volta controllava un biglietto. Infine quest’ultimo alzò il viso. Era molto pallido. «Abbiamo vinto davvero» sussurrò.
Da persona concreta quale era, Shelly tenne a freno l’emozione e si fece strada fra la folla. Tese la mano a Dev. «Fammi vedere» disse. «E tu leggi di nuovo i numeri, Dean. Lentamente.»
Dean, un uomo grande e grosso che conosceva tutti e tutto a Jester, obbedì. Shelly osservò con crescente meraviglia la sesta riga, quella vincente, giocata da Gwen Tanner, lo sapeva perché, come lei, anche Gwen usava sempre la sua età, ventinove.
Poi alzò lo sguardo verso Dev e schiuse le labbra per parlare. Non riuscì a pronunciare una sola parola.
«Quanto avete vinto?» volle sapere un uomo.
«Quaranta! Milioni! Di dollari!» urlò Dean, saltellando come se fosse posseduto dal diavolo.
«Vediamo un po’...» Dev fece in fretta qualche calcolo. «Fa tre milioni, trecentotrentatremila, trecento... Sapete, uno di quei numeri dove il tre va avanti all’infinito. Siamo milionari!» esclamò, sollevando fra le braccia Amanda Bradley, sua nemica personale e grande amica di Shelly.
Amanda possedeva la Ex-Libris, una libreria situata proprio accanto al saloon. Litigava di continuo con Dev, ma lui apparentemente in quel momento aveva dimenticato ogni dissidio perché continuava a stringerla fra le braccia mentre volteggiava sull’asfalto ghiacciato.
Dean si avvicinò a Shelly e l’abbracciò. «Lo sai questo cosa significa?» chiese.
«Soldi per pagare i debiti» mormorò lei. «Siamo ricchi!» esclamò poi.
«Venite tutti! Vi offro