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Peccati di gola e di letto: Harmony Destiny
Peccati di gola e di letto: Harmony Destiny
Peccati di gola e di letto: Harmony Destiny
E-book171 pagine3 ore

Peccati di gola e di letto: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

I KING - Vol. 3/5

Rose Clancy è la classica brava ragazza e, per mantenere intatta la sua reputazione, ha deciso di non cedere all'attrazione che da sempre prova per Lucas King. Ma il destino ha riportato quell'uomo non solo nella sua vita, anche nella sua cucina. Lui non ha mai toccato una padella in vita sua, ma con una maestra come Rose è più che disposto a metter le mani in pasta. Nessuna fiamma, però, può eguagliare il calore della passione che presto scoppia tra loro e che li porterà dritti in camera da letto per sperimentare nuove, afrodisiache ricette.
LinguaItaliano
Data di uscita9 feb 2018
ISBN9788858977811
Peccati di gola e di letto: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Peccati di gola e di letto - Maureen Child

    1

    «Ecco qualcosa che non si vede tutti i giorni.»

    «Ma di che stai parlando?» Lucas King uscì sotto l’ampio porticato della facciata della sua abitazione e passò una birra al fratello minore. Per un attimo, ammirò la vista dell’Oceano Pacifico, dall’altra parte della strada. Il sole stava tramontando, conferendo una nota dorata alla superficie bluastra dell’acqua. Prese posto nella sedia più vicina e bevve un sorso di birra.

    Sean sogghignò e indicò ciò che aveva attirato la sua attenzione. «Guarda cosa si è appena materializzato davanti alla casa dei tuoi vicini.»

    Lucas spostò lo sguardo su Ocean Boulevard e strabuzzò gli occhi. Una station wagon blu scuro era parcheggiata davanti alla villetta accanto alla sua. Fin qui, niente di strano... non fosse stato per la gigantesca padella con tanto di coperchio che aveva sul tetto.

    «Cosa diamine è?»

    «Dai un’occhiata alla scritta sul fianco» gli suggerì Sean sghignazzando.

    «Corsi di cucina a domicilio» lesse ad alta voce Lucas, scuotendo il capo. «La scritta pubblicitaria giallo canarino sul fianco non bastava? Dovevano metterci sopra anche una megapentola?»

    Sean stava ancora ridendo quando assaggiò la birra. «Non certo il massimo dell’aerodinamica.»

    «È semplicemente ridicola» disse Lucas, chiedendosi che razza di persona guidasse un simile arnese. «Chi diavolo può mettersi al volante di una cosa del genere?»

    «Hmm...» Il tono di Sean cambiò radicalmente non appena la portiera della vettura si aprì e l’autista scese in strada. «Chiunque sia, quella sventola può insegnarmi qualunque cosa voglia.»

    Lucas alzò gli occhi al cielo, prima di riportare lo sguardo sull’oceano. Rieccoci daccapo. Sean e il suo chiodo fisso. Le femmine. Cinque minuti da solo con la donna-dalla-padella-sull’auto, e sarebbe stato capace di gettare le basi per un weekend insieme. Be’, si disse Lucas, Sean era libero di frequentare tutte le donne che voleva. Personalmente, lui amava un’esistenza un tantino più ordinata.

    Ascoltando distrattamente gli incessanti commenti entusiasti di Sean, Lucas ignorò la donna e l’auto e si concentrò sulla distesa d’acqua che si perdeva a vista d’occhio. Ogni sera dopo il lavoro, usciva sotto il portico, si faceva una birretta, fissava l’acqua e si dimenticava per un po’ del mondo. Di solito però, rifletté mentre la voce di Sean fungeva da fastidioso ronzio di sottofondo, lo faceva da solo.

    Qui, non era al vertice della King Construction. Qui, nessuno lo inseguiva per strappargli un incontro d’affari o per sistemare qualcosa che era andato storto con licenze e permessi. Non c’erano clienti innervositi da rassicurare, né vi era alcuna fretta di portare a termine qualsiasi dannatissima cosa.

    Oh, amava il suo lavoro. Lui e i suoi fratelli Rafe e Sean avevano fondato la King Construction alcuni anni prima e in breve tempo era diventata l’impresa edile più importante di tutta la West Coast. Ma che lo potessero fulminare se non trovava bello tornarsene a casa e dimenticare tutto quanto per un po’.

    «Mi sono sempre piaciute le bionde» stava dicendo Sean. «Quelle alte in particolare.»

    Lucas storse il naso. «Bionde, more, rosse. Il tuo problema è che ti piacciono tutte.»

    «Ah sì? E il tuo invece è che sei troppo difficile. Quando è stata l’ultima volta che hai chiamato una donna che non fosse una cliente?» Sean inclinò all’indietro la sedia e piazzò i piedi sul parapetto che delimitava il portico.

    «Non sono affari tuoi» borbottò Lucas.

    «Diamine, da così tanto? Non mi stupisce che ultimamente tu sia una simile spina nel fianco.» Sean prese un altro sorso di birra. «Ciò di cui hai bisogno è un po’ di attenzione femminile e, se avessi occhi per vedere, dopo uno sguardo a quella bionda saresti già pronto per partire in quarta.»

    Lucas sospirò e si arrese all’inevitabile. Sean non avrebbe mollato la presa riguardo alla donna della porta accanto, quindi Lucas si rassegnò a dedicarle quantomeno un’occhiata. «No, niente da fare» borbottò.

    «Prego?» Sean lo guardò sorpreso.

    «Non mi interessa» disse Lucas, rivolto più a se stesso che al fratello. Quindi si alzò, gli occhi incollati alla bionda alta e procace che stava girando attorno all’auto. Aveva i lunghi capelli raccolti in una coda di cavallo, ma questo non impediva al vento di scompigliarli. La sua carnagione era diafana, e sapeva per certo che aveva le guance e il naso spruzzati di lentiggini. Da dov’era non poteva vederle gli occhi, ma ricordava che erano azzurri come un limpido cielo estivo. Aveva una bocca grande che si piegava facilmente in un sorriso e la sua risata era tremendamente contagiosa.

    Non la incrociava da due anni e rivederla adesso gli trasmise un fremito. Lucas la osservò aprire la portiera posteriore per poi chinarsi per prendere qualcosa all’interno dell’abitacolo.

    Immediatamente, lo sguardo gli cadde sulla curva del suo fondoschiena, ben delineata dagli aderenti jeans neri che indossava. E il fremito di poco prima si trasformò in una scarica di infuocata adrenalina.

    «Cosa c’è?» Sean abbandonò la sedia per andare a porsi accanto al fratello. «La conosci?»

    «La conoscevo» ammise Lucas. Non bene come avrebbe voluto all’epoca, naturalmente. Un ragazzo non ci provava con la sorella del suo migliore amico.

    «Fantastico. Che ne diresti di presentarmela, allora?»

    Lucas lo incenerì con un’occhiata.

    Sean annuì e alzò le mani in segno di resa. «Okay, non importa. Allora, chi è?»

    «Rose Clancy.»

    Le sopracciglia di Sean si inarcarono quanto bastò perché il ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte gliele nascondesse completamente. Poi si voltò e guardò la donna, che stava ancora frugando nella macchina. «Quella sarebbe la sorellina di Dave Clancy?»

    «Proprio lei.»

    «Quella che Dave dipingeva come una santarellina? Buona? Dolce? Pura come la neve?»

    «In carne e ossa» mormorò Lucas, che adesso aveva socchiuso gli occhi mentre ricordava tutte le volte in cui aveva ascoltato il suo ex amico Dave vantarsi della sorella minore.

    La famiglia Clancy era alla guida di un’impresa edile rivale. Rivale nel senso che operavano nello stesso settore perché, per come la vedeva Lucas, non c’era mai stata gara tra loro. La King Construction era indubbiamente la miglior società di tutto lo stato, ed i Clancy erano buoni secondi.

    Lui e Dave si erano incontrati a una riunione della camera di commercio e subito era nato un certo affiatamento. Erano stati amici e concorrenti leali. Fino a quando, un giorno di due anni prima, Lucas aveva scoperto che Dave era un ladro e un bugiardo.

    «Sbaglio, o la dolce Rose l’anno scorso ha ottenuto il divorzio da quel somaro che aveva sposato?»

    «Sì» confermò Lucas, continuando a osservare Rose alle prese con pacchi e pacchettini. «Mi hanno riferito che è stata lei a chiedere il divorzio. Be’, non si può dire che l’avventura coniugale sia durata tanto.»

    Abbastanza, pensò Lucas, per scoprire che suo marito era un cornificatore seriale che avrebbe dovuto essere sterilizzato per il bene dell’umanità. Strano che il suo fratellone iperprotettivo non si fosse premurato di salvarla da un pessimo matrimonio.

    Rose recuperò altre cose, quindi chiuse la portiera, inserì la chiusura centralizzata dell’auto e puntò verso la porta della casa davanti alla quale aveva parcheggiato. Non si guardò attorno nemmeno per sbaglio, così non si accorse di Lucas e Sean che se ne stavano in piedi sotto al portico a fissarla.

    «Dunque, qual è il tuo piano d’azione?» chiese Sean con noncuranza, e Lucas girò il capo di scatto per guardarlo.

    «Non ho proprio nessun piano» mentì mentre in testa gli frullavano già tutta una serie di possibilità.

    «Già, raccontala a un altro. Possibilmente a qualcuno che non ti conosca affatto.»

    «Scusa, ma non hai appuntamenti galanti stasera?» domandò Lucas, tanto per toglierselo di torno.

    «Certo che sì.»

    «Allora forse sarebbe ora che andassi.»

    «Che tradotto significa che non vuoi proprio dirmi cosa hai in mente di fare, giusto?»

    Lucas sogghignò. «Sei un tipo sveglio, eh?»

    Scuotendo il capo, Sean posò la bottiglia di birra mezza vuota sul parapetto di pietra e si avviò verso gli scalini. Poi però si fermò per lanciarsi alle spalle un’occhiata riservata al fratello. «Sai, è stato Dave a truffarci. Non sua sorella.»

    Lucas sostenne lo sguardo di Sean, senza che i suoi occhi tradissero nulla di ciò che stava provando. «Ho forse detto qualcosa a proposito di Dave?» domandò.

    «No» ammise Sean. «Ma so bene come funziona il tuo cervello.»

    «Ne sei sicuro?»

    «Sì.» Sean inclinò di lato la testa e lo studiò per un lungo istante. «Ai King non piace farsi fregare. Ma Lucas King prende addirittura il tradimento come un affronto personale.»

    «E non lo è?» Lucas distolse lo sguardo dal fratello, riportandolo sul cortile ormai vuoto della sua vicina e sulla ridicola auto di Rose.

    Dave Clancy era stato un amico. Una persona di cui Lucas si fidava. E non erano molte le persone che avevano la sua fiducia. Che quell’amico non si fosse rivelato tale gli aveva fatto male, e quindi aveva tutti i diritti di essere ancora arrabbiato. Non si sarebbe mai scusato, neanche sotto tortura.

    «Dave ci ha gabbati tutti quanti» rammentò Lucas al fratello. «Ha pagato un nostro dipendente perché gli passasse delle informazioni riservate che poi ha usato per abbassare i suoi prezzi e portarci via da sotto il naso quattro appalti. Io questo lo considero un affronto personale.»

    «Ti ricordo che non abbiamo mai avuto uno straccio di prova.»

    «Davvero? Io la mia prova l’ho avuta quando Lane Thomas ci ha lasciati per andare a lavorare per Dave e, come per incanto, hanno smesso di soffiarci affari. Pura coincidenza?»

    «E va bene.» Sean si passò la mano nei capelli e si strinse nelle spalle. «Quello che sto dicendo è che sfogare la tua rabbia su Rose non ti aiuterà a regolare i conti con Dave.»

    «E chi ti dice che io voglia sfogarmi con qualcuno?» chiese Lucas.

    «Dunque, non stai pianificando una piccola vendetta?» ribatté il fratello, gli occhi socchiusi.

    «Ci vediamo domani al lavoro, Sean. Adesso, smamma.»

    «Chissà perché, ho la sensazione che questa faccenda non finirà bene» affermò Sean, prima di voltarsi e scendere il vialetto verso la sua auto.

    Lucas congedò il fratello con un gesto della mano. «Non finirà bene per i Clancy» mormorò tra sé. «Su questo ci puoi giurare.»

    Rose fece un cenno di saluto alla donna che l’aveva accompagnata alla porta e mantenne il sorriso che aveva sulle labbra fino a quando quella non si ritirò in casa. Il marciapiede era ben illuminato e i lampioni su Ocean Boulevard diffondevano un delicato bagliore giallognolo. Non dovendo affrontare l’oscurità, fu un vero sollievo uscire nella serata fresca e allontanarsi dall’odore persistente di cipolle bruciate.

    Kathy Robertson era decisa a diventare una buona cuoca, cosa che non sarebbe stata facile da realizzare. Certo questo faceva di lei un’eccellente cliente, visto che sarebbe stata un progetto a lungo termine e che avrebbe assicurato una certa liquidità all’attività in via di sviluppo di Rose. Buon per lei. Sorridendo tra sé, Rose rimise in macchina gli attrezzi del mestiere, chiuse la portiera e sobbalzò quando una voce maschile si levò alle sue spalle.

    «C’è voluto un po’.»

    Girando su se stessa, Rose si portò una mano al petto e alzò lo sguardo su un uomo che non vedeva da un paio d’anni. Ovvero, da quando lui e suo fratello avevano tagliato i ponti. Dopo esserle balzato in gola, il cuore tornò al suo posto, ma continuò a batterle forte per l’eccitazione. «Lucas?»

    Lui si era appoggiato alla sua station wagon. Come diamine aveva fatto ad arrivare lì senza che lei se ne accorgesse? Comunque, ora che lo aveva visto, era come se le terminazioni nervose le si fossero festosamente risvegliate di colpo. Indossava un pullover rosso su una T-shirt bianca e un paio di jeans neri. Aveva gli stivaletti consumati, probabilmente a forza di camminare strascicando i piedi, e i capelli neri arruffati dal vento. La mascella era velata da un filo di barba e teneva gli occhi azzurri puntati su di lei.

    «Mi hai fatto prendere una paura del diavolo» ammise lei non appena ritrovò la voce.

    «Scusa» disse lui, per nulla contrito. «Non intendevo spaventarti. Ma volevo parlarti prima che te ne andassi.»

    «Si può sapere da dove sbuchi?» Lei guardò la via in entrambi i

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