Agli ordini del capo: Harmony Destiny
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Lavorare per il ricco e viziato Jared Stevens non è proprio il genere di vacanza che Kim Donaldson ha immaginato. Ma è l'unico modo per saldare il debito ereditato dal padre e mettere fine all'estenuante faida che da sempre coinvolge le loro famiglie. Certo, per essere un suo nemico giurato, Jared possiede un fascino conturbante e soprattutto non le toglie mai gli occhi di dosso! L'arrivo della piccola Chloe costringerà però Kim a fare i conti con la realtà...
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Anteprima del libro
Agli ordini del capo - Shawna Delacorte
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
At the Tycoon’s Command
Silhouette Desire
© 2003 SKDennison, Inc.
Traduzione di Olimpia Medici
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-175-1
www.harlequinmondadori.it
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1
«Che cos’ha fatto?» Colpito, Jared Stevens tolse i piedi dalla grande scrivania di quercia e si alzò di scatto.
«Ha strappato la lettera e me l’ha tirata addosso. E, prima di sbattermi la porta in faccia, mi ha detto queste precise parole: Dovranno passare sul mio cadavere prima che io paghi un solo centesimo a un qualsiasi membro della famiglia Stevens
. Poi ha aggiunto che con la morte di suo padre si sono estinti anche i debiti che aveva con la Stevens Enterprise.» Grant Collins era in piedi di fronte alla scrivania. Un’ombra d’imbarazzo velava il volto dell’avvocato, di solito serio e dignitoso. «Non mi era mai successo niente di simile.»
«Ma chi si crede di essere, quella donna? Voglio che...» Le parole di Jared erano cariche di rabbia. Si interruppe e tirò un profondo sospiro per calmarsi, passandosi le mani tra i folti capelli scuri. Poi socchiuse gli occhi e aggrottò le sopracciglia con aria pensierosa.
«Non importa. Ci penserò io.» Dal tono della sua voce era evidente che l’incontro era terminato.
Quando l’avvocato uscì, Jared si versò una tazza di caffè e si sedette sulla comoda poltrona di cuoio. Raccolse alcuni documenti dalla scrivania, ne esaminò il contenuto per qualche minuto, poi si appoggiò allo schienale della poltrona e chiuse gli occhi. Non aveva né il tempo né la pazienza di dedicarsi alle vecchie relazioni d’affari tra suo padre e Paul Donaldson. La faida tra gli Stevens e i Donaldson andava avanti da tre generazioni. Jared ne aveva fin sopra i capelli e non gli interessava sapere come e perché fosse iniziata. Non voleva nemmeno accanirsi sulla figlia di Paul Donaldson. Gli bastava che pagasse quella cambiale scaduta da ventimila dollari e per lui la questione si sarebbe potuta considerare chiusa. Erano solo affari, non c’era nulla di personale.
Bevve un altro sorso di caffè. Non aveva mai incontrato Kimbra Donaldson, ma a quanto pareva presto sarebbe stato costretto a vedersela con lei. L’orologio sulla scrivania segnava le quattro e mezzo. La casa dei Donaldson era a meno di cinque chilometri dalla proprietà degli Stevens, in cui Jared passava buona parte dell’estate da quando aveva preso le redini dell’azienda di famiglia. Però aveva conservato il suo appartamento di San Francisco, in cui abitava per il resto dell’anno. Invece in estate preferiva ritirarsi in quella grande proprietà nel Nord della California e trasformarla in un ufficio provvisorio. Sentiva il bisogno di fuggire dal traffico congestionato della metropoli, dove aveva sede la Stevens Enterprise, per rifugiarsi a Otter Crest, la sua terra natale.
Emise un sospiro esasperato. Bisognava risolvere al più presto la questione della cambiale, in modo da non pensarci più e potersi dedicare agli affari veri. Ivi compreso anche un appuntamento con quella rossa mozzafiato che aveva incontrato la settimana prima a San Francisco, a una festa a casa di un suo socio. Un sorriso di aspettativa gli increspò gli angoli della bocca. Ci voleva quasi un’ora di macchina per andare in città, ma Jared era sicuro che ne sarebbe valsa la pena. Prima però doveva dedicarsi allo spiacevole caso di Kimbra Donaldson. Rimise a posto i documenti, prese le chiavi della macchina e si incamminò verso la porta.
Kimbra Donaldson era stata compagna di liceo del suo fratellastro, Terry. La madre di Terry era la seconda delle sei mogli di Ron Stevens. Per non parlare delle varie amanti e delle innumerevoli relazioni occasionali di suo padre. Jared si era spesso stupito che avesse avuto soltanto due figli, ma probabilmente era stato meglio così. Quando, all’età di diciotto anni, lui aveva lasciato Otter Crest per frequentare il college, Terry e Kimbra avevano solo dieci anni e andavano ancora alle elementari.
Da allora erano passati vent’anni.
Terry non aveva una grande opinione di Kimbra, ma Jared non si fidava troppo dei giudizi del fratello. Fino a cinque anni prima, quando era morto loro padre, non erano stati molto intimi. Da allora in poi Terry si era trasformato in un problema permanente, perché, insieme all’azienda di famiglia, Jared aveva ereditato anche il compito di tenere il fratello lontano dai guai.
Per Jared passare alla guida della Stevens Enterprise aveva rappresentato un freno alla sua brillante vita sociale, ma era anche stata una sfida stimolante per un giovane come lui, che fino ad allora non aveva mai avuto un vero scopo nella vita.
Jared percorse la strada fiancheggiata da vecchie case, controllando i numeri fino a quando non si trovò di fronte alla villa in cui Paul Donaldson aveva vissuto per almeno quarant’anni. Posteggiò di fronte al vialetto d’ingresso, spense il motore e restò per un attimo in macchina a fissare la porta. Uno strano disagio gli serrava lo stomaco, mentre si sentiva invadere da un’apprensione sconosciuta.
Non aveva mai avuto a che fare con una donna capace di strappare un’ingiunzione di pagamento in faccia a un avvocato. Le donne che frequentava lui erano belle, leggere e sempre pronte a divertirsi. Jared ne conosceva molte e tutte condividevano la sua filosofia in materia sentimentale: niente legami e nessun impegno.
Si accorse che la tenda della finestra si era mossa leggermente. Qualcuno lo stava osservando. Jared tirò un profondo respiro. Non poteva più aspettare. Aprì la portiera e scese, conscio che ogni sua mossa veniva osservata.
Kimbra Donaldson continuò a osservarlo da dietro la tenda. Aveva visto la Porsche color argento che si fermava di fronte a casa sua, ma non l’aveva riconosciuta. Quando la portiera si aprì, rivelando il volto del guidatore, a Kimbra venne subito un nodo alla gola e si sentì sopraffare da una sensazione di terrore. Jared Stevens in persona. Poche ore prima aveva sfogato tutta la sua rabbia e si era lasciata sfuggire delle parole che avrebbe fatto meglio a evitare. Kim, quando imparerai a riflettere prima di parlare? Non immaginava che la sua scenata all’avvocato avrebbe provocato una risposta così immediata.
Deglutì a fatica e cercò di respirare. Non aveva mai conosciuto di persona Jared Stevens, ma lo aveva visto un paio di volte. Di una si ricordava in modo particolare. Andava ancora al liceo e si era fermata al parco a seguire una partita di softball. Subito la sua attenzione era stata attirata da un giovanotto che giocava in jeans al ginocchio e canotta. L’attrazione fisica era stata immediata.
Kim si era subito invaghita di quel bellissimo ragazzo sui vent’anni, senza nemmeno sapere chi fosse. Ancora adesso ricordava le sue lunghe gambe, le spalle larghe e la pelle abbronzata. In seguito aveva scoperto che l’uomo dei suoi sogni era Jared Stevens, il fratello maggiore di Terry, e che aveva la fama di essere un playboy incallito. Da quel momento aveva perso qualsiasi interesse per lui. Da generazioni tra le loro famiglie era in corso una faida feroce, e non c’era motivo per credere che Jared fosse diverso da quel cretino di suo fratello. Eppure Kimbra non aveva più dimenticato quella visione di tanti anni prima.
Lo guardò mentre prendeva la valigetta posata sul sedile del passeggero. Jared era in jeans, maglietta e scarpe da ginnastica; nessuno l’avrebbe mai preso per il direttore di un’azienda miliardaria. Kimbra si sentì invadere dall’ansia. Avrebbe dovuto fingere di non essere a casa? No, sarebbe stato inutile. Doveva affrontarlo e dirgli di persona che non aveva la minima intenzione di pagare un debito che suo padre riteneva inesistente. E poi, anche se avesse voluto, lei non avrebbe saputo come trovare ventimila dollari.
Il suono del campanello l’agitò ancora di più. Era inutile tentare di rilassarsi, così si precipitò ad aprire.
«Kimbra Donaldson?»
La sua voce la fece rabbrividire. Era sensuale e armoniosa proprio come temeva. Gli anni passati da quel giorno in cui lo aveva visto giocare al parco non avevano fatto che migliorare il suo aspetto. Era diventato un uomo bellissimo e dotato di un carisma quasi magnetico. Per non parlare di quegli occhi, di un verde così intenso. Senza rendersene conto Kim si trovò senza fiato e dovette lottare con se stessa per mantenere il controllo.
«Sì, sono Kim Donaldson.» Calmati, respira profondamente. Ma fu tutto inutile. Era impossibile ignorare lo sguardo di Jared, che la esaminava da capo a piedi e si soffermava sulle sue gambe nude con evidente approvazione. Era uno sguardo che la faceva sentire vulnerabile e nello stesso tempo prometteva piaceri misteriosi.
Se avesse saputo della visita non si sarebbe certo fatta trovare a piedi nudi, in maglietta blu e pantaloncini da tennis bianchi. Ma ormai era troppo tardi.
«Preferisce che la chiami Kim?»
Lei annuì, incapace di proferire parola.
«Sono Jared Stevens.»
«Lo so.»
Un lampo di sorpresa gli attraversò gli occhi, per poi svanire immediatamente. «Questa mattina lei è stata piuttosto scortese con il mio legale. Il signor Collins mi ha riferito che nessuno l’aveva mai trattato così. Quindi mi vedo costretto a occuparmi di persona della questione.» La fissò per qualche secondo, poi sorrise. Un sorriso maledettamente sexy, che mise a nudo i suoi denti bianchissimi che spiccavano sull’abbronzatura della pelle. «Credo proprio che abbiamo degli affari urgenti da discutere.»
Kim si sforzò di mantenere la calma e di rispondere con la massima freddezza. «No, non abbiamo niente da dirci.»
«E invece sì, signorina Donaldson» la contraddisse Jared, quindi la guardò di nuovo con una scintilla maliziosa negli occhi. «Posso entrare un momento?»
«Be’...» Kim cercò di dire qualcosa, ma non ci riuscì. Si scostò e gli fece cenno di entrare, rimproverandosi di comportarsi come una ragazzina idiota. Quell’uomo era il nemico e ai suoi occhi non poteva avere nessuna attrattiva.
Si scostò dal volto i corti capelli biondi e si schiarì nervosamente la voce.
«Non vedo proprio di cosa dovremmo discutere. Lei sta cercando di estorcermi dei soldi, sulla base di un debito inesistente. E mi sembra di pessimo gusto piombare qui con le sue richieste dopo la morte di mio padre, proprio come un avvoltoio.»
Jared sollevò