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Passione perfetta: Harmony Collezione
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E-book174 pagine3 ore

Passione perfetta: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Rhiannon Lewis non ha più fiducia negli uomini. Dopo tutto quello che ha passato ha deciso che i rapporti con il genere maschile saranno solo ed esclusivamente di lavoro o d'amicizia. Il sesso e l'innamoramento non verranno più contemplati. Uno stile di vita che funziona sino a quando non si imbatte, proprio per lavoro, in Gabriel Hudson, proprietario di una compagnia area. Rhiannon non si può nascondere dietro un dito, quell'uomo l'affascina, l'attrae. Il desiderio di lui è forte. Impossibile resistere. E allora, perché non cercare di lasciarsi andare e vedere come va a finire? In fin dei conti non tutti gli uomini sono uguali.

LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2014
ISBN9788858918456
Passione perfetta: Harmony Collezione
Autore

Daphne Clair

Autrice residente in Nuova Zelanda, ha scritto la sua prima novella alla tenera età di otto anni.

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    Anteprima del libro

    Passione perfetta - Daphne Clair

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Determined Virgin

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2003 Daphne Clair

    Traduzione di Fabio Pacini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5891-845-6

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Rhiannon odiava gli ascensori, ma quella mattina aveva trovato i piani inferiori del parcheggio tutti pieni e trasportare uno scatolone di mattonelle su per quattro rampe di scale non le sembrava una mossa particolarmente intelligente. Qualunque persona normale avrebbe optato per la comodità dell’ascensore.

    Dal momento che erano cinque anni che si sforzava di tornare a essere una persona normale e che in giro non si vedeva anima viva, trasse un profondo respiro ed entrò nella cabina, premendo il pulsante del quarto livello.

    Mentre le porte stavano per chiudersi, una forte mano maschile le riaprì e un uomo alto, vestito di grigio, s’infilò nello spiraglio. Rhiannon indietreggiò, andando a incastrarsi nell’angolo più lontano. Le porte si chiusero e l’ascensore cominciò a salire.

    Va tutto bene, si disse lei. È solo un tizio che ha lasciato la macchina nel parcheggio.

    Nel tentativo di rassicurarsi, gli lanciò un’occhiata di sottecchi, accorgendosi con sgomento che il nuovo venuto si era appoggiato a una delle pareti laterali e la guardava senza neanche prendersi la briga di dissimulare il suo interesse. Gli occhi argentati dell’uomo si mossero con deliberata lentezza, indugiando su ogni dettaglio della sua figura, dalle ciocche dei capelli castani in giù, fino all’orlo della gonna del vestito verde.

    Rhiannon sentì i capelli che le si rizzavano sulla nuca e le pulsazioni che acceleravano, ma si impose di respirare in modo regolare e di mantenere la calma. Tuttavia, serrò le braccia attorno allo scatolone e, anche se il suo sguardo rimase disperatamente fisso sui numeri che si accendevano sul pannello, il suo cervello registrò che il suo compagno non aveva niente di ordinario.

    L’elegante completo grigio che indossava assieme a una camicia bianca a righine azzurre e a una cravatta di seta nera era abbastanza convenzionale, ma il fisico atletico e il bellissimo volto sembravano appartenere alla statua di una divinità greca affacciata sul costone di un’isola dell’Egeo... vale a dire agli antipodi del mondo rispetto alla tetra penombra di un parcheggio nel centro di Aukland in Nuova Zelanda.

    L’impressione era accentuata dalla folta chioma di capelli schiariti dal sole che, sebbene accorciati dalla mano sapiente di un ottimo barbiere, ricordavano le onde di un mare immerso nella luce dorata del tramonto.

    Sul display del pannello si accese il numero tre, poi il numero quattro e alla fine, mai troppo presto per Rhiannon, le porte dell’ascensore si aprirono. L’uomo le cedette il passo, permettendole di uscire per prima sul pianerottolo. Senza fermarsi, lei rinsaldò la presa sullo scatolone e svoltò in direzione della mezza rampa di scale che conducevano al livello 4-B.

    Mentre stava per raggiungerle, si sentì toccare il braccio.

    «Quel pacco sembra molto pesante» disse lo sconosciuto. «Lasci che l’aiuti.»

    Il piede di Rhiannon, già posato sul primo gradino, scivolò mentre lei si voltava di scatto, scuotendo la testa per rifiutare l’offerta. Disgraziatamente, perse l’equilibrio e cadde sui gradini, picchiando il gomito sul cemento. Lo scatolone le sfuggì di mano e le mattonelle si rovesciarono, urtando una contro l’altra e spezzandosi con un fracasso infernale.

    «Dannazione!» esclamò l’uomo, ma lei quasi non lo sentì. Trafitta da un dolore lancinante, si tirò a sedere e si premette il gomito offeso sul fianco, serrando i denti per soffocare un grido.

    «Oh, mio Dio! Mi scusi!» La profonda voce maschile era molto vicina e, riaprendo di scatto gli occhi, lei vide la faccia del dio greco a pochi pollici dalla sua. Lo sconosciuto si era inginocchiato sul pianerottolo, incurante del velo di polvere che copriva il pavimento. «Non volevo spaventarla» aggiunse.

    Da quella distanza, lei notò che i suoi occhi erano azzurri... azzurri come il ghiaccio, ma niente affatto freddi e, in quel momento, colmi di colpevole preoccupazione. «Si è fatta male?» le chiese, abbassando lo sguardo sulla mano che reggeva il gomito ferito. «Mi lasci vedere.» La testa dorata si avvicinò ancora di più, al punto da permetterle di distinguere il colore del cuoio capelluto. Un delizioso aroma di limone speziato le raggiunse le narici.

    L’uomo allungò una mano per toccarla, ma Rhiannon d’istinto si ritrasse, scuotendo la testa. «Non è niente. Solo una botta. Tra un attimo starò bene.»

    Lui si accigliò.

    «È impallidita.»

    La cosa non la sorprese: si sentiva pallida. In compenso, però, il dolore stava scemando e il senso iniziale di vertigine era svanito. «Non è niente» ripeté e, per dimostrarlo, tentò di alzarsi.

    «Non si muova!» Una mano robusta le calò sulla spalla, frustrando il suo tentativo. «È meglio che resti seduta ancora un po’. Se la prenda comoda.»

    Rhiannon era ancora intenzionata ad andarsene, ma qualcosa nel tono della sua voce, gentile e autoritaria al tempo stesso, le permise di tenere a bada il panico.

    Quest’uomo non vuole aggredirti.

    Compiendo uno sforzo, si rilassò e nel farlo si rese conto con stupore che la mano che la bloccava era molto calda, quasi confortante. Ma poi lo sconosciuto la tirò via e iniziò a raccogliere le mattonelle, rimettendole nello scatolone.

    «Alcune si sono rotte» disse. «Posso rimpiazzarle, oppure rimborsarla per il danno subito.»

    «Non è necessario» replicò lei. «Avrei dovuto romperle comunque.»

    In procinto di infilare due frammenti di una piastrella nello scatolone, lui le lanciò un’occhiata interrogativa. «Terapia antistress?» chiese sorridendo.

    «Mi servono per un mosaico» spiegò lei con una certa riluttanza, accettando la conversazione nella speranza che la distraesse dal gomito dolorante. «Molte erano già danneggiate in partenza.»

    «Un mosaico... lo fa per hobby, oppure è la sua professione?»

    Rhiannon esitò di nuovo. È semplicemente curioso, non agitarti.

    «Un po’ di tutte e due.»

    «È possibile che la conosca di nome?»

    «Ne dubito.»

    Quando capì che lei non gli avrebbe detto come si chiamava, il dio greco curvò le labbra in una piccola smorfia e, dopo aver richiuso lo scatolone, chiese: «Come va adesso?».

    «Molto meglio. Sto bene.» Lei si aggiustò la tracolla della borsetta e provò a tirarsi in piedi, ma, nel farlo, non riuscì a trattenere un gemito.

    Lui aggrottò la fronte. «È sicura di non essersi rotta qualcosa?»

    Rhiannon fletté cautamente il braccio. Il gomito le faceva male, ma il dolore era sopportabile. «Domani mi verrà fuori un livido, ma, a parte questo, sembra a posto.» Trasportare le mattonelle, però, sarebbe stato un problema.

    Come se le avesse letto nella mente, lo sconosciuto disse: «Faccia strada... io la seguo con lo scatolone».

    Consapevole di non avere alternative, lei iniziò a salire i gradini, imponendosi di non prestare attenzione alla presenza dietro le sue spalle.

    Dopo aver sistemato lo scatolone nel bagagliaio della sua station-wagon, lui chiese: «Che altro posso fare per lei?».

    «Niente, grazie. Ha già fatto abbastanza.»

    Lui trasalì.

    «Ahia!»

    «Non intendevo...»

    Lui scoppiò a ridere e Rhiannon cercò di porre rimedio alla gaffe. «È stato molto gentile e io l’apprezzo.»

    «È generoso da parte sua, dal momento che sono stato io a farla cadere.»

    «Non è stata colpa sua.» Considerando la sua eccezionale bellezza virile, qualunque altra donna sarebbe stata felicissima di accettare la sua offerta di aiuto, invece di incespicare nel tentativo di sottrarsi il più rapidamente possibile al contatto.

    «C’è qualcuno che può darle una mano a scaricare?» chiese lui, indicando le mattonelle.

    «Sì.» Improvvisamente restia a fornirgli ulteriori informazioni, lei aprì lo sportello e si infilò dietro al volante.

    Scrollando le spalle con aria contrita, lui richiuse la portiera e si tirò indietro.

    Lanciando un’occhiata nello specchietto retrovisore prima di imboccare la rampa per uscire dal parcheggio, Rhiannon lo scorse nell’atto di alzare la mano in un cenno di saluto.

    Quando la station-wagon sparì giù per la rampa, Gabriel Hudson si infilò le mani in tasca e scosse lentamente la testa.

    Complimenti, Hudson. Gran bel colpo. Non è che stai perdendo il tuo tocco?

    Gabriel non aveva l’abitudine di abbordare donne nei parcheggi, però non ricordava di essere mai stato liquidato con tanta, brusca efficienza. Anche prima di comprare un’azienda sull’orlo del fallimento, cambiarle nome e portarla nell’arco di pochi anni tra le prime venti compagnie private della Nuova Zelanda, quando si era trattato di trovarsi un po’ di compagnia femminile aveva avuto solo l’imbarazzo della scelta. Il suo aspetto fisico era una garanzia di successo e, se a volte era stato fonte di qualche occasionale imbarazzo, nessuna ragazza era mai fuggita terrorizzata davanti a lui.

    Questa qui, invece, si era rincantucciata in un angolo dell’ascensore non appena era entrato, evitando il suo sguardo come se avesse temuto che potesse contagiarla. Lui aveva potuto studiarla con attenzione per una decina di secondi, ma poi, quando si era accorta che la stava osservando, lei si era spaventata davvero. I suoi occhi verdi, bellissimi, grandi, leggermente a mandorla, si erano dilatati, assumendo l’espressione guardinga di un animale braccato. Le sue labbra morbide, ben disegnate, prive di qualunque traccia di rossetto, si erano schiuse per lasciar passare una rapida boccata d’aria.

    I lucidi capelli ramati scendevano a carezzare una pelle vellutata che, dopo la caduta, aveva perso con allarmante rapidità il suo colorito rosato. Il vestito che indossava era troppo largo per permettergli di valutare la sua figura, ma, almeno a giudicare dal poco che era riuscito a indovinare seguendola fino alla macchina, il corpo doveva essere all’altezza del viso.

    Lei si era voltata subito dall’altra parte, serrando le labbra, fissando i numeri che si accendevano sul display del pannello come se avesse il potere di farli cambiare più in fretta.

    Inspiegabilmente, lui aveva sperimentato un moto di desiderio, come forse non gli era capitato nemmeno negli anni dell’adolescenza. L’impulso di aiutarla a trasportare il pesante scatolone non era stato interamente altruistico. Certo, non era partito con l’intenzione di sedurla nella penombra del parcheggio, però aveva provato una strana riluttanza all’idea di vederla andare via. Quell’occhiata impaurita nell’ascensore era bastata a intrigarlo.

    Non avrebbe dovuto toccarla. Era stato quel gesto a farla sobbalzare come una cerbiatta spaventata, innescando la rovinosa caduta.

    Il ricordo del suo volto pallido, dei grandi occhi verdi scuriti dallo shock, della bella bocca contratta, gli strappò un’imprecazione.

    In quel momento, si era giocato tutte le sue possibilità. Fare quasi svenire una donna dal dolore non era il modo migliore per entrare nelle sue grazie.

    Dopo l’incidente, non aveva potuto fare altro che scortarla alla macchina e augurarsi che si dimenticasse il prima possibile di quel disgraziato incontro.

    Rhiannon guidò con prudenza, consapevole del fatto che il braccio si stava irrigidendo e non rispondeva ai comandi con la necessaria prontezza. Aveva i muscoli contratti e, al primo semaforo rosso, eseguì una serie di esercizi di respirazione, staccando le dita dal volante e flettendole lentamente.

    Mentre aspettava che scattasse il verde, nella sua mente prese forma un’immagine delle mani dello sconosciuto, forti, ma non minacciose, e dei suoi occhi, che sembravano avere la sconcertante capacità di mutare dal grigio argento all’azzurro chiaro del cielo all’alba, foriero del calore del giorno a venire.

    All’inizio, quando lo aveva sorpreso nell’atto di guardarla, erano stati pigramente

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