Il castigo del greco: Harmony Collezione
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Anteprima del libro
Il castigo del greco - Caitlin Crews
successivo.
1
Il suo incubo peggiore si realizzò un banalissimo martedì pomeriggio, durante una grigia e cupa primavera inglese.
Lexi Haring immaginava che sarebbe accaduto; aveva atteso quel momento da quando la notizia si era diffusa. Dopo tanti anni e i numerosi appelli, Atlas Chariton era un uomo libero.
Non solo libero. Era innocente.
Lexi aveva guardato la conferenza stampa che Atlas aveva rilasciato proprio di fronte al penitenziario americano dove stava scontando l'ergastolo per un omicidio che, come avevano dimostrato le prove del DNA durante l'ultimo processo, non aveva commesso. Era stato rilasciato il giorno stesso.
Lexi doveva ammettere di non aver perso un solo istante dell'avvincente servizio, e non solo perché la conferenza stampa era in diretta su tutti i canali.
«Ho sostenuto la mia innocenza fin dall'inizio» aveva ripetuto Atlas con quella sua voce roca che sembrava irrompere direttamente dallo schermo, in un inglese dal marcato accento britannico arricchito da una leggera cadenza greca che ricordava le sue origini.
Atlas aveva colmato come d'incanto il piccolo monolocale che Lexi aveva la fortuna di possedere in un quartiere nella zona ovest di Londra. Doveva percorrere un lungo tragitto in autobus, più un tratto di una decina di minuti a piedi, per raggiungere la proprietà dei Worth dove lavorava, grazie alla generosità di suo zio.
In realtà, ogni tanto dubitava della sua benevolenza, ma non ne parlava con nessuno e cercava di ricordarsi quanto fosse fortunata.
«Sono felice che abbiano dimostrato la mia innocenza al di là di ogni ragionevole dubbio.»
Atlas sembrava invecchiato, come c'era da aspettarsi, anche se i folti capelli corvini che tendevano sempre ad arricciarsi non erano ancora brizzolati. La ferocia che era sempre impressa sul suo volto era ancora più evidente undici anni dopo il suo arresto. Sembrava ren-dere la sua bocca crudele perfino più severa e brutale.
L'aveva fatta rabbrividire, come peraltro le era sempre successo, nonostante si trovasse dall'altro lato dell'Oceano Atlantico. Il cuore aveva preso a batterle forte nel petto come quando lui le era accanto. Le era parso che quel suo sguardo crudele fosse rivolto proprio a lei, attraverso le telecamere televisive; d'altronde, Lexi era certa che lui sapesse che lo stava guardando.
Le aveva ricordato il modo in cui l'aveva gelata con lo sguardo una decina di anni prima, quando aveva diciotto anni e, frastornata, aveva tremato ogni volta che i suoi occhi avevano incontrato quelli di lui nell'afosa e stantia aula di tribunale a Martha's Vineyard. Eppure, era riuscita a farfugliare la testimonianza che lo aveva condannato. Ricordava ancora ogni singola parola, ne sentiva il sapore sulla lingua, amaro e potente.
Rammentava quel periodo fin troppo bene. La pressione con cui lo zio e i cugini l'avevano forzata a testimoniare, contro la sua volontà, quando voleva disperatamente credere che ci fosse un'altra spiegazione.
Che doveva esserci un'altra spiegazione.
E il modo in cui Atlas l'aveva fissata, in un silenzio gelido e furioso, quando era scoppiata a piangere ammettendo di non riuscire a trovarne alcuna.
«Cosa farà adesso?» gli aveva chiesto un giornalista all'esterno del penitenziario.
La bocca di Atlas si era curvata in una smorfia.
Letale e glaciale, più pericolosa di un coltello affilato. Lexi l'aveva avvertita direttamente nello stomaco, come se lui l'avesse davvero pugnalata, una lama d'acciaio dall'impugnatura pesante. Nessuno poteva scambiarlo per un sorriso; nessuno poteva ignorare che si trattasse davvero di un'arma.
Era assurdo che, dopo tutto ciò che era successo, lui rimanesse l'unico uomo al mondo che le faceva mancare il fiato.
«Finalmente vivrò la mia vita» aveva risposto Atlas, tenebroso e sicuro. Una promessa terribile.
Lexi sapeva bene cosa significasse e quello che sarebbe successo, ne era certa. Lo zio Richard aveva esitato poi si era infuriato con lei, piuttosto che affrontare l'argomento direttamente, ma Lexi immaginava l'avesse capito anche lui.
I suoi cugini, Gerard e Harry, si comportavano come se non fosse successo niente, proprio come avevano fatto undici anni prima, quando Philippa era stata trovata morta nella piscina di Oyster House, la tenuta estiva della famiglia a Martha's Vineyard.
Ma Lexi conosceva bene quell'uomo: aveva desiderato con tutta se stessa di credere alla sua innocenza, poi si era convinta, con riluttanza, che fosse colpevole. Tuttavia, per lei Atlas Chariton era sempre stato l'unico uomo al mondo.
«Sono sicuro che sta pensando a tutti noi» aveva commentato l'irascibile Harry, come al solito molto sicuro di sé.
Ma Lexi non era d'accordo. Era lei che si era presentata al banco dei testimoni. Era lei ad aver visto l'espressione di Atlas mentre deponeva contro di lui, così dura e terrificante. Pronta a giudicarla e che prometteva vendetta.
Allora si era convinta che fosse la dimostrazione del tipo di uomo che era: un vile assassino, con quel sorriso crudele, malgrado le sensazioni dolci e segrete che aveva provato per lui.
La cotta di una ragazzina, si era detta per giustificarsi con se stessa. Niente di più.
Ora, alla luce di questi nuovi fatti, sembrava più un atto d'accusa. Lei aveva voluto bene a un uomo come Atlas e aveva testimoniato contro di lui in quel modo... aveva davvero detto la verità? O si era chinata alla volontà di suo zio, come aveva sempre fatto?
Non sapeva come rispondere a quella domanda o, meglio, non voleva farlo.
Quali che fossero i suoi sentimenti, la scienza aveva detto la verità. Non c'era modo di contraddirla, per quanto lei lo desiderasse, in un tentativo disperato di sentirsi meglio riguardo a ciò che aveva fatto. Aveva creduto di prendere le difese di Philippa, facendo la cosa giusta anche se le si era spezzato il cuore, e si era odiata perché una parte di sé soffriva per l'Atlas che credeva di conoscere, ma ora...
Ora avrebbe pagato. Ne era certa.
Lexi si sforzò di sorridere poi annuì alla segretaria che era venuta a darle la notizia con gli occhi sbarrati.
«Grazie per essere venuta fino a qui» le disse, fiera di come sembrasse calma. Serena e controllata, quasi che quel disastro stesse accadendo a qualcun altro.
«Il signor Worth voleva che fosse informata prima del suo arrivo» precisò la segretaria, l'accento del nord particolarmente pronunciato, come se le sue vere origini stessero emergendo a causa della tensione accumulatasi nella tenuta durante gli ultimi giorni.
A Lexi fece tenerezza. Continuò a sorridere mentre guardava oltre la donna, verso il grande prato verde e il lungo viale che portava a Worth Manor. Una volta era stato il vanto di un mercante molto ricco e della nobildonna impoverita che aveva sposato. Ogni tanto a Lexi piaceva pensare che la tenuta stessa fosse colma di quel vecchio desiderio che il tempo non aveva mitigato. Il tempo quel pomeriggio era grigio e umido, come lo era stato peraltro per diversi giorni, fatta eccezione per i fiori colorati lungo il viale che facevano sperare nell'arrivo imminente della primavera.
C'erano due auto parcheggiate lì fuori. Una era la piccola utilitaria che la segretaria aveva guidato dalla casa padronale, piccola e comune. L'altra era una scintillante Jaguar nera, modello classico, che si meritava un film di James Bond tutto per lei.
Il suo stomaco si contorse e Lexi si sentì impallidire, ma non doveva mostrare i suoi sentimenti.
«Se ti affretti a tornare» aggiunse con lo stesso tono pacato, «potresti evitare la pioggia.»
La segretaria annuì poi si affrettò a uscire dal suo piccolo ufficio.
Lexi rimase dove si trovava, immobile. Sentì i tacchi della segretaria che risuonavano sulle mattonelle mentre s'incamminava lungo il corridoio verso l'uscita.
L'ufficio di Lexi era distante dalla parte principale della tenuta e dalla casa padronale; trascorreva le sue giornate in quella che una volta era stata la rimessa per le carrozze, separata il più possibile dalla casa e dalle centinaia di ospiti che ogni giorno visitavano la proprietà. I suoi cugini ovviamente vivevano nello stesso terreno, Gerard e la sua famiglia occupavano l'ala residenziale di Worth Manor, essendo l'erede di tutto il patrimonio, mentre Harry si era sistemato in uno dei cottage, che gli permetteva di essere indipendente e bere a suo piacimento.
Philippa era stata l'unico membro della famiglia che avrebbe voluto qualcosa di diverso. Aveva diciannove anni quando era morta, piena di progetti, sogni e della certezza selvaggia, ingestibile e travolgente che la sua vita sarebbe stata meravigliosa. Pensava che il padre fosse un tiranno ed era soffocata dalle aspettative su di lei quale unica femmina della famiglia Worth. Inoltre era gentile, spiritosa e Lexi sentiva la sua mancanza. Ogni giorno.
Lexi pensava a Philippa ogni volta che era tentata di giudicare male lo zio e i suoi cugini, anche se cercava di stroncare sul nascere tutti i pensieri che la facevano sentire meschina e ingrata, quando a volte le balenavano in testa. Lo zio Richard era stato generoso con lei, nonostante non fosse altro che una nipote quasi sconosciuta che avrebbe potuto tranquillamente ignorare, come aveva fatto con sua madre.
Richard non aveva mai approvato il matrimonio di sua sorella Yvonne con l'inaffidabile libertino Scott Haring, tantomeno la vita disperata e squallida che la sorella aveva iniziato con quell'uomo debole e buono a nulla. Eppure si era fatto trovare pronto il giorno in cui i genitori di Lexi si erano arresi alla tossicodipendenza, pronto a soccorrerla.
In cuor suo gli era grata. Lo sarebbe sempre stata, ma ogni tanto lo trovava difficile. In quei momenti, le era utile ricordarsi che Philippa avrebbe giudicato ogni aspetto della sua vita come una grande avventura, a partire dal monolocale in un quartiere popolare, dove aveva la possibilità di essere indipendente, fino al tragitto per il lavoro in autobus su strade piene di normali londinesi impegnati nelle loro vite.
Quelli erano aspetti di vita normale per la maggior parte delle persone ma che Philippa, che era cresciuta nell'ambiente protetto e un po' opprimente della ricca borghesia, avrebbe trovato estremamente emozionanti.
Lexi sentì la porta della rimessa che veniva aperta poi richiusa con più foga del solito, e subito dopo un gemito di sorpresa della segretaria.
Lexi sapeva bene chi era arrivato ad affrontarla, senza tribunali americani o avvocati che potevano proteggerla. Senza nemmeno il supporto marginale e riluttante dello zio e dei cugini.
Alla fine, stava davvero per accadere; dopo il timore che non le aveva dato pace negli ultimi dieci anni e il panico angoscioso degli ultimi giorni, il suo incubo peggiore si stava per realizzare.
Atlas era arrivato.
Lexi sentì il rumore di un'andatura tipicamente maschile nel corridoio fuori dal suo ufficio.
Era la sua immaginazione, o sembrava che fosse fatto di pietra? Possibile che, dopo tutti quegli anni, si fosse davvero trasformato nel mostro che tutti loro, e lei in particolare, avevano creato?
Lexi lanciò un'occhiata al ripostiglio, tentata di cercare rifugio al suo interno, ma non aveva mai avuto l'opzione di potersi nascondere dalle situazioni spiacevoli della vita. Era quello che succedeva quando una bambina era abbandonata, mentre i genitori inseguivano fantasmi ovunque li portassero, anche se non era mai un posto raccomandabile; o quando la stessa bambina