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Segreti e alta società: Harmony Destiny
Segreti e alta società: Harmony Destiny
Segreti e alta società: Harmony Destiny
E-book136 pagine3 ore

Segreti e alta società: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Benvenuti al 721 di Park Avenue, l'indirizzo più esclusivo della città. Ricchezza, potere, segreti e passioni abitano qui.



Appartamento: 9B

Inquilina: Julia Prentice, bellezza dell'alta società, incinta.

Scandalo: Chi è il padre del suo bambino?



Il milionario di Manhattan Max Rolland non crede nelle relazioni sentimentali fino a quando una notte di fuoco con Julia Prentice non lo lascia con un desiderio struggente e un figlio in arrivo. Cosa farà adesso Max? Le volterà le spalle o si terrà la sensuale compagna di letto e l'erede inatteso? Prima dovrà scoprire se l'aristocratica Julia gli sta dicendo la verità.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2019
ISBN9788858992449
Segreti e alta società: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Segreti e alta società - Maureen Child

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    High-Society Secret Pregnancy

    Silhouette Desire

    © 2008 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-244-9

    1

    «Dannazione, Julia, rispondi» ringhiò la voce alla segreteria telefonica, e lei trasalì quando l’interlocutore riagganciò un istante dopo.

    Era ormai da due mesi che ignorava le telefonate di Max Rolland, ma lui non si era ancora arreso. Non che la molestasse, no. Era soltanto un maschio infuriato, che pretendeva che lei gli spiegasse perché si rifiutava di parlargli da quando avevano trascorso insieme una notte di sesso incandescente.

    Il motivo era semplice, naturalmente. Lei non sapeva in che modo comunicargli di essere incinta.

    «Wow.» La coinquilina e migliore amica di Julia, Amanda Crawford, richiestissima organizzatrice di eventi, uscì dalla sua camera da letto. «A quanto pare, è veramente incavolato.»

    «Lo so» sospirò Julia. Ed era anche disposta ad ammettere che Max aveva ragione a essere furioso. Nei suoi panni, lo sarebbe stata anche lei.

    Amanda le andò vicino e l’abbracciò, dicendo: «Devi parlargli del bambino».

    Sembrava una buona idea, in teoria, pensò Julia, lasciandosi cadere su una sedia. Alzò lo sguardo sull’amica e scorse un lampo di solidarietà nei suoi occhi grigi. «Ma come?»

    «Nel modo più semplice.» Amanda si sedette, annullando così la differenza di statura tra loro due. Con il suo metro e settantasette era di quindici centimetri più alta dell’amica. Inoltre, aveva un corpo da modella, corti capelli biondi, occhi grigi e un cuore leale.

    «Più facile a dirsi che a farsi» ribatté Julia.

    «Non puoi rimandare in eterno, tesoro. Prima o poi, si vedrà.»

    «Lo so. Ma la notte che ho trascorso con lui è stata un errore. Voglio dire, la situazione è diventata incandescente in così breve tempo che non ho avuto modo di riflettere, e un istante dopo Max mi stava dicendo di non essere interessato a niente di più che a una relazione di reciproca soddisfazione sessuale.»

    «Idiota» commentò Amanda.

    «Ti ringrazio.» Julia sorrise. «In ogni caso, mi è sembrato che la cosa finisse lì. Max voleva soltanto sesso senza complicazioni, mentre io volevo qualcosa di più.»

    «Naturalmente.»

    Julia gettò la testa all’indietro e fissò il soffitto. «Adesso le cose sono cambiate e io non so come comportarmi.»

    «Invece lo sai. Soltanto che non vuoi farlo.»

    «Immagino che sia così. D’accordo, lui ha diritto di sapere del bambino.»

    «Già.»

    «Bene. Glielo dirò domani.» Avendo preso quella decisione, Julia si sentì un po’ meglio. Dopotutto, non avrebbe chiesto a Max di partecipare alla vita del bambino o perfino di provvedere al suo mantenimento. Era in grado di crescere da sola suo figlio. Perciò, non doveva fare altro che comunicargli la notizia dell’imminente paternità per poi lasciarlo libero.

    «Perché ho permesso che questa storia diventasse un’ossessione?»

    «Perché tu sei tu» replicò Amanda, dandole un colpetto sul ginocchio. «Tu ponderi troppo su tutto. L’hai sempre fatto.»

    «Significa che non sono eccitante?» chiese Julia in tono sarcastico.

    Amanda scoppiò a ridere. «Ehi, dacci un taglio. Tu sei un tipo riflessivo mentre io agisco troppo spesso seguendo l’impulso. Abbiamo tutti le nostre croci da portare.»

    «Vero. Ed è tempo di sobbarcarsene un’altra.» Julia si alzò dalla sedia. «Devo andare a quella riunione condominiale.

    «La solita fortunata.»

    «Vorrei che tu potessi accompagnarmi» sospirò Julia.

    «Grazie, ma non contare su di me. Ceno con un’amica, e sono sicura che mi divertirò molto più di te. In effetti, sono contenta di essere soltanto una coinquilina e di essere esentata da quelle riunioni. Dopo dieci minuti sarei già annoiata a morte.»

    «Dopo cinque» la corresse Julia prontamente.

    Julia controllò il sottile orologio d’oro da polso e soffocò un sospiro. La riunione nell’appartamento di Vivian Vannick-Smythe non era ancora iniziata e lei non vedeva già l’ora di andarsene.

    Aveva l’impressione che le sue viscere fossero aggrovigliate in un ginepraio di nodi. Malgrado la conversazione con Amanda, si sentiva sempre più tesa e nervosa.

    La storia con Max era andata fin troppo per le lunghe. Non poteva fare a meno di affrontarlo e di dirgli la verità. L’avrebbe chiamato l’indomani, avrebbe fissato un appuntamento e gli avrebbe sganciato la bomba sotto il naso. Poi, fatto il suo dovere, sarebbe tornata alla propria vita, con la sicurezza che un uomo così deciso a evitare ogni coinvolgimento emotivo l’avrebbe lasciata in pace.

    «Hai l’aria di annoiarti» disse una voce femminile al suo fianco.

    Suo malgrado, Julia sorrise lanciando un’occhiata a Carrie Gray. I suoi occhi verdi erano nascosti dietro un paio di occhiali, e i capelli castani erano raccolti in una coda di cavallo. Indossava un paio di jeans e una maglietta. Carrie era ufficialmente la governante del principe Sebastian Stone, al 12B, ma era anche una grafica di talento, attualmente disoccupata, e una buona amica.

    «Non annoiata» sussurrò Julia, «soltanto preoccupata.»

    Era difficile concentrarsi su quello che stava succedendo nel condominio quando la sua mente era impegnata in faccende ben più gravi e personali.

    «Posso aiutarti?» chiese Carrie.

    «No. Grazie, comunque. Tu hai novità?»

    «Lavoro e basta. Quanto meno, ci provo.»

    Julia sorrise, comprensiva. «Trent continua a ricevere visite?»

    Carrie sollevò gli occhi al cielo. «È un incubo, Julia. Trent Tanford deve passare ogni minuto libero a dare la caccia alle donne perché le sento percorrere il mio corridoio notte e giorno.»

    Trent era un rinomato playboy. Un prediletto della stampa scandalistica, aveva una donna nuova un giorno sì e l’altro pure. E le sue conquiste erano assidue frequentatrici del 721 di Park Avenue.

    «Giuro che quelle donne sono tutta apparenza e niente cervello» sibilò Carrie. «Continuano a suonare alla mia porta, credendo che sia quella di Trent. Diamine! Non sanno distinguere il 12B dal 12C? Trent frequenta soltanto donne analfabete?»

    Ridendo, Julia diede un colpetto sulla mano dell’amica e tornò a concentrarsi sulla riunione.

    Girò lo sguardo sull’appartamento 12A, quello di Vannick-Smythe e, come sempre, non riuscì a trovare un solo spillo che fosse di buongusto. C’era un tale ammasso di oggetti da rasentare il caos, ed era tutto così sgargiante da fare male agli occhi.

    In quel momento, Vivian Vannick-Smythe, il capo de facto di quel gruppo di condomini – una carica che nessun altro ambiva a ricoprire – batté le mani per richiamare l’attenzione dei presenti. Sui sessant’anni, Vivian aveva esagerato con le iniezioni al botulino, con il risultato che la sua faccia tirata era pressoché priva di espressione. Soltanto i gelidi occhi azzurri conservavano tracce di vita.

    Grazie al cielo, quella sera aveva rinchiuso i suoi due shih-tzu, Louis e Neiman, in camera da letto. Ma nemmeno la pesante porta riusciva a soffocare del tutto i loro latrati e uggiolii.

    «Pensavo» esordì Vivian appena ebbe l’attenzione di tutti, «che prima di iniziare la riunione dovremmo osservare uno o due minuti di silenzio per Marie Endicott. Non la conoscevo bene, tuttavia, anche se per poco, è stata una di noi.»

    Sulla stanza calò il silenzio mentre si supponeva che ciascuno dei presenti si concentrasse sulla morte, avvenuta soltanto una settimana prima, di una giovane donna che era vissuta nell’edificio. Julia la conosceva soltanto di vista, ma la morte di Marie, in seguito a una caduta dal tetto, aveva avuto un forte impatto sull’esistenza di ognuno di loro.

    Per giorni, reporter e troupe televisive avevano stazionato davanti all’edificio, tormentando i residenti, azzuffandosi per strappare commenti o, meglio ancora, scovare tracce di eventuali scandali.

    «Ci sono novità a proposito di quello che le è successo?» Tessa Banks fu la prima a parlare al termine del minuto di silenzio.

    «Ottima domanda» rispose Elizabeth Wellington. «In effetti, ho sentito alcuni reporter dire che la polizia sospetta che Marie possa essere stata spinta giù dal tetto.»

    «Sono soltanto illazioni» la rassicurò Vivian.

    «Qualcuno ha trovato un biglietto che faccia pensare a un suicidio?» chiese Carrie.

    «Non che io sappia» rispose Vivian. «Dopotutto, la polizia è stata piuttosto avara d’informazioni. Comunque, sono convinta che nessuno di noi abbia motivo di preoccuparsi e che ben presto questa tragedia lascerà il posto ad altre notizie.»

    Era vero, pensò Julia mentre intorno a lei si continuava a parlare di quell’episodio. Nel giro di pochi giorni, i giornalisti si sarebbero arresi e la vita avrebbe ripreso il suo corso normale.

    Be’, non per lei.

    «Ho un altro paio di annunci» proclamò Vivian, stentando a farsi udire al di sopra del brusio. «Sono spiacente di informarvi che il senatore Kendrick e sua moglie si sono trasferiti. Non so con precisione dove, ma credo da qualche parte in città. Il loro appartamento è in vendita.»

    Il brusio di voci riprese, e Julia lasciò vagare lo sguardo sulla piccola folla lì riunita. Gage Lattimer, come al solito, se ne stava seduto in disparte. Partecipava di rado a quelle riunioni e, se lo faceva, non socializzava.

    Reed Wellington, il marito di Elizabeth, era seduto accanto alla moglie ma, dall’espressione corrucciata, era chiaro che non era felice di trovarsi lì. Anche Elizabeth sedeva rigida, e il linguaggio del corpo dichiarava che avrebbe preferito essere altrove.

    Tessa stava battendo con

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