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Il delizioso debito del magnate: Harmony Collezione
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E-book168 pagine2 ore

Il delizioso debito del magnate: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Cooper Brock sa perfettamente che Serena Dominguez può rovinarlo semplicemente schioccando le dita, ma non ha alcuna intenzione di piegarsi al suo volere. Anzi, replica alle minacce di lei con una sfida, certo che la bella Serena non riuscirà a resistere al suo fascino.

Serena ha progettato la sua vendetta per anni, ma quando l'odiato Cooper la stringe tra le braccia sussurrandole all'orecchio promesse di seduzione, inizia a temere di essersi innamorata dell'odiato nemico...

Benvenuti al Chatsfield



Miniserie "Chatsfield Hotel" - Vol. 7/8
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2016
ISBN9788858956908
Il delizioso debito del magnate: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Il delizioso debito del magnate - Susanna Carr

    successivo.

    1

    Inconsapevole delle bellezze naturali che lo circondavano, Cooper Brock continuò ad attraversare con passo spedito la splendida spiaggia dell'Algarve, i mocassini cuciti a mano che affondavano nella sabbia bianca.

    Giunto sulla riva si fermò, sbottonò il colletto della camicia inzuppata di sudore che indossava sotto la giacca di sartoria e osservò i bagnanti distesi al sole.

    Dov'era?, si chiese, stringendo i denti. Dov'era Serena Dominguez, la donna che aveva assunto residenza stabile nei suoi pensieri ormai da un mese? L'aveva conosciuta quattro settimane prima a Londra in occasione di un evento benefico e l'aveva sottoposta a una corte serrata, godendo dell'eccitazione data dalla caccia. Quello che lei aveva fatto adesso però cambiava del tutto la prospettiva.

    Perché Serena aveva invaso il suo territorio, strappandogli quell'affare che era stato sul punto di concludere dopo due anni di estenuanti trattative.

    La proprietà Alves era più di un ottimo affare. Era il premio che suo padre non era riuscito ad aggiudicarsi.

    E lui quella mattina era stato a un passo dal dimostrare che i suoi metodi erano migliori di quelli usati da Aaron Brock.

    Serena non aveva interferito semplicemente con il suo lavoro, decise, serrando le labbra in una linea sottile di disappunto, ma con il suo stato d'animo.

    Riuscire in quella impresa gli avrebbe dato non solo una profonda soddisfazione, ma avrebbe anche attenuato l'inquietudine che lo torturava senza sosta e che a volte non era in grado di controllare.

    Si girò di scatto quando sentì il risuonare di una risata cristallina, un suono che lo aggredì con la sua sensualità. Non aveva dubbi che la risata appartenesse a Serena, non che l'avesse mai udita prima, l'allegria era una di quelle cose che lei non aveva voluto condividere, ma in qualche modo ne era certo. Cambiò direzione e s'incamminò verso il grande ombrellone blu piantato quasi al limite della baia. Allora la scorse. Il cuore prese a martellargli nel petto così si chinò appena su se stesso, quasi avesse ricevuto un pugno nello stomaco. Tirò un profondo respiro, detestandosi per reagire in quel modo ogni volta che Serena Dominguez era nei paraggi.

    Continuando ad avanzare, notò la catena d'oro che le cingeva una caviglia. Lentamente, lasciò risalire lo sguardo lungo le gambe snelle e tornite, fino agli slip del bikini bianco trattenuti sui fianchi da due cordicelle quasi invisibili.

    Chiuse gli occhi all'impatto dell'ondata di desiderio che lo travolse, poi si costrinse a riaprirli e osservò il profilo di Serena, impegnata in una conversazione al cellulare.

    Un paio di occhiali da sole le nascondeva parzialmente il volto, ma non attenuava la perfezione degli zigomi pronunciati e delle labbra rosse e piene. Serena non era solo bella. Era incantevole.

    La guardò mentre riponeva il telefono in borsa poi si sistemava un lungo ricciolo dietro l'orecchio. Il suo improvviso irrigidirsi fu l'unico segnale che gli fece capire che lo aveva visto.

    «Ora mi spiegherai che cosa diamine stai combinando» esordì Cooper bruscamente.

    «Olà, signor Brock» replicò Serena, l'accento brasiliano che donava alla sua voce un'irresistibile qualità sensuale. «Cosa ti porta in Portogallo?»

    «Lascia perdere i convenevoli. Non ho tempo per questi giochetti.»

    «Strano» replicò lei, togliendosi gli occhiali e sistemandoli sulla testa per trattenere i capelli. «Tu vivi per giocare.»

    La sfumatura dei suoi occhi gli aveva sempre ricordato il caldo colore della sua tequila preferita, solo che adesso erano illuminati da una luce più determinata, notò Cooper. Notò anche l'ampio sorriso che le illuminava il viso, un sorriso di trionfo. «Oggi avrei dovuto concludere l'affare Alves» disse con tutta la calma che gli risultò possibile, considerata la rabbia che gli si agitava dentro e che contrastava con il desiderio quasi feroce, «ma ho scoperto che tu me lo hai rubato.»

    «Rubato?» Serena scosse la testa. «Attento, cowboy. Non sono io la ladra.»

    Parole tese a lasciargli intendere che invece il ladro fosse lui, ragionò Cooper. Il che era ridicolo. «Come ci sei riuscita? So che sei una specie di genio della finanza, ma non hai il denaro né le connessioni giuste per questo tipo di transazioni.»

    Serena spalancò le braccia. «A che mi servirebbero soldi e conoscenze quando per ottenere quello che voglio mi basta sorridere e sbattere le ciglia?»

    Ed esibire il tuo corpo seminudo, pensò Cooper, ammirando suo malgrado il seno generoso, contenuto a stento dalla parte superiore del bikini.

    «Se pensi che ti permetterò di prendere ciò che mi appartiene per poi andare via indisturbata, allora non mi conosci molto bene.»

    A quelle parole lei incrociò le mani dietro la nuca, un gesto per nulla casuale, naturalmente.

    «Saresti sorpreso nel sapere invece quante cose so di te» affermò.

    «Non ti conviene giocare con me, tesoro» la ammonì Cooper, il tono severo. «Che cosa hai in mente?»

    «Niente. Semplicemente mi interessava l'affare. Dimmi, come ci si sente a non ottenere quello che si vuole? A fallire? A perdere qualcosa che si desidera? Dev'essere terribile» commentò lei, sul viso un'espressione di falsa preoccupazione. «Ma non ti assillare, questo è solo l'inizio. Fra poco starai ancora peggio» aggiunse sorridendo.

    «Se volevi la mia attenzione, l'hai ottenuta sin da quando ci siamo conosciuti.»

    Serena aggrottò un sopracciglio, il sorriso scomparso dalle sue labbra.

    «Non è la tua attenzione che voglio. Pensavo di averlo chiarito a sufficienza.»

    «Chi stai cercando di prendere in giro? Tu non riesci a staccarmi gli occhi di dosso.»

    «Solo perché so che non è salutare voltare le spalle a un Brock.»

    «Bene, allora non tenermi con il fiato sospeso. Devi avere qualcosa in mente, se ti sei data tanto da fare.»

    «Possibile che in un intero mese tu non abbia imparato nulla sul mio conto?»

    «Ho imparato tutto il necessario» affermò Cooper, incrociando le braccia sul petto. «Cioè che sei intelligente, sexy e mi tieni a distanza perché sai che non riusciresti a resistermi.»

    «Tu continua a ripetertelo, magari finirai per crederci davvero» commentò Serena con tono di scherno. «Tutto qui?» riprese, chinando la testa da un lato. «Non sai altro?»

    «Cos'altro dovrei sapere?»

    «Questo non dovrebbe sorprendermi. È così che conduci i tuoi affari. Nessuna ricerca preventiva, nessuna pianificazione, decidi quello che vuoi e parti come un ariete, certo che avrai successo.»

    «Cosa che è sempre accaduta» sottolineò lui.

    «E se ci sono degli ostacoli, meglio così» andò avanti Serena. «La sfida diventa solo più interessante.»

    Cooper socchiuse gli occhi. «Sei consapevole di questo, eppure hai osato intralciarmi il cammino.»

    «Mi hai sottoposta a una corte serrata per un mese, eppure non mi conosci» affermò Serena. Portò il bicchiere che aveva in mano alle labbra e bevve un sorso del suo drink. «Io invece ti conosco come le mie tasche. Mi sono documentata.»

    «Sono colpito» replicò Cooper, lo sguardo fisso sulla gocciolina d'acqua che era caduta dal bicchiere che lei aveva in mano per poi scivolarle nel solco fra i seni. Strinse i pugni per impedire alle sue mani di tendersi per rimuoverla e accarezzare così quella pelle abbronzata e rilucente di olio solare. «Avresti potuto risparmiarti la fatica e chiedere. Ti avrei fornito ogni spiegazione» aggiunse.

    «Ma non mi avresti rivelato ciò che mi interessava» obiettò Serena. «Mi avresti forse detto che avevi appena concluso un affare molto vantaggioso con una società mineraria australiana? A proposito, congratulazioni.»

    «Tu come fai a saperlo? Non è ancora stato fatto un annuncio ufficiale.»

    «Oppure mi avresti confidato che stai negoziando in segreto con il gruppo di controllo delle telecomunicazioni di Zurigo?» incalzò lei, ignorando la domanda. «È un azzardo, certo, ma credo che la spunterai, come sempre.»

    Cooper socchiuse gli occhi. Era stato a Zurigo solo lo scorso weekend, e l'incontro si era svolto nel massimo riserbo. «Dove hai sentito questa notizia?»

    Serena si strinse nelle spalle.

    «In giro. E sono anche sicura che mi avresti nascosto di aver vinto il torneo di poker al Chatsfield l'anno scorso.»

    «Nessuno sa che...»

    «Che hai sottratto il venticinque per cento delle azioni della catena alberghiera Harrington a John Harrington?» intervenne lei. «Non preoccuparti, ho le labbra cucite.»

    Cooper la fissò, una ruga di perplessità che gli solcava la fronte. Nessuno sapeva che era in possesso di quelle azioni, oltre a lui e a John naturalmente, e quest'ultimo di certo non voleva che l'informazione divenisse di dominio pubblico. Come aveva fatto Serena a scoprirlo? E immaginava anche perché lui aveva così tanto bisogno di quella quota? L'aveva sottovalutata. Aveva davvero scavato a fondo nella sua vita. «Perché hai svolto delle ricerche sul mio conto?»

    Lei sbadigliò poi sollevò le braccia al di sopra della testa, inarcando la schiena. «Forse perché ti trovo così affascinante... Sei cresciuto in un tale lusso.»

    Cooper tirò un profondo sospiro. «Serena...»

    «Dopotutto, hai vissuto la vita che avrei dovuto vivere io» lo interruppe lei, il tono aspro. «Hai sfruttato le possibilità che avrebbero dovuto essere mie.»

    «Ma di cosa stai parlando?»

    «Chiedilo a tuo padre» lo esortò lei, guardandolo dritto negli occhi. «Chiedigli di Felipe Dominguez. Quattordici anni fa tuo padre ha distrutto il mio facendo fallire la sua azienda.»

    Il nome non gli diceva niente, ma annientare i suoi antagonisti era senza dubbio un'operazione tipica del modo di agire di suo padre. «Se pure è successo, non ha nulla a che fare con me» replicò Cooper.

    «Giusto. Tu ne hai semplicemente tratto dei benefici.»

    Cooper si passò una mano fra i capelli con un gesto nervoso.

    «E cos'ha a che fare questo con la proprietà Alves?»

    «Tutto» affermò lei. «Ma ti darò spiegazioni approfondite più tardi. Questa sera qui all'Harrington organizzano un barbecue. Ti aspetto alle otto. Dove alloggi?»

    Niente affatto!, decise Cooper scuotendo la testa. Non le avrebbe permesso di impartirgli ordini. Avanzò di un passo e appoggiò le mani sulla sdraio sulla quale lei era seduta.

    Onestamente, ammirava il suo controllo, pensò. Non urlò, non si ritrasse. Non si raggomitolò su se stessa per proteggersi. Si limitò a guardarlo dritto negli occhi, come per sfidarlo a compiere quella che lei già sapeva sarebbe stata la sua prossima mossa.

    Si sporse in avanti, e il profumo esotico della sua pelle gli solleticò le narici. «Tu mi dirai tutto adesso...» le sussurrò accanto all'orecchio.

    Serena non batté ciglio. «Mi piacerebbe tanto accontentarti, ma purtroppo sto lavorando.»

    Davvero credeva di essere una principessa, ragionò Cooper, una viziata arrampicatrice sociale che riteneva possibile ottenere quello che voleva quando lo voleva. Che credeva di essere al centro dell'universo. Quello che davvero avrebbe voluto fare in quel momento era sollevarla di peso e gettarla in mare.

    «Serena, io ti giuro che...»

    «Non puoi decidere tu in questa circostanza.»

    Cooper strinse le mani sui braccioli fino a farsi sbiancare le nocche delle dita. «Io posso sempre decidere» sottolineò. «E non ho altro tempo da sprecare per questa storia.»

    «Tempo?» sbuffò lei. «Cowboy, io ho aspettato per quattordici anni. Ovviamente immaginavo di confrontarmi con tuo padre, ma dovrai bastarmi tu.»

    Cooper raddrizzò la schiena. Doveva mettere un minimo di distanza fra loro, altrimenti avrebbe finito per strangolarla. «Non so come fai a essere così audace...»

    «Ne parleremo a cena, d'accordo?» lo interruppe Serena, agitando una mano in aria con l'intenzione di congedarlo. «È il solo momento libero che ho da dedicarti, anche se forse discutere a tavola di dettagli così scabrosi non sarà molto piacevole... Non dimenticare che l'argomento è Aaron Brock.»

    Quella donna stava davvero rischiando molto. Lui non permetteva a nessuno di parlare in quei termini della sua famiglia, nemmeno alla sirena tentatrice che aveva invaso i suoi sogni. «Mio padre è un noto e rispettato uomo d'affari» dichiarò Cooper. «Nessuno potrebbe criticarlo.»

    «Nessuno lo fa perché tutti lo temono» puntualizzò Serena. «Sarò lieta di rivelarti quello che so questa sera.»

    Odiava la sensazione di essere appena stato messo con le spalle al muro.

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