Una bionda per papà (eLit): eLit
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Info su questo ebook
Taggart Jones, ex campione di rodeo, non ha intenzione di risposarsi. È rimasto scottato una volta, perché ripetere l'esperienza? Peccato che Becky, la sua scatenata figlioletta, non sia d'accordo: chi meglio di Felicity Albright, la nuova maestra, potrebbe farle da mamma? Felicity è perfetta; simpatica, molto dolce e ...ostinata quel tanto che le permette di tenere a bada un cowboy testardo come Taggart. Certi uomini non capiscono niente in fatto di donne... specialmente un papà con la testa dura come i tori che cavalca!
Anne McAllister
Autrice di grande versatilità, ha vinto il premio RITA per la letteratura romantica ed è acclamata dai fan di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Una bionda per papà (eLit) - Anne McAllister
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Cowboy and the Kid
Silhouette Desire
© 1996 Barbara Schenck
Traduzione di Paola Uberti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 1997 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5895-000-5
www.harlequinmondadori.it
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1
Avere un padre era una grossa responsabilità.
Becky Jones lo sapeva meglio di chiunque altro. Si era presa cura del padre sin dall’età di due mesi, a parte qualche breve periodo in cui il nonno e la nonna le avevano dato una mano. Visto che adesso aveva otto anni, era un bel po’ di tempo.
Taggart, così si chiamava, era un papà che di solito non richiedeva troppa manutenzione. Aveva trentadue anni e godeva di buona salute, tranne per il chiodo nel ginocchio e qualche doloretto alla schiena ereditato dai tempi in cui cavalcava i tori. Non urlava e non masticava tabacco, il che era più di quanto ci si potesse aspettare dagli altri papà di sua conoscenza. Si toglieva gli stivali quando entrava in casa, lavava i piatti quasi ogni sera, teneva in ordine la casa e le lasciava fare tutta la confusione che voleva nella sua stanza.
E poi le era rimasto vicino fin da quando era nata, e per Becky non era poco.
Di sicuro, era più di quanto potesse dire la sua amica del cuore, Susannah. Il padre di Susannah, Noah, non aveva nemmeno saputo di avere una figlia fino a due anni prima!
Be’, non che Becky potesse vantarsi tanto, visto che la propria madre non era esattamente il miglior esempio in fatto di responsabilità. Aveva abbandonato lei e il papà sette anni prima, e da allora non era più tornata.
Perlomeno, una volta saputo dell’esistenza di Susannah, Noah Tanner le era rimasto vicino, e adesso era perfino sposato con la mamma di Susannah. Susannah diceva che lui e Tess, sua mamma, erano innamorati. Becky ci credeva, visto che l’anno prima avevano avuto un altro bambino e presto ne sarebbe arrivato un altro. Nel giro di poco tempo, Susannah si sarebbe ritrovata con una sfilza di fratelli e sorelle con cui dividere la responsabilità. Con due genitori, probabilmente ce n’era bisogno.
Ma Becky era da sola.
Fino a due anni prima, non era stato un problema. Prima di iniziare la scuola a tempo pieno, Becky aveva seguito Taggart da un rodeo all’altro, riuscendo a prendersi cura di lui e a tenerlo lontano dai guai. Gli altri cowboy si ubriacavano e rincorrevano le ragazze, ma non il suo papà.
Però non era riuscita a prevenire l’incidente. Non era nemmeno con lui, quando era successo.
Quell’autunno aveva cominciato la prima elementare, rimanendo con i nonni mentre Taggart se ne andava in giro per rodei senza di lei. Becky pensava che fosse la cosa più stupida del mondo. Aveva sempre appreso tantissime cose quando viaggiavano insieme. Non aveva forse imparato a leggere dalle lettere dei cartelli stradali? Non era forse brava a interpretare le cartine geografiche quasi come lui? Ma discutere non serviva a niente. Qualche volta papà era testardo come i tori che cavalcava. Becky aveva finito per andare a scuola comunque, e Taggart era andato in giro con Noah per tutto l’autunno.
E proprio a quel tempo era successo l’incidente di macchina, in cui il papà e Noah erano rimasti feriti ed erano finiti in ospedale.
Qualche volta, ripensandoci, Becky provava ancora la stessa paura e quella strana sensazione allo stomaco. Anche il papà si era spaventato. Una volta uscito dall’ospedale, Taggart aveva promesso di non lasciarla mai più. Lui e Noah avevano deciso che la vita sulla strada era troppo pericolosa per due uomini con una famiglia. Erano tutti e due campioni mondiali, e avevano dimostrato tutto quello che c’era da dimostrare.
Così avevano messo in piedi una scuola per insegnare a cavalcare i tori. Il nonno aveva i tori, e Taggart e Noah tutta l’esperienza necessaria. Adesso, un anno e mezzo più tardi, la scuola andava a gonfie vele.
Noah, Tess e Susannah si erano costruiti una casa in fondo alla strada, mentre Becky e Taggart avevano vissuto con i nonni. Ma tre mesi prima, il nonno e la nonna avevano deciso di provare la vita di città, comprando una casa a Bozeman e lasciando loro due da soli.
Di solito andavano benone, lei e il papà da soli.
Ma ultimamente, Becky non ne era più così sicura.
Quell’estate, per esempio, quando si erano recati al rodeo di Cheyenne e Taggart aveva cercato di vincere un orsetto di pelo al tiro a segno, aveva mancato ben cinque volte il bersaglio! E non perché non avesse una buona mira ma perché, invece di concentrarsi sul bersaglio, continuava a guardare una bionda con i jeans aderenti!
C’erano stati altri episodi strani, come quella stessa sera, per esempio, mentre erano a cena a casa di Susannah. Becky e Susannah stavano suonando il piano, e lei si era voltata per vedere se il papà si fosse accorto di quanto era migliorata. Invece di guardarla, lui stava osservando Noah che baciava Tess. E aveva anche una strana espressione in viso.
«Stanno recuperando il tempo perduto» le aveva spiegato Susannah con uno sguardo malizioso. «Gli sposini fanno sempre così.»
Becky aveva ridacchiato insieme all’amica. Taggart non aveva nemmeno sorriso.
Più tardi, mentre tornavano a casa, Becky aveva dovuto chiedergli ben tre volte se poteva guidare il furgone mentre lui apriva e chiudeva il cancello.
«Cosa?» aveva detto infine Taggart, cadendo dalle nuvole. «Certo, se vuoi.» Ma a Becky sembrava che non l’avesse nemmeno sentita. Una volta risalito sul furgone, non si era nemmeno complimentato per come era stata brava.
«Ti manca Julie?» gli chiese Becky quella sera, mentre Taggart le rimboccava le coperte. Sua madre, intendeva dire. Non la chiamava mamma perché nessuno l’aveva mai chiamata così.
Lui sbatté le palpebre, poi aggrottò la fronte. «Se mi manca Julie? Certo che no! Che cosa diavolo ti fa venire in mente una cosa simile?»
Becky scrollò le spalle e tornò ad appoggiarsi sul cuscino. «Niente... Tanto per dire.»
Lui la osservò intensamente, poi scrollò le spalle come la figlia. «Non essere sciocca.» Le arruffò i capelli e la sfiorò con un bacio. «Buonanotte, cucciolo.»
Le braccine di Becky lo strinsero con forza, costringendolo ad abbassarsi per un altro bacio. «Buonanotte» rispose con un sorriso. Ma non era affatto convinta.
«Quello che ti serve è una madre» disse Susannah.
Erano passati due giorni, e le bambine stavano camminando verso la fermata dell’autobus. Era il primo giorno di scuola, e come premio, Taggart le aveva permesso di trascorrere la notte a casa di Susannah.
Il primo giorno, diceva, ci si sente meglio ad andare a scuola con un amico. Era un bravo papà per quel genere di cose, e Becky voleva che fosse anche un papà felice.
Ma una madre? Becky guardò Susannah. «Per che cosa?»
«Lo sai per cosa.» L’amica le lanciò un’occhiata spazientita e scrollò i lunghi capelli scuri. Susannah aveva un anno di più e sapeva un sacco di cose. Alzò gli occhi al cielo come se fosse ovvio.
«Oh» disse Becky. «Quello.»
A dire la verità, non sapeva molto a proposito di quello. Non quando si trattava di uomini e donne, comunque. I tori erano un’altra cosa.
«Non sono sicura di volere una madre.»
«Cosa c’è che non va in una madre?» Susannah sembrava offesa.
«Non lo so, non ne ho mai avuta una, ricordi?» Becky si aggiustò lo zainetto sulle spalle e prese a calci un sasso con gli stivali da cowboy.
«Già» rispose Susannah con aria meditabonda. «Però conosci la mia. Ti piace, vero?»
Becky annuì. Qualche volta, invidiava l’amica per il fatto che avesse una madre. Era diverso quando la nonna viveva ancora con loro, ma adesso che i nonni si erano trasferiti a Bozeman, nessuno faceva i biscotti e le comprava le mollette per i capelli.
Tess si occupava di tutte quelle cose. Era anche brava con i cerotti, quando ti sbucciavi il ginocchio. Taggart pensava che fossero inutili, e in casa loro non c’era nemmeno un cerotto. Però sapeva farle le trecce.
Aveva imparato con le corde per i tori, così diceva. Becky dubitava che le mamme imparassero in quel modo, ma probabilmente non era poi così importante. E il papà cercava di fare del suo meglio.
«Be’, allora devi convincere la tua a tornare» continuò Susannah.
Becky sollevò lo sguardo, sbalordita. «Fare tornare Julie?»
«Esatto. Io ho fatto tornare il mio papà, giusto?»
«Non è la stessa cosa. Dopotutto, lui non sapeva nemmeno della tua esistenza, quindi non puoi fargli una colpa per non esserti stato vicino. Ma Julie sapeva... di me...» Pronunciò le ultime parole con estrema difficoltà, perché quell’argomento le faceva sempre sentire uno strano nodo allo stomaco. «...E mi ha lasciato lo stesso.»
Susannah prese a calci un sasso. «Era una stupida.»
Anche Becky la pensava in quel modo, ma si sentì obbligata a ripetere quello che le aveva sempre detto il padre. «Non ce la faceva più. Il papà dice che non sapeva cosa significasse sposarlo. Con la storia dei rodei, del ranch e tutto il resto. Veniva da New York.»
«Non è una buona scusa.»
«No.» Becky era d’accordo con l’amica. «Be’, allora capisci perché non la voglio... in caso dovessi trovarmi una madre, intendo dire.» Staccò una foglia dalla siepe e la mordicchiò pensosamente.
«Allora dobbiamo puntare su qualcun’altra.»
«Non voglio Kitzy Miller!» Kitzy Miller lavorava al supermercato. Si metteva in bocca un pacchetto di caramelle alla volta, era piena di foruncoli che chiamava lentiggini e praticamente sbavava davanti a Taggart ogni volta che lui entrava a comprare qualcosa.
«Decisamente non Kitzy Miller» fu quindi d’accordo Susannah.
«E allora chi?»
Si guardarono con aria speranzosa, ma a nessuna delle due venne in mente un altro nome. Non c’erano molte donne nubili a Elmer, nel cuore del Montana.
«Allora pregheremo.»
Becky spalancò gli occhi. «Pregare?»
«Perché no?» disse Susannah mentre salivano sull’autobus. «Con me ha funzionato.»
Probabilmente perché Susannah era una bambina molto più brava di lei, pensò Becky, lasciandosi cadere sul sedile. Di sicuro non si arrampicava mai sugli alberi pericolosi, svolgeva tutti i compiti e forse mangiava perfino le carote. Becky odiava le carote.
Con una mamma sarebbe stata costretta a mangiarle?
Forse poteva pregare per una mamma speciale che non costringeva i bambini a mangiare carote. Be’, in quel