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Piacevole tentazione: Harmony Collezione
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E-book159 pagine2 ore

Piacevole tentazione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

A LETTO COL CAPO - L'uomo di ghiaccio...

Neely Robson non può vivere sotto lo stesso tetto di Sebastian Savas, il suo nuovo collega: non solo lavorerà con lui, ma ne è anche attratta in modo irresistibile. E il totale distacco di lui dalle persone che lo circondano la disorienta.

... e la giovane inesperta.

Sebastian non crede alle proprie orecchie quando scopre che il suo nuovo capo è così chiaramente inadeguato a quel ruolo. Più la conoscenza fra lui e l'affascinante Neely aumenta, però, e più cresce la consapevolezza che quell'inesperienza potrebbe essere assai piacevole...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2016
ISBN9788858948668
Piacevole tentazione: Harmony Collezione
Autore

Anne McAllister

Autrice di grande versatilità, ha vinto il premio RITA per la letteratura romantica ed è acclamata dai fan di tutto il mondo.

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    Anteprima del libro

    Piacevole tentazione - Anne McAllister

    successivo.

    1

    «Sai, avevo pensato a delle piccole scatole quadrate, rosa o argento, piene di gelatine di frutta» dichiarò Vangie, eccitata.

    E Sebastian, che aveva ormai smesso di ascoltarla da un pezzo, spostò l'attenzione dalla voce che proveniva dal telefono allo schermo del proprio computer. Sua sorella gli stava blaterando nelle orecchie da almeno venti minuti.

    «Hai capito che cosa intendo, Seb?» Quando non udì risposta, Vangie alzò la voce, esasperata. «Seb? Sei ancora lì?»

    Per l'amor del cielo, certo che c'era!

    Sebastian Savas emise un grugnito, tuttavia il suo sguardo rimase inchiodato sulle specifiche del progetto, proprio come la sua mente. Poi lanciò un'occhiata all'orologio. Meno di dieci minuti più tardi avrebbe avuto una riunione con Max Grosvenor, e voleva riuscire a rivedere tutto almeno una volta.

    Aveva lavorato sodo per quel progetto, consapevole che per la Grosvenor Design ottenere il nulla osta sarebbe stato un colpo sensazionale. E, a livello personale, sarebbe stato un risultato eccezionale, se la direzione dei lavori fosse stata affidata a lui. Era stato lui a realizzare la parte più consistente del progetto. Unendo le proprie idee a quelle di Max, aveva trascorso gli ultimi due mesi ideando i piani strutturali e la disposizione degli spazi pubblici per gli altissimi edifici della Blake-Carmody. E la settimana prima, mentre si trovava a Reno per un altro progetto, Max aveva presentato il lavoro ai proprietari, ottenendo la loro approvazione.

    Era quasi certo, dunque, che quel giorno Max lo avrebbe convocato per affidargli l'incarico di dirigere i lavori.

    Il solo pensiero lo faceva sorridere di orgoglio.

    «Be', mi chiedevo...» continuò Vangie, imperterrita. «Ti sento particolarmente silenzioso, oggi. Allora... che cosa dici? Rosa o argento? Per le scatoline, intendo. O...» Fece una pausa. «Forse le scatole sono un po' troppo scontate. Magari non dovremmo mettere delle gelatine... che ne dici delle mentine? Seb?»

    «Non lo so, Vangie» rispose lui, passandosi una mano fra i capelli.

    E comunque non gli importava.

    Era il matrimonio di Vangie, non il suo. E siccome lui non aveva la benché minima intenzione di compiere un simile passo, la cosa gli interessava fino a un certo punto.

    «Perché non metti entrambe?» propose, tanto per dire qualcosa.

    «Davvero posso farlo?» Vangie era entusiasta, come se le avesse suggerito di reclutare l'orchestra sinfonica di Seattle per suonare al ricevimento.

    «Puoi fare ciò che desideri, Vangie; è il tuo matrimonio.»

    Probabilmente stava esagerando, meditò Sebastian, ma che importanza aveva? Ciò che davvero contava era che sua sorella fosse felice.

    «Oh, so che è il mio matrimonio, ma sei tu che paghi le spese» dichiarò lei, sentendosi un po' in colpa.

    «Nessun problema.»

    Quando si trattava della famiglia, Seb era l'unico su cui tutti potevano contare, quello a cui si rivolgevano, l'unico in grado di offrire un consiglio, una spalla su cui piangere o un assegno per pagare i conti. Era stato così fin da quando aveva ottenuto il primo lavoro come architetto.

    «Suppongo che potrei chiedere a papà...»

    Seb soffocò un sospiro. Philip Savas fabbricava figli, non se ne occupava. E, benché possedesse una smisurata fortuna che gli derivava dagli alberghi di sua proprietà, era poco propenso a condividerla con gli altri, a meno che non si trattasse di qualcosa che desiderava lui per primo. Per esempio, un'altra moglie.

    «Non farlo, Vangie» l'ammonì Sebastian. «Sai che non servirà a niente.»

    «Immagino di no, ma sarebbe splendido se si ricordasse di venire, e mi accompagnasse all'altare.»

    «Certo.» Buona fortuna. Ma quante volte doveva rimanerci male, sua sorella, prima di rendersi conto che Philip non era un padre come gli altri?

    Seb poteva pagare i conti, aiutare i suoi fratelli, dare loro ciò di cui avevano bisogno, ma non poteva certo garantire che il padre si comportasse come tale.

    «Per caso ti ha chiamato?» chiese Vangie, piena di speranza.

    «No.»

    A meno che Philip Savas non volesse appioppargli un problema, era difficile che lo cercasse.

    «Ascolta, Vangie» aggiunse, guardando l'orologio. «Adesso devo proprio andare. Ho una riunione.»

    «Naturalmente. E scusami, non volevo annoiarti. Ti disturbo sempre... ma tu sei l'unico qui, e...»

    «Be', se ti fossi sposata a New York, avresti avuto tutto l'aiuto necessario.» La scelta di Sebastian di trasferirsi a Seattle, subito dopo la laurea, era stata esclusivamente dettata dalla volontà di porre un intero continente fra sé e la moltitudine di ex matrigne, fratellastri e sorellastre che lo circondavano. Non voleva che interferissero nella sua vita. O nel suo lavoro. Il che era praticamente la stessa cosa.

    Ma, per sfortuna, la famiglia del fidanzato di Vangie era di Seattle e, dopo la laurea di lei a Princeton, i due avevano deciso di trasferirsi proprio lì.

    «Sarà fantastico. Potremo vederci quando vorremo. Come una vera famiglia!» aveva esclamato allora la sorella. La prospettiva l'aveva resa euforica. «Non è grandioso?»

    Ma Seb, che aveva abbandonato qualunque nozione di vera famiglia dai tempi della pubertà, non aveva visto nulla di cui rallegrarsi. Eppure aveva incrociato le dita e l'aveva stretta in un abbraccio. «Certo, grandioso.»

    Ed era stato meno tragico di quel che pensasse.

    Sia Vangie sia Garrett, il suo futuro marito, infatti, lavoravano per un ufficio legale a Bellevue. Trascorrevano il tempo libero insieme alla loro cerchia di amici, e lui li vedeva di rado.

    Sua sorella sosteneva che lavorasse troppo, mentre Garrett lo trovava noioso perché si interessava solo alla costruzione di edifici.

    Ma a Sebastian tutto ciò andava benissimo. I due fidanzati avevano la loro vita, e lui la propria.

    Eppure, quando la data delle nozze aveva iniziato ad avvicinarsi, le cose erano cambiate. I piani per il matrimonio, seppur ideati mesi prima, richiedevano costante attenzione. E Vangie aveva iniziato a chiamarlo ogni giorno. Anche più di una volta. Ultimamente anche quattro o cinque.

    Ma Sebastian non poteva chiederle di arrangiarsi da sola. Le era molto affezionato. E comprendeva fin troppo bene quanto quei progetti rappresentassero il simbolo di una fantasia ben più grande.

    Sua sorella aveva sempre sognato di far parte di una vera famiglia, di poter contare su quella sorta di appoggio che normalmente esisteva nelle altre. E, se desiderava così tanto vivere in un mondo fantastico, non sarebbe certo stato lui a impedirglielo.

    Ogni volta che gli telefonava, lui la lasciava parlare. A meno che non avesse qualche improrogabile impegno di lavoro. Proprio come in quel momento.

    La sera precedente, mentre si trovava sul volo di ritorno da Reno, Max gli aveva lasciato un messaggio in segreteria, dicendo che aveva bisogno di vederlo.

    Il che significava, meditò Sebastian con un'eccitazione che niente aveva a che fare con le gelatine di frutta o il colore delle bomboniere, che con molta probabilità Max gli avrebbe affidato la direzione dei lavori della Blake-Carmody.

    Lui e Max avevano trascorso ore sul progetto di quell'edificio di quarantotto piani che sarebbe sorto in centro, e che avrebbe ospitato al suo interno non solo appartamenti, ma anche uffici e negozi. E, nonostante fosse stato Max a incontrare e a esporre il lavoro a Roger Carmody e a Stephen Blake, Seb era quasi certo che la direzione dei lavori sarebbe spettata a lui.

    «Scusami, ma adesso devo proprio lasciarti, Vangie. Se papà dovesse telefonare, te lo farò sapere» aggiunse con tutta la diplomazia a cui riuscì a fare appello. «Ma è molto più probabile che si faccia vivo con te.»

    Sapevano entrambi che si trattava di una speranza vana. L'ultima volta che lo avevano sentito, Philip era sul punto di sposare la sua ultima assistente personale. Era la quarta che cercava di mettere le mani sulle sue ricchezze, ma, per fortuna, l'anziano signore aveva ormai imparato a stilare un contratto prematrimoniale decente.

    «Lo spero» affermò Vangie fervidamente. «O magari è in contatto con una delle ragazze.»

    «Quali ragazze?» Ne corteggiava due alla volta, adesso?

    «Le ragazze» ripeté lei come se la cosa fosse del tutto ovvia. «Le nostre sorelle. La nostra famiglia. Saranno qui nel pomeriggio.» E la sua voce tornò a un tratto squillante.

    «Qui? Perché? Il matrimonio si terrà soltanto il mese prossimo!»

    «Stanno venendo a darmi una mano.» Non fu difficile per Sebastian immaginare il sorriso di soddisfazione che le illuminava il viso. «È quello che fanno tutte le famiglie normali.»

    «Per un mese? Tutte?» Non ricordava neanche più quante fossero, precisamente.

    «Solo le tre gemelle. E Jenna.»

    Solo le over diciotto, quindi. Santo cielo! Come avrebbe fatto Vangie a sopportarle per un mese intero? Ma almeno, dopo una simile esperienza, ci avrebbe pensato due volte prima di ripetere che voleva una famiglia normale.

    «Bene, allora. Vuoi che mandi qualcuno a prenderle all'aeroporto?»

    «No. Non preoccuparti. Arrivano tutte in orari diversi, per cui ho detto loro di prendere un taxi.»

    «Perfetto» affermò Seb, grato di non essere stato ingaggiato come autista per scorrazzare le sorelle, mentre in sottofondo si svolgeva un monologo sulle gelatine di frutta. Afferrò la valigetta. «E dove alloggeranno, per curiosità?»

    «Ma a casa tua, ovviamente.»

    Seb restò a bocca aperta. «Cosa?» articolò infine quando recuperò l'uso della parola.

    «Dove potrebbero andare, altrimenti? Hai talmente tante stanze, nel tuo appartamento! Solo le camere da letto sono quattro. Nel mio monolocale non ce n'è neppure una. E poi, tu sei il fratello maggiore. Siamo una famiglia, no?»

    Seb era sul punto di esplodere.

    «Non preoccuparti» continuò Vangie. «Non ti accorgerai neppure della loro presenza.»

    Cosa? Se ne sarebbe accorto, altroché! Già immaginava collant stesi ad asciugare, boccette di smalto rovesciate e caos ovunque. «Vangie! Non possono...»

    «Certo che possono! Sapranno prendersi cura di loro stesse» lo rassicurò Vangie, fraintendendo le sue parole. «Stai tranquillo. Vai pure alla tua riunione. Ti chiamerò più tardi. E ricordati di farmi sapere se hai notizie di papà.» E riattaccò il telefono prima che il fratello potesse aprire bocca.

    Seb guardò il display del cellulare e lo scaraventò sulla scrivania. Al diavolo Evangeline e le sue fantasie sulle famiglie normali!

    Non avrebbe mai condiviso l'appartamento con quattro delle sue sorelle per un mese intero! Sarebbe di certo impazzito. Tre ventiduenni e una diciottenne... quattro sciocche ragazze che, lo sapeva per esperienza, gli avrebbero fatto perdere il controllo. Non avrebbe concluso nulla. E non avrebbe avuto un attimo di pace.

    Scuotendo la testa, afferrò la valigetta e si diresse impettito verso l'ufficio di Max: almeno lì, finalmente, avrebbe trovato un'oasi di tranquillità, concentrazione, buonsenso e stimolante conversazione.

    Gladys, la segretaria di Max, sollevò lo sguardo dal computer e gli rivolse un radioso sorriso. «Non c'è.»

    «Non c'è?» Seb si accigliò. «Come sarebbe a dire? Avevamo una riunione.»

    E comunque non aveva senso. Max era sempre lì, a meno che non si trovasse in qualche cantiere. E non dava mai doppi appuntamenti. Era troppo organizzato per farlo.

    «Sono sicura che sarà qui a momenti. Probabilmente è bloccato nel traffico.» Gli rivolse un altro sorriso. «Se vuoi, ti avverto appena arriva.»

    «È... in cantiere?»

    «No. Sta tornando dal porto.»

    «Dal porto?» Seb non ricordava che Max stesse seguendo dei lavori da quelle parti, e

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