Matrimonio per due: eLit
Di Maisey Yates
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Info su questo ebook
Santiago Marino non si è fermato davanti a niente mentre scalava la montagna del successo, e alla fine è arrivato in vetta. Ma per uno come lui, che ha dovuto sconfiggere la povertà prima di diventare ricco, ciò che soprattutto conta sono l'ingresso e l'accettazione dell'alta società. E Vanessa Pickett, ereditiera dal sangue blu, è la chiave perfetta per aprire quell'unica porta ancora chiusa davanti a lui. Vanessa è disperata, e un matrimonio regalerebbe a entrambi ciò di cui hanno bisogno.
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Anteprima del libro
Matrimonio per due - Maisey Yates
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Argentine’s Price
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Maisey Yates
Traduzione di Cecilia Bianchetti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-380-0
www.harlequinmondadori.it
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1
Vanessa strinse nervosa la borsettina d’argento, cercando di ignorare la collera. «Stai comprando tutte le azioni della mia società. Perché?» chiese all’uomo che aveva di fronte, alto e vestito di nero. Santiago Marino. Il suo primo amore. Il suo primo bacio. Il primo uomo che le aveva spezzato il cuore e, a quanto pareva, quello che stava cercando di rilevare con un colpo di mano l’azienda della sua famiglia.
Santiago la guardò poi consegnò il calice di champagne alla bionda alla sua sinistra. Dal suo gesto sbrigativo era evidente che la considerava poco più di una reggibicchiere in abito firmato. Tranne che a letto, aggiunse Vanessa tra sé.
Arrossì, cercando di respingere l’immagine. Com’era possibile? Era accanto a Santiago da trenta secondi, e pensava già alla camera da letto.
Fissò il quadro alle sue spalle per evitare gli occhi scuri che vedevano tutto, ma lo sguardo rapace era già su di lei, dappertutto, e per un istante da capogiro le scaldò il sangue nelle vene. Ci riusciva ancora. Dopo tutti quegli anni, Vanessa fu proiettata indietro nel tempo, quando aveva sedici anni e al mattino si svegliava con la speranza di vedere Santiago che lavorava nella proprietà di suo padre. Solo guardare, visto che non le era permesso rivolgergli la parola.
Era stato lui che l’aveva indotta a infrangere le regole sacrosante che aveva sempre rispettato.
Peccato che adesso il ragazzo fosse diventato un uomo che aveva ancora il potere di farle battere forte il cuore. Anche solo guardarlo sulla foto di una rivista era un’esperienza sensoriale completa. E di persona... be’, rivedendolo di persona Vanessa aveva la sensazione di avere la pelle troppo stretta.
«Signora Pickett.» Santiago inclinò la testa, e un ciuffo di capelli neri come l’ossidiana gli ricadde sulla fronte. Non per caso, Vanessa ne era sicura: Santiago aveva sempre avuto quell’aria di suprema indifferenza e sicurezza. Sembrava che si fosse appena alzato dal letto, si fosse passato le dita tra i capelli e avesse indossato un abito da alcune migliaia di dollari.
Ed era sexy in modo pazzesco. Forse perché era facile immaginare che cos’avesse fatto nel suddetto letto, e il motivo per cui si fosse preparato in fretta e furia.
Vanessa si riscosse, cercando di concentrarsi. Non doveva cadere in quel tranello: non era più una sedicenne ingenua che immaginava che un bacio significasse amore eterno. No, non era più quella ragazza, e Santiago Marino non aveva più quel potere su di lei.
Era lei che aveva il potere, e doveva ricordarsene.
«Chiamami Vanessa» rispose, con la voce da amministratore delegato. «Siamo vecchi amici, no?»
«Vecchi amici?» La risata profonda di Santiago era sensuale da morire. «Non mi era mai venuto in mente, ma se insisti ti chiamerò Vanessa.» Il suo accento si era attenuato in quei dodici anni, ma pronunciò il suo nome come sempre, con la lingua che accarezzava le sillabe, facendolo sembrare il più sexy del mondo.
Il tempo gli era stato amico, e a trent’anni era ancora più bello che a diciotto. La mascella era un po’ più squadrata, le spalle più ampie. Il naso era diverso, un po’ storto, e l’imperfezione aumentava il suo fascino invece di rovinare il viso perfetto. Forse se l’era rotto in una rissa, pensò Vanessa. Non era improbabile: il Santiago che aveva conosciuto era una testa calda, appassionato in tutti i sensi, e spesso lei si era chiesta come sarebbe stato essere l’oggetto di tanta passione. Una volta era successo, quando Santiago l’aveva fatta sentire l’unica donna al mondo e la cosa più importante della sua vita. Santiago sapeva mentire con un singolo bacio più di quanto gli altri uomini potessero fare con mille parole.
Vanessa aumentò la stretta sulla borsetta da sera e fece un passo indietro, lottando contro la rabbia che le bruciava lo stomaco e cercando al contempo di sembrare indifferente. «Possiamo parlare?»
«Non eri qui per socializzare?» osservò Santiago, inarcando un sopracciglio con aria interrogativa.
«Sono qui per parlare con te, non per una visita di cortesia...» borbottò lei.
Lui abbozzò un sorriso ironico. «Sono certo che avrai fatto la tua donazione all’ingresso. Oppure non rientrava nelle tue priorità?»
Vanessa si morse la lingua, lottando per conservare la compostezza.
Prendere il calice di champagne dall’accompagnatrice di Santiago e gettarlo sul suo costosissimo smoking le avrebbe dato molta soddisfazione, ma non era lì per quello.
Però non gli avrebbe neanche permesso di farle fare la figura della bellona ricca e snob che voleva solo bere qualcosa e fare quattro chiacchiere senza donare neanche un centesimo.
«Ho lasciato il mio assegno all’entrata. Puoi chiedere conferma se vuoi.»
«Molto generoso da parte tua.»
«Dobbiamo parlare. In privato.» Vanessa guardò il gruppo di persone che circondava Santiago: riconobbe alcune donne famose e bellissime, il genere che non le era mai stato permesso di frequentare. I soldi non erano sinonimo di classe, diceva sempre suo padre, e questo significava che determinate persone per lei erano off limits.
Tra queste c’era anche Santiago, ma per una settimana inebriante Vanessa aveva infranto il divieto.
«Da questa parte, querida.» Santiago le mise una mano sulla schiena e lei maledisse la scollatura profonda del vestito quando la sua mano le toccò la pelle. Aveva le dita callose, ruvide, anche dopo anni di lavoro da dirigente.
Vanessa ricordò quelle mani che le accarezzavano il corpo e il viso: ruvide anche allora, ma forti e calde. Caldissime. Represse un brivido, e per fortuna proprio in quel momento uscirono all’aperto. Almeno poteva dare la colpa all’aria fredda di Boston.
La grande terrazza del museo d’arte moderna era illuminata da lanterne di carta. Qualche coppia si era rifugiata negli angoli più bui per godersi un po’ di intimità.
In realtà non c’era molta privacy: la terrazza pullulava di giornalisti e visitatori. Era il tipo di evento al quale il padre di Vanessa non avrebbe mai partecipato. La discrezione era il suo stile di vita, e l’aveva trasmessa alla figlia.
Ma quella sera Vanessa doveva esserci per parlare con Santiago. Per le Pickett Industries era questione di vita o di morte. Santiago non voleva certo comprare le azioni della società per un irrefrenabile impulso di altruismo.
«Volevi chiedermi qualcosa?» le domandò lui, appoggiandosi alla ringhiera di pietra.
Vanessa si girò a guardarlo, cercando di assumere un’espressione neutra.
«Perché vuoi comprare tutte le mie azioni?»
«L’hai già saputo?» replicò Santiago con un sorrisino.
«Certo, all’improvviso gli azionisti si sono messi a vendere a tre società diverse che hanno tutte un nome in comune: Marino. Non sono così stupida, Santiago.»
«Forse ti ho sottovalutata.» Lui rimase in attesa di una reazione indignata, ma Vanessa non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione.
«Non m’importa che tu mi abbia sottovalutata, e non m’importa quello che pensi di me. Ma le Pickett Industries mi stanno a cuore, e voglio capire perché qualcuno sta cercando in tutti i modi di comprare lo stesso numero di azioni che possiede la mia famiglia.»
Santiago tacque per un attimo, con un sorriso crudele, privo di umorismo, ma devastante come sempre. «Mi stai dicendo che non apprezzi l’ironia?»
«Quale ironia?»
«Che io possieda una quota delle Pickett Industries, che un’azienda storica passi così facilmente nelle mani di un nuovo ricco. Il sogno americano, no?»
Vanessa lo guardò negli occhi, colmi di un’emozione così scura e profonda che le mancò il fiato. In quel momento si rese conto di essere caduta in trappola, e avrebbe dato qualunque cosa per potersene andare e considerare Santiago solo un ricordo vivido e incompiuto.
Ma non poteva. L’azienda era una sua responsabilità, e non c’era nessuno, a parte lei, in grado di raccoglierne i cocci.
Ora ogni cosa è nelle tue mani, Vanessa. Senza di te crollerà tutto.
Risentì la voce di suo padre e rimase dov’era.
«Allora l’hai fatto solo per divertimento? Per soddisfare il tuo perverso senso dell’ironia?» gli chiese.
Lui rispose con una risata amara. «Non ho tempo di divertirmi, Vanessa. Non sono arrivato dove sono divertendomi. A me nessuno ha mai offerto qualcosa su un bel vassoio d’argento.»
Proprio per quel motivo Santiago si sentiva superiore a lei. Poteva anche disprezzarla per avere avuto la vita facile, se gli faceva piacere, ma le Pickett Industries non erano un vassoio d’argento, quanto piuttosto un paio di manette delle quali Vanessa non aveva le chiavi. Tuttavia aveva accettato quell’onere per amore della famiglia, per suo padre e soprattutto per Thomas, perché suo fratello sarebbe stato felice di portare avanti l’eredità delle Pickett Industries, e avrebbe scritto una storia di successo, con dignità e gentilezza, secondo il suo stile.
«Allora perché?» insistette lei.
«Le Pickett Industries stanno morendo, Vanessa, e lo sai bene anche tu. I vostri profitti sono crollati negli ultimi tre anni, e siete costantemente in rosso» le rispose lui.
Con disinvoltura Vanessa gli diede la risposta che usava per placare gli azionisti. «Capita, è una questione ciclica. La produzione è rallentata dalla crisi economica, e molti clienti fanno produrre i componenti per le auto in altri paesi.»
«Non è solo colpa della crisi, è che voi siete rimasti ancorati al passato. I tempi sono cambiati, voi no.»
«Perché vuoi investire nelle Pickett Industries, se stanno davvero morendo di una morte lenta e dolorosa?»
«Diciamo che si è presentata l’occasione, e io non mi lascio mai scappare un’opportunità.»
Quelle parole avevano una sfumatura quasi erotica, pensò Vanessa con una stretta allo stomaco quando Santiago la fissò negli occhi.
Doveva uscire di più, decise. Viveva rinchiusa tra le quattro mura dell’ufficio, una situazione che stava diventando patetica, ma era il destino di chi era al timone di un’industria moribonda. Proprio una bella fortuna!
E Santiago Marino la considerava un’occasione.
«E come vorresti sfruttare questa... opportunità?»
«Intendo farti destituire dal Consiglio d’Amministrazione» le spiegò lui.
Fu come una secchiata di ghiaccio in piena faccia, ma nonostante la paura Vanessa riuscì a sembrare impassibile. «E perché mai?»
«Perché sei nei guai fino al collo. La società ha iniziato a declinare da quando hai assunto il comando, quindi rientra nell’interesse degli azionisti avere a capo della società qualcuno che sappia il fatto suo.»
«Sto elaborando il mio piano.»
«Da tre anni? Mi sorprende non poco che tuo padre non abbia riassunto il comando.»
Vanessa s’irrigidì. «Non può. Quando sono stata nominata Amministratore Delegato ha firmato un accordo, come voleva il Consiglio, per evitare... problemi.» Quando suo padre era di buonumore era felice dell’operato di Vanessa, e quando non lo era... non si sarebbe stupita se avesse cercato di destituirla lui stesso. Nessuno, nel Consiglio, voleva che dipendenti e azionisti vivessero in uno stato di continua instabilità.
Ma se lei non avesse cambiato le cose, e alla svelta, quello sarebbe stato l’ultimo dei loro problemi.
Vanessa era laureata in economia. Sapeva di non essere un genio, ma restava alle Pickett Industries per senso del dovere, lealtà verso la famiglia e per l’ossessivo bisogno di fare felice