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I misteri di Londra: Harmony History
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I misteri di Londra: Harmony History
E-book245 pagine3 ore

I misteri di Londra: Harmony History

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Info su questo ebook

Londra, 1819
Per esorcizzare l'ombra del padre, dissoluto libertino, sir Neville Fortescue conduce un'esistenza talmente onesta e priva d'emozioni che persino i suoi migliori amici lo considerano un uomo noioso. L'incontro con la bella lady Diana, giovane, intelligente e ribelle ereditiera, gli dà però la possibilità d'imprimere una svolta decisiva alla propria vita. Infrangendo ogni convenzione, i due instaurano un forte legame e, nel tentativo di far luce sul mistero che si cela dietro alla sparizione di alcune giovani cameriere, finiranno con lo scoprire vizi e giochi di potere di quella città, Londra, apparentemente perfetta. E questa sarà, per il gentiluomo, anche l'occasione di mostrare la propria vera indole, consentendo al proprio cuore di battere liberamente per la giovane duchessa.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2020
ISBN9788830517516
I misteri di Londra: Harmony History
Autore

Paula Marshall

Nata e cresciuta in Inghilterra, a dieci anni leggeva già Dickens e Tackeray. La passione per la storia e per l'epoca della Reggenza in particolare ha ispirato in seguito i suoi deliziosi romanzi, avventurosi e ricchi di umorismo.

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    Anteprima del libro

    I misteri di Londra - Paula Marshall

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Daring Duchess

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2004 Pauline McClelland

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-751-6

    Prologo

    1817

    Diana Rothwell, duchessa di Medbourne, era vedova ma non era mai stata realmente moglie. Rimasta sola all’età di ventiquattro anni, aveva insistito per presenziare alla tumulazione del corpo del marito ultraottantenne nella cripta della dimora avita della sua famiglia, Medbourne Castle, nel Nottinghamshire.

    Ovviamente questo andava contro ogni regola dell’etichetta, che impediva a tutte le signore di un certo rango di partecipare ai servizi funebri, e, come se non bastasse, la duchessa vestiva semplici abiti da passeggio e non il castigato completo nero con tanto di velo che le avrebbe dovuto coprire discretamente il capo per un anno intero.

    Quello che gli inorriditi astanti ignoravano era che, come sempre, Diana stava obbedendo alla volontà del marito. Questi non solo le aveva lasciato la maggior parte delle sue fortune, inclusi Medbourne Castle e molti acri di terreno di cui, come ultimo discendente dei Rothwell, era stato proprietario, ma anche una lunga lettera che le pianificava il futuro.

    Le mogli dei vicini e degli amici, obbedienti ai dettami dell’etichetta, aspettavano i rispettivi mariti nel salone, tutte intente a commentare il deplorevole comportamento della loro ospite.

    «Niente di meno appropriato» annuivano l’un l’altra con vigore, «ma d’altra parte cos’altro ci si poteva aspettare da una donna che sposa, a soli diciassette anni, un uomo tanto vecchio da poter essere suo nonno?»

    «E non è riuscita neanche a dargli un erede» osservò sprezzante un’altra.

    Tutte scossero la testa con disapprovazione, e l’avrebbero scossa con ancor più vigore alla notizia che il duca aveva lasciato alla moglie praticamente tutto, a dispetto dei loro pettegolezzi.

    A Diana questo non importava. In punto di morte, il duca le aveva consegnato una lettera.

    «Sei stata una brava moglie, più di quanto qualunque marito avrebbe potuto desiderare» le aveva sussurrato. «Non appena non ci sarò più, leggi questa lettera e fa’ tesoro dei miei consigli per il futuro. Per nessun motivo devi aspettare per leggerla la fine dei funerali.»

    Obbediente come era sempre stata, Diana l’aveva letta con crescente sorpresa, per non dire sbalordimento.

    Mia cara bambina,

    perché è questo che sei sempre stata per me, la figlia che non potevo avere perché condannato all’impotenza. Figlia e pupilla, anche, che ha saputo voler bene a un uomo talmente vecchio che non poteva offrirle ciò che le spettava di diritto, un matrimonio vero e dei bambini. Per questo sento di aver ingannato sia te sia la tua famiglia, anche se di questo non mi hai mai rimproverato.

    So anche di averti sposato comprando la povertà dei tuoi genitori, che altrimenti non sarebbero stati così felici di darti in sposa a un uomo tanto vecchio. Fortunatamente non ho sprecato tutta la tua giovinezza e, ora che me ne sono andato, mi auguro che tu ti diverta in quel mondo che, fino a ora, ti è stato negato.

    Sono sicuro che non rimpiangerai del tutto gli anni che abbiamo passato insieme, nei quali mi hai dato la prova di ciò che avevo sempre saputo: una giovane donna può essere educata come un ragazzo, studiando le stesse discipline e conseguendo ottimi risultati. Se fossi stata un uomo, avresti certo ottenuto una laurea con il massimo dei voti. In questo senso, sei stata il mio esperimento, e hai brillantemente provato che avevo ragione.

    Ora è tempo che tu ti diverta. Non devi piangermi, né apparire addolorata in pubblico. Ti chiedo anche di essere presente al mio funerale, ma non nelle vesti scure di vedova. Non voglio che, come vorrebbe la tradizione, tu debba vestire di nero per un intero anno, e di lilla per i mesi che seguiranno, ma, anzi, desidero che inizi subito la tua vita in società e che faccia tutte quelle cose di cui ti ho defraudata sposandoti, anche se in cambio ti ho regalato altri tesori.

    Queste sono le mie volontà e spero che mi accontenterai. So che ricorderai sempre gli anni che abbiamo passato insieme, studiando, e che saprai farne tesoro. Stai attenta ai cacciatori di dote, se dovessi risposarti voglio credere che sceglierai qualcuno degno di te, così che potrò riposare in pace.

    Diana aveva riposto la lettera, con gli occhi che le brillavano per le lacrime. Lo sapeva... Charles aveva sempre saputo che c’erano stati momenti in cui lei aveva rimpianto la vita che avrebbe potuto avere se non l’avesse sposato, e ora gliela rendeva possibile con la sua benedizione. Avrebbe lasciato che il bel mondo pensasse di lei ciò che voleva e avrebbe seguito alla lettera le istruzioni del defunto marito. Ciò che la società non avrebbe mai saputo era che, da intellettuale in grado di sostenere dibattiti con la stessa arguzia di un avvocato, oltre che da studiosa e amante della filosofia, negli ultimi due anni era stata lei, e non il marito, a gestire le proprietà di famiglia.

    Charles aveva anche aggiunto un postscriptum: Ho chiesto alla vedova Marchmont, una tua lontana cugina, di introdurti in società e lei ha accettato. Ti prego di non sconvolgerla troppo, anche se ti do il mio permesso di farlo, almeno un poco.

    Quell’ultima frase l’aveva fatta sorridere, nonostante le lacrime che le solcavano le guance. La vedova Marchmont era arrivata al castello in mattinata e aveva subito pregato Diana di non presenziare alle esequie del marito e, ovviamente, il suo rifiuto l’aveva lasciata sbigottita.

    Ora che il funerale era finito tutta l’assemblea si sarebbe spostata nel castello per mangiare, bere, ascoltare le ultime volontà del defunto ed esprimere il massimo sbalordimento nel sentire che questi comandava alla vedova di non ostentare il lutto e di pensare, fin da subito, a divertirsi. Charles aveva voluto rinforzare e legittimare ciò che le aveva scritto privatamente, e lei avrebbe fatto come lui desiderava. Quello sarebbe stato il suo ultimo regalo al marito.

    1

    1819

    Solo in seguito sir Neville Fortescue si sarebbe reso conto che la sua vita era completamente cambiata nel momento stesso in cui, accidentalmente, aveva udito i commenti che i suoi supposti amici avevano fatto su di lui al ballo di lady Leominster.

    «Fortescue?» aveva esclamato Frank Hollis all’indirizzo di Henry Latimer. «Oh no, non posso chiedergli di far parte della nostra brigata per il Coal Hole. Non è un cattivo ragazzo, è rispettabile e degno di fiducia, ma è anche dannatamente noioso! Non ha mai fatto un azzardo in tutta la sua vita. La virtù è la sua regola e mi annoia anche solo pensare a lui. No, dimentichiamocene e parliamo d’altro. Che ne pensi invece della nuova conquista di suo cugino Alford? Quello sì che è un ragazzo che sa come si vive. Chiediamo a lui di venire con noi al pub.»

    I due si erano spostati, lasciando Fortescue a riflettere accigliato sul fatto che origliare non portava mai a nulla di buono. Non che avessero detto qualcosa di particolarmente cattivo su di lui, ma non gli piaceva essere liquidato come un tedioso moralista. Non aveva una grande opinione della capacità di giudizio di Frank Hollis, ma le sue battute lo avevano ferito, oltre che offeso.

    Certo non se la sarebbe presa così tanto se in precedenza, quello stesso giorno, non avesse fatto visita a Harriet Beauchamp per farle la sua proposta. Aveva sempre pensato che Harriet avrebbe potuto essere una moglie devota e, sposandosi, avrebbe esaudito il desiderio di sua madre che spesso lo rimproverava di non aver ancora compiuto quel passo.

    Harriet era una donna graziosa, anche se un po’ troppo frivola, e sir Neville pensava che sarebbe diventata un’ottima moglie. Di certo sua madre avrebbe preferito se avesse fatto la sua proposta a Diana Rothwell, che aveva fatto il suo ingresso in società l’anno prima ed era vedova ed erede di tutte le ricchezze del defunto duca di Medbourne. Era stata proprio l’insistenza di sua madre verso lady Rothwell e i suoi averi che gli aveva improvvisamente fatto decidere di sposare Harriet. Quest’ultima avrebbe rivestito in modo più consono il ruolo di lady Fortescue rispetto a Diana, la duchessa ribelle, che era più schietta di qualsiasi uomo e aveva fama di essere più arguta del demonio stesso. In poche parole, era l’ultima donna che avrebbe potuto scegliere come moglie. Quella di cui aveva bisogno era una persona tranquilla e confortante, la cui condotta fosse sempre irreprensibile.

    Ma, sfortunatamente, nonostante Neville avesse detto e fatto tutte quelle cose che un uomo che si offriva di sposare una giovane donna doveva, dopo che il gentiluomo aveva presentato la sua proposta al padre di lei, Harriet l’aveva gentilmente rifiutata. «Oh, Neville, caro, mi piacete molto, ma come amico. Non potrei mai immaginare d’essere vostra moglie.»

    Fortescue, intrappolato in ginocchio e senza mai aver avuto il minimo dubbio che la donna potesse rifiutarlo, si era trovato a esclamare, con una nota d’indignazione: «Perché no?».

    Harriet aveva abbassato lo sguardo verso di lui e si era decisa di dirgli la verità. «Quando mi sposerò, voglio che nella mia vita ci sia il brivido dell’imprevedibile. Voi siete così sicuro di fare sempre la cosa giusta che, temo, non ci sarebbe mai la possibilità di sorprendersi.»

    Lui si era rimesso in piedi e aveva replicato stizzito: «Pensavo che una ragazza preferisse un marito su cui poter fare affidamento».

    «È vero, ma voi siete talmente affidabile da essere un tantino noioso» lo aveva informato lei senza il minimo tatto. «Non potrei mai sopportare una vita noiosa. Sono sicura che troverete una ragazza adatta a voi, e spero che continueremo a essere amici.»

    Al contrario!, fu tentato di sbottare Neville in modo brusco, ma, come al solito, si limitò a rispondere qualcosa di più appropriato all’occasione, anche se banale. «Mi dispiace che mi abbiate rifiutato, Harriet, ma siate certa che vi augurerò sempre ogni bene.»

    «Sapevo che non potevo offendervi col mio rifiuto. Siete sempre così buono...»

    Quell’istinto primitivo che serpeggiava dentro di lui l’avrebbe spinto ad afferrarla, stringerla tra le braccia e darle un lungo bacio appassionato per poi chiederle se fosse stato abbastanza eccitante per lei. Ovviamente non aveva fatto niente di tutto ciò.

    Neville Fortescue aveva passato tutta la vita cercando di comportarsi diversamente da quell’ubriacone libertino che era stato suo padre, che era persino riuscito a morire tra le braccia di una donna dai facili costumi. Solo grazie a suo nonno che, con lungimiranza, al momento del matrimonio dei genitori aveva legato il patrimonio di sua madre ai figli che avrebbe avuto, si era impedito che suo padre saccheggiasse l’intera dote riducendo la famiglia all’indigenza.

    Harriet, aveva pensato Neville mentre si accomiatava e prendeva le distanze dalla sua sconfitta, avrebbe pareggiato i conti se avesse finito per sposare qualcuno come sir Luke Fortescue e fosse stata condannata a vivere nella stessa miseria che suo padre aveva inflitto alla sua famiglia.

    Quello che non aveva messo in conto era che, nello stesso giorno, mentre attendeva di prendere parte al ballo dei Leominster, sarebbe stato punto sul vivo da un paio di libertini fannulloni che lo descrivevano in maniera praticamente identica a quanto aveva fatto Harriet.

    Era dunque così noioso? Era così sbagliato essere virtuoso e, quindi, noioso? Non era possibile essere retto ed eccitante allo stesso tempo? Gli sarebbe mai stato possibile essere un po’ meno tedioso e, senza arrivare agli eccessi di suo padre, non apparire come il moralista che quei due e Harriet avevano dipinto?

    No, probabilmente non c’era alcuna possibilità. Lui era così, il primo Fortescue da circa due secoli che avesse vissuto una vita integerrima e il cui nome non fosse considerato sinonimo di scappatella. Era diventato un membro del Parlamento a venticinque anni e aveva sempre cercato di assolvere i propri doveri con accuratezza e onestà, il che era più di quanto molti altri potessero dire.

    Tornò nella sala da ballo. Avrebbe preso commiato da lady Leominster e se ne sarebbe tornato a casa cercando di dimenticare ciò che aveva appena sentito per continuare poi la sua vita ordinata, a dispetto di tutto quello che gli altri potevano pensare di lui.

    Mentre le si avvicinava, però, qualcuno gli mise una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.

    «Ecco il mio uomo! Unisciti a noi e vieni a divertirti per una volta, Neville. Sto radunando un gruppo di amici per andare al Coal Hole, quando il ballo sarà finito. Ma prima, permettimi di presentarti la duchessa Diana che, per qualche strana ragione, sostiene di morire dalla voglia di conoscerti!»

    Era suo cugino George, lord Alford, al quale, a suo discapito, era stato paragonato poco prima. Neville indietreggiò. George rappresentava esattamente tutto quello che lui non era: vistosamente bello, vestito all’ultima moda e determinato a divertirsi in ogni momento della vita, che fossero affari di donne, cavalli o scommesse. Se Neville fosse stato un giocatore d’azzardo, e non lo era, avrebbe scommesso che George stesse spendendo tutto il patrimonio alla stessa velocità dei purosangue sui quali puntava.

    Non aveva nessuna voglia di accompagnarlo al Coal Hole, e meno ancora di essere presentato alla Duchessa Ribelle, come Diana era stata soprannominata. Per quel che ne sapeva, quella donna era un’altra irresponsabile, esattamente come George.

    «Veramente dubito che la duchessa Diana... Voglio dire... No, non mi sento di fare nessuna delle due cose. Stavo andandomene a casa.»

    Il cugino scoppiò a ridere. «Mi devi compiacere, Neville, te ne prego. Ho scommesso una certa sommetta con Frank Hollis che ti avrei convinto a venire con noi e perderò se ti rifiuterai.»

    Neville sbarrò gli occhi, ricordando fin troppo bene i commenti poco gentili di Frank. «Hollis, hai detto, eh? In questo caso sarò dei vostri, anche se non mi tratterrò a lungo.»

    «E a proposito della duchessa? Anche su questo Frank ha scommesso che ti rifiuterai.»

    «Davvero l’ha fatto? E va bene, portami da lei, ma non prometto di divertirmi per questo scherzo.»

    «Non importa. Mi basta vedere la faccia che farà Frank quando ti inchinerai davanti alla duchessa e quando ci raggiungerai allo scoccare della mezzanotte, per andare al pub.»

    Riluttante, Neville si lasciò condurre dove Diana stava tenendo corte in un angolo della sala, circondata da tutti i suoi ammiratori.

    L’arrivo in città della nobildonna aveva sollevato un vero polverone e subito le erano stati attribuiti i modi di fare della sconsiderata e passionale lady Caroline Lamb, la cui relazione illegittima con Byron era stata sulla bocca di tutti. Veramente Diana non era così avventata come lady Caro, ed era additata solo per la sua strana indole intellettuale. Aveva dimostrato più volte di saper allietare coloro che aveva intorno non solo con la sua bellezza ma anche con la sua arguzia e con l’originalità della sua intelligenza.

    Giocava a whist e a scacchi come un uomo, le sue esibizioni al pianoforte erano superbe e si diceva sapesse parlare almeno tre lingue straniere. Aveva persino suscitato scalpore conducendo a briglia sciolta il suo calessino all’interno di Hyde Park, e si affermava che persino un uomo sarebbe stato fiero di saper controllare così bene i cavalli.

    Non solo, una volta, durante una passeggiata con l’anziana cugina che le faceva da chaperon, si era imbattuta in un uomo che stava trattando brutalmente un cane. Immediatamente lady Diana gli aveva chiesto di smettere di picchiare l’animale e, quando questi non le aveva dato ascolto, non aveva esitato ad aggredirlo con il proprio parasole, richiamando l’attenzione di un altro gentiluomo di passaggio che l’aveva aiutata ad avere la meglio sull’uomo. Lo stesso gentiluomo che era accorso in suo aiuto, due giorni dopo, le aveva presentato la sua proposta di matrimonio, ma lei lo aveva rifiutato.

    Quello non era stato l’unico nobiluomo a chiederle la mano, ma lei aveva rifiutato tutti, ricchi o poveri, d’alto rango o semplici gentiluomini. Sembrava che la preda della stagione fosse determinata a non farsi catturare. Al Waiter’s, il club più esclusivo di Londra, si scommetteva sul numero di spasimanti che le si sarebbero dichiarati entro la fine della Stagione. Si mormorava che la cifra si avvicinasse alle venti persone, incluso il principe Adalberto di Eckstein Halsbach, cugino della Principessa del Galles, e sir Neville era assolutamente determinato a non aggiungere il proprio nome alla lista, visto che Diana incarnava il tipo di donna che lui disdegnava in modo categorico.

    Quando fu di fronte a lei, mentre George faceva le presentazioni, Fortescue dovette ammettere, suo malgrado, che la nobildonna possedeva una bellezza fuori dal comune. Aveva visto raramente dei capelli così scuri eppure lucenti, degli occhi di un blu così profondo e una bocca così ben disegnata che sembrava essere stata creata solo per ricevere baci.

    Si sorprese anche nel notare la semplice eleganza con la quale vestiva: l’abito era di un bianco immacolato, adorno di minuscoli bucaneve di seta, e il suo ventaglio era piccolo, non come quelli che spesso venivano usati con malizia dalle dame per attirare l’attenzione degli uomini. La cosa più singolare era che non indossava alcun gioiello.

    «È un piacere per me conoscervi, milady.» Sir Neville rimase turbato dalla propria reazione nello sfiorare la sua mano, mentre le si presentava, e fu ancor più sorpreso quando si rese conto che quelle parole riflettevano veramente il suo stato d’animo.

    La risposta della nobildonna fu altrettanto educata. «Il piacere è anche mio, sir Neville. Mi è stato detto che siete un gentiluomo estremamente serio che potrebbe trovare alquanto volubile una creatura come me, oltre che ben al di sotto della sua considerazione.»

    Volubile? Non c’era nulla che provasse il contrario, ma Fortescue pensò che la donna stesse deliberatamente cercando d’apparire diversa da come era in

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