Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il patriota inglese: Harmony History
Il patriota inglese: Harmony History
Il patriota inglese: Harmony History
E-book236 pagine5 ore

Il patriota inglese: Harmony History

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Spagna/Portogallo, 1810
Sola in un paese sconvolto dalla guerra, Olivia decide di tornare in Inghilterra, e per superare le insidie del viaggio stringe un patto con un enigmatico sconosciuto, Mr. Leopard, disposto ad aiutarla purché lei gli permetta di fingersi il suo secondo marito, un nobile francese. Olivia in un primo momento non sa se fidarsi di quell'uomo, visto che indossa un'uniforme inglese cui sono stati strappati bottoni e mostrine, e non può fare a meno di chiedersi se si tratti di un traditore o di un vile disertore. Nonostante i sospetti, tuttavia, alla fine decide di seguirlo, e quando l'affascinante soldato cade nelle mani dei guerrilleros, è pronta a mettere a repentaglio la propria vita pur di salvarlo.
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2019
ISBN9788830504561
Il patriota inglese: Harmony History
Autore

Mary Nichols

Nata a Singapore, si è trasferita in Inghilterra giovanissima e prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura ha lavorato in ospedale, nella scuola e nell'industria. La ragazza di cristallo è collegato a La contessina ribelle.

Leggi altro di Mary Nichols

Autori correlati

Correlato a Il patriota inglese

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Il patriota inglese

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il patriota inglese - Mary Nichols

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Price of Honour

    Harlequin Mills & Boon Legacy of Love

    © 1993 Mary Nichols

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-456-1

    Prologo

    «Chi avrebbe fatto cosa

    «L’abbiamo destituito per atto illecito e comportamento sconveniente per un gentiluomo. Dopo un appropriato processo di fronte alla corte marziale.»

    Nella stanza l’afa era insopportabile e l’umore del comandante in capo delle forze inglesi non aiutava a raffreddare l’atmosfera. Tra i nomignoli che gli avevano affibbiato c’erano Naso a uncino, Nasone e Leopardo. Quest’ultimo era stato lo stesso Napoleone a darglielo, aggiungendovi l’epiteto di odioso. A Wellington, recentemente insignito del titolo di duca, non importava un fico secco. Anzi, l’aveva adottato con un certo divertimento, e spesso si riferiva agli altri ufficiali come ai suoi leopardi.

    Dopo sei mesi d’inerzia, in cui le parti avverse non avevano avuto neppure uno scontro, il nemico si stava per muovere. Le orde di Napoleone avevano solcato i Pirenei e marciavano da Salamanca verso la frontiera portoghese, capitanate dal maresciallo André Masséna. Dalle montagne, il loro passaggio era controllato dalle bande dei guerrilleros, pronte a coglierli di sorpresa e ad assaltare i convogli con le provviste.

    Erano ancora molto lontani da Celorico da Beira, dove l’esercito britannico aveva il suo quartier generale, e Wellington non sembrava avere alcuna intenzione di andare loro incontro. Per il momento, gli ufficiali se ne stavano con le mani in mano e c’erano volte in cui il generale avrebbe auspicato un confronto per dare ai propri uomini qualcosa da fare.

    «Dannazione, è uno dei nostri migliori ricognitori» borbottò come soprappensiero.

    «Sì, signore, ma avevate dato l’ordine che non dovevano esserci saccheggi e lui è stato colto in flagrante. Non dovevamo fare eccezioni, ci avevate detto, e spettava agli ufficiali dare il buon esempio.» Il colonnello rimase con le spalle dritte. Aveva solo eseguito gli ordini. Non poteva sapere che per Wellington quello specifico uomo faceva la differenza.

    «Saccheggio, avete detto?» ripeté l’altro.

    «Sissignore.»

    «Di tutte le cose ignobili per le quali essere destituito...» mormorò il generale. «Se avesse contravvenuto a degli ordini, oppure fosse stato scoperto in un duello... Avrei potuto perdonarlo, se ci fosse stato di mezzo il suo onore.»

    «Sissignore.»

    «Dove si trova adesso?»

    «Non lo so, signore. Se n’è andato.»

    «Pensate che abbia fatto ritorno in Inghilterra?»

    «Ne dubito, signore. Credo voglia evitare di affrontare il padre, dopo essere caduto in disgrazia.»

    «Allora scoprite dov’è e portatemelo.»

    Dove poteva trovarsi Robert Lynmount?, si chiese il colonnello. Dove poteva essersi nascosto l’ex capitano degli Ussari, eroe della battaglia di Talavera, ora caduto in disgrazia? Come avrebbe fatto a trovarlo nel bel mezzo di una guerra? E, cosa ancora più importante, come sarebbe riuscito a rovesciare il verdetto della corte marziale quando non c’era alcun dubbio sulla colpevolezza dell’uomo?

    Imprecò tra i denti e ordinò a uno degli ufficiali di chiamargli seduta stante il capitano Rufus Whitely.

    1

    Sarebbe ritornata a casa, decise Olivia. In Inghilterra. Avrebbe rivisto le radure imperlate di pioggerella estiva, riassaporato il profumo del pane cotto nel camino durante l’inverno... Anche se ciò voleva dire affrontare la censura di coloro che un tempo erano stati suoi amici e l’ira di suo padre.

    Te l’avevo detto, avrebbe commentato se avesse potuto vederla ora. Sempre che fosse riuscito a riconoscere sua figlia. Solo tre anni prima l’aveva affrontato in biblioteca, con indosso il suo abito da passeggio di seta blu, costato una piccola fortuna a quello che, fino ad allora, era stato il più generoso dei padri, e sapeva di averlo deluso.

    Adesso Olivia portava sulle spalle la vecchia e logora giacca dell’uniforme di Philippe, su una camicia che una volta doveva essere stata bianca e una gonna che di certo aveva visto tempi migliori. Ai piedi, aveva un paio di stivali della fanteria francese, di certo non buoni come quelli che indossavano gli ufficiali inglesi, ma sempre meglio delle scarpette da signora, e sul capo portava un cappello di paglia assicurato sotto il mento da uno scialle. Il suo viso era abbronzato e sporco ed era diventata penosamente magra.

    Sì, suo padre avrebbe faticato a riconoscerla.

    Si sforzò di sorridere a se stessa e attraversò la strada costellata di pozzanghere.

    Era incredibile quanto fosse facile perdersi nei propri pensieri e non trovare nessuna soluzione costruttiva; specie quando la mente la riportava sempre a una stessa idea: era tutta colpa sua. Non poteva che biasimare se stessa. Se mai fosse ritornata a casa, non avrebbe potuto fare altro che ascoltare la ramanzina di suo padre. O, forse, il fatto di essere rimasta vedova per ben due volte in quei pochi anni le avrebbe fatto guadagnare le simpatie di qualcuno? No, non voleva pietà.

    Tom Beeston non era mai stato il marito adatto a lei e suo padre l’aveva sempre saputo. Tom non era nessuno e Olivia era stata nella posizione di sposare un titolato. Entrambi erano stati troppo giovani per capire... Ma Olivia si era intestardita proprio per l’opposizione della famiglia. Poi, dopo un solo mese di matrimonio, aveva scoperto che Tom era un giocatore incallito e, prima che potesse rendersene conto, si erano ritrovati immersi nei debiti fino al collo. Eppure, anche Tom aveva avuto il suo orgoglio e si era rifiutato di chiedere aiuto al padre della moglie.

    Si era fatto abbindolare dalle promesse di un sergente reclutatore e si era arruolato. A Olivia non era rimasto che seguire l’esercito come facevano le mogli dei soldati. Avevano messo piede in Portogallo da pochi giorni quando Tom era caduto a Porto, sotto il fuoco dei francesi, e lei si era ritrovata vedova per la prima volta.

    Così, nella pioggia torrenziale che era seguita alla battaglia, frenando l’avanzata britannica, Olivia aveva cercato di tornare a Porto, sperando di trovare un capitano dal cuore tenero che avrebbe acconsentito a imbarcarla per l’Inghilterra. Invece era incappata nella retroguardia francese!

    Sarebbe stata una vittima perfetta sulla quale sfogare la rabbia per l’umiliazione subita sul campo, se non fosse arrivato Philippe a fermarli. Non che si sarebbe concessa a loro senza lottare: era riuscita a imbracciare un moschetto e li teneva sotto tiro, quando era arrivato il suo salvatore.

    Era stato il senso di giustizia del ragazzo, oltre all’ammirazione per il suo coraggio, che l’aveva spinto a proteggerla. E, dopo pochi giorni, le aveva dichiarato il proprio amore, promettendole che nessuno le avrebbe fatto del male se fosse rimasta con lui. Philippe era soltanto un giovane tenente che si sentiva molto solo. A Olivia era piaciuto abbastanza da acconsentire alle nozze quando l’alternativa era troppo orribile per poter solo essere contemplata. Dubitava di essere mai stata innamorata di lui... come di Tom, del resto.

    Tutto ciò era successo un anno prima. Come aveva fatto con quelle inglesi, Olivia aveva preso a seguire le truppe francesi di accampamento in accampamento, rifiutandosi di pensare al futuro. E anche la sera prima, dopo che la banda di guerrilleros aveva ucciso Philippe, il suo unico pensiero era stato quello di trovare un modo per scappare e non si era neppure posta il dubbio di ciò che sarebbe stato di lei in futuro. Ma ora c’erano delle decisioni da prendere.

    L’erba che costeggiava la via era bruciata dal sole e dietro di lei una montagna s’innalzava in un picco roccioso e aspro. Alla sua sinistra il terreno s’inclinava erto sino a un bosco e poi, in fondo alla valle, lasciava intravedere le sparute case di un villaggio. Doveva scendere di lì? Sarebbe stata al sicuro, allora? Il problema era che non sapeva se si trovava in Spagna o in Portogallo né se quell’area fosse occupata dai francesi o dagli inglesi.

    Per i francesi, con i quali aveva convissuto un anno intero, era una donna inglese, e senza la protezione di Philippe non aveva idea di come avrebbero salutato il suo ritorno. Gli inglesi, d’altro canto, l’avrebbero guardata come una traditrice... a meno che non avesse dichiarato di avere informazioni utili per loro. Era infatti al corrente della disposizione delle forze francesi nel nord e sapeva che era improbabile che il maresciallo Soult, che se ne stava comodamente rintanato al sud, andasse in loro aiuto. Però non avrebbe detto niente finché non avesse avuto occasione di parlare con l’uomo giusto... Wellington in persona, se fosse stato necessario.

    Si fermò per tergersi il sudore dalla fronte e udì lo scalpiccio degli zoccoli di un cavallo dietro di lei. Si voltò di scatto, pronta a scappare e con la consapevolezza che non avrebbe potuto nascondersi. Ma il cavaliere sembrava procedere senza alcuna fretta.

    Olivia si limitò a scansarsi di lato, cedendogli il passo. Lo stallone nero era bellissimo e in condizioni migliori del suo proprietario, che indossava la giubba rossa di un’uniforme inglese senza stemmi né bottoni che ne potessero evidenziarne il rango. Ma, dal suo portamento fiero, Olivia dedusse che doveva essere stato un capitano. I pantaloni e gli stivali neri di ottima qualità erano tuttavia ricoperti di polvere, segno che doveva essere in viaggio da parecchi giorni. I suoi capelli, sotto il piccolo copricapo d’ordinanza, erano tagliati corti e sul suo volto abbronzato aleggiava un’espressione assente. Poteva avere più o meno trent’anni.

    Sembrava indifferente a lei e a tutto ciò che lo circondava, o troppo esausto anche soltanto per augurarle buongiorno.

    Lo osservò passarle accanto, con le mani rilassate sulle redini, mentre il cavallo lo conduceva giù per il pendio.

    Perché non l’aveva fermato? Avrebbe potuto chiedergli dove si trovava e quanto distava dalle linee alleate. Forse si sarebbe offerto di darle un passaggio. Ma una giubba inglese non significava niente, e lo sapeva bene! Chiunque avrebbe potuto rubarne una da un campo di battaglia. E quell’uomo poteva anche essere un disertore che si allontanava dagli accampamenti inglesi e non che si avviava verso di essi. Si domandò cosa gli sarebbe successo se fosse caduto nelle mani dei guerrilleros... e gli augurò di essere più convincente di quanto non lo era stato Philippe.

    Povero Philippe! Dopo essere stato ferito a Talavera, era stato rimandato in Francia, dove aveva passato l’inverno. Lì Olivia aveva conosciuto la sua famiglia, che l’aveva tollerata continuando a guardarla con sospetto, e si era resa conto di non aver mai realmente cambiato bandiera. Poi erano ritornati in Spagna, nel luglio di quell’anno, il 1810, giusto in tempo per unirsi alle truppe napoleoniche che conquistavano l’avamposto di Ciudad Rodrigo.

    L’esercito francese era stato male equipaggiato: gli approvvigionamenti stentavano ad arrivare e Philippe aveva suggerito una battuta di caccia nella campagna circostante. Si sarebbero svagati, aveva detto, e procacciati da mangiare. Quell’idea gli era costata la vita.

    Chiuse gli occhi cercando d’impedirsi di rievocare la terribile immagine dei piedi di Philippe che scalciavano a mezz’aria mentre soffocava appeso alla corda. Avrebbe preferito non guardare, ma uno dei loro assalitori l’aveva costretta. «È troppo per voi, madame? Guardate e imparate!» le aveva detto, parlandole in francese. «E ora, che cosa possiamo farne di voi?»

    Aveva cercato di divincolarsi, ma l’uomo si era messo a ridere, aumentando la stretta. «Vi faccio paura?»

    Olivia aveva annuito. Non aveva trovato il coraggio di dire una parola da quando erano stati trascinati all’accampamento dei banditi. Non aveva pianto né protestato.

    «Non facciamo la guerra con le femmine... ci facciamo l’amore» aveva detto il bandito, ridendo forte.

    Era stato allora che Olivia aveva parlato. «Perché mi parlate in francese?» gli aveva chiesto in inglese, notando con soddisfazione la sorpresa sul volto dell’uomo. «Il francese è la lingua dei vostri nemici» aveva continuato, pregando che Philippe la perdonasse. «E dei miei.»

    «Siete inglese?» L’uomo si era appoggiato con la spalla all’albero al quale l’aveva legata.

    «Sì, e vi ringrazio di avermi liberata.» Olivia aveva fatto cenno in direzione del cadavere di Philippe che oscillava ormai inerte dall’albero vicino. «Ero sua prigioniera.»

    «E quando è successo?»

    «Una settimana fa» aveva mentito lei. «Sareste così gentili da riportarmi verso le linee britanniche?»

    «Credete davvero che abbiamo il tempo di scorrazzare con le donne in giro per la campagna? No, madame, dovrete aspettare. E, d’altra parte, chi mi dice che non state mentendo?»

    «Chiederei di essere portata dagli inglesi, se non fossi una di loro?»

    «Forse volete solo salvare la pelle.»

    «Sono in pericolo?» aveva domandato lei con innocenza sbattendo le ciglia, mentre in cuor suo pregava che dessero una degna sepoltura a quello che era stato il suo secondo marito. «Avete appena detto che non fate la guerra alle donne. Vi sto solo chiedendo di mostrare un po’ di galanteria, per la quale gli spagnoli sono rinomati, e di riportarmi dai miei amici.»

    Lui aveva riso del complimento. «Forse siete una spia. Non sareste la prima donna a fare questo lavoro!»

    «No, non lo farei mai.»

    «Questo è da vedere.»

    «Che ne farete di me?»

    «Vi terremo qui finché non scopriremo da dove venite. Non temete, non vi torceremo un capello fino a quando non sapremo se state dicendo la verità. Ma se mentite...»

    «Aspetterò» aveva detto Olivia, cercando di simulare una calma che non provava.

    «Bene. Ora vi darò da mangiare.» Il bandito le aveva sciolto i lacci e aveva gridato ordini a un altro.

    Lei aveva apprezzato il pasto, fingendo tutta la sera di trovarsi tra amici. Solo molto più tardi aveva cercato di alzarsi e di allontanarsi dal fuoco che i guerrilleros avevano acceso. «Devo liberarmi...» aveva spiegato a uno dei banditi che aveva tentato di fermarla.

    Questi aveva annuito con aria grave e l’aveva lasciata andare. Solo allora, coperta dall’oscurità, Olivia si era data alla fuga e aveva continuato a correre finché le gambe non l’avevano più retta ed era stata sicura di non essere seguita.

    Era strano, ma sembrava che i guerrilleros non avessero fatto nulla per fermarla. Probabilmente non la ritenevano poi così importante.

    Ora doveva decidere se scendere al villaggio che si profilava nella valle, dove potevano abitare quegli stessi partigiani, o proseguire sul sentiero da sola.

    Aveva talmente fatto l’abitudine al clangore degli spari che all’inizio ignorò il rumore distante. Poi si accorse dei fulmini che saettavano nel cielo, avvertì la pioggia scrosciante che ricadeva sulla strada e iniziò a correre. Il sentiero proseguiva verso un cancello di ferro battuto con un’insegna arrugginita al centro. Doveva esserci una casa, dopo di esso. E una casa significava un rifugio.

    L’inferriata cigolò e Olivia si aspettò che il portiere le venisse a chiedere chi era e cosa voleva. Ma non arrivò nessuno. Così si gettò la giacca di Philippe sopra la testa e si affrettò verso la porta della villa. Bussò ripetutamente, ma non ricevette alcuna risposta. Allora corse sul retro, dove trovò una porticina aperta e s’introdusse in casa. Guardandosi attorno, capì che una volta doveva essere stata una villa di gran lusso. «C’è nessuno?» gridò più volte sia in spagnolo sia in portoghese. Al piano di sopra, esaminò ogni stanza. La villa era completamente deserta. I pochi mobili rimasti erano di ottima fattura, così come le sontuose tende coperte di polvere che pendevano dalle finestre. Trovò una camera enorme, con un maestoso letto a baldacchino e uno spogliatoio dotato di vasca da bagno. Frugando negli armadi, scovò qualche abito che, sebbene consunto, era molto meglio di ciò che indossava da una settimana.

    Era abituata ad assistere ai saccheggi e non si fece alcun problema a prendere ciò di cui aveva bisogno. Per un istante, le sembrò di essere tornata a casa, da suo padre. Quello era il paradiso!

    Nelle cucine, riuscì a racimolare solo una manciata di grosse cipolle, ma nel cortile riconobbe dei cavoli che crescevano spontanei: avrebbe potuto prepararsi la zuppa portoghese chiamata caldo verde!

    Accese il fuoco e vi fece scaldare un pentolone d’acqua. Per quanto fosse affamata, il bagno era la sua necessità primaria. Trascinò la vasca in cucina, disponendola davanti al fuoco, poi uscì in giardino a raccogliere i cavoli. Affettate e messe a bollire le cipolle, e tritato finemente il cavolfiore, l’acqua nel pentolone era diventata abbastanza calda per versarla nella vasca. Sorrise compiaciuta mentre si toglieva i vestiti e s’immergeva nel vapore.

    Una volta, tanto tempo prima, aveva avuto una cameriera personale che le preparava gli abiti e l’aiutava a strofinarsi la schiena, quando faceva il bagno... No, si ammonì, non doveva cedere alla malinconia!

    Si lasciò scivolare nell’acqua, immergendosi fino al mento, e chiuse gli occhi. Se fosse stata a casa, Jane avrebbe disposto i suoi vestiti freschi di bucato sul letto, poi le avrebbe districato i nodi nei capelli. I suoi lunghi capelli d’oro rosso... Erano diventati scomodi da tenere, una

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1