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Scoop al primo sguardo: Harmony Jolly
Scoop al primo sguardo: Harmony Jolly
Scoop al primo sguardo: Harmony Jolly
E-book153 pagine2 ore

Scoop al primo sguardo: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Non tutti credono all'amore a prima vista. Come definire, allora, quella strana sensazione che prende la bocca dello stomaco quando due sguardi si incrociano e non si lasciano più?

Ellie Evens ha un'unica regola cui non derogherà nemmeno sotto tortura: non sarà mai la donna di un giornalista. Essere la figlia di un reporter le è bastato e avanzato. Per suo padre uno scoop o un reportage in zone sperdute del globo sono sempre stati più importanti di lei. Ma il destino, spesso, gioca dei brutti scherzi. Chi si presenta nella sua panetteria? Jack Chapman, giornalista d'assalto e vecchio amico del padre. Certo, Ellie potrebbe fare finta di niente e non degnarlo di un secondo sguardo. Peccato che Jack sia l'uomo più affascinante e magnetico che lei abbia mai visto. Staccare gli occhi da lui non è impresa semplice, anzi, forse è impossibile.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2020
ISBN9788830507289
Scoop al primo sguardo: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Scoop al primo sguardo - Joss Wood

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    If You Can’t Stand the Heat...

    Harlequin Mills & Boon Modern Heat

    © 2013 Joss Wood

    Traduzione di Carlotta Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-728-9

    1

    Ellie Evens sorrise, riconoscendo la voce squillante della sua migliore amica.

    «Pronto? El?»

    «Ciao Merri! Come sta la nostra Principessa?» s’informò subito, spostando una pila di fatture da un punto all’altro della scrivania.

    La Principessa a cui si riferiva Ellie era Molly Blue, la sua figlioccia di appena sei mesi, che le aveva rapito completamente il cuore nel momento stesso in cui era nata.

    Merri cominciò un lungo monologo sui suoi impegni di neo-mamma, descrivendo la sua giornata nei minimi dettagli finché udì l’amica sbadigliare. «Scusa... come al solito il mio sproloquio finisce per annoiarti, ma almeno le altre volte fingevi un certo interesse!» la punzecchiò.

    L’amica che El ricordava, uno spirito libero e indipendente, che adorava andare alle feste, indossare abiti alla moda e tacchi alti, era diventata mamma a tempo pieno e lei doveva abituarsi all’idea che le sue priorità erano cambiate. Per Merri adesso contava solo la figlia.

    «Coraggio. Che cosa ti succede?» le domandò. Si conoscevano da quando erano adolescenti e Merri sapeva intuire lo stato d’animo dell’amica dalla semplice intonazione della voce.

    Seduta nel minuscolo ufficio situato al secondo piano della sua panetteria, Ellie si morsicò le labbra. Doveva assolutamente rivelare a Merri, sua collaboratrice oltre che amica, la notizia che le era appena giunta alle orecchie e che l’aveva gettata nel panico.

    Tirò un respiro profondo, poi parlò di getto. «I Khan hanno venduto l’edificio.»

    «Quale edificio?»

    «Questo! Il nostro... quello dove abbiamo la panetteria» farfugliò lei. «Tempo sei mesi, dobbiamo sgombrare.»

    Silenzio.

    «Perché?»

    «I proprietari hanno più di settant’anni e probabilmente avranno ricevuto una proposta interessante per la vendita dell’immobile. Questo spazio commerciale è il migliore che si possa trovare nel raggio di parecchi chilometri.»

    «Lo so. È proprio all’incrocio delle due strade principali della città e di fronte alla spiaggia più famosa di False Bay.»

    «Esatto.»

    Ellie guardò fuori dalla finestra la spiaggia bianca che si allungava nell’oceano, quel giorno particolarmente calmo. Erano trascorse ventiquattr’ore soltanto da quando aveva ricevuto la scioccante notizia della vendita del palazzo nel quale aveva sede da oltre quaranta anni la panetteria di famiglia.

    «Non potremmo stipulare un contratto di affitto con i nuovi proprietari?»

    «Purtroppo non è così semplice. La nuova proprietà vuole ristrutturare i locali, promuovere nuove attività commerciali e aumentare il canone. Noi non potremmo permettercelo. E la cosa più spaventosa è che Lucy...»

    «Chi? L’agente immobiliare?»

    «Sì... Mi ha riferito che questo spazio commerciale ha un grande valore e molti lo hanno già richiesto, dichiarandosi disposti a versare qualsiasi cifra. Dubito che riusciremo a tenere aperta la nostra panetteria-caffetteria-pasticceria» ammise El con tristezza.

    Dopo quarant’anni di attività a St James e a False Bay, il futuro della bottega Pari’s era incerto e lei avrebbe dovuto escogitare una nuova strategia per sopravvivere.

    «Ne hai parlato con tua madre?»

    «Non ancora. È da dieci giorni che cerco di mettermi in contatto con lei per sapere come sta ma non riesco a rintracciarla. Si sarà rifugiata in qualche eremo, oppure si starà abbronzando sulle spiagge di Goa» rispose Ellie con voce stanca.

    Sono stata io a suggerirle di andare fuori per un anno per riposarsi, divertirsi e inseguire i suoi sogni. Come mi è venuto in mente? E sua madre aveva accolto la proposta con entusiasmo. Aveva preparato i bagagli e prenotato un biglietto aereo sotto lo sguardo sgomento della figlia. Ellie non avrebbe mai creduto la madre capace di lasciare la panetteria e lei...

    «El, so che questo non è il momento migliore per te, ma non posso più rimandare. Devo chiederti un favore enorme.»

    Lei aggrottò la fronte, allarmata dal tono serio dell’amica. «Puoi chiedermi tutto, a condizione che tornerai a lavorare lunedì.»

    Merri le era mancata moltissimo durante il suo congedo di maternità e aveva assoluto bisogno di lei, ma il silenzio che seguì presagiva delle cattive notizie. «Merri, ti prego! Non abbandonarmi proprio adesso.»

    «Mia figlia ha bisogno di me» replicò l’altra con tono infelice. «Scusami, ma non sono ancora pronta per tornare a lavorare. Concedimi un altro mese. Molly è ancora troppo piccola e non me la sento di lasciarla a una baby-sitter. Devo stare con lei... Ti prego, dimmi che mi comprendi, Ellie.»

    Non ti ho rimpiazzato e ti ho tenuto il posto perché saresti tornata presto. Sei stata tu a chiedermi di non cercare una sostituta. So soltanto che sto lavorando troppo e che non ce la faccio più a mantenere questi ritmi convulsi e che i nostri clienti affezionati non fanno che chiedere di te...

    «Vuoi che ti conceda un altro mese?» replicò lei, strofinandosi la fronte con il dorso della mano. Che cosa poteva dirle?

    Merri non aveva necessità di lavorare, perciò se l’avesse obbligata a scegliere tra la panetteria e la sua bambina, avrebbe sicuramente scelto la figlia. Costringerla a tornare sarebbe stato inutile ed Ellie non aveva altre armi per persuaderla, se non fare appello alla loro lunga e inossidabile amicizia.

    Aveva resistito sei mesi da sola, senza l’aiuto di Merri e di sua madre. Avrebbe stretto i denti per un altro mese. Si morsicò le labbra mentre prendeva la decisione. «Certo, Merri. Stai tranquilla. Ma non farmi aspettare troppo. La mia energia si sta esaurendo.»

    «Sei una vera amica, la migliore che potessi avere. Sapevo di poter contare su di te. Adesso purtroppo devo salutarti. La Principessa ha cominciato a fare i capricci.»

    Ellie udì il pianto acuto della piccola.

    «Cercherò di passare al negozio verso la fine della settimana. Ti saluto. Ti voglio bene.»

    «Anch’io ti voglio bene.»

    Fine della telefonata.

    «El... c’è qualcuno per te alla porta» annunciò Samantha, una delle sue aiutanti.

    Ellie guardò il vecchio orologio appeso alla parete e aggrottò la fronte perplessa. Il negozio aveva chiuso da più di dieci minuti ormai.

    «Chi è?»

    Samantha si strinse nelle spalle. «Non l’ho mai visto prima. Mi ha detto di riferirti che è stato tuo padre a mandarlo qui. È solo e ha un grosso zaino. Posso fare qualcosa prima di andare?»

    «No, grazie, Sammy. Vai pure.»

    Ellie guardò il monitor che trasmetteva le immagini mandate dalle telecamere di sicurezza situate all’esterno e all’interno della panetteria e del magazzino. Sobbalzò, restando a bocca aperta per la sorpresa. In piedi, accanto alla fila di frigoriferi dallo sportello di vetro, con uno zaino che pendeva dalle spalle larghe, la barba incolta e i capelli scompigliati, Jack Chapman si dondolava sui talloni.

    Qualsiasi donna che avesse seguito i notiziari lo avrebbe riconosciuto. Ellie non avrebbe saputo dire se Jack Chapman fosse più famoso per i suoi reportage di guerra o per il fascino che sprigionava.

    Indossava jeans logori, una maglietta scura che gli copriva la cintura e degli stivali incrostati di terra. Mentre lo osservava, Jack si ravviò i capelli e armeggiò con lo zaino. Persino così trasandato era attraente.

    Ma perché suo padre l’aveva mandato da lei?

    Sollevò la testa dal monitor sentendo bussare alla porta. Era di nuovo Sammy.

    «Che cosa succede adesso?» la interrogò Ellie, riconoscendo il suo sguardo inquieto.

    «So di averti promesso di venire a lavorare domani per aiutarti con il buffet per l’evento di moda...»

    «Ma?»

    «Mi hanno regalato il biglietto per il concerto dei Linkin Park, il mio gruppo preferito... Ci terrei tantissimo ad andare.»

    Ellie rifletté sulla possibilità di farle una predica sul senso di responsabilità e dovere, sul fatto che le promesse, una volta fatte, dovevano essere mantenute, ma Sammy aveva solo diciannove anni. Come poteva chiederle di rinunciare al concerto dei Linkin Park? Inoltre lavorava per pagarsi gli studi all’università e non avrebbe potuto permettersi il costo di un biglietto di quel tipo. Ellie ricordò se stessa alla sua età e non poté biasimarla.

    «Va bene... per questa volta ti lascio libera» acconsentì. «Adesso vai, altrimenti farai tardi.» Ellie sorrise, sentendo Sammy gridare di gioia mentre scendeva le scale, poi tornò seria appena i suoi occhi si posarono sul monitor. Scrollò la testa e telefonò a suo padre.

    «Ellie, tesoro» rispose lui con la sua voce inconfondibile e profonda.

    «Papà!» l’apostrofò. «Perché Jack Chapman è nella mia panetteria?»

    «Oh... È già arrivato? Bene... cominciavo a preoccuparmi.»

    El arricciò le labbra. Sapeva che Jack era il figlio che suo padre avrebbe desiderato avere. Negli ultimi dieci anni non aveva fatto altro che incensarlo.

    «Mi fa piacere che sia arrivato sano e salvo. Jack è un esempio da seguire per tutti i giovani corrispondenti di guerra. Imparziale, onesto, coraggioso, disposto a far emergere la verità a costo della propria vita» cominciò.

    «Non m’interessa, papà. Voglio solo sapere perché è qui? Perché lo hai mandato da me?»

    E poi perché mi cerchi solo quando hai un favore da chiedermi? Sbaglio. Sono stata io a chiamare te. Tu ti sei limitato a mandare avanti il tuo ragazzo, aspettandoti che io soddisfi i tuoi capricci. Certe cose non cambiano mai.

    «Ha bisogno di un posto dove dormire. Stava intervistando degli uomini sulla guerra somala quando è stato aggredito e spogliato di tutti i suoi averi: contanti, carte di credito, cellulare e sotto la minaccia di un mitra è stato costretto a salire a bordo di un aereo di aiuti umanitari delle Nazioni Unite» spiegò Mitchell Evens.

    Certo, papà. Ho per caso tatuato sulla fronte B&B?

    Ellie, che di solito faceva di tutto per compiacere il padre, tentò di non assecondarlo, ma come sempre fallì. «Per quanto tempo dovrò ospitarlo?»

    Sono una buona a nulla.

    «Dunque zuccherino, la questione è...»

    Suo padre doveva aver già pianificato ogni cosa e conoscendolo, lei cominciò a preoccuparsi.

    «Jack mi sta aiutando a scrivere un libro sulla vita degli inviati e dei corrispondenti di guerra, compresa la mia. Ha bisogno di parlare con i miei familiari per raccogliere delle informazioni, perciò ho pensato che potrebbe trattenersi da te per un po’ di tempo in modo che possiate parlare della tua vita insieme a me...» proseguì lui

    A quale vita si riferiva?

    Per Mitchell la loro casa era stata un luogo di passaggio, una sosta obbligata tra un viaggio e l’altro. Aveva trascorso la sua esistenza spostandosi senza sosta, raggiungendo quei paesi dai quali la gente tentava di fuggire come l’Iraq, la Bosnia, Gaza. Il lavoro era sempre stato la sua priorità, la sua ragione di vita, la

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